mercoledì 30 novembre 2016

Tesori del Nord e delle altre province russe


Icone del XVI - inizio XIX secolo dalla Collezione Orler e da altre collezioni private

A cura di Levon Nersesyan e Migena Hajdari

Galleria civica san Zenone
Piazzale Maestri Campionesi - Campione d’Italia (CO)

Inaugurazione 10 dicembre ore 16
10 dicembre 2016 - 15 gennaio 2017


Dal 10 dicembre alla galleria Civica di Campione d’Italia ospiterà la mostra “Tesori del Nord e delle altre provincie russe”, che vedrà l’esposizione di 38 antiche icone russe provenienti in larga misura dal patrimonio di Collezione Orler con sede a Marcon (Venezia) e da alcune importanti collezioni private. Nel complesso le opere esposte coprono un arco cronologico che va dal XVI al XIX secolo, con tavole provenienti per lo più dai centri iconografici della Russia settentrionale (Cholmogory, Kargopol’, dalla regione del fiume Onega, Vyg, Belosersk, Ustiug la Grande dalla regione di Vologda) ma anche dalla Russia centrale, dalla regione del Volga, da quella di Yaroslavl’ fino ad arrivare a quella degli Urali con Neviansk.

Tra l’interessante campione di opere esposte, riveste una particolare importanza scientifica anche la presenza di una icona raffigurante il tema della “Resurrezione - Discesa agli Inferi” della prima metà del XVII secolo proveniente da Sol’vycegodsk, a quel tempo possedimento della famosa famiglia di mercanti e imprenditori Stroganov.

Perché proprio i “Tesori del Nord”, perché proprio le icone provenienti da questi remoti, isolati e talvolta inospitali aree della Russia settentrionale? La risposta a queste domande la si ha leggendo la presentazione di Gabriele Orler, titolare della ditta omonima e curatore della mostra: “Sono tornato di recente da un viaggio che mi ha portato a visitare alcuni suggestivi villaggi e alcune più grandi città del vasto Nord della Russia. Luoghi carichi di spiritualità, dove il passato risplende ancora oggi, regalandoci gli scorci e le emozioni più intense. Nel mio itinerario, ho avuto modo di incontrare isolati monasteri, piccoli paesi con le tipiche case dai colori variopinti che si affacciano nei fiumi, semplici chiesette di legno, vedute mozzafiato dai campanili, arabeschi di nuvole che sembrano rubare l’azzurro del cielo... Tutto questo trattengo, come ricordo ed emozione indelebili, nel mio cuore, oltre ai tesori custoditi in musei magari poco noti eppure scrigni della "vera bellezza", ovvero le meravigliose icone. Sono queste le immagini che porterò sempre con me e che mi hanno arricchito enormemente. Ma la cosa che maggiormente ho percepito, lungo il mio cammino, è stata la purezza… È nell'aria, la si può “avvertire” in ogni cosa; persino nei silenzi… Perché la Russia, e il suo Nord non meno che altri luoghi, serbano intatte oasi che invitano alla riflessione, alla meditazione, alla preghiera. E generano viva una sensazione di pace, di estasi divina che pervade la nostra anima, fa pulsare il nostro cuore e ci avvicina a Dio.”

“Le più antiche opere d’arte sacra nella Russia -ricorda il responsabile scientifico della mostra Levon Neserjan- furono realizzate, com’è noto, sotto l’influsso di Bisanzio e sovente con la diretta partecipazione di maestri greci. Tuttavia, fin dalla seconda meta del XIII secolo, quando dopo l’invasione dei tataro-mongoli i legami tradizionali con Bisanzio per qualche tempo si indebolirono, la pittura russa di icone cominciò ad acquistare dei propri lineamenti caratteristici, ben riconoscibili. Proprio in questo periodo presero avvio centri artistici locali come Novgorod, Pskov e Rostov la Grande. Poco più tardi, alla fine del XIV secolo, anche Mosca e Tver’ si presentarono come centri artistici autonomi. Al XIV - XV secolo appartengono le più antiche icone provenienti dal Nord russo, una sconfinata regione comprendente la regione costiera del mar Bianco come pure i territori del bacino dei fiumi che vi si gettano, l’Onega, la Dvina Settentrionale, la Pinega, la Mezen’ e la Vycegda.

E ancora, dalle parole dello studioso russo: “Data l’esistenza di due principali vie di colonizzazione del Nord russo, provenienti da Novgorod e dalle terre di Rostov e Jaroslavl’, le poche icone settentrionali del XIV -XV secolo conservatesi fino a oggi possono essere ascritte senza difficoltà alle due rispettive tradizioni artistiche di Novgorod e della Russia Centrale. Forse, parte di esse era stata dipinta direttamente a Novgorod e nei centri artistici della Russia Centrale, ma la semplificazione delle tecniche artistiche che si osserva in varie opere consente di ipotizzare che fin da quest’epoca nel Nord russo esistessero delle botteghe artistiche più o meno autonome. In tali botteghe, probabilmente, si dipingevano icone per le prime chiese dei monasteri e le poche chiese parrocchiali del territorio. La fioritura della pittura di icone nel Nord e il processo di formazione delle sue peculiarità iconografiche e artistiche si situano nell’epoca del tardo Medioevo, nel XVI-XVII secolo. Questo fenomeno venne favorito dallo sviluppo economico delle terre costiere e del loro entroterra, la cui importanza in questo periodo non era più determinata semplicemente dalle ricche risorse naturali, ma anche dalle grandi vie commerciali che attraversavano questi territori.”

