martedì 27 giugno 2017

Nelle Langhe le leggende della musica ritratte da Guido Harari con la mostra Wall of Sound 10 della Fondazione Bottari Lattes

 
Patti Smith, Villa Arconati, 1989.

In occasione del suo ritorno sulle scene con l'album "Gone Again" dopo la perdita del marito Fred e di alcuni amici, la Smith arrivò in Italia allietata dalla compagnia della sua piccola tribù viaggiante, che includeva i suoi figli, la sua band storica, Michael Stipe dei R.E.M. e l'ex-Television Tom Verlaine.


Leonard Cohen, Milano, 1989.

Un ritratto che rivela la grande autoironia e complicità di Cohen. La posa forse cita, suo malgrado, un autoritratto di Egon Schiele.

 

 
 


Nelle Langhe le leggende della musica ritratte da Guido Harari
con la mostra Wall of Sound 10 della Fondazione Bottari Lattes

Laurie Anderson, David Bowie, Jeff Buckley, Kate Bush, Vinicio Capossela, Nick Cave,
Clash, Leonard Cohen, Paolo Conte, Lucio Dalla, Fabrizio De André, Bob Dylan, Brian Eno,
Giorgio Gaber, Peter Gabriel, Iggy Pop, B.B. King, Bob Marley, Joni Mitchell, Ennio Morricone,
Pink Floyd, Queen, Lou Reed, Vasco Rossi, Compay Segundo, Bruce Springsteen,
Rolling Stones, Patti Smith, Caetano Veloso, Tom Waits, Frank Zappa e molti altri
Inaugurazione: sabato 17 giugno 2017, ore 18
Da domenica 18 giugno a sabato 2 settembre 2017

(Lun.-ven.: ore 10-12 e 14.30-18 � Sab. e dom.: ore 15.30-18.30)
Fondazione Bottari Lattes (Via Marconi, 16 � Monforte d’Alba, Cn)
Dal 26 ottobre al 24 dicembre allo Spazio Don Chisciotte di Torino
(mostra in forma ridotta � Mart.-sab.: ore 13,30-12,30 e 15-19)
 
Tra i ritrattisti più famosi della storia della musica, capace di raccontare le leggende del rock, del jazz e del pop in uno scatto, Guido Harari è alla Fondazione Bottari Lattes di Monforte d'Alba (Cn), nel cuore delle Langhe patrimonio Unesco, con la mostra fotografica Wall of Sound 10 che inaugura sabato 17 giugno alle ore 18, visitabile fino a sabato 2 settembre (ingresso libero � orario: lunedì-venerdì 10-12 e 14.30-18; sabato e domenica: ore 15,30-18,30). Un’ampia panoramica del lavoro di un artista che, in oltre quarant’anni di attività, ha immortalato e collaborato con artisti del calibro di Fabrizio De André, di cui è stato uno dei fotografi personali, a Lou Reed, Giorgio Gaber, Bob Dylan, Vinicio Capossela, Kate Bush, Vasco Rossi, Peter Gabriel, Pino Daniele e tanti altri.
La mostra proseguirà in una versione opportunamente remixata allo Spazio Don Chisciotte di Torino dal 26 ottobre al 24 dicembre 2017, in occasione della fiera d'arte internazionale Artissima (Mart-sab: ore 13.30-12.30 e 15-19).
Il titolo Wall of Sound rende omaggio al sound del famoso produttore americano Phil Spector e recupera il titolo della mostra en plein air che MonforteArte organizzò con successo nel 2007 tra le vie del borgo storico, lungo il percorso fino all'incantevole auditorium naturale Horszowski. All’epoca, in coincidenza della rassegna musicale MonfortinJazz, le fotografie di Harari furono proposte su grandi pannelli blu in alluminio. Inoltre, Wall of Sound è diventato il nome della galleria fotografica che Harari ha aperto nel 2011 ad Alba, nonché della prima esposizione internazionale dedicata alle fotografie di Harari presso il Rockheim Museum di Trondheim (Norvegia) nel 2016-17.
Ora, a dieci anni di distanza dal successo di quella prima mostra , Guido Harari torna a esporre nelle Langhe con Wall of Sound 10, riproponendo alcune opere su alluminio blu dell’allestimento originale e soprattutto un’ampia selezione di fotografie classiche e anche inedite in edizioni fine art numerate e firmate (nella terrazza, al primo e al secondo piano della Fondazione e sui muri davanti ad essa).
Le 50 fotografie di Wall Of Sound 10, realizzate tra il 1976 e il 2013, colgono gli artisti in atteggiamenti inusuali, espressioni spesso inattese, su set spesso improvvisati, da cui emerge in maniera immediata la loro personalità; frutto in molti casi di autentica complicità tra fotografo e soggetto. Sono ritratti che ben esprimono lo stile umanizzante, che muove il lavoro di uno tra i fotografi italiani più apprezzati e conosciuti all’estero.
Così Carlin Petrini ha ben sintetizzato lo sguardo di Harari sulla musica: «Dietro ogni scatto c'è una storia, una storia di volti che abbiamo mitizzato e che Guido ha saputo cogliere con spontaneità e leggerezza, garbo ed eleganza, tratti che rappresentano la sua cifra stilistica» (La Repubblica di Torino).
Di Harari Lou Reed precisava: «Sono felice di farmi fotografare da Guido. So che le sue saranno immagini musicali, piene di poesia e di sentimento». E Laurie Anderson aggiungeva: «La sua è davvero una fotografia da Kamikaze, molto diversa da quella di un paparazzo. Perché si tratta di autentica collaborazione. Guido non vuole rubarti nulla, ma piuttosto provare ad andare oltre l'apparenza delle cose».
«La Fondazione Bottari Lattes � spiega il presidente Adolfo Ivaldi � accoglie Guido Harari con amicizia e simpatia nei propri spazi espositivi che già hanno visto le fotografie di artisti come Dondero, Merisio, Fontana, Minkkinen. Questa mostra ci ricorda l’evento del 2007, quella bella “estate blu” di Wall of Sound a Monforte d’Alba con i suoi pannelli dal blu indaco, un colore che immortalava i personaggi in una dimensione quasi sacrale e inarrivabile, ma al tempo stesso li umanizzava e li diversificava focalizzando dettagli oggetti e gesti di una disarmante quotidianità. Questa mostra vuole essere un ritorno del fotografo, oggi celebre, che dieci anni fa, accettando l’invito che gli avevo rivolto da Presidente di MonforteArte, diede inizio all’avventura che lo ha convinto a scegliere Alba e le Langhe quale luogo di forte ispirazione per la sua attività».
Alcuni dei ritratti che saranno esposti in mostra: Laurie Anderson, David Bowie, Jeff Buckley, Kate Bush, Vinicio Capossela, Nick Cave, Clash, Leonard Cohen, Paolo Conte, David Crosby, Lucio Dalla, Fabrizio De André, Bob Dylan, Brian Eno, Giorgio Gaber, Peter Gabriel, John Lee Hooker, Iggy Pop, B.B. King,, Kinks, Bob Marley, Joni Mitchell, Ennio Morricone, Jimmy Page (Led Zeppelin), Pink Floyd, Queen, Lou Reed, R.E.M., Vasco Rossi, Jimmy Scott, Compay Segundo, Wayne Shorter& Herbie Hancock, Bruce Springsteen, Rolling Stones, Patti Smith, Robert Smith (Cure), David Sylvian & Robert Fripp, Caetano Veloso, Rufus Wainwright, Tom Waits, Frank Zappa, Joe Zawinul.
La mostra è accompagnata dal relativo catalogo (costo: 20 euro).
Durante l'inaugurazione i musicisti dell’Orchestra Musica Manens si esibiranno in installazioni sonore in dialogo con le fotografie esposte.
 
