martedì 27 ottobre 2015

I Martedì Crtici - MANFREDI BENINATI



I Martedì Crtici
a cura di Alberto Dambruoso, Lorenzo Canova e Sara De Chiara

MANFREDI BENINATI

martedì 27 ottobre 2015, ore 18.30
MACRO via Reggio Emilia, 54 – Sala Cinema

INGRESSO LIBERO FINO A ESAURIMENTO POSTI

Martedì 27 ottobre avrà luogo il quinto appuntamento della stagione autunnale de “I Martedì Critici”, gli incontri con i protagonisti della scena contemporanea, ormai giunti al sesto anno di attività. Il nuovo ciclo de “I Martedì Critici” rinnova la consueta formula dell’intervista pubblica, coinvolgendo di volta in volta interlocutori diversi – tra cui Guglielmo Gigliotti, Shara Wasserman, Lorenzo Canova, Marco Di Capua, Sara De Chiara – che affiancheranno Alberto Dambruoso nella conduzione delleserate.
Gli ultimi incontri di questa stagione romana si svolgeranno presso il MACRO di via Nizza.

Ospite del quinto appuntamento, promosso in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura e al Turismo di Roma - Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, sarà Manfredi Beninati (Palermo, 1970).
Dopo aver lasciato gli studi in Giurisprudenza a Palermo, all’inizio degli anni Novanta Manfredi Beninati si trasferisce a Roma, dove frequenta il Centro sperimentale di cinematografia e comincia a lavorare come assistente alla regia.
A Londra, solo verso la fine degli anni Novanta Beninati decide di dedicarsi completamente all’arte, realizzando disegni e dipinti di diverso formato e sculture: una carriera brillante che nel giro di pochi anni lo porterà ad aggiudicarsi il premio DARC per la Giovane Arte Italiana (2004) e quindi a partecipare alla Biennale di Venezia l’anno seguente con un’installazione ambientale allestita nel Padiglione Venezia. Intitolata Prendere appunti per un sogno da iniziare di pomeriggio e continuare la notte (e che non si cancella al risveglio) ovvero Svegliarsi su una spiaggia sotto il sole cocente, l’installazione presentava un elegante salone di un palazzo settecentesco, ricostruito in scala uno a uno, ma visibile soltanto attraverso un vetro sporco. Come se fosse stato improvvisamente abbandonato dagli abitanti e da allora sigillato, il salone conteneva i residui della vita umana, celati sotto a strati polvere e a ragnatele, ed era invaso dalla natura, alberi e arbusti che prepotentemente si riappropriavano dello spazio.
Tutti i soggetti dei lavori di Beninati hanno origine nel suo vissuto – siano essi figure umane, paesaggi naturali, interni domestici, oggetti, giocattoli – e affiorano sulla superficie della tela come nella memoria dell’artista. Nei dipinti gli strati di colore, alternatamente trasparenti e squillanti, condensano in un’immagine stratificata ambienti esterni e interni, elementi appartenenti a campi semantici diversi che, riuniti e sovrapposti come accade nel ricordo, danno vita a un universo fantastico e lussureggiante, memore anche della natia Palermo. La visione non è mai nitida, ma filtrata dall’azione del tempo, che restituisce un’immagine complessa, immersa in un’atmosfera onirica, luminosa e corpuscolare.

Tra le recenti mostre personali di Beninati ricordiamo: Flavio and Palermo (in the summer), James Cohan Gallery, New York, 2007; La lettera F, American Academy in Rome, Roma, 2007; Dicembre 2039, Max Wigram Gallery, Londra, 2010; Le voci di dentro, FPAC, Palermo, 2011; l’esposizione presso Cura Project Space, Roma, 2011; Il sei novembre del duemilatrentanove, Galleria Lorcan O'Neill, Roma, 2013; Nature is a Theater, Miniature Museum, Pechino, 2014. Tra le numerose collettive, ricordiamo: 51a Biennale di Venezia, 2005; Arte italiana 1968-2007. Pittura, Palazzo Reale, Milano, 2007; XV Quadriennale d’Arte, Palazzo delle Esposizioni, Roma, 2008; Made Up, Liverpool Biennial, 2008; Heaven, 2nd Athens Biennale, Atene, 2009; Collaudi, Padiglione Italia, 53a Biennale di Venezia, 2009; PPS, Riso - Museo Arte Contemporanea di Sicilia, Palermo, 2010; When in Rome, ICI and Hammer Museum, Los Angeles, 2011; 3rd Thessaloniki Biennale, Tessalonica, 2011; 9th Shanghai Biennale, Shangai, 2012; Outrageous Fortune, Touring Exhibition, Hayward Gallery, 2013. Beninati ha inoltre ricevuto numerosi premi: Inside-Out Art Museum, Pechino, 2013; Civitella Ranieri Foundation Fellowship, 2010; Rome Prize, American Academy in Rome, 2006; Premio del pubblico alla 51a Biennale di Venezia nel 2005 e il già ricordato Premio Darc per la Giovane Arte Italiana nel 2004.

INFO PUBBLICO
Ingresso libero fino ad esaurimento posti
via Reggio Emilia 54, Romavia Nizza 138, Roma
060608

INFO STAMPA:
Ufficio Stampa MACRO
Patrizia Morici / T. +39 06 82 07 73 71 / M. +39 348 54 86 548 p.morici@zetema.it; stampa.macro@comune.roma.it

Organizzazione:
ASSOCIAZIONE CULTURALE I MARTEDI CRITICI
Tel. +39 339 7535051
info@imartedicritici.it

Sponsor:

Media Partners:
Art Andsocialmedia

Riprese video:

Fotografo:

Servizi Museali:

pubblica:

Gauguin. Racconti dal paradiso



L'arte di Paul Gauguin in circa 70 opere esposte insieme ad artefatti e immagini documentative dei luoghi visitati e fonte d'ispirazione dell'artista.

