martedì 18 giugno 2013

QUALE LIBERTY PER IL MUSEO ANDERSEN? QUALE LIBERTY PER IL MUSEO ANDERSEN?


QUALE LIBERTY PER IL MUSEO ANDERSEN? QUALE LIBERTY PER IL MUSEO ANDERSEN? a cura di Matilde Amaturo (18 Giugno – 8 Settembre 2013) Apertura al pubblico: Martedì 18 Giugno, ore 16.00 Museo Hendrik Christian Andersen Via Pasquale Stanislao Mancini, 20 
Ufficio Stampa GNAM Tel. 06 322 98 328 
l’allestimento estivo del Museo Andersen propone una quarantina di opere tra dipinti, sculture e documenti iconografici d’archivio, che costituiscono un punto di vista sui generis del villino Helene, una lettura privilegiata, attraverso il gusto Liberty. Le collezioni del museo, l’intera decorazione e il complessivo patrimonio conservato, opere sia di Hendrik che del fratello Andreas, rispecchiano i gusti americani molto vicini alle testimonianze di personaggi più famosi come Whistler e Sargent. Alcuni elementi decorativi dell’intero villino (paraste con candelabre, fasce decorative policrome, i ritratti mimetizzati negli elementi vegetali esterni, i dettagli nastriformi delle ringhiere della scala interna in ferro, le maniglie con figure femminili sdraiate, cornici e arredi appositamente costruiti, soffitti dipinti al gusto simbolista, i documenti iconografici conservati, schizzi floreali, disegni con farfalle e pavoni, dipinti e sculture dal carattere prerinascimentale) fanno pensare ad una adesione naturale al Liberty, intesa come stile indeterminato storicamente, prolungamento di un movimento di revival, come era stato il gusto preraffaellita, inteso come amore per un’epoca legata al primitivismo. Nel complesso è quanto rende viva la storia dell'edificio e dello stesso artista, che fanno di Villa Helene un prototipo estremamente significativo del Liberty, inteso nell'accezione di arte come esperienza totale, di carattere etico e culturale, nell'identificazione stessa di arte e vita. Un omaggio oltre che ai gusti americani, a quelli dell’amatissima Olivia, nume tutelare, prototipo

femminile di donna alla ricerca di una totale e sincera emancipazione dalla formalità dell’alta borghesia bostoniana.
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Massimo Nardi