Info: Fondazione Bottari Lattes | 0173.789282 | segreteria@fondazionebottarilattes.it
WEB fondazionebottarilattes.it | FB Fondazione Bottari Lattes | TW @BottariLattes
 
 
WALL OF SOUND GALLERY | wallofsoundgallery.com
I 10 anni dalla mostra Wall Of Sound del 2007 racchiudono una serie di passaggi importanti per Guido Harari. Innanzitutto, il suo radicamento nel territorio albese dopo una vita trascorsa a Milano. Poi l'apertura nel 2011 della sua galleria fotografica ad Alba, Wall Of Sound Gallery, focalizzata sull'immaginario della musica. Numerose le mostre organizzate di autori importanti come Art Kane (Who, Joplin, Dylan, Doors, ecc.), David Burnett (Bob Marley), Gered Mankowitz (Jimi Hendrix, Rolling Stones), Merri Cyr (Jeff Buckley), Masayoshi Sukita (Bowie), Joe Alper (Dylan), Frank Stefanko (Springsteen) e altri ancora.
Dal 2011 Wall Of Sound ha cominciato ad operare anche come casa editrice, pubblicando i cataloghi delle proprie mostre. Nel 2015, attraverso un crowdfunding indipendente, Wall Of Sound ha pubblicato con successo internazionale il suo primo volume in tiratura limitata, The Kate Inside, dedicato alle fotografie di Kate Bush, realizzate per l'artista da Guido Harari tra il 1982 e il 1993. Per novembre 2017 è prevista l'uscita di un nuovo volume internazionale in tiratura limitata, Bruce Springsteen. Further Up The Road, con le fotografie scattate a Bruce Springsteen dall'americano Frank Stefanko sull'arco di quarant'anni anni, dal 1978 al 2017.
 
 
GUIDO HARARI | guidoharari.com
Ispirato dai grandi fotografi degli anni Cinquanta e Sessanta, Guido Harari si è affermato nei primi anni Settanta come fotografo ritrattista e critico musicale, collaborando con numerose riviste e case discografiche. Da allora ha allargato il suo tiro d’azione al reportage, alla fotografia pubblicitaria e di moda e al progetto grafico dei suoi libri.
Ha firmato numerose copertine di dischi e reportage di tournée per artisti i fama internazionale come Kate Bush, David Crosby, Dire Straits, Duran Duran, Bob Dylan, Peter Gabriel, B.B. King, Ute Lemper, Paul McCartney, Michael Nyman, Lou Reed, Santana, Simple Minds, Frank Zappa, oltre ad artisti italiani come Claudio Baglioni, Andrea Bocelli, Angelo Branduardi, Vinicio Capossela, Paolo Conte, Fabrizio De André, Gianna Nannini, Luciano Pavarotti, PFM e Vasco Rossi.
Ha pubblicato diversi libri, tra cui Fernanda Pivano. The Beat Goes On (2004), Wall Of Sound (2007), Fabrizio De André. Una goccia di splendore (2007), Fabrizio De André & PFM. Evaporati in una nuvola rock (con Franz Di Cioccio, 2008), Mia Martini. L’ultima occasione per vivere (con Menico Caroli, 2009), Giorgio Gaber. L’illogica utopia (2010), Vinicio Capossela (2012), Tom Waits (2012), Pier Paolo Pasolini. Bestemmia (2015).
Il suo lavoro è stato oggetto di molte mostre. Le più recenti da Snap Galleries, a Londra (Kate Bush, 2014), al Ravello Festival (Sonica, 2015), al Rockheim Museum in Norvegia (Wall Of Sound, 2016/17), all’Art Bermondsey Project Space, a Londra (The Kate Inside, 2016).
 
FONDAZIONE BOTTARI LATTES
La Fondazione Bottari Lattes è nata nel 2009 a Monforte d’Alba (Cn) e non ha scopo di lucro. Ha come finalità la promozione della cultura e dell’arte e l’ampliamento della conoscenza della figura di Mario Lattes. Tra le principali attività: mostre di arte, il Premio letterario internazionale Bottari Lattes Grinzane, il Festival di musica Cambi di Stagione, il progetto per l’infanzia Vivolibro, i convegni.
Nel 2013 ha aperto l’attività espositiva del nuovo Spazio Don Chisciotte a Torino, voluto da Caterina Bottari Lattes. Nel 2015 ha inaugurato la Biblioteca Pinacoteca Mario Lattes.
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Orari mostra alla Fondazione Bottari Lattes � Monforte d'Alba (Via Marconi 16)
Inaugurazione: sabato 17 giugno 2017, ore 18
Mostra da domenica 18 giugno a sabato 2 settembre 20 17
Lunedì-venerdì: ore 10-12 e 14.30-18 � Sabato e domenica: ore 15.30-18.30
 
Orari mostra allo Spazio Don Chisciotte � Torino (Via della Rocca 37b)
Mostra da giovedì 26 ottobre a domenica 24 dicembre 2017 (
Info: Fondazione Bottari Lattes | 0173.789282 | segreteria@fondazionebottarilattes.it
WEB fondazionebottarilattes.it | FB Fondazione Bottari Lattes | TW @BottariLattes
Ufficio Stampa: Paola Galletto pao.galletto@gmail.com galletto@fondazionebottarilattes.it 340.7892412
 


 




 

 

 

Guillermina De Gennaro. Inglobe



LA FONDAZIONE PINO PASCALI INVITA A SHOWCASE – GUILLERMINA DE GENNARO: INGLOBE
A CURA DI NICOLA ZITO/LA CORTE. FOTOGRAFIA E RICERCA

Inaugurazione: mercoledì 5 luglio, alle 19


Mercoledì 5 luglio 2017 alle ore 19, presso la Fondazione Pino Pascali di Polignano a Mare, terzo appuntamento con ShowCase, rassegna espositiva che coinvolge le gallerie del territorio nella presentazione di solo show o progetti curatoriali – organizzati dalle gallerie stesse – nella Project Room situata nel basement del museo. Protagonista della terza tappa sarà Guillermina De Gennaro, presentata dall’Associazione La Corte. Fotografia e ricerca di Bari.

Con ShowCase, che chiama in causa artisti provenienti da tutta Italia, la Fondazione Pino Pascali vuole dare spazio, all’interno di una sede istituzionale, alle gallerie e ai soggetti attivi in Puglia, ma che operano all’interno del sistema dell’arte su scala nazionale e non solo, offrendo allo stesso tempo agli spettatori un saggio importante della ricchezza artistica presente sul territorio.

Per questa occasione Guillermina De Gennaro proporrà Inglobe, progetto che rappresenta la sua attuale ricerca visiva e che si concentra sull’osservazione del rapporto tra gli elementi naturali e gli oggetti prodotti dall’uomo, mettendo in risalto la forza con cui la Natura, alla fine, potrebbe prendere il sopravvento sulla sfera antropica.

Nella Project Room della Fondazione, l’artista (nata a Buenos Aires, vive e lavora a Bari) realizzerà un intervento ambientale che si configura come un autentico set dove piante rampicanti – in particolare quelle più forti e geneticamente resistenti – s’impossessano di ogni presenza, creando una specie di “abbraccio perenne” che potrebbe quasi far sparire l’oggetto estraneo.

Info

La mostra, a cura di Nicola Zito, rimarrà aperta e visitabile fino a domenica 30 luglio 2017.
Inaugurazione: 5 luglio 2017, ore 19
La mostra rimarrà aperta fino al 30 luglio 2017.
Orario: dal martedì alla domenica ore 11-13 / 15-22. Lunedì chiuso.
Tel. 080.424.9534 – 333.2091920
(La biglietteria chiude mezz’ora prima del museo – biglietto 2 euro più eventuali riduzioni a chi ne ha diritto).

