martedì 30 aprile 2019

Levi van Veluw - Sanctum

Levi van Veluw.   Chapel,   2019.   Cortesia dell’artista

Levi Van Veluw, cresciuto in una città fortemente riformista come Nijkerk nei Paesi Bassi, è stato affascinato dalla Chiesa e dai suoi rituali sin dalla sua prima giovinezza. La complessità, la convinzione e la certezza con cui la fede è stata proclamata nella sua congregazione e il rigido linguaggio visivo della sua pratica lo hanno reso sensibile al vernacolo visivo della seduzione religiosa. Allo stesso tempo lo incuriosiscono anche i moderni movimenti spirituali, come la ben nota Chiesa di Scientology, che fanno un uso convincente di simboli religiosi.

Nel corso dei secoli, nelle culture di tutto il mondo, la religione ha svolto un ruolo importante nello sviluppo dell'arte, dell'architettura e della narrazione. Anche se spiritualmente è in definitiva immateriale, la maggior parte delle persone pratica la propria fede nei luoghi di culto, usando oggetti sacri ed eseguendo rituali sacri. Levi van Veluw ha studiato meticolosamente il ricco linguaggio formale e il potere dell'immaginazione che è usato per condurre le persone alla fede religiosa. All'interno di questa ricerca, è particolarmente interessato agli aspetti del processo religioso. Sceglie di non concentrarsi su questioni politiche che circondano la fede, ma piuttosto esplora come le varie fedi operano nella mente dei fedeli attraverso la forma e l'immagine. Interrogandosi se lui, come artista, è in grado di provocare un'esperienza spirituale convincente nel visitatore.

L'installazione Sanctum, sviluppata appositamente per la Tenuta Dello Scompiglio, a testimonianza di una fittizia convinzione religiosa, coinvolge tutti i sensi del visitatore. L'ultima stanza in cui i visitatori hanno concluso il loro viaggio a Kerguénnec, nell'installazione "The relativity of matter", diventa il punto di partenza per un’installazione più articolata nello spazio espositivo della Tenuta Dello Scompiglio. Levi van Veluw ha basato Sanctum sul primo edificio religioso, il Tabernacolo, chiamato anche la tenda delle riunioni. Questa tenda serviva da luogo di culto e simboleggiava la presenza di Dio in mezzo a coloro che si erano radunati. L'interno del Tabernacolo consisteva in tre spazi: il Cortile (o Piazzale), il Luogo Sacro e il Santuario (o Sancta Sanctorum), sacri in gradazione ascendente. Come il Tabernacolo, l'opera di Levi van Veluw presenta simmetria e armonia, per esprimere lo sforzo verso la perfezione divina e riflettere la santità divina attraverso le gradazioni accurate delle tre fasi. Come tale, gioca con la composizione secolare della struttura religiosa e quindi attira lo spettatore sempre più in profondità nel Santuario.

Dopo una lunga discesa, un misterioso bagliore blu scuro traspare attraverso una stretta fessura nel muro. Il visitatore entra attraverso questa apertura in uno spazio sotterraneo dal soffitto alto, il Piazzale. Enormi colonne emergono da entrambi i lati e montagne di carbone finto sono sparse per tutto il pavimento, mentre il sentiero nel centro è tenuto aperto. Forme statiche inserite in sequenze ripetitive richiamano la struttura di un edificio fatto per glorificare uno scopo superiore sconosciuto. Lo spazio appare lentamente, un passaggio aperto alla fine conduce a quello che sembra essere un ambiente rituale, il Santuario. L'acqua profumata scorre attraverso un modello ordinato di incisioni geometriche nel pavimento. Al centro, c'è una cappella, composta da una rete dettagliata di griglie, scatole e aperture, il Sanctum Sanctorum.

Si tratta di un'apertura verso un nuovo mondo in cui la religione, ancora una volta, svolge un ruolo importante? Oppure l'artista usa i simbolismi esistenti per attirare la mente verso una nuova religione? Queste sono domande che l'artista lascia allo spettatore.

Installation
Levi van Veluw
Sanctum
Curated by Angel Moya Garcia
Until September 22

Associazione Culturale Dello Scompiglio
Tenuta Dello Scompiglio
Via di Vorno, 67
55012 Capannori Lucca
Italy
Hours: Thursday–Sunday 2–6pm

T +39 0583 971125
biglietteria@delloscompiglio.org
www.delloscompiglio.org

lunedì 29 aprile 2019

PINO PASCALI - FROM IMAGE TO SHAPE

Pino Pascali, Contropelo, 1968

La Fondazione Pino Pascali promuove nell’ambito della Biennale Arte 2019 la mostra Evento Collaterale alla 58. Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia

PINO PASCALI – DALL’IMMAGINE ALLA FORMA
A cura di Antonio Frugis e Roberto Lacarbonara
Direzione artistica: Rosalba Branà


In occasione della 58. Esposizione Internazionale d’Arte - La Biennale di Venezia curata da Ralph Rugoff la Fondazione Pino Pascali di Polignano a Mare presenta “Pino Pascali - Dall’Immagine alla Forma”, una mostra che, a cinquant’anni dalla scomparsa dell’artista – tra i massimi protagonisti della Pop Art e dell’Arte Povera italiana – propone una lettura inedita e sorprendente della sua produzione, accostando l’indagine fotografica a quella scultorea e filmica. La mostra, a cura di Antonio Frugis e Roberto Lacarbonara, con la direzione artistica di Rosalba Branà, è inserita nel programma degli Eventi Collaterali della Biennale Arte 2019 e inaugurerà il 9 maggio alle ore 18 (fino al 24 novembre 2019) presso Palazzo Cavanis, Fondamenta delle Zattere. 

In seguito alla recente scoperta di un prezioso corpus fotografico di oltre 160 scatti – realizzati e stampati tra il 1964 e 1965 – e grazie all’acquisizione da parte della Fondazione Pino Pascali del Fondo fotografico e del Fondo del Video Pubblicitario, la mostra rivela, con uno sguardo totalmente inedito, la centralità della progettazione e dello studio formale da parte dell’artista, soprattutto attraverso l’assiduo ricorso al disegno e agli appunti fotografici.

Per Pino Pascali (1935-1968) la fotografia non è solo un medium documentativo ma interpretazione e analisi, è soprattutto il desiderio di dare corpo a un racconto individuale che si riverserà senza conflitti nella sua ricerca linguistica. Negli anni Sessanta la fotografia si incrocia visibilmente con il linguaggio dell’arte così da diventare un forte riferimento di tipo progettuale e teorico. La figura dell’artista che usa la fotografia non solo come documentazione del proprio lavoro ma come traccia progettuale al pari del disegno, diviene molto ricorrente. Attraverso un serrato confronto tra gli appunti grafici sul taccuino personale dell’artista, le fotografie del 1965 e alcune delle più rilevanti opere scultoree e ambientali quali Attrezzi Agricoli (1968), Contropelo (1968), La ricostruzione della Balena (1966), 9 mq di Pozzanghere (1967) e Botole ovvero Lavori in corso (1968), opera quest'ultima che torna in esposizione dopo oltre dieci anni e restaurata con il contributo della Fondazione Pino Pascali, la mostra definisce un percorso attraverso le fasi di intuizione e concepimento dell’opera, articolandosi in alcune sezioni tematiche fondamentali attorno ai temi: “Cose d’acqua”; “Il porto, le barche, il mare”; “Geometrie e moduli”; “Finte sculture”;“Ritorno alla terra”; “Giochi d'infanzia”; “Il teatro e la maschera”. A questo si aggiunge una rilettura del “metodo pascaliano” che intreccia il lavoro artistico con quello pubblicitario e scenografico svolto per la RAI.

Nel corso della mostra che durerà fino al 24 novembre 2019, la Fondazione Pino Pascali organizzerà un programma di eventi e manifestazioni in collaborazione con istituzioni culturali con cui il Museo Pino Pascali condivide percorsi e intenti: la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, la Fondazione Teatro Petruzzelli, l’Apulia Film Commission, il Consorzio Teatro Pubblico Pugliese, Puglia Promozione, Fondazione Carnevale di Putignano, il Polo Biblio Museale di Brindisi e Lecce, l’Associazione Presìdi del Libro, la Fondazione Paolo Grassi - Festival della Valle d’Itria, la Fondazione Di Vagno, le Accademia di Belle Arti di Puglia.