Insieme a botteghe locali, che almeno dalla meta del XVI secolo operarono attivamente a Vologda, Kargopol’, Cholmogory, e poi anche ad Archangel’sk, importanti centri di pittura di icone furono anche i principali monasteri del Nord, alle Solovki, le comunità di sant’Antonij di Sijsk, dell’Esaltazione della croce a Kij e altre ancora, dove in questa attività erano impegnati monaci, servi del monastero e pellegrini. Sempre dalla prefazione di Levon Neserjan al catalogo della mostra si ricava che: “Pur mancando una formazione professionale come quella esistente nella capitale, nelle botteghe di queste città e monasteri furono dipinte opere di indubbio talento, che colpiscono ancor oggi per la loro intensa e a volte ingenua espressività, e per l’originalità artistica. Gli iconografi che lavoravano in città, in particolare a Kargopol’ e Cholmogory, eseguivano anche opere destinate a chiese rurali, costruite per iniziativa delle parrocchie locali. Tuttavia, nella maggior parte dei casi le icone per queste chiese venivano dipinte dai contadini stessi, alcuni dei quali conoscevano i rudimenti del mestiere di iconografo e non di rado se li trasmettevano di padre in figlio. Questi artigiani semiprofessionali erano abbastanza numerosi, e proprio essi costituivano la massa principale degli iconografi settentrionali: questo spiega, da un lato, l’evidente semplificazione delle tecniche tradizionali, e dall’altro l’apparire di originali peculiarità iconografiche e di soluzioni artistiche insolite ma generalmente molto efficaci. Un certo isolamento e la trasmissione dei segreti del mestiere di padre in figlio contribuivano a serbare e a fissare gli elementi caratteristici, cosa che talvolta (in particolare nella pittura di icone di epoca più tarda), consente di distinguere l’arte delle singole regioni settentrionali – i territori dell’Onega, di Kargopol’, Vologda e Beloozero, del mar Bianco e cosi via. Non si può dire, tuttavia, che queste regioni conducessero un’esistenza completamente separata dagli altri centri artistici. La pittura russa di icone del XVI-XVII secolo e l’arte di un grande Stato centralizzato, in cui gli impulsi artistici provenienti dalla capitale svolgevano un ruolo fondamentale.


info:

Galleria civica san Zenone
Piazzale Maestri Campionesi - Campione d’Italia (CO)
Inaugurazione 10 dicembre ore 16
10 dicembre 2016 - 15 gennaio 2017

orari:
sab. 10.00-13.00 / 14.00-17.00 - dom. e festivi 10.00-13.00 / 14.00-17.00
lun. mer. ven. 9.00-13.00 - mar. giov. 9.00-13.00 / 14.30-17.30


info@collezioneorler.it
(+39)0414567816 / +41916419141
galleriacivicasanzenone@gmail.com
+41 91 649 84 19

Comunicato stampa a cura Frattura Scomposta
info@fratturascomposta.it - www.fratturascomposta.it

Beatrice Gallori. Core

 

Beatrice Gallori. Core

Lu.C.C.A. - Lucca Center of Contemporary Art, Lucca

3 dicembre 2016 – 5 febbraio 2017

a cura di Luca Beatrice e Maurizio Vanni

 
Per dare il titolo alla sua mostra personale Beatrice Gallori ricorre al linguaggio scientifico: Core come nucleo, termine con cui nell’informatica si intende una parte del microprocessore, insieme al package che lo contiene. L’esposizione si compone di opere-installazioni create site specific che ruotano attorno alle ricerche dell’artista toscana sulla “cellula” che sono poi il tramite per studiare l’uomo in quanto essere vivente. 
“Al Lu.C.C.A. – spiega Luca Beatrice, uno dei curatori della mostra – Gallori espone tutte opere site specific che riflettono una volta di più sulla condizione residuale della pittura, unica possibilità che tale mezzo può giocarsi in una difficile condizione contemporanea. Certo la riflessione sul monocromo parte da lontano, con sfumature e variazioni sia internazionali che italiane: è uno stile ben radicato nella tradizione tardo novecentesca e attualmente tornato di attualità per la critica e per il pubblico. Gallori però fa di più, inserendo la propria riflessione nello spazio con cui dialoga e in qualche modo combatte negandone i tratti distintivi, modificando angoli e proporzioni con la sua tipica forma a blob”.

“Viviamo il momento più interessante e imprevedibile nelle arti visive degli ultimi venticinque anni – aggiunge il co-curatore Maurizio Vanni – nel quale la realtà, privata di qualunque elemento interpretativo in grado di garantirne la coerenza, lascia il posto a coloro che non vogliono alluderla o narrarla, ma ricrearla ex novo attraverso una pluralità di codici plausibili. Beatrice Gallori riparte dalla molecola, dalla genesi della materia, non come operazione atavica e regressiva, bensì per ritrovare nel ‘concepimento del Tutto’ quelle relazioni capaci di ricostruire un nuovo mondo visivo. Core non è la risposta, ma l’unica via possibile”.