Jan Fabre al MADRE

Giovedì 29 giugno (ore 18.00, tetto-terrazzo) sarà presentata al pubblico l'opera iconica dell'artista belga Jan Fabre (Anversa, 1958) "L'uomo che misura le nuvole (versione americana, 18 anni in più)", 1998-2016.

L'opera, a cura di Melania Rossi, Laura Trisorio e Andrea Viliani, arriva al MADRE nell’ambito di "Per_formare una collezione", il progetto dedicato alla formazione progressiva della collezione del museo, ritornando a Napoli dopo l'esposizione del 2008 in Piazza del Plebiscito, dove fu allestita nell’ambito del progetto "Il ragazzo con la luna e le stelle sulla testa", che presentò una galleria di personaggi-autoritratto in cui ogni scultura interpretava un ruolo in relazione all’immaginario della città. 

"L'uomo che misura le nuvole" è un inno alla capacità di continuare a sognare, di trascendere il tempo e lo spazio attraverso l'immaginazione: esprimendo la sensazione di pianificare l’impossibile (appunto il tentativo di misurare un’entità mutevole e incostante come le nuvole), Fabre riflette su se stesso e sullo statuto della ricerca artistica che si esprime quale tensione verso il sapere, verso i limiti invalicabili della conoscenza che è possibile lambire attraverso la sperimentazione.

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Ingresso libero

Museo MADRE, Napoli
Via Settembrini 79, 80139 Napoli
+39.081.197.37.254

KANDINSKY→CAGE: Musica e Spirituale nell’Arte


A Palazzo Magnani di Reggio Emilia
UN GRANDE PERCORSO TRA ARTE E MUSICA
Dall’astrattismo spirituale di Wassily Kandinsky al silenzio illuminato di John Cage
In mostra anche Max Klinger, Paul Klee, Arnold Schönberg, Constantin Čiurlionis, Marianne Werefkin, Oskar Fischinger, Fausto Melotti, Nicolas De Staël, Giulio Turcato, Robert Rauschenberg
Mostra a cura di Martina Mazzotta


Dall’11 novembre, a Palazzo Magnani di Reggio Emilia, ci si immerge in un percorso tra arte e musica che parte da Kandinsky e approda a Cage. Dove le nozioni di interiorità e spiritualità vengono indagate come temi aperti, capaci di raccogliere molte suggestioni.
“A partire dalla fine dell’Ottocento, e poi fino ai giorni nostri, anticipa la curatrice Martina Mazzotta, si può individuare un filo rosso che pone la musica in connessione con gli sviluppi dell’arte moderna e contemporanea. Non vi è artista che non si sia confrontato con l’immaterialità dell’arte-sorella, con la sua sovrana indipendenza dal mondo del visibile e dalle finalità riproduttive. Sintomi dell’invecchiamento dell’arte, diceva il filosofo Adorno, sono l’individualismo e il razionalismo sempre più esasperati. Alla musica, allora, va il ruolo di restituire all’arte il suo compito più nobile e antico, quello di divenire sede di idee universali. Negli anni a cavallo tra il XIX e il XX secolo, soprattutto in ambito germanico, il culto di Goethe, il wagnerismo, le indagini in campo filosofico e scientifico riflettono l’esigenza di una aspirazione all’armonia dell’individuo con il tutto, di una spiritualizzazione del lavoro artistico che produce un forte impatto sulle arti figurative, favorendo il ricorso al modello della musica”.
E’ da queste premesse che prende avvio la mostra “Kandinsky→Cage: Musica e Spirituale nell’Arte”, presentando preziosi bozzetti di opere di Richard Wagner (dell’Archivio Ricordi di Milano), la “Fantasia di Brahms” di Max Klinger e una serie di Lubok.
Segue un importante nucleo di una cinquantina di opere di Wassily Kandinsky – dipinti, acquerelli, grafiche – provenienti da musei e collezioni private, tra le quali spiccano quelle di carattere eminentemente musicale, come gli acquerelli dipinti per gli spettacoli teatrali (del Centro Pompidou, Parigi) e per “Quadri di un’Esposizione” sulla musica di Mussorgskij (della collezione universitaria del Castello di Wahn, Colonia).
Dal confronto dialettico con un musicista e artista grande come Constantin Čiurlionis, rappresentato in mostra da opere e spartiti provenienti dall’omonimo museo lituano di Kaunas, nonché dalle suggestioni della musica atonale dell’amico Arnold Schöenberg (poi maestro di Cage), celebrato a Palazzo Magnani come pittore con una straordinaria selezione di dipinti del Schöenberg Center di Vienna, Kandinsky giunge intorno al 1910 all’astrattismo spirituale e apre la via al suono interiore dei segni e dei colori, alla continua ascesa verso la libertà della materia. Le espressioni artistiche, ricondotte all’unità del soggetto e al suo ruolo di artefice, spostano l’attenzione sull’interiorità, su quello che Kandinsky chiama das Geistige in der Kunst (lo spirituale nell’arte). La tensione profetica verso l’età dello spirito che anima l’omonimo libro, scritto nel 1909 e poi pubblicato nel 1912, viene drammaticamente negata dall’avvento del primo conflitto mondiale.
La musica resta tuttavia l’ambito privilegiato, nel percorso di Kandinsky come in quello degli altri artisti in mostra, per proseguire verso la via dell’arte astratta, da interpretare anche in senso mistico, antroposofico, religioso e cosmico. La fusione sinestesica e l’empatia (Einfuehlung) che vedono i fruitori coinvolti in un processo ri-creativo dell’opera, rappresentano presupposti fecondi per guidare i visitatori attraverso il percorso della mostra dove pittura, scultura, teatro, danza e cinema si relazionano alla non-oggettività della musica.
A una sezione su Paul Klee, protagonista imprescindibile in questo contesto, segue un omaggio a Marianne von Werefkin, in collaborazione col Museo d’Arte Moderna di Ascona. La grande pittrice legata a Kandinsky e al Cavaliere Azzurro che fu pioniera nell’affrontare il pensiero artistico come “rivelazione della vita in termini di colore, forma e musica”, senza peraltro mai cedere alla pura astrazione, trova un corrispettivo nel “naturalismo” dell’amico Stravinsky – l’altro protagonista, con Schoenberg, della modernità musicale della prima metà del XX secolo – la cui musica è stata scelta per la visione delle opere dell’artista.
Campane sonore lungo il percorso e video, infatti, consentono di fruire di alcuni nuclei dell’esposizione con accompagnamenti musicali mirati, dei quali il visitatore potrà godere contestualmente e in modo strettamente connesso alla visione delle opere.
La mostra viene animata da brani letterari degli artisti, video e installazioni che invitano a sperimentare in maniera ludica e ricreativa la sinestesia e offrono vere e proprie riscoperte. Come quella della figura di Oskar Fischinger, le cui opere giungono dall’omonimo archivio in California, il quale si ispirò a Kandinsky in maniera multiforme e divenne poi maestro di Cage negli USA, animando tra l’altro “Fantasia” di Walt Disney con la “Toccata con Fuga” di Bach, nella quale molte delle suggestioni della mostra sembrano trovare una sede ideale.
Il percorso prosegue con una selezione di opere di tre artisti particolarmente legati alla musica e alla spiritualità nel secondo Dopoguerra: Nicolas De Staël e Fausto Melotti (entrambi connessi alla figura del collezionista e musicologo Luigi Magnani, proprietario dell’omonimo Palazzo in cui si tiene la mostra) e dei quali vengono presentati e riscoperti preziosi dipinti e sculture musicali (l’“Uccello di Fuoco” di Melotti per esempio, del 1971, non viene esposto da più di tre decenni) e Giulio Turcato, del quale vengono esposti dopo 33 anni acquerelli, maquette, video e musiche di Luciano Berio appartenenti a “Moduli in Viola. Omaggio a Kandinsky”, lo spettacolo realizzato per la Biennale di Venezia del 1984.
La mostra si conclude con un ampio omaggio a John Cage, il musicista, pensatore, poeta e artista i cui princìpi di risonanza interiore e la cui concezione dell’arte come tramite privilegiato di idee universali presenta analogie, rimandi e corrispondenze con la spiritualità kandinskiana. La sezione a lui dedicata si integra con la presenza di opere di altri artisti e si sviluppa attraverso notazioni e documenti audio e video, ma soprattutto attraverso installazioni di grande suggestione che permettono ai visitatori di sperimentare sinesteticamente la poetica cageana. Centrali saranno la ricostruzione di un ambiente anecoico, una “sala del silenzio” nella quale verrà esposta una tela bianca di Robert Rauschenberg, nonché la riproduzione di un teatro che metterà in scena una reinterpretazione in miniatura della composizione per orchestra “Ocean”, durante la quale il visitatore – idealmente seduto nella platea del Teatro Romolo Valli di Reggio Emilia, qui ricreato – sarà avvolto da “onde” musicali provenienti da diversi punti dell’installazione. Presente inoltre lo spartito per pianoforte – il famoso Solo for Piano dal Concert for Piano and Orchestra – che è il capolavoro dell’inventiva di Cage nel campo della notazione musicale.
Palazzo Magnani a Reggio Emilia, che nel 2017 compie venti anni di attività espositiva, è stata la residenza del filantropo, musicologo e collezionista Luigi Magnani. La natura “musicale” della sede – e in generale di tutto il territorio reggiano – conferisce valore e significato alla scelta tematica della mostra.
Anche una delle più importati istituzioni culturali della città, la Fondazione I Teatri di Reggio Emilia, ha deciso di dedicare, nello stesso periodo della mostra – un momento importante a Wassily Kandinsky. FESTIVAL APERTO 2017 metterà in calendario “Fattore K”, omaggio a Kandinsky, con il 14 ottobre al Teatro Ariosto Ensemble “Giorgio Bernasconi” dell’accademia del Teatro alla Scala, Marco Angius direttore, musiche di Skrjabin, Schoenberg, Webern, Clementi, Donatoni, Stockhausen e l’11 novembre al Teatro Cavallerizza Duo pianistico Emanuele Arciuli – Andrea Rebaudengo, musiche di Skrjabin, Schoenberg, De Hartmann, Debussy, Stravinskij.
Una serie di attività collaterali – concerti, lezioni concerto, conferenze, workshop – realizzate in collaborazione con importanti istituzioni come la Fondazione Nazionale della Danza, oltre ad attività formative e didattiche (in collaborazione con Indaco, Atelier di ricerca musicale ed espressiva e Associazione Stella Maris di Bologna), completeranno e arricchiranno la mostra e l’approfondimento del rapporto tra arte e musica.
La mostra inaugura un’attenzione specifica che la Fondazione Palazzo Magnani riserverà alle persone con disabilità fisica e psichica, in stretta collaborazione con il Progetto Reggio Emilia città senza barriere. Il percorso espositivo sarà arricchito da soluzioni idonee ad una fruizione delle opere secondo modalità facilitate e affiancamento di personale specializzato, nella consapevolezza che l’arte sia via di accesso privilegiata al benessere di tutte le persone.
La mostra è promossa da Fondazione Palazzo Magnani e Skira Editore con la partecipazione di Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, Comune di Reggio Emilia, Regione Emilia Romagna, Provincia di Reggio Emilia, Fondazione Cassa di Risparmio Pietro Manodori, Camera di Commercio di Reggio Emilia.