Gauguin. Racconti dal paradiso

A partire dal 28 ottobre 2015 il Museo delle Culture di Milano ospiterà la mostra "Gauguin. Racconti dal paradiso", prodotta da 24 Ore Cultura – Gruppo 24 Ore in collaborazione con Ny Carlsberg Glyptotek, promossa dal Comune di Milano-Cultura e da 24 Ore Cultura è curata da Line Clausen Pedersen e Flemming Friborg, rispettivamente curatrice del Dipartimento di Arte Francese e Direttore della Ny Carlsberg Glyptotek di Copenhagen.

Le circa 70 opere esposte, provenienti da 12 musei e collezioni private internazionali, insieme ad artefatti e immagini documentative dei luoghi visitati dall’artista, permetteranno di riconoscere e analizzare le fonti figurative dell’arte di Paul Gauguin, che spaziano dall’arte popolare della Bretagna francese, all’arte dell’antico Egitto, da quella peruviana delle culture Inca passando per la cambogiana e la javanese, fino ad arrivare all’arte, alla vita e alla cultura polinesiana. E’ proprio attraverso il confronto tra alcuni capolavori dell’artista e le sue fonti d’ispirazione che la mostra si prefigge di dimostrare il suo approccio peculiare e originale al “primitivismo”.

Nella prima sezione della mostra un autoritratto di Paul Gauguin introdurrà la sua figura all’interno del contesto storico e culturale francese ed Europeo di fine Ottocento. La seconda sezione ripercorre il lavoro di Gauguin dal 1876 al 1892 circa illustrando l’ossessione dell’artista per l’arte e la cultura primitiva. La terza sezione vedrà esposti alcuni lavori chiave, realizzati durante i viaggi in Bretagna (1886-1888), Danimarca (1884-85), a Parigi e ad Arles (1888-89). Nella quarta sezione due opere Veliero alla luce della luna (1878) e Arearea no varua Ino / Il divertimento dello Spirito maligno (1894) mostreranno l’evoluzione tecnica dell’arte di Gauguin dagli esordi agli anni della maturità artistica. La quinta sezione esplorerà l’intersezione tra mito, fantasia, sogno e realtà nelle opere di Gauguin, ponendo l’accento sui temi chiave che ricorrono nella sua arte in diversi periodi, stili e luoghi. Infine, la sesta sezione evidenzierà la costante ricerca dell’artista di raggiungere un’arte più vicina alla vita e alla natura, lontana dalle costrizioni accademiche e indipendente dagli schemi del gusto dell’Europa “civilizzata”.
  


Mudec - Museo delle Culture
via Tortona 56, Milano
Orario: lunedì ore 14.30-19.30
martedì, mercoledì, venerdì, domenica ore 09.30-19.30
giovedì e sabato ore 9.30-22.30
Ingresso:
12,00 € Intero
10,00 € Ridotto
6,00 € Ridotto Gruppi Scuola
6,00 € Ridotto Speciale
3,00 € Scuola infanzia (3-6 anni)
dal 27/10/2015 al 21/2/2016


pubblica:





----------

LA LUCE NELL’ARTE. ESTETICA E MAIEUTICA NEI SENTIERI DEL VISIVO.