La mostra sarà accompagnata da un catalogo con i testi dei curatori Antonio Frugis e Roberto Lacarbonara e di Rosalba Branà, Valérie Da Costa, Francesco Stocchi e Marco Tonelli.

Pino Pascali – Dall’Immagine alla Forma
A cura di Antonio Frugis e Roberto Lacarbonara. Direzione artistica: Rosalba Branà
Evento Collaterale della 58. Esposizione Internazionale d’Arte - La Biennale di Venezia
Pre-apertura stampa: breakfast: 8 maggio 2019, ore 10.30
Inaugurazione: 9 maggio 2019, ore 18.00
Fino al 24 novembre 2019

Orari: Tutti i giorni, dalle 11 alle 18. Chiuso il lunedì. Ingresso gratuito
Palazzo Cavanis: Fondamenta delle Zattere, Venezia

Con il supporto dei seguenti
Partner istituzionali
Regione Puglia, Comune di Polignano a Mare

Main Partner
Puglia Promozione, Apulia Film Commission, Teatro Pubblico Pugliese

Partner culturali
Città Metropolitana di Bari, Polo Museale della Puglia, La Galleria Nazionale, Roma

Sponsor
Art-Events, Bevande Futuriste, Caradonna Art Movers, Carrieri Design, Serenissima Ristorazione SPA

Info e press:
Responsabile della Comunicazione:
Santa Nastro
press@museopinopascali.it
M. +39 3928928522

Info:
info@museopinopascali.it
www.museopinopascali.it


CASADOROFUNGHER Comunicazione
Elena Casadoro
+39 334 8602 488
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Francesca Fungher
+39 349 3411 211
francesca@casadorofungher.com
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Maïmouna Guerresi. Aisha in Wonderland | Aisha al país de les meravelles



Presentazione del libro 
Maïmouna Guerresi. Aisha in Wonderland | Aisha al país de les meravelles
a cura di Laura Cornejo Brugués e Manuela De Leonardis 

Casa dei Tre Oci, Venezia 
alla presenza dell’artista, delle curatrici Laura Cornejo Brugués e Manuela De Leonardis 
della direttrice della Fondazione Pasquale Battista Annalisa Zito e del direttore della Casa della Cultura Les Bernardes Robert Fàbregas i Ripoll 

mercoledì 8 maggio 2019 – ore 17,30 

La Casa dei Tre Oci di Venezia è lieta di ospitare, nelle giornate inaugurali della 58. Biennale d’Arte di Venezia, la presentazione del libro Maïmouna Guerresi. Aisha in Wonderland | Aisha al país de les meravelles, a cura di Laura Cornejo Brugués e Manuela De Leonardis (Silvana Editoriale), realizzato dalla Fondazione Pasquale Battista in occasione della mostra Maïmouna Guerresi. Aisha al país de les meravelles, un viatge a Girona alla Casa della Cultura Les Bernardes di Salt (Girona) dal 3 maggio al 28 giugno 2019 

Aisha nel paese delle meraviglie raccoglie un nuovo nucleo di opere di Maïmouna Guerresi in cui l’artista, attraverso il linguaggio della fotografia, del video e dell’installazione, invita lo spettatore a ri-considerare la relazione (ostile, asimmetrica, ripudiante o assimilativa) tra “soggettività” e “alterità” a favore di uno scenario armonico nel quale corpi, divinità, oggetti, natura e architettura raccontano la possibilità di co-esistere fuori da logiche di terrore, sfruttamento e dominio. Attraverso una riattualizzazione iconografica dei simboli islamici e l'ibridazione con la cultura artistica occidentale, Maïmouna Guerresi collega arte, spiritualità e vita. La sua opera è un viaggio verso un universo interiore e nascosto che è anche il pretesto per rappresentare stati d’animo e riflessioni esistenziali in una continua ricerca di se stessi e di una nuova identità. 

Maïmouna Guerresi (vive e lavora tra Italia e Senegal) è fotografa, scultrice, performer, autrice di video e installazioni. Le sue opere sono state presentate alla Biennale di Venezia (1982 e 1986), alla Quadriennale di Roma (1986) e a Documenta K18 a Kassel (1987), oltre che in numerose mostre personali e collettive in Europa, Africa, Stati Uniti, Asia e Medio Oriente. Il suo lavoro fa parte di collezioni pubbliche e private tra cui Fondazione Boghossian, Bruxelles (Belgio); Museo d’Arte Contemporanea di Palazzo della Ragione, Verona; Fondazione Tasveer, Bangalore (India); M.I.A Minneapolis Institute of Art (USA); Fondation Alliances, Casablanca (Marocco); LACMA Museum, Los Angeles (USA); Smithsonian African Museum, Washington (USA). 

Contributi critici e istituzionali di Laura Cornejo Brugués e Manuela De Leonardis, Annalisa Zito direttrice Fondazione Pasquale Battista e Robert Fàbregas i Ripoll direttore della Casa della Cultura Les Bernardes 

Coordinamento: Dino Lorusso e Ninni Castrovilli 
Lingua catalana/inglese/italiana e spagnola 
82 pp. (italiano/catalano/inglese/spagnolo) 
Silvana Editoriale (marzo 2019) 
Info: La presentazione avverrà alle 17.30 presso le Sale De Maria della Casa dei Tre Oci. 

L'ingresso è gratuito con prenotazione consigliata, scrivendo a info@treoci.org oppure chiamando lo 041 2412332

venerdì 26 aprile 2019

TOMAV - Stagione espositiva 2019

Giovanni Gaggia, Ch'arsi di Foco, particolare dell'opera, 2018

Da maggio 2019 prende il via la nuova stagione espositiva del TOMAV - Torre di Moresco Centro Arti Visive con cinque importanti e singoli progetti che esplorano diversi ambiti e linguaggi della ricerca artistica contemporanea attraverso il lavoro di Maurizio Cesarini, Giovanni Gaggia, Angelo Iodice, Renzo Marascae Luca Piovaccari.

La caratteristica torre eptagonale, sede del TOMAV, ospita dalla fine del 2010 proposte artistiche e culturali che si presentano sui quattro piani della struttura risalente al XII secolo e ubicata nel centro storico del piccolo borgo di Moresco. Puntando alla valorizzazione del territorio, pur lontano dai grandi flussi del mercato dell’arte, il contemporaneo viene contenuto e difeso da un meraviglioso esempio di architettura medievale dalla quale lo sguardo spazia dalle catene montuose sino alle coste albanesi nelle giornate più limpide.

Sulla sommità del colle che controlla la sottostante valle del fiume Aso, il Centro Arti Visive ideato da Andrea Giusti, direttore artistico del TOMAV, ha accolto negli anni numerosi artisti quali Tino Stefanoni, che da subito credette nel progetto e aprì le danze, Mimmo Rotella, Dadamaino, Ubaldo Bartolini, Eron, Rudy Cremonini e molti altri nomi storicizzati e non. 

La stagione espositiva 2019 vede la collaborazione della curatrice Milena Becci che seguirà tutta la programmazione, da maggio fino ad ottobre, in un percorso che si sviluppa seguendo l’intera verticalità della torre. Cinque quest’anno gli artisti che presenteranno progetti unici di diversa natura e concezione – Maurizio Cesarini, Giovanni Gaggia, Angelo Iodice, Renzo Marasca e Luca Piovaccari– protagonisti all’interno dello spazio espositivo con quattro mostre personali ed una performance.