Il progetto a cura di Martina Mazzotta si pregia di un importante Comitato Scientifico, presieduto da Paolo Repetto e composto da curatori e direttori di museo, musicologi, storici dell’arte e filosofi, tra i quali troviamo Michele Porzio e Gillo Dorfles.
APERTA LA PREVENDITA ON LINE DEI BIGLIETTI
È possibile saltare la coda acquistando i biglietti online su musement.com, importante marketplace italiano di mostre e musei ed esperienze di viaggio in tutto il mondo.
Acquista i biglietti entro il 30 giugno per approfittare della promozione su tutte le categorie www.musement.com
ACQUISTO BIGLIETTI ON LINE – FINO AL 30 GIUGNO
Intero € 12
Ridotto € 10 (Amici della FPM; Amici dei Teatri; militari; over 65; diversamente abile; studenti dai 18 ai 26 anni)
Studenti € 6 (studenti dai 6 ai 18 anni)
ACQUISTO BIGLIETTI ON LINE – DAL 1° LUGLIO
Intero € 14
Ridotto € 12 (Amici della FPM; Amici dei Teatri; militari; over 65; diversamente abile; studenti dai 18 ai 26 anni)
Studenti € 8 (studenti dai 6 ai 18 anni)
Informazioni dettagliate su: www.palazzomagnani.it
Fondazione Palazzo Magnani –Tel. 0522 454437– 444446 info@palazzomagnani.it
Ufficio Stampa: Studio ESSECI, info@studioesseci.net

GIVE ME A BODY THEN







SANTACROCE è lieta di presentare GIVE ME A BODY THEN, una mostra collettiva di Saskia Fischer, Katharine Fry, Michele Giangrande, Roberto Pugliese, Giuseppe Teofilo e Natalia Trejbalova, a cura di Felice Moramarco.

Con il patrocinio del Comune di Altamura

Inaugurazione // sabato 8 luglio ore 20:00
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Artisti 
Natalia Trejbalova - https://vimeo.com/user17839377 

Concept 
Alla base di ogni rappresentazione geometrica resta celato un mistero irrisolvibile: il punto. Nella sua opera principale, Elementi, il matematico greco Euclide definisce il punto come “ciò che non ha parti”. Il punto è la minima entità geometrica ed è perciò adimensionale e priva di estensione. Resta inspiegato tuttavia come può un’entità statica e priva di spazio costituire forme complesse e generare il divenire della realtà. 

Attraverso i lavori di cinque artisti, Give me a body then indaga i processi mediante i quali unità minime di sensibilità – segni, movimenti e suoni elementari – generano realtà complesse, seguendo rigorosi e intesi processi di ripetizione. Lungi dall’essere un semplice reiterazione, la ripetizione è un processo dinamico che mette in relazione con se stessi gli elementi ripetuti, secondo modalità sempre differenti. Ciò introduce disequilibri e asimmetrie al suo interno che trasformano una semplice reiterazione in un movimento progressivo. La ripetizione diventa così un movimento dinamico di costruzione di nuove realtà. Elementi quasi impercettibili accumulano una crescente intensità espressiva. Il bisogno di un corpo diventa dunque sempre più pressante, fino a divenire una urgenza ineludibile: Give me a body then!

Give me a Body Then 
a cura di Felice Moramarco
8 – 27 luglio 2017

Santacroce
via Santa Croce 5, 70022 Altamura 


domenica 18 giugno 2017

Anna Sargenti. "Io sono, Tu Sei”


Si inaugura Mercoledì 28 giugno 2017 alle ore 18 al PAN| Palazzo delle Arti di Napoli, Io sono - Tu sei. 1975-2017, oltre 40 anni di attività artistica di Anna Sargenti. La mostra si presenta al contempo come un viaggio antologico nella vasta produzione dell’artista romana ed un ritorno sulla scena contemporanea, dopo circa dieci anni di silenzio.