Lo speciale allestimento della mostra coinvolge il visitatore, stimolando diversi sensi attraverso il colore delle opere, le modalità con cui sono state realizzate e il movimento che creano con la loro struttura all’interno delle sale. “Mi sono divertita – sottolinea Beatrice Gallori – a cercare il vuoto, il pieno, ciò che non si vede, ciò che c’è, quello che ancora non c’è, che potrebbe accadere oppure no. È uno studio sulla cellula nuda e cruda, su quello che porta con sé e sulle informazioni che veicola dei nostri corpi, e che a volte li condanna. Una sorta di linea sottile tra la vita e la morte, ma anche una possibilità di comprensione dell’oltre. Ritengo che dobbiamo vedere l’infinitamente piccolo per capire l’infinitamente grande”.
L’esposizione è realizzata con il patrocinio di Regione Toscana, Comune di Lucca, Opera delle Mura, Camera di Commercio di Lucca, Confindustria Toscana Nord, Confcommercio Province di Lucca e Massa Carrara, Confesercenti Toscana Nord, Confartigianato Imprese Lucca, e con il supporto di Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, Fondazione Banca del Monte di Lucca, Gesam Gas+Luce, e-Gate, Lara&Rino Costa Arte Contemporanea, Vecchiato Arte.
 
Note biografiche Beatrice Gallori
Beatrice Gallori nasce a Montevarchi nel 1978. Si diploma nel 1996 presso il Liceo Classico “Cicognini” di Prato. Nel 2001 concretizza la sua passione per la moda ed il design frequentando l’Istituto Polimoda di Firenze dove si specializza in Fashion Design e Maglieria. Dal 2008 espone in collettive in spazi pubblici e privati. Nel 2009 partecipa ad Arte in Vetrina-Prato, giovani talenti emergenti curata da Giovanni Faccenda. Nel 2010 crea dei bozzetti di maglieria hand-made con interventi pittorici per il marchio “Bettaknit” che ne produce una vera e propria collezione.
Nel 2011, la scultura To Red-ing Future entra a far parte del catalogo del Premio Combact. Nello stesso anno, una delle sue “colate”, Milk Walking, viene selezionata dal critico d’arte Arturo Schwarz per l’Asta di Arte Contemporanea Sotheby’s a Milano a favore del Museo d’Israele di Gerusalemme. Le ceramiche della collettiva Linguaggi a Milano riscuotono successivamente un grande successo di pubblico. Partecipa ad Art Verona 2011 ed entra poi a far parte del progetto Artisti a km 0 presso il Museo di Arte Contemporanea Luigi Pecci, a Prato, installando all’interno del museo l’opera e il video I suoi respiri.
Presenta, nel 2012, un’installazione creata appositamente per la “Giornata Internazionale della Maglieria” patrocinata dalla Provincia e dal Comune di Prato, con la collaborazione del Museo del Tessuto. Si intensifica il suo lavoro di collaborazione con gallerie italiane e mostre, sia collettive che personali, in Italia e all’estero. Una sua opera viene selezionata per BAU10, contenitore di arte contemporanea, ed entra a far parte della Collezione Zavattini (permanente presso la Biblioteca Nazionale di Firenze).
Nel 2013 inizia la collaborazione con la galleria Armanda Gori Arte (PO) che porta le sue opere in varie fiere presentandole ad un ampio pubblico. La collettiva pratese Urbana Vestigia è l’occasione per sperimentare anche altre forme espressive ed il suo video, Human Crisis, è scelto dall’Assessorato alla Cultura e dall’Assessorato alle Pari Opportunità di Prato come simbolo per la “Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne” ed una sua opera scultorea viene installata nella Piazza del Comune di Prato. A fine 2013, presso Armanda Gori Arte, la personale Time Lapse presentata dal critico Valerio Dehò.
Nel 2014 partecipa a tre mostre collettive presso Armanda Gori Arte a Pietrasanta: Rosso Contemporaneo, Plastica Italiana, Differenze. Nel 2015 è presente alla Galleria Comunale d’Arte Moderna e Contemporanea di Arezzo con le mostre Evolve-ING e Plastica Italiana; Photissima a Venezia; Microscope alla Armanda Gori Arte a Pietrasanta; BIOsphere al Museo di Pittura Murale a Prato. Chiude l’anno con una personale dal titolo #differences presso la Galleria Riccardo Costantini Contemporary di Torino. Inaugura una mostra presso l’Ospedale di Sassuolo, Origins, portando nei corridoi dello stesso le sue opere insieme a Volontariarte.
Stringe collaborazioni con le gallerie Galleria Lara & Rino Costa Arte Contemporanea, Valenza; Galleria Arte Polimnia, Brescia-Forte Dei Marmi; Galleria Riccardo Costantini Contemporary, Torino, che presentano il suo lavoro ad Arte Fiera Bologna 2016 ed in altre fiere d’arte contemporanea, entrando così nel mercato italiano e non solo. Sempre nel 2016 una sua opera dal titolo BOOM entra a far parte della collezione dell’Università Bocconi di Milano. A giugno inaugura presso la galleria Vecchiato Arte di Padova una sua mostra personale dal titolo The Cell curata da Luca Beatrice.
Attualmente lavora con Lara & Rino Costa Arte Contemporanea, Riccardo Costantini Contemporary, Vecchiato Arte e con progetti espositivi che saranno presentati in gallerie e spazi museali durante tutto il 2016. Le sue opere sono presenti in vari collezioni private e pubbliche italiane ed internazionali.
 