TAW_TOWERARTWEEKEND è il nuovo format del TOMAVche prevede un'unica apertura, nel weekend appunto, delle mostre. Gli autori coinvolti: Luca Piovaccari, che apre la stagione espositiva l’11e il 12 maggio con Nulla che non sia ovunque, e Angelo Iodice, con Del tempo e degli specchi, che la chiude il 26 e 27 ottobre. Una sorta di flash show in cui, oltre alla visione delle opere in mostra, sarà possibile godere della presenza dell’artista che parlerà al e con il pubblico della propria ricerca. Due generazioni a confronto in TAW con due fotografi, sofisticati e mentali, che si esprimono attraverso metodologie differenti e spesso contrastanti tra loro: l’uno, Piovaccari, su acetati trasparenti e con toni monocromi, l’altro, Iodice, che blocca combinazioni cromatiche con l’utilizzo della sua fotocamera.

Centrali nella programmazione del TOMAV e di normale durata le personali di Renzo Marasca, Tenere il punto, dal 22 giugno al 21 luglio, e di Giovanni Gaggia, Ch’arsi di foco, dal 28 luglio all’8 settembre. Due artisti entrambi marchigiani la cui sensibilità e poetica è profonda e li accomuna, pur attraverso approcci completamente dissimili. La tela di Renzo Marasca, che dal 2015 vive e lavora a Lisbona, diviene spazio puramente mentale, affascinante registrazione segnica e cromatica che a Moresco vuole relazionarsi con la verticalità della struttura architettonica e con il paesaggio circostante. Anche Giovanni Gaggia, artista multiforme che si muove con naturalezza ed eleganza tra media eterogenei, si rapporterà attraverso i disegni, delle piccole sculture in ceramica ed un arazzo ricamato, con il territorio limitrofo, ricollegandolo alla vita e alla singolarità di ognuno, con un omaggio a Leopardi di cui quest’anno si festeggiano i duecento anni della stesura dell’Infinito.

Il 25 maggio, per il secondo appuntamento del TOMAV, l’unica performance del 2019 che verrà realizzata all’interno del Teatro di Santa Sofia a Moresco: Le stade du miroir di Maurizio Cesarini. Sin dagli anni ’70 l’artista declina con intelligenza e sensibilità una tematica che attraversa completamente il suo lavoro, dalle prime performance ai video: l’io e il suo doppio.

Una programmazione ricca e variegata quella del 2019 che si inserisce in un contesto lontano dai circuiti convenzionali dell’arte, unicamente dedita alla valorizzazione della ricerca contemporanea, con uno sguardo verso il passato che ci ha lasciato bellezze e prosperità da tutelare.



Stagione espositiva 2019 TOMAV - Torre di Moresco Centro Arti Visive
Artisti: Maurizio Cesarini, Giovanni Gaggia, Angelo Iodice, Renzo Marasca, Luca Piovaccari
TOMAV - Torre di Moresco Centro Arti Visive - Piazza Castello, Moresco (FM)
Direzione artistica: Andrea Giusti
A cura di: Milena Becci
Periodo: 11.05.2019 / 27.10.2019
Patrocinio: Comune di Moresco- Assessorato alla Cultura - Pro Loco di Moresco
Graphic design : Monica Simoni

Info:
Tel: 0734 259983 / Cell: 351 5199570
Web site: www.comune.moresco.fm.it
E-mail: tomav@libero.it
Facebook: www.facebook.com/TorreMorescoCentroArtiVisive/
Instagram: www.instagram.com/torre_moresco/




martedì 23 aprile 2019

Polar Lands


La galleria Muratcentoventidue Artecontemporanea prosegue il suo percorso espositivo con la mostra collettiva, Polar Lands, che vede la partecipazione di Georgie Friedman, Kristina Kvalvik, Kristina Paustian.

Le artiste riflettono su temi di drammatica attualità come la difesa degli ultimi ambienti naturali non ancora sfruttati dall’uomo, il pericolo incombente del riscaldamento globale, la sensibilizzazione verso il problema della sostenibilità ambientale e del cambiamento climatico, la dialettica tra natura e civiltà.

Georgie Friedman (USA) è una giovane artista americana i cui progetti includono video installazioni su larga scala, video singoli e multi-canale e diverse serie fotografiche. Ha vissuto, lavorato ed esposto negli Stati Uniti, in musei e università. I suoi lavori si concentrano su un tema, i processi naturali e il rapporto uomo natura, e le reciproche influenze, che hanno una lunga tradizione nel documentarismo oltre che nel campo dell'arte. La natura messa in relazione con le caratteristiche e i limiti dell’uomo contemporaneo sono al centro della sua ricerca. Mettendo in scena potenti condizioni atmosferiche o la forza dell’oceano indaga sull’impatto psicologico e sociale di fenomeni naturali di lieve e di grave entità in relazione alla fragilità e inadeguatezza umana. Utilizza la fotografia, il video, il suono, l'installazione, l'ingegneria e la fisica della luce, tutto per creare nuove esperienze per gli spettatori. In Rising Tide, l'acqua dell'Antartico si eleva digitalmente sopra le gelide montagne dell'Antartide. Il video procede attraverso tre paesaggi con cumuli di neve in diminuzione. L'acqua lentamente si alza, trasformando le valli in baie, le montagne in isole e il suono dell'Antartide in mare aperto. Questo territorio, difatti, si distingue per essere al momento uno dei luoghi al mondo ove più fortemente si avverte il cambio climatico a causa dello scioglimento dei ghiacciai. Per gli artisti sensibili al problema dunque, l’Antartide si configura come un luogo di particolare ispirazione ove mettere a punto le loro ricerche.

Nei suoi lavori Kristina Kvalvik affronta questioni che si riferiscono a ciò che appare sconosciuto, inspiegabile, misterioso e pone l’accento sui limiti della nostra capacità di osservare la realtà e interpretarla, suggerendo che spesso ciò che vediamo, è ciò che ci aspettiamo di vedere, frutto della proiezione di desideri e di paure. I suoi video contrariamente alla chiusura prospettica dei film d’intrattenimento, presentano una struttura narrativa aperta all’interpretazione dello spettatore e i suoi personaggi prendono forma dalla prospettiva di chi osserva piuttosto che da quella di chi è osservato. Inoltre tutti gli elementi classici su cui si basano i film di genere sono decostruiti e riutilizzati creando un effetto allo stesso tempo familiare e disorientante.  Nell'installazione video Uplands, tre diverse immagini del paesaggio sono giustapposte l'una con l'altra per formare un terreno immaginario, in continuo cambiamento. Il progetto esplora il paesaggio artico e prevede un futuro universo distopico. La tundra stessa è un'area completamente piatta senza alberi, e le impronte che lasciamo dureranno per secoli. Poco può sopravvivere in quest’altopiano, dove distanza, scala e prospettiva si dissolvono. Com'è la vita in questa immensità e chi può viverci?
In questa video installazione ritmata, in cui vediamo le tracce dell'esistenza umana, percepiamo una dimensione mistica e poetica. La colonna sonora di Pål H. Lillevold combina rumori fittizi del paesaggio con un sottotono melodico intermittente. Il paesaggio sonoro è pesante e ipnotico, come sentire il battito del cuore mentre inspiri ed espiri. Le immagini sembrano quasi corporee: s’intravedono visi sul fianco della montagna; la natura ha una personalità. E quando queste immagini iniziano a vibrare, gli spettatori hanno la sensazione che qualcosa stia per accadere.