©Il sito dell’arte
Il 24 Ottobre è stata inaugurata presso la Pinacoteca “Michele de Napoli” la collettiva “Artisti in luce #4” curata da Francesco Sannicandro, una light experience che racchiude in nuce la storia di uno degli elementi fondamentali dell’arte. Basti pensare all’importanza del chiaroscuro o all’esaltazione luministica in Caravaggio e George de La Tour, al chiarismo impressionista o al convulso futurismo, fino a giungere, nel XXI secolo, alle sperimentazioni di Olafur Elliason, Dan Flavin, James Turrel e – in Italia – di Studio Azzurro, che hanno reso i raggi X , l’infrarosso e l’ultravioletto, il led e il neon parti integranti dell’opera artistica se non addirittura unici protagonisti. Peraltro, non va dimenticata la net-art che realizza opere con linguaggio di programmazione e software conservando l’intenzione artistico/estetica. Una lenta evoluzione della luce-strumento, artificio della visione, in luce-oggetto, protagonista della rappresentazione. Un cammino nel “sentiero del visivo” che ha spinto il teorico di digital media, Peter Lunenfeld, a parlare, per questo momento storico, non più di postmodernismo, ma di unimodernismo in cui i computer e le reti sociali online unificano, uniformano e universalizzano l’arte e la conoscenza, rischiando un livellamento preoccupante anche dal punto di vista emotivo. Come sottolinea Antonio Rollo, teorico dei nuovi media, prima di Duchamp e Einstein l’arte aveva come fine principale la mimesi della natura, attualmente, invece,essa vive un processo di ibridazione con la scienza che favorisce sempre più la comunicazione transculturale. La luce, espressione massima del punto d’incontro tra umano e divino, è alla base di contaminazioni artistiche. Il pittorialismo,ad esempio, è un movimento nato sul finire del XIX secolo per elevare il mezzo fotografico al pari della pittura. Grazie ad Alfred Stieglitz e alla rivista “Camera Work” (1903-1917) si avviano le più feconde riflessioni sul rapporto arte-fotografia e fotografia-modernità. Sul terreno comune della realtà e della creatività entrambe le forme artistiche cercano la propria dimensione. La rivoluzione tecnica della fotografia cambia la visione dell’opera d’arte e ne permette anche una maggiore diffusione, un’espressione non totalmente oggettiva, ma neanche soggettiva come la pittura, dove la cura maniacale del dettaglio – i paesaggi minuziosi di Venezia del Canaletto ne sono un chiaro esempio – lascia il posto ai dati sensoriali con l’impressionismo dando rilevanza alla luce e al colore approdando alla consapevolezza che riprodurre la realtà è ben diverso che comporre con essa. Gli avanguardisti, in fotografia così come in pittura, decidono di dare libero sfogo alla pura immaginazione spesso ispirati da fenomeni ottici, è il caso di artisti poliedrici come Luigi Veronesi e Franco Grignani. La scuola del Bauhaus fondata nel 1919 in Germania, alla quale si affiancano grandi nomi come Kandinskij e Moholy Nagy, e l’associazione Abstraction-Creation, fondata a Parigi nel 1931, contribuiscono notevolmente allo studio del rapporto tecnologia-cultura aprendosi alle sperimentazioni artistiche, tra cui la pittura in movimento, o espressionismo astratto, ispirando artisti e fotografi molto diversi fra loro come Aaron Siskind, Olivio Barbieri e Nino Migliori.   Dall’action painting deriva la light painting, la tecnica fotografica che permette di “dipingere” il soggetto controllando con maestria una sorgente luminosa. Il fascio di luce diventa un vero e proprio pennello, il risultato, dunque, non è dato dall’estemporaneità dello scatto – ogni realizzazione implica un tempo di posa variabile dai 10 ai 20 minuti – ma da un’esperienza multisensoriale in cui si salda l’incontro con le tecniche artistiche performative, prima fra tutte il teatro. Le prime notizie di illuminazione teatrale risalgono addirittura al periodo greco-romano, con l’utilizzo di torce e lampade ad olio, giungendo, con una lenta progressione, al Medioevo e al Rinascimento, quando vengono redatte la descrizione della macchina realizzata da Brunelleschi per la famosa rappresentazione vivente dell’Annunciazione e le memorie del Vasari in cui si parla di lumi coperti da protezioni in rame e di effetti speciali che riproducono lampi e arcobaleni. A differenza delle arti figurative, quelle performative quasi sempre si estrinsecano direttamente sotto l’occhio dell’osservatore per cui la luce accentua le sue funzionalità: orienta l’attenzione e attraverso l’utilizzo di quella calda o fredda scandisce i momenti della giornata o attiva fattori psicologici che associano alla prima tranquillità e alla seconda inquietudine. Una prova di quanta importanza rivesta la luce nel teatro è data già nel 1560 dai dialoghi di Leone de’ Sommi e dai trattati degli scenografi Serlio e Sabatini. Con la lampada a gas, utilizzata per la prima volta in America, a Filadelfia nel 1819 presso il Chestnut Street Opera House, si iniziò a regolare con più facilità l’intensità della luce, che non cambia più attraverso bruschi scatti, ma con passaggi graduali. Miglioramenti costanti che approdano alla vera rivoluzione: l’energia elettrica che per il suo alto costo potevano permettersi solo i grandi teatri. E Come poter parlare di luce senza parlare di cinema? L’arte performativa basata sull’illusione ottica di un’immagine in movimento. Nel cinema, differentemente dalla fotografia, il tempo di esposizione è fisso, non si può allungare, e questo dona ulteriore magia alla “settima arte”. La fortunata definizione è stata coniata dal critico cinematografico Ricciotto Canudo il quale evidenzia il suo potenziale di sintesi tra l’estensione dello spazio e la dimensione del tempo, un’arte plastica in movimento che grazie al ritmo della luce non rappresenta solo i fatti reali ma suggerisce emozioni e rievoca i sentimenti che avvolgono i fatti. L’autore cinematografico preferito da Truffaut, Nestor Almendros, parla di luci che tracciano diverse linee sullo schermo (orizzontali, verticali, diagonali, curve) e dell’importanza delle ombre in grado di produrre diverse sensazioni. Già Marinetti, nel suo “Manifesto della cinematografia futurista”, invita ad abbracciare la trasformazione sociale portata dalla tecnologia considerando il cinema la forma di espressione che riflette la velocità e l’energia dei tempi. Si racconta che il presidente Wilson, alla visione del film “Nascita di una nazione”di David Griffith (1915), abbia affermato: “E’ come scrivere la storia con la luce”. Ma chi più di tutti ,forse, è riuscito a restituire la potenza e la poesia dell’elemento luminoso è il regista Fellini in uno scritto privato portato in auge dall’amico scrittore Tonino Guerra: “La luce è la materia del film, quindi del cinema. La luce è ideologia, sentimento, colore, tono, profondità, atmosfera, racconto. La luce è ciò che aggiunge, che cancella, che riduce, che esalta, che arricchisce, sfuma, sottolinea, allude, che fa diventare credibile e accettabile il fantastico, il sogno, o, al contrario, rende fantastico il reale, dà miraggio alla quotidianità più grigia, aggiunge trasparenza, suggerisce tensioni, vibrazioni. La luce scava un volto, o lo leviga, crea espressione dove non c’è, dona intelligenza all’opacità, seduzione all’insipienza. La luce disegna l’eleganza di una figura, glorifica…”.
La mostra, attraversando le diverse forme di espressioni, crea un percorso immaginifico e quasi onirico fra concettuale e figurativo. Sacro e profano, materiali di riuso ed altri nobili e pregiati, luci fredde e luci calde, verticalismi rigidi e figure sinuose e compensatorie, oggetti di uso comune ed elementi fantastici si alternano senza contraddizioni, la dicotomia del vivere viene declinata in tutte le sue forme frammentandosi in una percezione multipla. La luce d’altronde ha un valore fortemente simbolico, con il suo potere maieutico e catartico è sempre antinomica e complementare al buio, è la metà perfetta del ciclico alternarsi di vita e morte, il simbolo della conoscenza etica ed estetica impossibile da raggiungere senza passare attraverso un traviamento speculare, un’ascesi che necessita della catabasi, una liberazione successiva alla schiavitù. Come scrive Alda Merini: “La bellezza non è che il disvelamento di una tenebra caduta e della luce che ne è venuta fuori”.
L’evento è organizzato da Comune di Terlizzi, Pinacoteca de Napoli in collaborazione con Il Sito dell’arte (media partner), Consiglio Regionale della Puglia, Teca del Mediterraneo, Museo della fotografia del Politecnico di Bari, Cacciatori D’Ombra con il patrocinio Club Unesco Bisceglie e Internation Year of Light 2015
Opere di
Dario Agrimi, Enzo Angiuoni, Dario Brevi, Luisa Bergamini, Antonia Bufi, Loredana Cacucciolo, Peppino Campanella, Raffaele Cappelluti, Domenico Carella, Gaetano Cariello, Pierluca Cetera, Daniela Chionna, Antonio Cicchelli, Angelo Cortese, Franco Cortese, Flavia D’Alessandro, Paolo De Santoli, Paolo Desario, Gianni De Serio, Antonio Di Rosa, Ninì Elia, Angelo Galatola, Antonio Giannini, Enzo Guaricci, Beppe Labianca, Nicola Liberatore, Vincenzo Mascoli, Giovanni Morgese, Massimo Nardi, Irene Petrafesa, Mario Pugliese, Antonio Rollo & Davide Di Donfrancesco, Anna Romanello, Bianca Roselli & Arcangelo Ambrosi, Massimo Ruiu, Francesco Sannicandro, Roberto Sibilano, Giulio Spagone, Arianna Spizzico, Claudia Venuto
Fotografie di
Pasquale Amendolagine, Mimmo Ciocia, Nello Coppola, Domenico Fioriello, Maurizio Gabbana, Mauro Ieva, Patrizia Ricco, Marco Sacco, Simone Sanchioni, Salvatore Simonetti.
Testi di
Carmelo Cipriani, Ilaria Teofilo
Conversazioni
Sabato, 7 novembre 2015 – La luce nel cinema nel teatro e nella fotografia – Interventi di Raffaello Fusaro, Vincent Longuemare, Pio Meledandri, Nicola Morisco. Presentazione del film “Idillio infranto”, regia di Nello Mauri, 1931. Restaurato a cura della Teca Del Mediterraneo e Cineteca Nazionale, progetto di Angelo Moroso D’Aragona e Mario Musumeci.
Sabato, 21 novembre 2015 – Per una storia della luce nell’arte e nella scienza – Interventi di Carmelo Cipriani, Francesco Picca e Antonio Rollo.
Coordinamento di Francesco Picca e Francesco Sannicandro.
La mostra sarà visitabile dal 24 Ottobre al 21 Novembre
Da martedì a sabato, ore 10-13 Venerdì e sabato, ore 16-19
Ilaria Teofilo