Beatrice Gallori. Core
Lu.C.C.A. - Lucca Center of Contemporary Art, Lucca
3 dicembre 2016 – 5 febbraio 2017
a cura di Luca Beatrice e Maurizio Vanni
 
Per info:
Lu.C.C.A. – Lucca Center of Contemporary Art
Via della Fratta, 36 – 55100 Lucca tel. +39 0583 492180
 
 
Orario mostra:
Da martedì a domenica ore 10-19
Chiuso il lunedì
Biglietti: intero 7 €; ridotto 5 €
 
Inaugurazione: 2 dicembre ore 17,30 (su invito)
 
Organizzazione: Lu.C.C.A. – Lucca Center of Contemporary Art
In collaborazione con: MVIVA
Con il patrocinio di: Regione Toscana, Comune di Lucca, Opera delle Mura, Camera di Commercio di Lucca, Confindustria Toscana Nord, Confcommercio Province di Lucca e Massa Carrara, Confesercenti Toscana Nord, Confartigianato Imprese Lucca
Con il supporto di: Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, Fondazione Banca del Monte di Lucca, Gesam Gas+Luce, e-Gate, Lara&Rino Costa Arte Contemporanea, Vecchiato Arte.
 
Ufficio Stampa
SPAINI & PARTNERS + 39 050 36042/310920 www.spaini.it
Addetto Stampa Lu.C.C.A.
 
 
Pubblica
Massimo Nardi

lunedì 28 novembre 2016

Casa De Nittis: nuovo allestimento e catalogo

Venerdì 2 dicembre 2016 la Pinacoteca comunale Giuseppe De Nittis di Barletta riapre con “Casa De Nittis”, iniziativa inserita nel programma #INPUGLIA365 di PugliaPromozione.

Il nuovo allestimento della Pinacoteca – su entrambi i piani del suggestivo Palazzo Della Marra, nel centro storico barlettano – è il risultato di un progetto scientifico dell'Associazione Culturale Italo-Tedesca di Bari (con il patrocinio dell'Università degli Studi di Bari Aldo Moro) a cura della prof.ssa Christine Farese Sperken e sarà diviso in sezioni di tipo tematico; da queste emergeranno con maggiore chiarezza tutti gli aspetti della modernità del pittore barlettano, sperimentatore di nuovi linguaggi (il giapponismo) e tecniche (il pastello, le incisioni, l’acquerello). Allo stesso tempo verrà messa in luce l’importanza della figura di Léontine Gruvelle, moglie dell’artista e artefice della preziosa Donazione alla città di Barletta, che verrà raccontata anche attraverso l’esposizione di interessanti documenti.
La visita alla collezione, oltre ai supporti tradizionali e alle aperture straordinarie, sarà arricchita con nuovi dispositivi multimediali, occhiali che consentiranno ai visitatori, tramite la “realtà aumentata”, di essere accompagnati nel percorso espositivo dallo stesso artista.
L’inaugurazione del riallestimento della Pinacoteca De Nittis sarà accompagnata da una contestuale presentazione del nuovo e organico catalogo generale della collezione che, sempre a cura della prof.ssa Farese Sperken ed pubblicato da Adda Editore (Bari, 2016), raccoglie contributi non solo sulle opere di Giuseppe De Nittis conservate a Barletta ma anche sull'architettura e sugli affreschi di Palazzo Della Marra.


domenica 27 novembre 2016

Aniello Barone. Default


Spazio NEA > 30 novembre - 31 dicembre 2016

Default
Aniello Barone


Default è il titolo evocativo della mostra di Aniello Barone che inaugura il 30 novembre allo Spazio Nea di Luigi Solito (fino al 31 dicembre).

Laureato in Sociologia, l’artista dal 1995 dà inizio a una ricerca fotografica che affronta le tematiche relative al rapporto uomo-ambiente, proponendo un’indagine sull’area metropolitana, che Barone sviluppa attraverso la duplice attenzione al paesaggio e all’antropologia urbana.  Allusiva e metaforica, la fotografia di Barone rifiuta l’elemento narrativo e didascalico, come attesta anche il ciclo di lavori Paesaggi, realizzato tra il 2007 e il 2011 con la macchina panoramica e presentato alla Nea in occasione di una personale del 2013. Il tema della crisi, che in quella serie di fotografie veniva analizzata attraverso la lente del rapporto tra uomo e paesaggio contemporaneo, è affrontato anche nella nuova personale Default, approfondimento sui cambiamenti antropologici che l’epoca attuale ha determinato.  La società contemporanea, infatti, dopo un processo di anestetizzazione e di simulazione del reale, oggi affronta una crisi di valori e la perdita di modelli e di paradigmi di riferimento: “E in questa mutazione antropologica si assiste all’estinzione dell’inconscio. Da qui la scelta di utilizzare la parola «default» intesa come perdita di fiducia”, afferma l’artista, il quale sceglie di fotografare i bunker perché allusivi della sociopatia che affligge l’umanità. Barone, dunque, per formazione culturale, assume la fotografia come strumento di indagine speculativa e di verifica sul campo, operando una cesura rispetto alla tradizionale concezione di fotografia antropologica, che l’artista attualizza e trasforma in opportunità di ricerca estetica e di riflessione concettuale. [osdv]