Kristina Paustian, nata nel 1985 a Omsk in Russia, si è laureata in Belle Arti e Media a Berlino. I suoi lavori di video arte sono stati accolti in festival e spazi espositivi internazionali, tra cui Les Rencontres Internationales (Parigi, Toronto, Berlino), Torino Film Festival (TFF), European Media Art Festival Germany, Kuandu Museum of Fine Arts di Taipei, Berlin Art Week, Victoria Art Center di Bucarest e Deutscher Künstlerbund. Oggi la pratica artistica di Paustian riguarda video arte, film e installazioni. Nella sua arte cerca sempre di trovare e preservare una particolare costante umana. Questa costante (se esiste) va ben oltre le barriere linguistiche, i confini geografici, i concetti collettivi e sociali o le strutture politiche. L’artista presenta la video installazione interattiva 3d, Towards The Zero Point realizzata nell’ambito di una residenza d’artista a Roma, esposta per la prima volta al Media Art Festivalnell’ambito della mostra The power to change the world e presentata al Museo MAXXI nella sezione “Residenze d’artista”. Towards The Zero Point è dedicata ai temi della conquista e dell’appropriazione, le strategie del progresso di civilizzazione dell’uomo. L’artista ha avuto l’idea di guardare indietro nella storia trovando come esempio la conquista del polo nord, un territorio molto ambito da diversi Paesi che però potrebbe presto scomparire dalle cartine geografiche, soprattutto a causa dello sviluppo economico di questi stessi Paesi. La battaglia per la conquista del polo nord è iniziata nel XVIII secolo: il luogo è assolutamente particolare perché non si può portare via nulla, né vi si può lasciare qualcosa che si possa ritrovare in futuro. Raggiungere il Punto Zero (90°) è più un tentativo legato all’ego e alla necessità di essere i primi che non un fattore di civilizzazione. Nel XXI secolo, dopo che si è scoperto che il 30% delle risorse petrolifere mondiali si trova sotto i suoi ghiacci, tutti i Paesi geograficamente confinanti ne hanno rivendicato il diritto di proprietà. Poiché al momento il polo nord esiste ancora come territorio, il visitatore dell’installazione è invitato a fare un viaggio in 3D e a mettere la sua bandierina sul Punto Zero geografico, sempre che riesca a raggiungerlo.

Georgie Friedman (b. 1974) currently resides in Boston, MA and has lived, worked and exhibited throughout the U.S. She received her Masters of Fine Arts in 2008 from the School of the Museum of Fine Arts, Boston and Tufts University, and her Bachelors of Art in 1996 from the University of California, Santa Cruz. Her current projects include several photographic series and experiential video installations that highlight our physical relationship to interior/exterior elements and uncontrollable natural forces. Friedman has been commissioned to create site-specific video-based public art pieces and has exhibited in national and international venues including: Museum of Fine Arts, Boston (MA), Geneva International Film Festival (Switzerland), The Cleveland Museum of Art (OH), City Hall Park, Burlington (VT), Peabody Essex Museum (MA), Union College (NY), deCordova Sculpture Park & Museum (MA), City Hall, Boston (MA), and The Armory Center for the Arts (CA). She has been awarded a number of grants and fellowships including: Artist Traveling Fellowship to Antarctica (2017); Artist-in-Residence with The City of Boston, Boston AIR (2016); Massachusetts Cultural Council Artist Fellowship in Sculpture/Installation (2013); five Public Media Art Commissions for Art on the Marquee (Boston Cyberarts/Massachusetts Convention Center Authority, 2012-2015). She teaches a variety of video and time-based art classes at several institutions, including Boston College and Massachusetts College of Art.
web site http://www.georgiefriedman.com


Kristina Kvalvik(b.1980) is a Norwegian artist based in Oslo, Norway. She studied film and fine art in Norway, Sweden and Canada, and completed her MFA at Malmö Art Academy (SE) in 2008. Her work deals with matters relating to surveillance, the inexplicable and the threatening. She examines the limitations of sight and our ability to interpret what we see. Kvalvik has exhibited her work internationally including Malmö Konsthall. Malmö, Sweden ,Göteborg International Biennial for Contemporary Art, Konstnärshuset. Stockholm.Overgaden Institute for Contemporary Art; Copenhagen, LOOP Film Festival; Barcelona, Center for Contemporary Art; Glasgow, GalleriBOX; Akureyri, Galeria Miroslav Kraljevic; Zagreb, Kunsthalle Exnergasse; Vienna, Parkingallery; Tehran, Västerås Konstmuseum, Høstutstillingen Kuntnernes Hus; Oslo, Center for photography; Stockholm, BABEL Gallery; Trondheim and The Vigeland Museum; Oslo, Muratcentoventidue Artecontemporanea Bari. 


Kristina Paustian (*1985 in Omsk, RU, lives in Berlin) examines cultural anthropological and socio-political topics in her works, also the topics of utopia and dystopia, and the fringe between science and occultism Her films are characterized by a strong visual signature and her video works are often executed in sequence shots. For her first documentary “ZAPLYV – Swimmers” (2015, 77 min.) she received the ARTE documentary film award for the best film and in 2017 she was part of the Berlinale Talents program. She is co-founder and active member of the Media Art Association (mkv) for the promotion of contemporary art with new media dedicated to the development of experimental narrative and exhibition formats. Kristina`s work has been exhibited at Les Rencontres Internationales, Arsenal Berlin, Visions du Réel, MAXXI Museo di Roma, Torino International Film Festival, Athen Biennale,Odessa Biennale, Tashkent Biennale, Russian Museum in Moscow, etc.
https://www.kristinapaustian.com


Sede
Via G. Murat 122/b – Bari

Inaugurazione 
Sabato 4 maggio, 2019, ore 19.30 

Periodo
4 maggio 2019– 20 giugno 2019

Orario di apertura 
Lunedì ,martedì e mercoledì solo su appuntamento
Dal giovedì al sabato, dalle 17.30 alle 20.30

Info
3348714094 – 392.5985840
info@muratcentoventidue.com

Oreste Casalini - Erosioni con Quel che rimane


Con il preciso intento di ampliare lo sguardo sull’orizzonte e pensare un futuro migliore e realizzabile, SBA, la giovane galleria dedicata all’arte contemporanea sulla spiaggia di Ostia, dal 2016 ha promosso mostre collettive e personali e interventi di artisti la cui espressione passa attraverso materiali, tecniche e poetiche diversissime: l’apertura con Traiettorie emotivedi Cinzia Beccaceci, la collettiva Ceramici con solo opere in ceramica di artisti e artisti ceramisti,(viaggio) Dal centro della terradi Edoardo Zamponi e Disegno in cabina di Stefania Fabrizi, Giallo maredi Carlo Cecchi, 7 minuti prima / 7 minuti dopodi Massimo Saverio Ruiu, poi Petra, composizione musicale di Leonardo Gensini, fino a Terzo Paradiso/Sulla sabbia di Ostia, performance collettiva appena realizzata da Michelangelo Pistoletto assieme agli studenti di alcuni istituti scolastici di Ostia e del Dipartimento di Ingegneria del Mare dell’UniversitàRoma Tre. In preparazione una grande collettiva, Cabine d’artista, con la presenza di più di trenta artisti italiani e stranieri che si terrà nel prossimo ottobre 2019.

“Principio delle cose è l’infinito, ove le cose hanno Nascimento e Morte secondo Necessità. Pagano, infatti, l’un l’altra la pena e l’espiazione dell’ingiustizia, secondo l’Ordine del Tempo”. (Anassimandro)

Questa volta SBA mette in gioco il suo spazio esterno e Oreste Casalini lo invade occupando il terreno per mostrare la dilatazione del presente, come una caccia al tesoro che abbia ad oggetto il risveglio della sensibilità, ovvero il tesoro più grande.