Ana Manso - André Romão. Sirena



La "Sirena" costituisce l'allegoria che, suadente e irresistibile, rievoca un modo di dialogare estraneo ad ogni criterio razionale, in un lavoro di corrispondenze tra i due artisti.


La Galleria Umberto Di Marino, è lieta di presentare, martedì 27 ottobre, un progetto speciale di Ana Manso e André Romão dal titolo Sirena.
Imbrigliato dalle squame di un pesce, il fascino della figura mitologica si esprime in una sensualità mai portata a compimento, ma prorompente dalla metà corpo umana, che sfugge agli abissi per affascinare i marinai con un canto incomprensibile e sublime allo stesso tempo.

La sirena costituisce l'allegoria che, suadente e irresistibile, rievoca un modo di dialogare estraneo ad ogni criterio razionale, in un lavoro di corrispondenze tra due artisti che mettono in comune un'attitudine più che una vera e propria direzione progettuale. L'indagine affonda tra le pieghe di ciò che è impossibile da raggiungere con il sapere, ma che può emergere solo dalla necessità di lasciarsi attraversare liberamente dal flusso dei pensieri e delle parole.

Sul ciglio del precipizio della ragione, laddove avviene il collasso del linguaggio, inizia una conversazione muta che si nutre del subconscio, in una fatale attrazione per il vuoto. Il nonsense, la gestualità automatica, il trionfo della dérive alimentano un potere creativo costituzionalmente e antropologicamente posto da sempre alle fondamenta dell'uomo e del suo essere sociale.

Ana Manso, a partire dal processo fortemente performativo che accompagna la genesi di tutti i suoi lavori, lascia tracce del suo passaggio in moti ondosi, che s'intrecciano con funi, legacci pronti a spezzarsi sotto la spinta primordiale dell'atto creativo. Il corpo si presagisce in sua assenza, l'artista diventa essa stessa sirena ammaliatrice per guidarci, attraverso labirinti di luce e colori, a sondare il mistero. Gli abissi della sua mente si schiudono mostrando forme ibride, figure oniriche provenienti da un altro mondo, lontano nel tempo, simile al brodo primigenio in cui si è formata la vita.
Dagli abissi vengono portate alla luce, contro i volumi plastici statuari dei corpi nudi, anche le conchiglie nelle foto di André Romão. Da sempre oggetto enigmatico, portatore di riferimenti sensuali per via delle sue spirali sinuose, immancabile in ogni collezione di mirabilia, ha assunto nel tempo significati iconografici trascendenti.

Un'indiana pellerossa del tutto posticcia fuma verso la telecamera, pronunciando un monologo dell'assurdo nel video. L'incipit prende le mosse dalla conferenza stampa in cui s'impone l'intervento di Gandalf Il Viola, rappresentante degli Indiani metropolitani, al fianco di un giovane D'Alema. Poi il flusso delle parole subisce un processo di iper-sensualizzazione che affascina, pur eludendo ogni significato compiuto, tanto da perderne il filo, interrotto sempre più incessantemente dai dettagli del Boxing ring sofa disegnato da Masanori Umeda per Memphis Milano (1984). L'ala creativa del Movimento del '77, che ha introdotto in Italia il freak, predicava la libertà da qualunque limite imposto dal corpo o dalla società: un'emancipazione partita da nuovi processi di creazione di un contesto sociale, in cui l'attacco al potere costituito passava innanzitutto dal sabotaggio dei codici linguistici e culturali tradizionali.
Così la sirena assume diverse forme estetiche, sociali, politiche, ma porta sempre con sé la carica rinnovatrice che segue al seducente abbandono al disorientamento.

Inaugurazione 27 ottobre ore 19

Galleria Umberto Di Marino
via Alabardieri, 1 Napoli
lun-sab 15-20 o su appuntamento
ingresso libero


ANA MANSO - ANDRE ROMAO
dal 27/10/2015 al 2/12/2015


pubblica:

lunedì 26 ottobre 2015

Paloma Varga Weisz



Con un'iconografia tipicamente postmoderna che mescola pittura rinascimentale e simbolismo tedeschi, riferimenti psicanalitici e una forte fascinazione per il corpo umano Weisz crea conturbanti e poetiche installazioni.


a cura di Marianna Vecellio

Il Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea sta attualmente organizzando la prima mostra personale in un museo italiano dell’artista Paloma Varga Weisz.