“Questo lavoro di Aniello Barone, ha dei riferimenti chiari, altri meno espliciti e alcuni cosi ben nascosti da essere lontani dalla conoscenza dello stesso autore. Parlano della storia del genere umano, dall’evoluzione che spesso è una involuzione e del costante esperimento che l’uomo si è autoimposto. Nel lavoro di Barone c’è il segreto militare, fino alla più grande organizzazione europea per la ricerca nucleare: il CERN, la più imponente trovata dell’uomo per simulare dio, lo stesso dio che proprio l’uomo prima aveva immaginato. È questo che caratterizza la ricerca di Aniello, in un progetto strettamente mentale. Questa corsa sfrenata dell’uomo, a simulare la vita, per non viverla più, e accettare le impostazioni di base che i device da noi stessi programmati ci impongono, di default” [Luigi Solito]

La mostra aderisce alla rassegna Synth che, giunta alla seconda edizione sceglie di invadere la città e gettare ponti culturali tra la musica e le arti visive e digitali: in occasione dell’opening, Synth produrrà una sonorizzazione della mostra fotografica di Aniello Barone.


Aniello Barone (San Giovanni a Teduccio, Napoli, 1965. Vive e lavora a Napoli). Dopo la laurea in Sociologia all’Università degli Studi di Napoli “Federico II” con una tesi sul degrado ambientale, dal 1995 inizia a fotografare, interessandosi alle tematiche che riguardano il rapporto uomo-ambiente, l’immigrazione, quindi le cosiddette “subculture”, e le periferie. Attualizzando e superando il concetto di fotografia etnografica e antropologica, Barone la utilizza come mezzo per dialogare con la complessità della realtà. Collabora con quotidiani e riviste e i suoi lavori sono stati esposti a Napoli (al Museo Archeologico Nazionale e alla Biblioteca Nazionale) e in numerose città italiane ed estere come Parigi, New York, Shanghai, S. Pietroburgo e dal 2005 insegna Fotografia all’Accademia di Belle Arti di Napoli. Nel 2007, il libro “Detta Innominata” ha vinto il Premio Marco Bastianelli.

 
titolo: Default
artista: Aniello Barone
durata: 30 novembre – 31 dicembre 2016
dove: Spazio NEA, via Costantinopoli 53 / piazza Bellini 59 - Napoli
orario: lunedì – domenica dalle 9.00 alle 2.00 am
ingresso: libero
contatti: 08118705839 | info@spazionea.it

Rilevamenti # 1


Dopo il significativo evento dedicato all'opera di Nicola Carrino, uno dei protagonisti di spicco dello storico Gruppo Uno di Roma, venerdì 9 dicembre 2016, a partire dalle ore 15,30 e fino alle 20,00, è in programma presso il CAMUSAC l'apertura della mostra “Rilevamenti # 1”, ideata e progettata da Bruno Corà in collaborazione con Daniela Bigi, Tommaso Evangelista, Aldo Iori, Federico Sardella e Marco Tonelli che hanno individuato, ognuno con proprie indicazioni critiche, i primi cinque nuclei di artisti invitati in questa rassegna.

L'evento “Rilevamenti # 1” si configura pertanto come il primo di una vasta ricognizione critica a respiro italiano, rivolto a segnalare artisti emergenti o di cui si vanno definendo le cifre linguistiche distintive che li impongono sulla scena artistica nella seconda decade di questo inizio di millennio.

L'iniziativa ha parimenti la volontà di sottolineare le personalità critiche che negli ultimi anni si sono rivelate e impegnate con maggiore determinazione mediante una produzione curatoriale, saggistica e di ricerca che ha indotto la direzione del Museo a considerarne gli esiti con motivato interesse.

Gli artisti invitati a “Rilevamenti # 1” sono: Gianfranco Maranto, Campostabile, Genuardi/Ruta, Davide Mineo (a cura di Daniela Bigi), Riccardo Ajossa, Alessio Ancillai, Michele Giangrande, Roberto Pugliese (a cura di Tommaso Evangelista), Luca Pozzi, Michele Guido, Giovanni Termini, Michele Ciribifera (a cura di Aldo Iori), Claudio Citterio, Yari Miele, Maria Elisabetta Novello, Antonella Zazzera (a cura di Federico Sardella), Jacopo Cardillo, Nebojsa Bogdanovic, Chiara Sorgato, Marco Ulivieri (a cura di Marco Tonelli).

La mostra annovera 2 opere per ogni artista, per un totale di 40 lavori. Ogni curatore ha provveduto alla scelta delle opere insieme alla stesura di un breve profilo critico che insieme a una sintetica bio-bibliografia comparirà nel catalogo previsto per l'evento, comprensivo di testi critici introduttivi e immagini delle opere per i tipi della casa editrice Magonza di Arezzo.