Promossa dall’Assessorato alla Cultura e Turismo del Comune di Napoli, a cura di Maria Savarese, il percorso espositivo prende il titolo dall’ultimo lavoro della Sargenti, in mostra per la prima volta al PAN. L’installazione inedita è composta da oltre 40 tavole di legno usurate e ferite dal tempo, recuperate nelle campagne irpine, e poi coperte di bianco, intrecciate da uno spago con innumerevoli nodi. Un lavoro “duro” scaturito dall’introspezione di questi anni vissuti in solitudine dall’artista, sempre più consapevole del valore degli oggetti abbandonati, che proprio perché logorati, racchiudono una storia, cui viene ridata una nuova dignità. Un’affermazione del loro essere, una nuova declinazione, come quella dell’ausiliare che per eccellenza descrive il nostro stare al mondo. C’è un’archeologia dietro Io sono, tu sei, come in altri suoi lavori : le vecchie tavole, destinate a morire in un camino, sono ritrattate, restaurate, legate dai pensieri, e ricoperte da una pittura bianca , una sorta di gesto di difesa e custodia.

Tema ricorrente lungo l’intero allestimento, fatto di contrasti e sovrapposizioni, è proprio quello della memoria, in parte legata al vissuto personale dell’artista, in parte al ricordo dei luoghi. La mostra ripercorre, tra le varie tappe, anche Similitudo, l’esperienza presso l’ospedale Psichiatrico Frullone degli anni ’94-95: opere recluse, destinate ad autodistruggersi, ma documentate dall’abilissimo lavoro fotografico di Fabio Donato. Una riflessione sulle modalità dell’essere e del sentire, che esamina le zone oscure dell’io, le paure, i riti, le ansie pacate ed i vuoti colmati con i gesti della prassi artistica.

Io Sono-Tu sei. 1975-2017 racconta le sperimentazioni di tanti anni di lavoro, l’utilizzo delle più diverse tecniche realizzate su tela – legno – ferro; le ricerche di colore, dal giallo, al blu, al rosso fino al “colore più difficile”, il bianco; le contaminazioni con la musica, la fotografia, la poesia e il teatro.

Un itinerario volutamente disordinato, che procede per associazioni, spesso linguistiche, cariche di valenza letteraria (da Verlaine a Breton), altre volte sonore come nella sua Chambre de Musique.

L’artista, accompagnata negli anni dalle riflessioni critiche di Filiberto Menna, Angelo Trimarco e Achille Bonito Oliva, non ha mai smesso di analizzare lucidamente e di appartenere al quotidiano della città che oggi ospita la sua personale. Nella stazione Metropolitana di Quattro Giornate ed in quella di Salvator Rosa sono installate in maniera permanente da oltre 15 anni, Sabe que la lucha es crudel, trasfigurazione in collage di una poesia di Santos Discepolo e C’est la crapule, presentata a Pechino nel 1995 in occasione della conferenza mondiale dell’ONU sui diritti delle donne.


BIOGRAFIA ARTISTA
Anna Sargenti
(Roma, 1948. Vive e lavora a Castelvetere su Calore, Avellino)
Dopo aver frequentato a Roma l’Accademia di Belle Arti e la Scuola libera del Nudo, Anna Sargenti si trasferisce a Napoli alla metà degli anni settanta. Le prime mostre personali la vedono sulla scena romana (Galleria l’Angolo, 1980), napoletana (Sala Vincenzo Gemito, 1987) e milanese (Galleria Vinciana, 1988). A partire da una ricerca pittorica figurativa, con la rappresentazione di corpi femminili dalle linee marcate, Sargenti si distacca dalla figura, alleggerendola fino ad approdare all’astrattismo. Dalla fine degli anni ottanta le sue tele appaiono animate da linee e segni che creano composizioni dinamiche, dove alla costruzione sulla base del nero si alternano diverse dominanti cromatiche che si legano a particolari implicazioni emotive: il giallo, il blu, il rosso per poi arrivare al bianco. In questo frangente, è significativa la mostra personale allo Studio Trisorio nel 1992, per la quale l’artista si ispira all’opera Nadja di André Breton presentando lavori interamente dedicati alla gamma cromatica del giallo. Se la pittura costituisce il linguaggio privilegiato della sua ricerca, va registrata parallelamente una sperimentazione continua dei materiali che riguarda tanto i supporti (pezzi di legno trovati, siporex, plastica, plexiglass), quanto le superfici, dove si ritrovano fili di ferro, frammenti di spago intrecciati, concrezioni di schiuma, collage con immagini fotografiche e brani tratti da testi poetici. L’intervento pittorico traspone quindi la sua matrice segnica in una dimensione tridimensionale e arriva a coinvolgere interi ambienti, come gli spazi dell’Ospedale psichiatrico Frullone dove Sargenti lavora tra il 1994 e il 1995. L’artista associa inoltre alla pratica pittorica frequenti incursioni nel campo del design e della produzione di oggetti, con la realizzazione di tavoli, lampade, gioielli, stoffe, ceramiche che ripropongono linee e segni delle sue tele.

Nel 2000 la Sala Dorica di Palazzo Reale a Napoli ospita la sua mostra personale Ri-tratti, cui segue Bianco è anima nelle Prigioni di Castel dell’Ovo nel 2003, ispirata all’opera letteraria Il Minotauro di Dürrenmatt e tutta incentrata sul bianco. Nel 2005 la mostra Come il giorno e la notte presso la Changing Role More Over Gallery di Napoli presenta opere realizzate con diversi materiali il cui trait d’union è la figura di Marlon Brando.

Opere di Anna Sargenti sono installate in permanenza nella Metropolitana di Napoli, nelle stazioni di Quattro Giornate (Sabe que la lucha es crudel, 2000, trasfigurazione in collage di una poesia di Santos Discepolo) e di Salvator Rosa (C’est la crapule, installata nel 2001 e precedentemente presentata a Pechino nel 1995 in occasione della conferenza mondiale dell’ONU sui diritti delle donne). [AT]

Mostre principali
Galleria l’Angolo, Roma 1980; Sala Vincenzo Gemito, Napoli 1987; Galleria Vinciana, Milano 1988; Studio Erre, Roma 1989; Galleria Art-Image, Napoli 1990; Galleria Rizzardi, Milano 1991; Studio Trisorio, Napoli 1992; Artexarte, Villaricca (NA) 1993; Galleria Cortina, Milano 1993 e 1997; Galleria Toledo, Napoli 1996; Teatro Il Vascello, Roma 1998; Palazzo Reale, Napoli 2000; Castel dell’Ovo, Napoli 2003; Galerie Viviana Grandi, Bruxelles 2003; Changing Role More Over Gallery, Napoli 2005; Artexarte Box, Napoli 2008.



SCHEDA MOSTRA
Titolo: Io Sono- Tu Sei. 1975-2017
Artista: Anna Sargenti
Sede: PAN|Palazzo delle Arti Napoli
Promossa: Comune di Napoli, Assessorato alla Cultura e Turismo
A cura di : Maria Savarese
Opening: 28 Giugno 2017 ore 18
Date: 29 Giugno – 21 Luglio
Orari: 9.30-8.30 martedì chiuso
Ufficio Stampa: AnnaChiara Della Corte
a.chiaradellacorte@gmail.com
333 8650479

pubblica: 

domenica 11 giugno 2017

Gilbert&George alla Fondazione Pino Pascali

Il 24 giugno alle ore 19,30

GILBERT&GEORGE ALLA FONDAZIONE PINO PASCALI

Gilbert&George si racconteranno in una tavola rotonda con Alessandra Mammì e Mario Codognato. Nell’ambito del festival Art/Movie, sarà, inoltre, proiettato il film “THE WORLD OF GILBERT & GEORGE, 1981. La storica dell’arte Lia De Venere presenterà l’opera “CHERRY BLOSSOM N.6”, 1974.