Nata a Neustadt an der Weinstrasse nel 1966, Varga Weisz vive e lavora a Düsseldorf, in Germania.

Attraverso un’iconografia tipicamente postmoderna che mescola pittura rinascimentale e simbolismo tedeschi, riferimenti psicanalitici e una forte fascinazione per il corpo umano – soprattutto femminile – Varga Weisz crea complesse e poetiche installazioni capaci di condurre lo spettatore in una dimensione a tratti conturbante, a tratti contemplativa, a metà tra sogno e realtà.

Curata da Marianna Vecellio a stretto contatto con l’artista, la mostra è la prima personale dedicatale da un museo in Italia e si compone di un’ampia selezione di lavori, da quelli giovanili a una più recente produzione, capace di restituire la complessità della ricerca formale e iconografica affrontata da Varga Weisz nel suo percorso artistico.

Il particolare uso di tecniche desuete, come l’intarsio nel legno – appreso dal 1987 al 1990 alla Schulen für Holz und Gestaltung des Bezirks Oberbayern in Bavaria - connota il lavoro di una componente simbolica a proposito della quale l’artista racconta: “Intagliare è molto duro: è come sbucciare una mela di legno a cui non puoi correggere gli errori. Richiede grande sforzo fisico d’immaginazione e concentrazione”.

Dal punto di vista iconografico il lavoro di Varga Weisz richiama molta tradizione artistica pittorica e scultorea tedesca soprattutto rinascimentale: si riconoscono le citazioni tratte da Matthias Grünewald, Hans Holbein e soprattutto da Lucas Cranach il Vecchio, visibili nella morbida resa dei corpi di alcune piccole sculture lignee come Haarige Frau, 1999/2000, negli ovali e negli occhi sottili di alcune teste scolpite, come Doppelkopffrau, 1999/2000, e nell’espressiva eleganza di alcuni volti, Birth, 2014. Ma se nel lavoro di Varga Weisz l’intaglio è innanzitutto operazione, ferita e rimozione, la citazione diventa rievocazione del rimosso, e le complesse installazioni diventano luogo per la riemersione di episodi personali di vissuto. Nelle installazioni compaiono alcune memorie ricorrenti, un uomo dolorante coperto di piaghe, il cane che l’artista possedeva da bambina, i primi conflitti, la maternità e i figli, ma soprattutto il padre Ferenc Varga, figura centrale nel lavoro dell’artista e a cui dedica uno dei suoi primissimi lavori, il film Deux artists, 1986 e un più recente ritratto in ceramica, Vater, jung, 2012.

Sono inoltre presenti alcune imponenti installazioni come Kampfhund, 2002 e Waldfrau, 2001.

Ufficio Stampa
Silvano Bertalot – Manuela Vasco T +39.011.9565209 - 211, C +39.3387865367

Inaugurazione: lunedì 26 ottobre, 2015 ore 19

Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea
piazza Mafalda di Savoia - 10098 Rivoli (TO)
Orario d’apertura
da martedì a venerdì: 10.00 – 17.00
sabato e domenica: 10.00 – 19.00
24 e 31 dicembre: 10.00 – 17.00
lunedì chiuso, chiuso 1 gennaio e 25 dicembre
La Biglietteria chiude 15 minuti prima della chiusura del Museo.
Ingresso
Biglietto d’ingresso unico: 6,50 euro
Ridotto: 4,50 euro per ragazzi 11-14 anni, pensionati, insegnanti, studenti, militari, associazioni culturali ed enti convenzionati, possessori della Pyou Card (giovani tra i 15 e 29 anni)
Gratuito per i minori di 11 anni, per i disabili e accompagnatori.

PALOMA VARGA WEISZ
dal 26/10/2015 al 10/1/2016

pubblica:

Michelangelo Antonioni Pittore



La Galleria 28 Piazza di Pietra presenta dal 30 ottobre 2015 al 29 febbraio 2016 la mostra “Michelangelo Antonioni Pittore”. Una mostra curata dalla moglie del Maestro Enrica Antonioni e da Francesca Anfosso. In esposizione i quadri di Michelangelo Antonioni, premio Oscar alla carriera oltre che vincitore di tutti i principali premi della cinematografia internazionale. Si tratta della prima volta in cui le opere pittoriche di Antonioni vengono esposte in una Galleria d’arte.