Durante l’inverno trascorso al lavoro in alcuni ambienti dello Sporting Beach, messi a sua disposizione come residenza d’artista proprio in affaccio sul mare, Oreste Casalini ha ritrovato da vicino l’elemento originario, il mare, che ha in seguito invariabilmente segnato molti momenti decisivi del suo percorso artistico e privato. Il ritorno al mare, sulla spiaggia scura e antica di Ostia, nel ricordo di Mergellina degli inizi degli anni Sessanta dove è nato, ha significato un’esperienza profonda, dal tono quasi di rivelazione mistica, e le opere realizzate con un lavoro intenso e quotidiano, lungo tutti i mesi invernali fino a questa primavera, la restituiscono del tutto, come forse mai prima.
Quattro gruppi di opere incarnano le molteplici erosioni psichiche e materiali cui siamo esposti, collocandosi tra cielo e terra, elevandosi dalla materia povera e inerte di cui siamo fatti, nella tensione verso l’infinito e l’ignoto per una possibilitàdi riscatto nella bellezza ma anche nel suo opposto, la rovina e il disfacimento. Così, gli Eroi, sono due grandi figure scure,blocchi di sabbia dalle forme dilavate, erose, installati sulla spiaggia di fronte l’orizzonte; le Pozzanghere, opera centrale, sono una serie di pannelli di sabbia in cui protagonista è la superficie dell’acqua su cui si riflette il cielo, e descrivono un piano orizzontale dove il mare paradossalmente custodisce frammenti di figure e volti; a seguirei Sopravvissuti, una serie di sculture in sabbia e legno, figure classiche stravolte dall’erosione del tempo che assumono forme inaspettate inglobando elementi naturali, mentre due figure che galleggiano nella piscina alludono ai calchi delle vittime di Pompei o di altre tragedie; infine le Ricostruzioni, duegrandi sculture verticali, colonne ricostruite secondo una anastilosi arbitraria ma formalmente esatta che rappresentano il momento successivo alla catastrofe, il cosa fare dopo la distruzione, recuperando il passato per tradurlo in presente.
Portatori del tempo e degli eventi, tutti i lavori recano in sé elementi che rimandano alla presenza umana vista come traccia, come orma di una grandezza ormai passata. Queste opere sono insieme disciplina e ordine ma anche caos, in accordo con il respiro del mare, forme sia mutevoli che definitive, come fossero disegnate dalla linea del litorale, spazio indefinibile, unico punto di contatto tra terra e cielo. La sabbia, il sale marino, l’acqua, i frammenti di legno levigati dal mare, sono gli elementi che compongono questa opera multiforme, dove pittura e scultura vivono su una linea di confine mobile, si fondono in elementi scavati, erosi, dilavati dal tempo sulla spiaggia di Ostia, dove il vento ancora racconta del mito di Enea e di antiche leggende. Le linee che definiscono questi lavori vivono nel limendel litorale, in costante movimento, che è metafora dell’inafferrabile e dell’indistinto, della perdita dell’orientamento e del ritorno all’origine, separa il presente dal ricordo, l’irrazionale dalla ragione, ciò che possiamo dire da ciò che è ineffabile. Forme che hanno molte storie da raccontare e che vivono in un tempo lento, lontano dall’immediatezza del presente, un tempo orizzontale che comprende epoche diverse, come reperti dell’eterno affanno dell’equilibrio di ogni ricerca artistica.


Quel che rimane
La riflessione è approfondita e integrata dal progetto site specificdal titolo Quel che rimane, a cura di Fabrizio Pizzuto, docente di Management per l’arte presso RUFA.
Le cinque artiste donne esordienti, studentesse dell’ultimo anno dell’accademia RUFA, dopo un percorso insieme, si cimentano in un lavoro molto particolare, esponendo opere che riflettono sugli attacchi dell’erosione ai diversi campi della vita. Così Bloomingdi Ludovica Baldini, Materiadi Valentina Marino, Fattori che influenzano il corpo del migrantedi Hamida Sager, But Greatest of All is Lovedi Ellen Wolf e di Sara Zanin (il titolo dell’intervento è uno spazio vuoto, un silenzio) riflettono sul corpo (la guerra), la percezione di sé (l’anoressia), i sentimenti, i ricordi, il mondo da bambino, la vita stessa, la materia, dunque da ultimo sul tema della sopravvivenza. Tutti i lavori cercano una integrazione con il luogo di installazione e si concentrano quindi su “quel che rimane” dopo ogni tipo di erosione. Le opere sono disseminate in vari luoghi della struttura secondo un percorso ricostruito mediante una mappa consegnata all’ingresso, confondendosi con l’ambiente e spesso sfiorando la mimesis. La mostra è allestita in contrappunto a Erosionidi Oreste Casalini, aperta contemporaneamente negli stessi spazi.

Oreste Casalini
Nato a Napoli, frequenta l’Accademia di Belle Arti di Roma. Lavora come assistente di Bruno Ceccobelli, con il quale realizza le prime mostre in Italia e all’estero, entra poi nello studio di Fabio Mauri, suo maestro, con il quale stringe un’importante amicizia durata fino alla sua morte. Nel 1990 realizza la sua prima personale a Sarajevo con un’opera in cera su tela di grandi dimensioni, poi distrutta durante la guerra. Nel 1992 si trasferisce a New York dove espone in una personale all’Istituto italiano di cultura Casa Zerilli-Marimò. A Napoli e a Roma partecipa a mostre collettive e realizza installazioni temporanee o permanenti in spazi privati e pubblici, anche in collaborazione con studi di architettura. Accanto a cicli di opere su carta e su tela, inizia una sperimentazione sulle relazioni tra tecniche tradizionali e nuove tecnologie digitali da cui nascono opere come E-body(disegni in digitale di grande formato), Chemical Brothers(sculture in gesso e ceramica), Oki-Sud(video-scultura). Del 2005 è la personaleIn Cantierealla Galleria A.A.M. di Francesco Moschini a Roma. Nel 2007 progetta il restyling per due fermate della metropolitana di Napoli e vince il concorso LUAS Art Competitionper la metropolitana di Dublino. Con un gruppo di artisti realizza una serie di mostre e performance centrate sul rapporto tra contemporaneità e tradizione, culminate nella collettiva Antico e Novissimodel 2008 (Palazzo Mochi-Zamperoli, Cagli). Nel 2010 è artista e curatore alla Biennale di Architettura di Venezia nell’ambito del progetto E-picentro, dedicato alla distruzione della città de L’Aquila a causa del terremoto. Dallo stesso anno collabora con il gallerista Franz Paludetto e nel 2011 ha la personale Dal Bianco al Neropresso il Castello di Rivara, con un ciclo di opere in lava vulcanica e gesso. Seguono le personali Pure Power(Dubai), Black Hole(Napoli), Flowers of Romance(Norimberga). Nel 2013 realizza un ciclo di sculture incentrate sulla figura dell’angelo, legame concreto tra materiale e spirituale, ispirato alle sculture di Bernini di Ponte Sant’Angelo a Roma. Con queste opere realizza Balanced-In equilibrio, installazione esposta nella sala centrale del Castello di Rivara, in cui immagini, suoni e architettura concorrono all’equilibrio complessivo dell’opera. Nel 2014 partecipa alla fieraOstraledi Dresda con l’installazione Devotion #5; l’anno seguente espone la scultura Re-Birthnel parco del Castello di Rivara, realizza l’installazione Doppio Sensonell’ambito di Equinozio d’Autunno 2015e l’opera TerraMadreviene acquisita dalla Fondazione Telethon al Centro Olivetti di Pozzuoli (Napoli). Nel 2016 lavora principalmente a disegni e ceramiche ed espone la serie Fragileal Castello di Rivara. Nel 2017 presenta Panopticonalla Kandinskij House a Mosca e tiene la personale Aritmienello Spazio Menexa a Roma. Del 2008 è la grande antologica Oreste Casalini. Una moltitudine. Opere dal 1998 al 2018, a cura di Paola Pallotta, allestita presso l’Istituto Portoghese di Sant'Antonio in Roma, in cui espone cicli di opere eterogenee per tecnica, dimensioni e appartenenza cronologica, ma serratamente unite dal coerente ‘edificio interiore’ dell’artista. Del 2019 è la sua partecipazione agli Atelierpresso il MACRO Asilo di Roma con la realizzazione di opere in tempo reale, conversazioni e dibattiti con il pubblico, altri artisti e poeti e con specialisti dell’arte. Hanno scritto di lui: Fabrizio Pizzuto, Paolo Aita, Paola Pallotta, Paolo Balmas, Clara Tosi Pamphili, Francesco Moschini, Emanuele Trevi, Diletta Benedetto, Angelo Mistrangelo, Renato Rizzo, Ilaria Piccioni, Giorgio De Finis, Donatella Pinocci, Michela Scolaro, Francesca Bottari, Vittorio Emiliani, Simona Barucco, Ludovico Pratesi, Stefano Petricca, GianniMercurio, Ada Lombardi, Patrizia Ferri, Dragan Stenek, Pietro Pedace, Sarah Wasserman, Ornella Tozzi, Antonio Di Gennaro, Benjamin Th. Fels.