È necessario prenotarsi a: stampa@museopinopascali.it


La Fondazione Pino Pascali, diretta da Rosalba Branà, è orgogliosa di presentare nell’ambito di Art/Movie, il festival tra arte e cinema con il coordinamento generale di Santa Nastro, il progetto “Un film, un’opera”.
Ad inaugurare il format due tra i più importanti artisti contemporanei viventi, Gilbert&George, che saranno il 24 giugno dalle ore 19,30 a Polignano a Mare a raccontarsi, in una tavola rotonda con la giornalista Alessandra Mammì e il curatore Mario Codognato.

L’ “area cinema”, a cura di Alessandra Mammì, presenta in collaborazione con la Cineteca Nazionale di Roma, il film THE WORLD OF GILBERT & GEORGE: è un canto d’amore per l’Inghilterra, per il mondo, per Londra, per il quartiere dell’East End in cui gli artisti abitano, ai tempi un luogo povero, malfamato, senza quel riverbero azzurro-acciaio degli edifici cresciuti uno accanto all’altro negli ultimi vent’anni.
È un vero e proprio film concepito come un’opera d’arte quello scritto, diretto e interpretato da Gilbert&George nel 1981. Pellicola persa, ritrovata e ora infine restaurata dalla Cineteca Nazionale in collaborazione con Milestone Films e presentata nel 2016 a Roma, prima di approdare alla Fondazione Pino Pascali.

L’opera, che sarà presentata dalla storica dell’arte Lia De Venere, è CHERRY BLOSSOM N.6 (Fiore di ciliegio n.6) proveniente dalla Collezione Angelo Baldassarre di Bari. L’opera appartiene a un ciclo di dodici, che è stato realizzato da Gilbert&George nell’autunno del 1974 e costituisce una tappa molto importante all’interno del loro percorso artistico. Nella serie CHERRY BLOSSOM gli artisti fanno ricorso per la prima volta all’adozione di una griglia regolare costituita da una serie di elementi rettangolari di uguali dimensioni disposti in maniera ordinata a costituire un unico lavoro e fa la sua prima apparizione il colore, in particolare il rosso.
Il ciclo CHERRY BLOSSOM segna una svolta fondamentale non solo dal punto di vista formale nell’arte e nella attività di Gilbert&George. Il loro sguardo si rivolge da allora al crogiolo di culture, etnie, religioni, lingue, realtà sociali, che caratterizza la città, e di conseguenza alle contraddizioni, alle violenze, alle insoddisfazioni, alle speranze che albergano nel microcosmo che li circonda.

L’opera CHERRY BLOSSOM N.6 è stata esposta solo una volta al pubblico, prima di arrivare alla Fondazione Pino Pascali: nel 1974 alla Galleria Sperone di Roma.

Completa il percorso l’ “educational area” che offrirà al pubblico una serie di apparati didattici che raccontano gli artisti e una selezione di film e documentari dedicati a Gilbert&George. Tra questi, Singing Sculpture, per la courtesy della Galleria Sonnabend di New York, documentazione della famosa performance presentata per la prima volta nel 1969 alla Nigel Greenwood Gallery. Con i volti dipinti da una vernice multicolore metallica, un bastone da passeggio e i completi in tweed o lana che diventeranno la loro uniforme, gli artisti salgono su una pedana e cantano per un giorno intero muovendosi come automi di un carillon.
La performance non verrà ripetuta per quasi 15 anni, finché poi non sarà proprio questa l’opera chiamata nel 1991 a celebrare i venti anni della galleria Sonnabend a New York , che ne produce il film girato dall’amico artista e regista Philip Haas, visibile al Museo Pino Pascali. Centinaia furono le persone nel pubblico mentre entusiasti critici newyorkesi lo definirono “the purest art film ever made”. Sarà inoltre possibile vedere il documentario “Tim Marlow with Gilbert and George" (2007), diretto da Ben Harding, Seventh Art Production) e The Secret Files of Gilbert&George (2007, JRP- Ringler), una intervista con il critico e curatore svizzero Hans Ulrich Obrist.

L’opera CHERRY BLOSSOM N.6 e l’educational area, saranno fruibili e visitabili fino al 2 settembre 2017.

Gilbert&George. Gilbert è nato nelle Dolomiti, in Italia, nel 1943. George è nato a Devon nel 1942. Vivono e lavorano a Londra. Insieme hanno partecipato a molti importanti group e solo show tra cui: la 51. Biennale delle Arti Visive di Venezia (2005), il Turner Prize (1984), la Carnegie International (1985). Tra le più importanti personali: Whitechapel Gallery (1971-72), National Gallery Beijing (1993),
Shanghai Art Museum (1993), Stedelijk Museum, Amsterdam (1995-1996), Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris (1998), Serpentine Gallery, Londra (2002), Kunsthaus Bregenz (2002), Kestnergesellschaft, Hannover (2004-2005), Tate Modern, Londra, Haus der Kunst, Monaco (2007), Brooklyn Museum of Art, New York (2008-09), Philadelphia Museum of Art (2008), ‘Jack Freak Pictures’, CAC Malaga, Museum of Contemporary Art, Zagreb, Palais des Beaux Arts, Brussels (2010), Deichtorhallen, Hamburg, Kunstmuseum Linz (2011), Laznia Centre for Contemporary Art, Gdansk (2011-2012), Museum Küppersmühle, Duisburg (2012).


Fondazione Pino Pascali | Museo Arte Contemporanea
Via Parco del Lauro, 119
POLIGNANO A MARE, BA 70044

Press: Santa Nastro snastro@gmail.com +393928928522

venerdì 9 giugno 2017

AT FULL BLAST 2017 in mostra a LATERZA - MATERA - MARINA DI GINOSA

 


  

A poco più di tre anni dalla prima edizione, la collettiva d’arte contemporanea “At Full Blast – A tutto spiano” curata da Massimo Nardi torna in scena ambiziosamente, valicando gli originari confini dell’area metropolitana barese. Ricco il programma di eventi, triplice la location, unico l’obiettivo: valorizzare luoghi, territori e comunità locali promuovendo cultura e turismo. Laterza, Marina di Ginosa e Matera sono le tappe di un articolato percorso espositivo che vede protagoniste produzioni artistiche contemporanee di indubbio profilo in spazi storici e contesti da riscoprire. Forme, spazi, elementi, segni, risonanze, frammenti. Tutti rigorosamente “narrati” dall’elegante curatèla quali singoli frames di un unico tessuto emozionale. Ed è proprio qui, appunto, che si staglia la cifra distintiva - non solo estetica – della mostra curata da Nardi. Pittura, scultura, installazioni, performance, nuove arti visive. I lavori in mostra non fanno sconti: richiedono una relazione, una (de)codifica, impongono un ruolo attivo da parte dello spettatore, pretendono un’interazione persistente fra produttore e fruitore di senso. Il bisogno inoltre, anzi l’urgenza, di un rapporto diretto con la dimensione fisica (quasi una compenetrazione con lo spazio reale e con quei “luoghi” – per dirla con Augé – intrisi di elementi identitari, storici e culturali) segna profondamente l’etica e l’estetica di un linguaggio mai esclusivamente rappresentativo ma sempre marcatamente evocativo. Inevitabile il riferimento al binomio concettuale deterritorializzazione/riterritorializzazione ed alle complesse, ma epistemologicamente sempre efficaci, analisi di Deleuze e Guattari. Ineludibile il richiamo alla ricca narrativa scientifica esistente sugli articolati rapporti fra mutamenti tecnologici, territori ed espressioni artistiche e culturali. Probabilmente, è proprio in questo solco, in questa riflessione, che questa collettiva cerca (e trova pienamente) il proprio senso, la propria unicità. Le opere selezionate, infatti, parlano a chi le guarda e spianano il campo ad un’introspezione mai banale, spesso inattesa, dichiaratamente dialettica: passato e presente, ombre e luci, pesantezza e lievità, materialità e spiritualità, quali poli di una dualità intrinseca alla complessità dell’agire umano, svelano il disorientamento sempre più caratterizzante la nostra contemporaneità. A dispetto di una falsa parcellizzazione, “At Full Blast” apre, dunque, il sipario in un atto unico e richiama in scena, in primo piano, la sensibilità e l’emotività dell’osservatore attivando, sin dal primo incontro, quel sofisticato complesso di relazioni che si instaura, attorno all’opera, fra autore, oggetto e campo della rappresentazione. Dettagli, espansioni, torsioni, stupore, memoria, segni di discontinuità spaziali e stilistiche che evocano discontinuità nel tempo ma che – paradossalmente – riescono a restituire efficacemente il senso del contesto storico-sociale e la misura della complessità in cui siamo chiamati a vivere. L’arte contemporanea - è sempre più evidente - seduce inevitabilmente chi sa interpretare le metamorfosi del reale. Anche “At Full Blast” non sfugge a questa regola: è un caleidoscopio di linguaggi, forme espressive e sensoriali che sanno offrire spunti diversi a ciascun visitatore. E’ l’incantesimo inaspettato ed inimmaginabile (differente per ognuno ed in questo senso postmoderno) che ci dimostra, passo dopo passo, opera dopo opera, quanto – anche nell’era dei social e dei digital devices - la bellezza dell’arte senza limiti e dei luoghi ricchi di storia ed identità sappiano sorprenderci ancora. A tutto spiano.  Maurizio Brunialti - Sociologo 