Michelangelo è pittore.
Certo che è un pittore. Ha sempre dipinto, ha sempre guardato come un pittore, ha guardato i colori, colto le sfumature, la bellezza dei paesaggi e dei volti, dei muri e della luce rarefatta, si è soffermato a gioire dell'armonia degli alberi fioriti o delle dune del deserto, ha ammirato l'estro nelle tele dei più grandi artisti, ma quello che ha guardato più di tutto è stato l'uomo che guarda, che dispone, che medita, come è scritto in una lettera di Giorgio Morandi a lui indirizzata. Per questo credo sia diventato regista, perchè la curiosità di scoprire i sentimenti era più forte di tutto.
Questo è stato il suo compito, scavare nell'animo umano, a costo di incontrare una grande sofferenza. L'impegno che ha messo nel cinema è stato lo stesso che ha messo nella vita. Ha seguito una caparbia volontà di voler capire, di voler capire tutto.
E io credo che alla fine ci sia arrivato a capire tutto. Avvolto nel suo morbido scialle color rosso fuoco, alla sua tarda età, il suo sguardo sapeva andare molto lontano e sapeva adagiarsi gentile sui colori delle sue ultime tele, finalmente libero, libero di giocare nella forma e nello spazio, nel colore puro o composto sapientemente, nella condizione che lo rendeva felice, quella astratta.
Dipingere per lui era una gran gioia. I momenti dedicati alla pittura sembravano liberi dal tormento che il cinema poteva dargli, insieme alla soddisfazione di saper fare il mestiere che amava di più, ma che lo metteva sempre alla prova.
Nei suoi ultimi anni, dal 2001, ha deciso di dedicare alla pittura tutto il tempo che gli rimaneva.
Era al suo tavolo di lavoro tutto il giorno e tutti i giorni, assorbito nel colore, nella forma, nel silenzio, nella quiete del suo respiro. L'eleganza dei suoi gesti era disarmante, come sempre.
La sua casa, la nostra casa si è riempita di colori e di improvvisa giovinezza. Invece di invecchiare sembrava affrontare il viaggio verso la morte immerso nella bellezza, quando dipingeva l'aria intorno a lui diventava leggera e sembrava che tutto quello che aveva imparato, osservato, letto, capito, si potesse disporre in un rosso, in un verde, nell'accostamento di molti colori, a volte mischiati e cercati per ore. Lui che stava perdendo la vista si è lasciato riempire le pupille di luce colorata e ha raffinato sempre di più il suo sguardo, per riuscire a vedere meglio quasi come con un senso superiore. Come quando una volta siamo usciti dal Prado, dopo essere stati giorni davanti a Velasquez, mi ha detto 'ora vedo in modo completamente diverso'.
La pittura che ha guardato lo ha sempre influenzato. La bellezza e l'eleganza lo hanno strutturato, cominciando dalla sua città, Ferrara. Per capire veramente Antonioni bisogna andare a Ferrara, la notte, con la nebbia o al tramonto per gustare il colore caldo dei muri di cotto sempre coperti da un velo di grigio. Nelle piazze di Ferrara si trova la pittura che ha voluto ricreare nei suoi fotogrammi. Le piazze vuote, il deserto dei sentimenti, il rumore dei passi di camminate solitarie, percorsi vuoti all'interno di sé stessi. Il De chirico che si rivela a Ferrara era anche appeso alle pareti della sua casa romana, insieme a Morandi, a Bacon a Balla, Feininger, Baumeister. Una discreta collezione.
Il bianco e nero dei suoi film era costruito per essere infinitamente ricco di sfumature, composto da centinaia di grigi. Una fotografia pastosa che rendeva i volti di pelle di pesca, gli abiti fruscianti nelle loro pieghe. Aveva il gusto di una ricerca della fotografia nitida, quasi come la percezione dell'occhio, studiata con i più grandi maestri, quelli che hanno insegnato a tutti. Con loro, Gianni di Venanzo, Enzo Serafin, Michelangelo ha conosciuto le scale dei grigi e la ricchezza della luce.
Poi è venuto il momento di cedere al colore, di allontanarsi dalla nebbia, anzi di raccontarla con un occhio più distaccato. Si doveva preparare a raccontare le percezioni della sua natura più adulta, quella dell'uomo che sa stare nel deserto, o solo in una stanza deserta, di un uomo che non vuole appartenere a nessuna città, a nessun paese, per poter raccontare lucidamente di ogni cosa che vede.
Con Il deserto rosso si è veramente affermato pittore. Ha letteralmente dipinto i suoi set, i fotogrammi sono diventati tele. I colori esprimono i sentimenti, ancora di più della posizione della macchina da presa. L'angoscia è grigia, l'amore è rosa. Sembra così semplice, ma è grigia anche la faccia di chi vende la frutta su un carretto anch'esso grigio, in una strada tutta grigia. Poi negli interni, col pretesto di raccontare le impressioni di un personaggio psicopatico, si concede a dipingere le pareti nella ricerca dei blu, dei viola, i verdi. Esprime la sua voglia di essere pittore. Come Rothko che aveva visitato nel suo studio a New York nel 1962, per l'uscita de L'Eclisse.
Raramente Michelangelo riconosceva una grandezza negli artisti suoi contemporanei, invece considerava i quadri di Rothko superbi. Gli scriveva del quadro N.19, esposto alla mostra di Roma nel 1962: quest'opera è di una purezza e di una forza fenomenali, c'è tutto l'accaio di New York nel colore del quadrato superiore, così isolato dal fondo scuro: ti dà il panico, un panico cosmico. Questa è l'angoscia dipinta. Straordinario.
E ancora, in un'altra lettera. Caro Rothko, io e lei facciamo lo stesso mestiere: lei dipinge e io filmo il niente.
E' stato quel dipingere il niente che lo rendeva felice. Solo immerso nel colore ha creato superfici che potevano parlare il suo linguaggio, di nuovo trovare un'armonia, un canto senza parole.

Enrica Antonioni
La Castellina, 17 Agosto 2015



pubblica:

Made in Loco. La Ceramica di Grottaglie e Laterza tra tradizione e innovazione



LOCATING LATERZA | segnali d’arte Mostra dell’artista in “residenza” Jasmine Pignatelli LATERZA (TA) - Palazzo Marchesale – “la Cavallerizza” Martedì 27 ottobre ore 18:30

Si inaugura martedì 27 ottobre alle ore 18,30 a Laterza presso la Cavallerizza del Palazzo Marchesale, la seconda delle Mostre finali del progetto “Made in Loco” giunto alla terza edizione regionale ed alla seconda per Laterza. Il progetto del Segretariato Regionale MiBACT per la Puglia, a titolarità Regione Puglia, è stato finanziato con fondi POIn (Programma Operativo Interregionale FESR PUGLIA 2007-2013 “Attrattori culturali, naturali e turismo” – Asse II Linea di intervento II 2.1 – Intervento a titolarità regionale “Immateriale e valorizzazione turistica del territorio”. Attività 2) con la collaborazione del Comune di Laterza e del Liceo Artistico “G.B. Vico”. Ripetendo il format di successo delle passate edizioni, l’artista Jasmine Pignatelli, selezionata attraverso un bando pubblico, nel suo periodo di un mese a Laterza ha incontrato gli artigiani delle botteghe ed ha realizzato workshop e seminari con gli studenti del Liceo “G.B. Vico”. In mostra i lavori realizzati in residenza, che entreranno a far parte della collezione fissa del nascente Museo della Ceramica di Laterza, oltre a video, istallazioni ed immagini che illustrano nelle fasi di realizzazione, il progetto. È prevista all’inaugurazione la presenza dell’Assessore all’Industria Turistica e Culturale della Regione Puglia, Loredana Capone; del Sindaco di Laterza Gianfranco Lopane del Segretario regionale del MiBACT Eugenia Vantaggiato e del Dirigente Scolastico Iole De Marco. Durante il periodo della Mostra, che resterà aperta fino al 30 ottobre sono previste le seguenti manifestazioni nel Palazzo Marchesale: 28 ottobre mercoledì ore 11:00 - presentazione swipe story - Vito Santacesarea 29 ottobre giovedì ore 11:00 – Ceramiche datate dal XVIII al XIX secolo a Grottaglie e Laterza - Eugenio Scandale, Gioacchino Tempesta