Blooming di Ludovica Baldini

INFO
Oreste Casalini. Erosioni
a cura di Paola Pallotta
con Quel che rimane
a cura di Fabrizio Pizzuto, RUFARome University of Fine Arts
opere di Ludovica Baldini, Valentina Marino, Hamida Sager, Ellen Wolf, Sara Zanin
14 aprile - 5 Maggio 2019
SBA- Sporting Beach Arte
Lungomare A. Vespucci 6 - Ostia Lido, Roma


Orari: tutti i giorni dalle 10:00 alle 16:00 - Sabato e Domenica dalle 11.00 alle 18.00

tel 3402265769
www.sportingbeacharte-sba.jimdo.com
www.facebook.com/sportingbeacharte/

Con il contributo dell’Azienda vinicola


Ufficio Stampa
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giovedì 18 aprile 2019

L.U.X. di Matteo Stella Dance Arts - Open Sharing


Gabriella Furlan Malvezzi, direttrice di Padova Danza, e Matteo Stella Dance Arts, duo formato dal coreografo Matteo Levaggi e dall’artista visiva e performer Samantha Stella, sono lieti di invitarvi alla ‘prova aperta’ a conclusione della serie di incontri del progetto formativo L.U.X. che si terrà domenica 5 Maggio 2019 alle ore 15.30 nella sede di Via Antonio Grassi 33, Padova- www.padovadanza.it, con ingresso libero (prenotazione obbligatoria al 348.2947552, info@padovadanza.it).

Accanto ai giovani danzatori del Corso di Perfezionamento Professionale di Padova Danza sostenuto dal MIBAC, Ministero per i Beni e le Attività Culturali – Direzione Generale Spettacolo dal vivo, si sono affiancate tre giovani artiste visive: Federica Marra, Giulia Martin, Eleonora Roaro, scelte dopo una rigida selezione tra decine di candidati.

L.U.X. nasce dalla consapevolezza maturata nei dieci anni di collaborazione e esperienza comune tra Levaggi e Stella, secondo la quale, in tempi contemporanei, si debba parlare di creazione non in termini di spettacolo, ma di opera d’arte, e che i singoli ruoli, del coreografo e dell’artista visiva, e quindi del movimento del corpo e dell’apparato estetico in cui il corpo è collocato, sia esso una scenografia, un’installazione, un costume, un video, un’immagine fotografica, una scultura, pur sempre chiaramente definiti, non siano altro che una compenetrazione simbiotica dove l’idea originale prende forma. L’uno si nutre dell’altro, senza alcuna prevaricazione in termini di importanza, nel comune intento focalizzato nel risultante finale, l’opera stessa.
Durante questo primo ciclo di incontri che si è svolto in un weekend a cadenza mensile per quattro mesi tra febbraio e maggio, si sono creati tre gruppi di lavoro, ogni gruppo formato da una artista visiva e da un numero variabile tra due e quattro danzatori, che sotto la supervisione di Matteo Stella Dance Arts hanno sviluppato coralmente tre studi, ogni studio incentrato su un unico soggetto prescelto da Levaggi-Stella, il Tempo.
Al termine della prova aperta, Gabriella Furlan Malvezzi, Samantha Stella e Matteo Levaggi (Matteo Stella Dance Arts) selezioneranno il progetto dell’artista visiva e i danzatori ritenuti più meritevoli, che presenteranno L.U.X. domenica 29 Settembre 2019 presso la Sala del Ridotto Teatro Verdi di Padova nell’ambito della Vetrina di Danza Contemporanea e d’Autore, alla presenza di giornalisti e critici di danza, nell’ambito del 16° Festival Internazionale di Danza “Lasciateci sognare”.

Nomi dei danzatori e degli artisti visivi partecipanti
Danzatori: Nicole Da Corte, Marta Parisi, Sara Piccolotto, Greta Puggioni, Noemi Rotondo, Maria Cristina Sidoti, Chiara Vecchiato, Laura Veronese, Alessandro Piuzzo.
Artisti visivi: Federica Marra, Giulia Martin, Eleonora Roaro.

Programma della prova aperta del 5 Maggio 2019

L.U.X. Studio I
Concept: Giulia Martin (artista visiva), Maria Cristina Sidoti (danzatrice), Chiara Vecchiato (danzatrice), Laura Veronese (danzatrice)

Musica: Nero Kane – “Hell23”, durata: 10’15”

L.U.X. Studio Inasce dalla suggestione del brano “Hell23” del musicista Nero Kane, una lettura piuttosto scura della dimensione del Tempo legato alla morte e alle anime dannate (“hell” in inglese significa “inferno”). In scena, accanto alla proiezione di uno scatto fotografico che racchiude lo spirito della rappresentazione, troviamo un’installazione minimale che rappresenta simbolicamente la tomba di un’anima, e un raggio rosso che improvvisamente illumina lo spazio. In questo paesaggio oscuro si muovono tre corpi, ora lenti, ora intensi, ora violenti. 

L.U.X. Studio II
Concept: Eleonora Roaro (artista visiva), Nicole Da Corte (danzatrice), Sara Piccolotto (danzatrice), Noemi Rotondo (danzatrice), Alessandro Piuzzo (danzatore)
Musica: Hildur Gudnadottir - “Leyfdu Ljosinu” (estratto), durata: 11’04”


L.U.X. Studio II rappresenta un momento di sospensione del tempo, quasi di atemporalità, segnata nelle pietre millenarie e dai vapori naturali – geyser - del paesaggio islandese, immortalato in una sequenza video suggestiva e poetica, montata in sincro su un estratto tratto dalla composizione “Leyfdu Ljosinu” (“Permetti la Luce”), della violoncellista islandese Hildur Gudnadottir. 

Pause e silenzi, movimenti eleganti suggeriti dal celebre Apollon Musagètedi George Balanchine (Apollo e le tre muse Calliope, Polimnia e Tersicore, rispettivamente il dio della mitologia greca di tutte le Arti, e la musa della poesia epica, della pantomima e della danza), si dipanano tra i vapori che sembrano fuoriuscire dal video diffondendosi nello spazio scenico. 

L.U.X. Studio III
Concept: Federica Marra (artista visiva), Marta Parisi (danzatrice), Greta Puggioni (danzatrice)
Musica: Arvo Pärt- “Te Deum, Verses 1-4 e Verses 10-12”, durata: 10’15”

L.U.X. Studio III nasce dalla suggestione della sacralità del Te Deumnella splendida composizione musicale di Arvo Pärtad esso dedicata utilizzata, che nella sua forma estesa è Te Deum laudamus, latino per “Noi ti lodiamo Dio”, inno cristiano in prosa di origine antica.

“I cieli e la terra sono pieni della tua gloria”, a questa frase in particolare, tratta dall’inno, si ispira la sequenza video che sviluppa una rielaborazione digitale in loop della mano, simbolo del cielo, poiché è la parte del nostro corpo che più verte verso di esso, e del piede, simbolo della terra, poiché è al contrario la parte più a contatto con essa.In scena, le immagini video proiettate si compenetrano con i movimenti di due corpi danzanti, che simbolicamente evidenziano gestualità e posture incentrate principalmente su mani e piedi.

Si tratta di una rappresentazione del Tempo inteso come scansione ciclica dell'Eternità, mani e piedi che nascono, vivono e muoiono per poi rinascere nel ciclo continuo di vita e di morte.