Inaugurazione prima tappa a Laterza il 17 giugno 2017 alle ore 19.30

 Laterza - Matera - Marina di Ginosa
giugno - luglio - Agosto 2017


hanno collaborato 

Maurizio Brunialti
Antonio Giannini
Letizia Gatti
Pino Coce
Mimma Stano
Angelo Moro
Lorenzo Antinora
Carmen De Stasio
Nicola Zilio
Tommaso Bradascio


Si ringrazia

Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo
Matera 2019 Capitale Europea della Cultura
Comune di Laterza
Comune di Matera
Marina di Ginosa - Comune di Ginosa
Chiave di volta
BCC Marina di Ginosa
Le città di pietra

artisti
 
EZIA MITOLO FRANCO ALTOBELLI  BEPPE LABIANCA CLAUDIA VENUTO GUIDO CORAZZIARI LETIZIA GATTI PAOLO TINELLA ANGELA CONSOLI CONCETTA RUSSO  ANTONELLA VENTOLA LOREDANA CACUCCIOLO ANTONIA BUFI ORONZO LIUZZI ROSSANA BUCCI ARIANNA SPIZZICO GIUSEPPE VALLARELLI JOSEP MARIA ALARCòN ANTONIO LAURELLI GIOVANNI CARPIGNANO PIETRO DE SCISCIOLO ENZO GUARICCI  MARIANGELA CASSANO ANTONIO GIANNINI PAOLO DE SANTOLI JARA MARZULLI PINO COLONNA ANGELA REGINA FRANCESCO SANNICANDRO  - GIANNI DE SERIO -  DANIELA CHIONNA ROSA CONSALVO - GIULIO SPAGONE -  LINO SIVILLI PIERLUCA CETERA  WALTER LOPARCO FLAVIA D’ALESSANDRO VINCENZO MASCOLI FRANCO CORTESE DARIO AGRIMI MAURO ANTONIO MEZZINA  CARLO FUSCA AMEDEO DEL GIUDICE ANGELO CORTESE LAURA AGOSTINI PIETRO RICUCCI CLITOROSSO  

Una lunga stagione d’arte
 
Un percorso straordinario traccia la vitalità artistica degli artisti pugliesi. Un evento, una macro-occasione per determinare la varietà configurativa delle conversioni del mare, della tenacia del vento e delle cadenze ritmiche di un territorio che è immagine di una versatilità assimilabile a cadenze idiomatiche con similare connotazione nei linguaggi dell’arte, attraverso i quali si contende lo spazio illusorio a fulgori e dissolvenze di un luogo disposto alla generatività di riflessioni e linguaggi che insistono sulla trascrizione di epoche, di civiltà medie e piccole, evolvendosi in ambienti estesi che dell’uomo comprendono la vivacità.
Dinamica espressione dei tempi che cambiano, quei linguaggi detengono realtà che si rinnovano nella misura dell’esistente, trattenendo l’eredità compositiva di colori e umori nell’impeto del passaggio, assumendo in ciò un carattere storico, sebbene sovente per taluni la realtà esteriore non sia altro che una linea cronologica da superare, da contaminare o dissolvere dietro astrazioni e simboliche argomentazioni.
Nell’arte il tempo conquista la sua voce; attraverso i caratteri essenziali, negli atteggiamenti mai plastici, ne riconosce la verve mai alienata da vicissitudini personalistiche in una flessibilità di consonanze e vocalizzazioni di pause, di distanze, continuamente in grado di traslare in combinazioni che incidono le dissolvenze e le discrepanze di un tempo che, in quanto tale, è versatile e anti-anemico.
La voce d’arte è movimento che confluisce nelle intemperie irrefrenabili del tempo e del tempo connota la scena, divenendo legno e drappo, sipario e platea. Azione, contagio, interlocuzione. Interferenza di culture e di stili che sostengono la tensione d’artista e penetrano i domicili scelti nell’invisibilità del pensiero. Specchio e ingegno. Strumento e comportamento. In tal senso, l’arte sovverte la prospettiva e, da un punto focale volutamente distaccato, traghetta voci e illustra vitalità di un’inesauribile intelligenza immaginativa.
  Intensa partecipazione del territorio, l’arte-Arte si distanzia dalle seduttività convenzionali e infittisce l’interlocuzione con il luogo della conoscenza senza diluizioni o compromessi. È lettura e azione della materia, sia come archetipo sostanziale, che come tramite di aperto e moltiplicativo confronto con gli ambienti scelti per individuali proposizioni linguistiche.
In tal senso, l’arte si riallaccia a densità quotidiane, delle quali è traduzione di linguaggi – squarcio tattile e tissutale di realtà meditative che avvengono nella simultaneità di spazi minimali, in cui la vita procede anche al di là di ritmi esteriori configurati come estemporaneo tratto di una solitaria tendenza alla quiete. Viepiù, l’arte sollecita la percezione di una weltanschauung identificativa che si frantuma in miriadi di situazioni dall’apparente casualità, concorrendo a dar forma e struttura a un’anti-sistemica percezione distante dalla mera descrittività, dalla capillare formulazione di dettagli di stampo asettico e definito.
In questo si riconosce l’espressione degli artisti e, in particolare, di Spizzico, fino a toccare le corde stonate e intime di chi, alla stregua dello stile che richiama Domenico Cantatore, riunisce in una solida visione le materiche forme degli anonimi, traslati, infine, in una maestosità che riempie totalmente lo spazio pittorico e organizza i punti focali sullo spazio attivo della tela, sulla quale si dilatano a definire frantumi aggregati come tasselli cromatizzati da una tonalità greve.
In un lampo di oggettivazione, vengono così a unificarsi (senza fondersi) tracce materiche che spingono oltre e condensano in una visione molteplice una quotidianità sollecitata da sguardi furtivi. Si potrebbe parlare di un realismo favoloso alla maniera di un Goffredo Parise, ma anche della tenacia bodiniana nell’arroccarsi a stili d’essere che si colorano di intonazioni gravide di esistenza memorabile.
Carmen De Stasio
 

La mostra "AT FULL BLAST " rappresenta un'iniziativa fuori dall'ordinario per la comunità laertina. Le opere d'arte , come giochi di luce ed ombra, saranno ospitate da luoghi inediti, insoliti, mai aperti prima. E' un onore per noi essere parte di un progetto itinerante, che sottolinea la forza del legame sinergico che l’arte crea tra i territori.