Nel corso dell'apertura della mostra saranno previste conferenze e tavole rotonde che forniranno spunti di osservazione e riflessione sul nuovo panorama artistico di cui “Rilevamenti # 1” intende essere espressione.

Per ogni eventuale informazione sulla mostra o sulla logistica inerente l'iniziativa rivolgersi al n. +39 335 52 59 956 - o per mail all'indirizzo info@camusac.com


venerdì 25 novembre 2016

Susy Manzo. Storie sospese

Susy Manzo
Storie sospese

A cura di
Dora Marchese e Aurelia Nicolosi

3 dicembre 2016 – 8 gennaio 2017

Inaugurazione 3 dicembre
ore 19,00

Galleria Kōart: unconventional place
Via San Michele 28
Catania


Storie Sospese, il Paese delle Meraviglie di Susy Manzo

«Spesso dalle piccole cose si capiscono quelle grandi, dalle cose manifeste si arguiscono quelle nascoste».
Esopo

Giorno 3 dicembre 2016 presso la Galleria Kōart: unconventional place sarà inaugurata la mostra di Susy Manzo dal titolo 'Storie Sospese' a cura di Dora Marchese e Aurelia Nicolosi.
Invenzione, creazione, poesia, magia sono elementi peculiari del cammino, originale e ante litteram, dell'artista. Le sue sono favole, brevi narrazioni dove immagini eteree e delicate sostituiscono i versi di un racconto metaforico sull’esistenza umana. Uomini, animali, oggetti interagiscono da soli o assieme per suggerirci un ricordo, un moto dell’animo, una verità morale o un insegnamento di saggezza pratica. È tutto lì, in un unico tableau vivant, scrigno prezioso da cui si diffondono soavi melodie o si aprono finestre della mente. Susy è una nuova Alice che trasforma il mondo reale in una dimensione altra, dove paure, ansie e desideri più intimi vengono sublimati attraverso il sogno e le delicate sagome che animano le sue composizioni. «Se io avessi un mondo come piace a me, là tutto sarebbe assurdo: niente sarebbe com’è, perché tutto sarebbe come non è, e viceversa; ciò che è non sarebbe e ciò che non è sarebbe, chiaro?» Sembra suggerire la poliedrica autrice allo spettatore che sicuramente verrà coinvolto e rapito dalle sue composizioni, quasi a sentirsi parte attiva della piccola istallazione.
Dov’è la verità? Qual è la finzione? In realtà è difficile dare dei limiti, creare dei confini: ognuno interpreta e reinterpreta la storia come vuole. Ogni azione della vita quotidiana offre uno spunto narrativo con cui giocare e creare delle situazioni che appartengono un po’ a ciascuno di noi. Basta avvicinarsi per riscoprire quegli angoli di mondo a noi cari e quelle persone/personaggi che ci hanno accompagnato durante un percorso irto di ostacoli. Attraverso gli occhi di Susy/Alice scopriamo la gioia delle piccole grandi cose e impariamo ad apprezzare ciò che sembra scontato e quasi banale, ciò che la quotidianità rifugge ma che, invece, appartiene al nostro Universo Parallelo, al nostro Paese delle Meraviglie.
Oscar Wilde sosteneva che «I grandi eventi della vita spesso non lasciano traccia: escono dalla nostra coscienza, e quando per puro caso ci si riaffacciano alla mente, ci appaiono irreali. Perfino il fiore scarlatto della passione sembra crescere nello stesso prato dei papaveri dell’oblio. Ci rammarichiamo del fardello dei nostri ricordi, e abbiamo degli antidoti per difendercene. Ma le piccole cose, le cose di nessuna importanza, quelle ci restano impresse. In qualche minuscola, eburnea cellula il cervello conserva le impressioni più delicate e fuggevoli». L’Arte è in grado di raccontare anche questo e Susy Manzo ne diventa raffinata interprete, scardinando le regole del tempo e ribaltando quelle dello spazio.
L'esposizione sarà visitabile fino all'8 Gennaio 2017, dal lunedi al sabato dalle 16,30 alle 21,00. In altri orari per appuntamento, telefonando al 3391779005, 3391190585.
Per info: aurelianicolosi@gmail.com; info@galleriakoart.com