LOCATING LATERZA | segnali d’arte di Jasmine Pignatelli LOCATING LATERZA è un intervento di Street Art che prevede l’installazione delle coordinate geografiche di Laterza tradotte in linguaggio MORSE e integra scultura, trasmissione del segnale CW e video. Protagonisti dell’intervento sono i PUNTI e le LINEE realizzati in ceramica, ovvero MODULI intesi come sintesi estrema del segno ma anche del linguaggio. È un progetto di riappropriazione civile, sociale e culturale del luoghi, un diverso modo di abitare lo spazio e si pone come strumento di connessione tra mondi e persone.

40° 38’ 0” N /16° 48’ 0” E sono le cifre delle coordinate geografiche di Laterza e che in questo intervento la ricollocano al centro di un sistema di misurazione e posizionamento globale, non solo fisicamente e geograficamente, ma anche al centro di un evento artistico. È la ricerca di un nuovo valore cosmico del luogo, di un nuovo ordine che si riorganizza intorno al segno artistico espresso dalle grafie che compongono il Codice Morse, internazionalmente riconosciuto e storicamente utilizzato per inviare segnali, per creare connessioni e per comunicare. PUNTI e LINEE sono elementi compositivi che generano LINGUAGGIO e NUMERI ma anche SEGNI ARTISTICI nello spazio.

LOCATING LATERZA esprime un sentimento corale e di partecipazione di una comunità di individui che definiscono la propria presenza in un determinato “esatto luogo”, misurabile, punto concreto nello spazio conosciuto e oltre. Definire il proprio posto attraverso un segnale artistico che afferma la presenza “qui e ora” è un gesto di partecipazione creativa e sociale. Un’opera video realizzata da Jasmine Pignatelli con il contributo di Angelo Mottola dal titolo ACROSS THE UNIVERSE accompagna l’intervento. Una sequenza di suoni e codici Morse si fonde e si combina con le lettere dell’alfabeto recitate come in un canto mantra. Con la partecipazione dell'Associazione Radioamatori Italiani, Sezione "A. Quaranta, I7DQX" Taranto, sarà allestita una stazione Radioamatoriale grazie alla quale sarà trasmesso in Telegrafia il "locator" ovvero le Coordinate di Laterza sulle frequenze preposte all'attività di Radioamatore, la stazione opererà in HF con il nominativo IQ7TA. Dettagli ed informazioni sulla performance della trasmissione sono disponibili sul sito www.aritaranto.it.

Jasmine Pignatelli
Nata in Canada nel 1968, vive tra Bari e Roma. È impegnata in un personale e convinto percorso artistico nella scultura con una vocazione particolare alla ceramica. Ha all’attivo diverse mostre collettive e personali non ultima la partecipazione alla mostra “La Scultura Ceramica Contemporanea in Italia” presso la GNAM, Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma. Dopo il liceo artistico a Bari e la laurea in Architettura al Politecnico di Milano, si avvicina all’arte contemporanea con un approccio storico-critico collaborando per diversi anni con numerose gallerie d’arte e riviste del settore. Al lavoro di artista affianca quello di art player come promotrice di eventi e mostre.


pubblica:

domenica 25 ottobre 2015

RESURRECTIO/fragments tracce dell’immemorabile


 
RESURRECTIO/fragments

tracce dell’immemorabile

 
Vernissage 31 ottobre 2015 ore 18:00

Dal 31 ottobre al 30 novembre 2015

 
Comunicato stampa

 

Negli spazi della Unusual Art Gallery di Caserta, con inaugurazione il 31 ottobre alle ore 18, 14 artisti  espongono in RESURRECTIO/fragments - tracce dell’immemorabile, una mostra che si articola come una istallazione di risonanze tra linguaggi dell’eccedenza memoriale dell’arte. Le pluralità delle esperienze espressive si incrociano in una relazione di alterità, dove il differente è il riflesso dell’opera critica del linguaggio. Il linguaggio si snoda fino alla “devianza” di una “memoria dimenticata”. Nello sprofondamento dell’abisso “concettuale” affiora risorgendo nelle manifestazioni ri-velatrici e segrete del tempo esposto nei dispositivi spazio-immaginali dell’arte. Nata da un “Laboratorio di esposizione dell’arte” svolto nel 2014 tra i percorsi di superficie e sotterranei dell’Abbazia di San Pietro a Ruoti in Bucine (Arezzo), “RESURRECTIO - tracce dell’immemorabile”, nella esposizione di Caserta si compone attraverso le opere  degli artisti Giovanni Alfano, Francesca Capasso, Franco Cipriano, Antonio Davide,  Oppy De Bernardo, Adelaide Di Nunzio, Salvatore Manzi, MaraM, Pier Paolo Patti, Ivan Piano, Saffronkeira, Luisa Terminiello, Salvatore Vitagliano, Ciro Vitale.

 

Ideato e curato da ARTLANTE studi e iniziative per l’arte contemporanea e da Di.St.Urb. distretto di studi e relazioni urbane, l’evento è un allestimento performativo, dove il tempo di costruzione è tempo di epifanie di senso, di relazionalità ambientale e poietica delle opere. Un itinerario di rivelazioni, tra apparizioni e risonanze - nella circolarità d’immagini, forme, gesti, suoni, scritture, voci e materie - compone un palinsesto di accadimenti nei quali si rappresenta come spazialità del pensiero la trama “polifonica” del gesto artistico; al contempo si attraversa l'ordito invisibile, segreto, delle ombre e degli echi che ne attraversano il senso. Come “stazioni” o “capitoli” avviene una “opera comune” di singolarità che si annodano in un tessuto di mutamenti e analogie, contrasti ed evocazioni, nell’estrema memoria dell’arte dove il linguaggio può intercettare le tonalità dell’immemorabile. 