L'arte come narrazione di paesaggi, di identità, di storie. Ma soprattutto, l'arte come veicolo di messaggi sociali importanti e recupero di identità perdute.

Questa esposizione diffusa si inserisce perfettamente nel contesto artistico culturale della città di Laterza. Nei nostri vicoli e nei racconti dei nostri nonni ci sono le ceramiche e il lento lavorio dei maestri della maiolica. Oggi quella tradizione è viva più che mai grazie  al Museo della Maiolica che, nato nel 2015, ha risvegliato la passione degli artigiani per l’antica arte della ceramica.

E’ un’occasione unica quella di accostare  le opere contemporanee alla maestosità degli edifici storici, luoghi simbolo della nostra comunità. 

Oggi,  oltre la maiolica, lanciamo uno sguardo d’insieme lungimirante sulle  forme artistiche declinate in chiave contemporanea, così da sottolineare il filo conduttore nel quale crediamo da sempre,la bellezza.

Gianfranco Lopane Sindaco

 

 
Alla ricerca di luoghi da esplorare!
E’ un percorso sul quale ci fa piacere avventurarci. Lo stiamo facendo da alcuni anni, riscoprendo luoghi abbandonati ed usciti dall’immaginario collettivo. Palazzi abbandonati, chiese dimenticate, arte oscurata. Un esempio per tutti il Palazzo marchesale passato in pochi anni da imponente rudere nel centro storico di Laterza a centro di estrema vivacità culturale. In esso è stato allestito il MuMa, museo della Maiolica, che ha restituito ai laertini la memoria e l’orgoglio di un grande passato artistico della maiolica; si realizzano spettacoli, conferenze, eventi storici e mostre. “At Full Blast” si inserisce a pieno titolo in questo percorso di scoperta e di riappropriazione da parte delle nuove generazioni di luoghi vissuti nel passato. L’arte dà linfa vitale e riaccende gli spazi dando loro nuova luce. Spazi coperti o all’aperto riemergono dall’oblio, ritornano a vivere, a riempirsi di suoni, di voci, di colori e a regalare emozioni.
Porgo un enorme ringraziamento a Massimo Nardi che ha proposto alla collettività di Laterza questa preziosa iniziativa, dando l’opportunità di accogliere artisti di grande valore che sicuramente lasceranno un segno indelebile nella nostra memoria.
 Mimma Stano Ass.re al Turismo
Comune di Laterza.


 
 
Il gusto dell'arte: tour 2017

Nella splendida location di Palazzo Bellini ad Oleggio, sabato 24 giugno alle 17, si inaugura la prima tappa del tour 2017, che chiuderà domenica 2 luglio, de "Il gusto dell'arte".
L'immagine guida del progetto è "Magia" scultura luminosa del maestro Marco Lodola. Un grande evento espositivo collettivo e itinerante per promuovere e valorizzare le più diverse forme di sperimentazione artistica dell'arte contemporanea.
"Il gusto dell'arte" sarà un importante occasione di scambio culturale da nord a sud del nostro Paese che andrà oltre la classica mostra, un vero e proprio viaggio per creare occasioni di confronto tra gli artisti e chiunque abbia voglia di mettere in gioco sé stesso, la propria arte e le proprie idee. Un generatore di nuovi dialoghi, un osservatorio privilegiato sulla creatività per la conoscenza dello "stato dell'arte" attuale, un momento di incontro, partecipazione e coinvolgimento di artisti, operatori culturali, critici, galleristi, responsabili di centri espositivi, musei e così via, per favorire la nascita di nuove sinergie che solo l'arte sa creare.
At Full Blast collaborerà con l'ideatore del progetto "Il gusto dell'arte" .Vincenzo Scardigno per la tappa di Matera con l'architetto Lorenzo Antinora

 
AT FULL BLAST parte dal luogo.
Cos'è un luogo? Un qualcosa di immobile, un qualcosa di chiuso, un qualcosa di finito e immutabile? Un luogo per quanto delimitato e delimitabile, non può e non deve essere un concetto chiuso, fermo. Un luogo è le immagini di chi lo ha abitato e di chi lo abita; un luogo è lo spazio che occupa; un luogo è le immagini e gli stimoli che genera.
AT FULL BLAST con la sua carica esplosiva rende i luoghi altro rispetto a quello che sono, altro rispetto a quello che erano prima, arricchendoli di significato.
AT FULL BLAST è l'antico Palazzo Marchesale di Laterza, ma sarà anche il Palazzo della Delegazione Comunale di Marina di Ginosa, sarà l'ipogeo di Sant'Agostino a Matera, Capitale Europea della Cultura 2019.
AT FULL BLAST è l'invasione dei luoghi da parte di un gruppo di artisti che ne danno una nuova veste, un nuovo significato, generando per quello stesso luogo nuove emozioni, nuove sensazioni. Passato e presente dialogheranno tra di loro e, fondendosi, daranno vita a nuove sinergie capaci, spostandosi da un luogo all'altro, di creare nuovi itinerari percorribili. Non un solo luogo ma più luoghi che si arricchiranno di nuovi impulsi artistici e di nuove emozioni.

Nicola Zilio
Operature culturale e
 Direttore Ufficio Iat Laterza
 

Marina di Ginosa
Nell’immaginario collettivo della comunità marinese si ha la convinzione che il nostro territorio abbia radici recenti, afferenti alla nascita di una borgata che viene timidamente costruita a seguito di una profonda opera di bonifica, agli inizi del secolo scorso, in un territorio ormai connotato come una “palude”.
Di fatto, proprio in quegli anni, si rinvengono le prime testimonianze antiche. Solo da un trentennio è stato possibile indagare archeologicamente una parte del nostro territorio. Le radici identitarie affondano soprattutto nel periodo della colonizzazione greca e la testimonianza più vicina è rappresentata dal c.d. tempio delle “Tavole Palatine”, monumento che conserva parte dell’elegante colonnato in stile dorico costruito nella seconda metà del VI secolo a.C. L’Heraion, ovvero il tempio di Hera è ubicato su un lieve rilievo collinare che domina la vallata del fiume Bradano, il corso di questo fiume correva in antico molto più a nord, proprio nel territorio rurale di Marina di Ginosa. I santuari delimitavano il territorio di pertinenza di una polis, ma in questo caso la chora metapontina oltrepassava quel limite naturale costituito dallo stesso fiume Bradano. L’estesa vallata fluviale, come confermano i ritrovamenti archeologici nel territorio di Marina di Ginosa, era occupata dagli insediamenti rurali dei coloni e da alcuni settori della necropoli urbana settentrionale. La presenza di piccoli sacelli cultuali è confermata da numerosi pezzi architettonici reimpiegati negli ambienti di fattorie ellenistiche. Questi luoghi di culto costituivano un punto di aggregazione delle abitazioni rurali, come le stesse fattorie greche ritrovate in località Pantano a Marina di Ginosa. La ricerca archeologica consente di affermare che la popolazione residente in queste contrade deve essere considerata di cultura greca, per i materiali, per il rito funerario e per le tecniche edilizie adottate. Inoltre è possibile affermare che  fino al  V secolo a.C. il territorio di pertinenza della città di Metaponto era molto più esteso e con molta probabilità si spingeva fino al fiume Lato in agro di Castellaneta. Successivamente si assiste ad una contrazione del territorio causato dall’espansione del dominio di Taranto altra importante città magnogreca.
Conoscere le nostre origini farebbe apprezzare ancor di più il terreno che calpestiamo, ma soprattutto ciò che ha caratterizzato il nostro paese con le varie culture e tradizioni delle famiglie provenienti da altri luoghi, facendo  di conseguenza nascere quel senso di appartenenza ad un territorio già vissuto.  
 Angelo Moro
  Delegato Sindaco   Consigliere con incarico ai Beni Culturali  Comune di Ginosa
 

 




































































































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