Matteo Stella Dance Arts
Il coreografo Matteo Levaggi e l’artista visiva e performer Samantha Stella (precedentemente fondatrice di Corpicrudi), iniziano la loro collaborazione artistica nel 2008 alla Biennale del la Danse de Lyon, con il progetto Primo Toccare White, che si sviluppa poi con il capitolo Blackal Joyce Theatre di New York, e Redal Festival TanzBozen di Bolzano. Nei successivi dieci anni di attività, creano assieme per il Balletto Teatro di Torino, per il Maggio Fiorentino e altre importanti istituzioni, alcuni dei lavori più importanti della carriera coreografica di Levaggi. Nel 2018, dopo la presentazione di Crises al Festival Transart di Bolzano, decidono di dare vita a Matteo Stella Dance Arts, che nel nome indica la volontà di andare oltre il vocabolario storico della danza e dell’arte visiva ad essa applicata, per creare un’opera d’arte unica che possa attingere da ogni linguaggio espressivo possibile. Il debutto è avvenuto nel gennaio 2019 con la performance Death Speakspresentata al Museo Madre di Napoli all’interno del programma performativo correlato alla mostra Robert Mapplethorpe. Choreography for an Exhibitiona cura di Laura Valente e Andrea Viliani. Nel 2019 avviano il progetto didattico L.U.X.



mercoledì 17 aprile 2019

Luca Grechi - Apparire


Mercoledì 17 aprile Luca Grechi torna, dopo due anni di assenza, a ridisegnare gli spazi della galleria Richter Fine Art con Apparire la sua nuova mostra personale.

In questo periodo, l’artista ha realizzato una nuova serie di opere alternando disegno, pittura e scultura. Per realizzare questa mostra l’artista ha lavorato due anni, come lui stesso afferma: «su un segno puro, per lasciare vivo e libero ciò che "appare", che è quello che mi ha scosso e stimolato nell’ arco di questi due anni». Una serie di disegni di grande e piccolo formato, insieme a sculture in ceramica abiteranno la galleria fino al 31 maggio 2019.
Altra novità di questa prossima mostra è il testo critico: un’intervista che alcuni degli artisti e amici che ruotano attorno alla Richter hanno realizzato per mail a Luca Grechi. Invitati dal gallerista Tommaso Richter, Diego Miguel Mirabella, Giulio Catelli, Lillo Spuma hanno fatto domande e riflessioni, analizzando il processo artistico di Grechi, insomma quello che normalmente gli artisti fanno tra loro, ma questa volta nero su bianco. La galleria, ancora una volta si pone come un laboratorio, ai cui esperimenti il pubblico è invitato a partecipare.Non si limita a documentare, ma vuole assumere un ruolo attivo nel sollecitare un dibattito critico nei campi di sua competenza, partecipandovi o addirittura orientandolo, nell’intera gamma della cultura contemporanea.
«Mi rendo conto – afferma l’artista riflettendo sui suoi ultimi lavori - che l’ idea di un tempo invisibile nei miei quadri, più mentali, di quotidiana attesa, sono correlati a tutta quell’ esperienza del disegno, più immediata apparentemente, l’ idea iniziale non conta più, c’è un seme che comanda il suo tempo. Un fiore, un cavallo, un uccello, una linea sono un pretesto per emozionarci ogni volta».

Luca Grechi, nato nel 1985 a Grosseto, vive e lavora a Roma. Dal 2004 al 2008 ha viaggiato tra l’America centrale, il sud America e la Francia. Si stabilisce poi a Roma dove nel 2010 consegue il diploma di laurea in pittura presso l’Accademia di Belle Arti con l’artista Enzo Orti. Durante i suoi viaggi ha approfondito il suo interesse per il disegno dal vivo e il paesaggio, sviluppando una peculiare attitudine per la raccolta di oggetti e carte abbandonati e lasciati in balia degli eventi, quali elementi altamente suggestivi per la sua ricerca attuale ispirata dall’osservazione della natura, dai processi di trasformazione e di evoluzione delle cose in relazione al trascorrere del tempo. 

Tra le mostre personali più recenti: C’è una volta ( Galleria Richter Fine Art, 2017, Roma), Infinito, (Galleria La Linea, 2016, Montalcino) Un sasso sul mare #2, (Sala Santa Rita, 2016, Roma) Sinkhole (Galleria Artothèque de Rome, Roma, 2013).Tra le mostre collettive più recenti: In the making ( Galleria Richter Fine Art, 2018, Roma),Sottobosco ( Muzeul National de Arta, 2018, Cluj-Napoca),It Was not me, ( Wonder-Liebert, 2018, Parigi), Forever Never Comes, ( Museo Archeologico della Maremma, 2017, Grosseto), Non amo che le rose che non colei,( Galleria Richter Fine Art, 2016, Roma), Asyndeton, (Castello di Rivara, 2016, Rivara, To) L’Uomo, Il Suono, La Natura, ( Terravecchia, 2016, Campania ) I Materiali della pittura, (Il Frantoio, 2016, Capalbio ) Iconologia Onirica, (Galleria La Linea, 2015, Montalcino), The Grass Grows,(Basel, 2014). Nel 2016 espone al Mac di Lissone in occasione del Premio Lissone.

Vademecum:
Titolo: APPARIRE
Artista: Luca Grechi
galleria Richter Fine Art, vicolo del Curato, 3 – Roma
Durata mostra: dal 17 aprile al 31 maggio
Orari: da giovedì 18 aprile dalle 13.00 alle 19.00 dal lunedì al venerdì e il sabato su appuntamento.

Email:info@galleriarichter.com
Fb account: Galleria Richter Fine Art
Ufficio Stampa: Chiara Ciucci Giuliani mob. +39 3929173661 | email: chiaracgiuliani@gmail.com

A Torino la prima edizione di 'The Phair'



Una fiera boutique, ad inviti, solo dedicata alla fotografia quale immagine che è in primis, concetto, idea, visione e poi tecnica: la prima edizione di The Phair, sintesi di Photografy e Fair, apre al pubblico il 3 maggio a Torino nell’ ex Borsa Valori, nella centralissima via San Francesco da Paola, e sarà visitabile sino a domenica 5 maggio.

Il progetto, fortemente voluto da Roberto Casiraghi e Paola Rampini, è stato concepito per valorizzare in modo esclusivo un linguaggio artistico su cui c’è grande dinamicità e fermento culturale, ma pochi contesti di rifermento per proporre a collezionisti, curatori, direttori di musei e collezioni pubbliche e private, l’innovazione e riflessioni sull’immagine.
“Ad inviti, perché si voleva selezionare le migliori gallerie italiane tra quelle che focalizzano le loro scelte sulla fotografia– spiega Roberto Casiraghi– saranno 35 in spazi di venti mq. uguali per tutti, un allestimento sartoriale, più simile ad una serie di mostra che ad un impianto fieristico. Si è scelto di dare grande leggibilità all’esposizione per entrare in sintonia con le opere proposte, senza filtri. La formula è piaciuta molto e le adesioni, già in questa prima edizione, sono di altissimo profilo.”

Il backstage di The Phair è stato collegiale, si è scelto di coinvolgere un comitato di esperti con imprinting diversi per dialogare, proporre, riflettere sulla natura stessa di fotografia a centottanta anni dalla nascita, sulle nuove strade del collezionismo, sulle motivazioni e scelte delle gallerie. Fanno parte della squadra Luca Panaro, critico e docente a Brera, che assume anche il ruolo di coordinatore del gruppo, Lorenzo Bruni, anche coordinatore di The Othersche garantisce una family feeling tra le due fiere, Alessandro Carrer, curatore e docente a Urbino, Cristiana Colli, giornalista e curatrice, Giangavino Pazzola, consulente curatoriale di Camera, e Carla Testoreesperta d’arte.

Le gallerie che partecipano a The Phair sono: 1/9 unonove di Roma, Francesca Antonini di Roma, Alfonso Artico di Napoli, Enrico Astuni di Bologna, Valeria Bella di Milano, Continua di San Gimignano in provincia di Siena, Massimo de Carlo di Milano, Raffaella De Chirico di Milano, Tiziana Di Caro di Napoli, Doppelgaeger di Bari, Fabbrica EOS di Milano, Studio G7 di Bologna, Gagliardi & Domke di Torino, Guidi &Shoen di Genova, In Arco di Torino, Giò Marconi di Milano, MATÈRIA di Roma, METRONOM di Modena, Montrasio di Milano, Franco Noero di Torino, Davide Paludetto di Torino, Francesco Pantaleone di Milano, Alberto Peola di Torino, Giorgio Bersano di Torino, Photo & Contemporary di Torino, Pinksummer di Genova, Poggiali di Firenze, primopiano di Napoli, Lia Rumma di Mil, Tucci Russo di Milano, Shazar di Napoli, Paola Sosio di Milano, Traffic di Bergamo, VisionQuest T 4rosso di Genova e z2o Sara Zanini con sede a Roma.