Visioni oniriche in chiave fiabesca
"Siamo fatti della stessa sostanza dei sogni", scriveva Shakespeare nella Tempesta.
E da questa sostanza, sfuggente e misteriosa, paiono essere originati i delicati e seducenti lavori di Susy Manzo, artista milanese, maestra nell’arte del paper-cutting, della pittura ad olio e del disegno.
In Storie sospese Susy Manzo ha voluto raccontarci qualcosa di sé, aspetti legati alle parti più profonde del suo vissuto e del suo immaginario. Ha voluto fondere il passato, fatto di esperienze ora gioiose ora tristi, con il presente, intriso di speranze e attese, realizzando delle opere fortemente intimistiche, delle visioni oniriche in chiave fiabesca.
Ironia, gioco e leggerezza sono gli ingredienti principali delle sue Storie ma a ben guardare l’artista ci catapulta anche in un mondo perturbato e perturbante. Lo si capisce avvicinandosi e osservando da vicino i piccoli quadri preziosi di dettagli e simboli significativi.
L’urgenza di comunicazione di Susy si esprime nel rifiuto della bidimensionalità, dunque nella negazione di una condizione d’irrealtà a favore della “verità” della terza dimensione, realizzata attraverso personaggi e oggetti che evadono dalle cornici, si affacciano e si protendono verso lo spettatore creando più livelli di narrazione: l’infrazione della bidimensionalità mira a rendere concreto il fantastico. E così le delicate figure femminili, biancovestite di ricami fatti da chiaroscurali intarsi, sono icone di candore e innocenza ma si muovono in un universo senza spazio e senza tempo, fatto di colori tenui rivivificati solo dal fulvo delle chiome muliebri. In questo universo vige la duplicità, si muovono opposte tensioni. Da una parte vi si accampano alberi e rami che svettano verso l’alto senza soluzione di continuità, senza mai finire, sconfinando dai margini fisici del quadro stesso, emblemi di libertà e voglia d’infinità. Dall’altra, campeggiano lunghe e articolate radici, simili a ragnatele, espressioni del bisogno di realtà e stabilità che però si risolve in utopia: le radici infatti sono aeree, non affondano saldamente nel terreno, fluttuano del vuoto, sono altrettanti inganni di sicurezza e stabilità. E se le radici si diramano nel cielo, i pesci volano nell'aria e i fiori, perduta la loro carnalità e i loro sgargianti colori, sono bianche silhouette, quasi astrazioni. Solo le fragili barchette di carta sembrano garantire che la continua inesausta ricerca è quella che, alla fine, ci tiene davvero legati al mondo e ne rende possibile il viaggio nel suo cuore.
Susy interpreta così le tensioni della vita moderna, raccontando storie che sono quelle di noi tutti, dimidiati tra desideri e fallimenti, tra età adulta e fanciullezza, tra malinconie e sogni: le linee verticali del pensiero s’intersecano con quelle orizzontali della materia.
Le Storie sospese di Susy Manzo emanano una piccola musica, un sussurro che pare scandire le parole del poeta Lucio Piccolo: «Se noi siamo figure/ di specchio che un soffio conduce/ senza spessore né suono/ pure il mondo dintorno/ non è fermo ma scorrevole parete/ dipinte, ingannevole gioco/ equivoco d'ombre e barbagli/ di forme che chiamano/ e negano un senso».
Dora Marchese

MADE IN USA BY ANDY WARHOL

Formaquattro presenta
MADE IN USA BY ANDY WARHOL
a cura di Graziano Menolascina

Retrospettiva dedicata a Andy Warhol
Inaugurazione sabato 3 dicembre 2016 ore 18.00
Galleria Formaquattro, via Argiro 73, Bari
Dal 3 dicembre 2016 al 29 gennaio 2017

Sabato 3 dicembre 2016 alle ore 18.00, la Galleria Formaquattro inaugura, Made in Usa by Andy Warhol, una retrospettiva dedicata all’artista più rappresentativo della Pop art americana Andy Warhol, (Pittsurgh, 6 agosto 1928 – New York, 22 febbraio 1987). Curata da Graziano Menolascina ,la mostra presenta un percorso completo di tutto il lavoro svolto nella carriera dell’artista, che va dalla serie delle polaroid, alla serie delle icone e i ritratti, tutti gli oggetti e i manifesti pubblicitari, la serie degli strumenti musicali e i vinili utilizzati e realizzati per e dalle grandi Pop Star come Michael Jackson, Rolling Stones e Liza Minnelli. La coloratissima serie dei Flowers e degli Space Fruit, la fantomatica serie di personaggi dei fumetti I Myths, sino agli intramontabili Self Portrait. Andy Warhol è stato prima di tutto un eccellente comunicatore, che meglio di qualsiasi altro artista ha saputo interpretare i cambiamenti rivoluzionari in atto nella società del benessere e dei consumi degli anni ’60, comprendendo i potenti meccanismi della pubblicità e utilizzandoli nell’impostare tutta la sua filosofia, la sua poetica artistica, ma soprattutto la sua vita, al punto da essere considerato un’opera d’arte a sua volta. Pittore, fotografo, cineasta, produttore cinematografico, di gruppi musicali e teatrali, scrittore (filosofo e sociologo) ed editore. Tutti ruoli che ha rivestito alla perfezione portando avanti, con una personalissima visione dell’estetico e della rappresentazione creativa. L’utilizzo di colori accesi e contrapposti, l’esaltazione di idoli rappresentativi in uno schema che si può riassumere nei concetti base di bellezza-potere-moda, il consumismo, la ripetitività, l’arte di Andy Warhol è insomma la raffigurazione di un’epoca attraverso le sue immagini chiave. Andy Warhol, con la sua personalità e con la sua immagine, rifletteva i desideri della cultura consumistica americana e la sua opera non è altro che un prolungamento coerente con tutto questo. Le sue serigrafie in serie di personaggi famosi o di prodotti di largo consumo diventano il manifesto di un’ attenzione maniacale all’immagine, all’apparenza, e soprattutto sfidano sfacciatamente il mondo dell’arte tradizionalmente intesa.