Una grande varietà di artisti contemporanei italiani e stranieri, nomi affermati a livello internazionale e nuovi foto-artisti frutto di un’attenta politica di scouting, per citarne alcuni: Anri Sala, SimoneMussat Sartor, Tomas Saraceno, Paola De Pietri, Olivo Barbieri, Guido Guidi, Myriam Laplante, Mario Airò, Annette Kelm, Lida Abdul, Giovanno Ozzola, Andy Warhol, Luca Vitone, Robert Capa…

Si punta ad un stile elegante, nitido che vuol far chiarezza su dove va il mondo della fotografia. La stampa il digitale, il passato e il futuro non inquinano la possibilità di esprimere un’idea un concetto: può esser lieve e riflettere sulla moda o impegnato ed illustrare un contesto di guerra. La fotografia è vitale. Tanti gli argomenti da approfondire, otto per la precisazione, di cui si parlerà sulla web tv fruibili sul sito thephair.com attraverso incontri e interviste: l’editoria, i new media, il collezionismo, le fondazioni, i giovani autori, il mercato, il ruolo dei musei e le committenze. 

Poi si entra nel vivo e si interagisce con il pubblico con realtà che hanno fatto la storia della fotografia e che collaborano con The Phair: Nikone Polaroid (ora Polaroid Originals). Un contest con Nikon per raccontare per immagini l’esperienza di visita con un massimo di 5 scatti condivisi su Instagram: i 10 scatti che otterranno il maggior numero di “like” andranno al giudizio del comitato di consulenza di The Phairche selezionerà i tre più meritevoli di ricevere una reflex digitale offerta da Nikon. Lo scatto vincitore assoluto sarà anche pubblicato su La Stampa l’8 maggio 2019. Nello spazio Polaroid Originals un’esposizione di scatti, non in vendita, realizzati dal fotografo ed artista Alan Marcheselli, capaci diraccontare alla perfezione la magia dello scatto istantaneo analogico Polaroid. Inoltre, ogni giorno, due performance live di Alan Marcheselliche daranno una visione artistica e personale della versatilità della fotografia istantanea Polaroid Originals.
Nella tradizione torinese lo spazio lettura: una libreria con titoli dedicati al tema tutti da sfogliare e acquistare e una bouvetterievocazione storica di un caffè d’altri tempi il “Bar Maggiora” a cui ben si addice l’elegante stile mitteleuropeo del caffè Illy.
Sostegni e collaborazioni tesi ad espandere i momenti culturali e a promuovere la governance di luoghi e di idee: patrocini e contributi della Regione Piemonte, della Città di Torino e della Camera di Commercio di Torino. Supporto anche dalla Fondazione Arte/Crt e dalla Compagnia di San Paolo. Il prezioso sostegno di Reale Mutua, di WEIGMANN Studio Legale, dello Studio Notarile PTG Pene Vidari–Tardivo– Giunipero di Corteranzo. Le collaborazioni con FoTo, Tag, Polaroid Originals e Nikon, la media partnership con La Stampa e la testata web TorinoOggi. Tanti i partner culturali: Isiaurbino, IED, Phroom, Untitled Association; e partner tecnici Fast Events, Litterae e Vi.ma. grazie ai quali la manifestazione è possibile.

L’appuntamento sarà annuale. 
Dettagli su thephair.com


Fabio Barile
An investigation of the laws observable in the composition_dissolution and restoration of land
Courtesy Materia Gallery



Viste guidate gratuitecondotte dai curatori di The Phair, con prenotazione obbligatoria: orari e iscrizione sul sito www.thephair.com- Orario di apertura al pubblico dalle 12,00 alle 21,00.

Ingresso: biglietto intero 12 euro, 10 euro per i membri della Community Nikon Club (www.nikonclub.it), Abbonamento Musei, Torino+Piemonte Card, ridotto 8 euro giovani 12/18 anni e studenti universitari fino a 25 anni

Ufficio Stampa
Maria Grazia Balbiano –mobile 347 36 07 342 –info@mariagraziabalbiano.com



martedì 16 aprile 2019

Massimo Barlettani. Flò – la luce dell’effimero


A Palazzo Oddo, ad Albenga (SV), è in corso la mostra personale dell’artista toscano Massimo Barlettani. Le prestigiose sale del palazzo si trasformano in una sorta di giardino intimo e segreto capace di favorire una profonda riflessione sulla fugacità e sulla bellezza. 

Ciclamini, rose, papaveri, cosmos, tulipani e diversi tipi di fiori nella visione dell’artista appaiono avvolti da chiarori trasfiguranti, diventano occasioni di luce che riportano l’attenzione di chi guarda oltre l’apparenza, all’interno della verità che si cela tra i dettagli. 

L’esposizione “Flò – la luce dell’effimero”, vuole avvicinare le persone al tema floreale reinterpretato alla luce di uno speranzoso sentire, che è memoria e ricordo di continua rigenerazione e possibilità. Presenza e assenza si alternano nelle tele di Barlettani, palesando un percorso di ricerca che, partendo dalla approfondita conoscenza dell’arte giapponese, si avvicina idealmente a questa per arrivare a confrontarsi con la fotografia contemporanea. Una pittura inserita nel proprio tempo, capace di annullare le distanze tra antichità e modernità a favore di una dimensione dove il sentire resta indiscusso protagonista. 
“Ci sono fiori dappertutto, per chi è capace di vederli”, sosteneva Henri Matisse: la mostra di Barlettani diviene un luogo di raccoglimento estetico e poetico, che regala la capacità di osservare la realtà con occhi e spirito del tutto nuovi, per scoprire incanti che si credevano smarriti e reagire attraverso queste sensazioni alle inquietudini della quotidianità. Una dimensione che richiede un approccio silenzioso, paziente, come un cuore che si disponga fiducioso all’arrivo di una nuova stagione. 

L’esposizione, che porta il patrocinio della Fondazione Gian Maria Oddi e del Comune di Albenga, è organizzata con il supporto della Casa d’Arte San Lorenzo di San Miniato ed è a cura di Francesca Bogliolo. 

“Flò – la luce dell’effimero” si protrarrà fino al 5 maggio, e sarà inserita all’interno della manifestazione “Fior d’Albenga”, che vede la città ligure trasformare il proprio centro storico in un unico giardino fiorito, capace di emozionare residenti e turisti. “Siamo lieti di accogliere un artista della levatura e della sensibilità di Massimo Barlettani – dichiara il Presidente della Fondazione Oddi, Alessandro Colonna – e siamo certi che questa occasione espositiva sarà foriera di forti emozioni per noi e per tutti i nostri visitatori”. 

La mostra resterà aperta secondo i seguenti orari: dal martedì alla domenica 9.30 -13.00, 15.00-18.30, giorno di chiusura lunedì. 


Massimo Barlettani. “Flò – la luce dell’effimero”
A cura di: Francesca Bogliolo
Allestimento: Casa d’Arte San Lorenzo
Coordinamento: Fondazione Gian Maria Oddi 
Luogo: Sale espositive di Palazzo Oddo, Albenga (SV)
Durata: 13 aprile – 5 maggio 2019

Orario: dal martedì alla domenica 9.30 -13.00, 15.00-18.30. Chiuso lunedì. Ingresso libero.
Con il patrocinio: Comune di Albenga, Fondazione Gian Maria Oddi
In collaborazione con: Comune di Albenga; Manifestazione “Fior d’Albenga”; Mway Communication & Events 

Ufficio Stampa: FuoriLuogo – Servizi per l'Arte
Informazioni utili: Fondazione Gian Maria Oddi, www.scoprialbenga.it – 0182 571443
Info mostra: Casa d’Arte San Lorenzo
www.arte-sanlorenzo.it – 0571 43595 – galleria@arte-sanlorenzo.it