Al termine del periodo di esposizione, la mostra sarà disponibile on line sul sito www.formaquattro.com, grazie al tour virtuale realizzato da Dimensione3 www.dimensione3.com

MADE IN USA BY ANDY WARHOL
Retrospettiva dedicata a Andy Warhol
Inaugurazione: sabato 3 dicembre 2016 ore 18.00
Dal 3 dicembre 2016 al 29 gennaio 2017
Ingresso: libero
martedì/domenica 10.00/13.00 17.00/20.00
Info: 080 9675720 – 3466260299
info@formaquattro.com

Marcello Barison. La palude approssimativa



La palude approssimativa di Marcello Barison - 1984, pittore e professore di Estetica presso l’Università di Chicago - si rifà all’ultimo scritto di Giorgio Manganelli, La palude definitiva, pubblicato postumo da Adelphi nel 1991. Il libro è la cronaca del viaggio immaginifico di un cavaliere attraverso una palude dove tutto si trasforma continuamente. Un’importante corrispondenza simbolica lega la palude di Manganelli a quella di Barison: è la pittura il luogo delle trasformazioni che il filosofo Barison osserva e nella quale il pittore Barison s’inoltra. Una pittura astratta che chiama a sé come maestri Arshile Gorky e Afro Basaldella, e che si propone di accogliere le forme e i segni suggeriti dal caos, sottoponendoli a un rigoroso regime estetico, che l’artista paragona a una «catastrofe controllata».

Marcello Barison ha fatto parte della selezione del Padiglione Italia alla 54a Biennale di Venezia (2011); i suoi dipinti si trovano presso collezioni private in Italia, in Francia e negli Stati Uniti. Si aggiunge alla produzione pittorica una ricchissima attività di ricerca, insegnamento e scrittura: numerose le sue pubblicazioni sull’arte di Paul Klee e Mark Rothko, così come sulla filosofia di Martin Heidegger. Dopo aver insegnato all’Università di Ferrara e alla Columbia University di New York, Marcello Barison è al momento Adjunct Professor in Estetica presso l’Università di Chicago. La palude approssimativa è la sua prima personale barese.

Ninni Esposito Arte Contemporanea
via San Francesco d’Assisi 26

3 dicembre 2016 / 14 gennaio 2017
Orari: 10.30-13.00 / 17.30-20.30
Festivi su appuntamento: 347 6754203
Apertura straordinaria domenica 4 dicembre ore 11-13

LUNEDì 28 NOVEMBRE INAUGURAZIONE | THE MISSING LINK | UN PROGETTO ESPOSITIVO SITE SPECIFIC DI MICHELE GABRIELE | FONDAZIONE ADOLFO PINI


LUNEDì 28 NOVEMBRE INAUGURAZIONE | THE MISSING LINK | UN PROGETTO ESPOSITIVO SITE SPECIFIC DI MICHELE GABRIELE | FONDAZIONE ADOLFO PINI

dal 29 novembre 2016 al 31 gennaio 2017 la Fondazione Adolfo Pini presenta per la prima volta un progetto espositivo site specific realizzato all’interno delle proprie sale - The Missing Link di Michele Gabriele a cura di /77 – con una serie di interventi artistici sulle vetrine della casa museo. Una collaborazione resa possibile grazie alla supervisione di Adrian Paci, da cui è nato l’incontro tra la Fondazione e l'artist run project /77, due realtà molto diverse ma accomunate dalla reciproca volontà di promuovere giovani artisti.
 
Proprio con il recente ingresso di Adrian Paci nel comitato scientifico, la Fondazione Adolfo Pini ha infatti ampliato ulteriormente il suo impegno verso i giovani attraverso un nuovo percorso dedicato all’arte contemporanea, con l’obiettivo di porsi quale nuovo luogo di incontro e valorizzazione della scena dell’arte giovanile a Milano. Rientra in quest’ambito anche il progetto promosso dalla Fondazione Adolfo Pini in collaborazione con /77, che sancisce ancora una volta l’attenzione rivolta ai giovani, cui l’Istituzione dedica da sempre particolare impegno nel campo della musica, della letteratura e, oggi, anche dell’arte.
 
L’artista, Michele Gabriele, interviene all'interno delle tre vetrine della Fondazione Adolfo Pini, che separano le sale della casa museo, con tre corpi scultorei, composti da materiali organici e oggetti di uso comune, che perdono la loro funzionalità primaria per rimandare ad altri immaginari: una commistione di elementi in grado di creare un ambiente che non possiede più né uno spazio né un tempo specifico. Michele Gabriele decide infatti di utilizzare il tempo come materia per la realizzazione dell'opera. All'interno di ciascuna delle tre vetrine viene esposta una scultura che gioca allo stesso modo con l'estetica delle tassidermie mal realizzate di inizio secolo scorso e quella di tecnologie e macchinari medici contemporanei, creando un immaginario di carattere fantascientifico. La forte connotazione storica dell'ambiente della casa museo ha spinto l’artista a riflettere sulla dimensione temporale della sua produzione, rielaborando elementi e idee che hanno fatto parte della sua ricerca in passato per ragionare sull'evoluzione futura del suo lavoro.

 
 
 
Ufficio stampa Fondazione Adolfo Pini 
ddl studio T +39 02 8905.2365 
Alessandra de Antonellis   
E-mail: alessandra.deantonellis@ddlstudio.net T 339 3637.388
Laura Cometa 

pubblica
Massimo Nardi