 

Unusual Art Gallery

Via Maielli 45, 81100 Caserta

Info: 3663865889 – 3343065263 | suelidemico@gmail.com

Orari di apertura: tutti i giorni dalle 17:00 alle 20:00
 
pubblica:
Massimo Nardi

Annalaura di Luggo. Occh-Io (Eye-I) One day Show and Shooting


Attraverso una prima conoscenza verbale, l'artista si appropria e dona l'anima altrui, fotografando l'iride.

Ho passato la vita a guardare negli occhi della gente, è l’unico luogo del corpo dove forse esiste ancora un’anima.
(José Saramago)

La citazione di Saramago, riassume perfettamente il lavoro artistico di Annalaura di Luggo, una ricerca ed una cura costante della propria Anima!

Abbiamo poco tempo per parlare, per abbracciarsi, figuriamoci se riusciamo a trovare il tempo per guardarci negli occhi. E forse non è solo una questione di tempo. Guardare una persona negli occhi intensamente è come abbassare le proprie difese e penetrare nell’anima di chi stiamo osservando. Può essere molto più intimo di un abbraccio o di un bacio e forse proprio per questo motivo spesso fuggiamo dallo sguardo, non riusciamo a sostenerlo per più di pochi attimi.

Gli occhi, si sa, sono lo specchio dell’anima ed è difficile sia mostrare la propria che voler vedere quella altrui. Gli occhi infatti non mentono e rivelano davvero noi stessi, cosa stiamo pensando, le emozioni che stiamo provando. Abituati ad indossare maschere diverse a seconda della persona che abbiamo difronte, ci troviamo in seria difficoltà a sostenere lo sguardo, vero rivelatore del nostro Io. Cosa ci insegna tutto ciò? Che le relazioni possono migliorare e che si può ritrovare anche un’intensità perduta.

Attraverso una prima conoscenza verbale, l’artista si appropria e dona l’anima altrui, fotografando l’iride. Con una macchina fotografica appositamente da lei modificata, che non ha nulla di strumentazione tecnologica, Annalaura riesce a ritrarre l’anima e consente a tutti di poter oltrepassare le maschere che immancabilmente si costruiscono, per imbrogliare se stessi.

Ma soffermare il nostro sguardo sulle fotografie dell’iride ha un effetto meraviglioso e raro in un opera d’arte: stimola visioni e l’essere umano ha fortemente bisogno di vedere oltre!

Per orientarsi in questo mondo caotico, frammentario, complesso, bisogna essere dei visionari. Ovvero, vedere al di là delle apparenze e persino della realtà stessa. Ci serve un vedere attraverso, oltre, ma anche uno stravedere, un vedere troppo, nonostante i suoi rischi. Solo così si può cercare di riconoscere un ordine – superiore, inferiore o entrambe le cose non importa – nel mondo che ci circonda, in cui pensieri, parole, oggetti si sommano e si sovrappongono in un caos mentale e visivo incredibile.

Annalaura svela una funzione emotiva nuova della nostra iride e gliene siamo grati!

Annalaura di Luggo (1970) è nata a Napoli dove vive e lavora; ha già esposto a Milano presso la sede del Monte Paschi di Siena e presso la Fondazione Stelline. Sarà presente a Torino presso la Fiera d’arte contemporanea : The Others Fair dal 5 all’ 8 novembre dove presenterà l’installazione “Never give up” (foto e video) frutto di un incontro performativo con dieci detenuti del Carcere Minorile di Nisida.

Inaugurazione 25 ottobre ore 11

The Format - Contemporary Culture Gallery
via Giovanni Enrico Pestalozzi, 10 (Int. 32) Milano
ingresso libero


pubblica:

Milano per Dante



100 voci per 100 canti. 100 lettori si alterneranno sul palco, per 7-8 minuti ciascuno, il tempo di leggere un canto, mentre alle loro spalle i versi di Dante scorrono a video.

a cura di Alberto Cristofori

100 milanesi leggono i 100 canti della Divina Commedia.
Da Camilla Baresani a Gianni Canova, da Eva Cantarella a Nando Dalla Chiesa, dai Legnanesi a Salvatore Natoli, da Maurizio Nichetti a Aldo Nove, da Walter Siti a Ferruccio Soleri, da Mirko Volpi a Luigi Zoja.

Nel 750esimo anniversario della nascita del suo autore, la Divina Commedia esce dalle aule scolastiche e dagli ambienti accademici e fa sentire la sua voce in un luogo – 10 Corso Como a Milano – che concentra in sé i diversi volti della città: dal “paradiso” della moda e dell’arte ai locali dell’happy hour e della gastronomia più raffinata, ai chiaroscuri della movida notturna.

Milano per Dante. 100 voci per 100 canti è un evento ideato da Alberto Cristofori, che coinvolge 100 persone legate alla città di Milano, per nascita o per adozione, e rappresentative della sua cultura, intesa nell’accezione più ampia del termine: scrittori, poeti, artisti, musicisti, attori, scienziati, filosofi, librai.
Milano per Dante nasce dalla collaborazione con l’Associazione Progetto Fior di Loto Onlus, impegnata da anni nell’aiuto alle bambine di Calcutta, e con 10 Corso Como.

Domenica 25 ottobre dalle 10.30 del mattino fino a notte fonda, 100 lettori si alterneranno sul palco, per 7/8 minuti ciascuno, il tempo di leggere un canto, mentre alle loro spalle i versi di Dante scorrono a video.

Lo spazio di 10 Corso Como è nello stesso tempo intimo, quale richiede l’attività di lettura ad alta voce, e aperto: è previsto che il pubblico arrivi, si fermi, si allontani, ritorni, e possa alternare l’ascolto ad altre attività – la libreria, il negozio, il ristorante e la galleria che resteranno aperti per tutta la giornata.

Con il patrocinio di Commissione Europea, Fondazione Cariplo, ARCI Milano, Circolo dei Lettori di Milano diretto da Laura Lepri e Fondazione Adolfo Pini, un grande coro di voci, una varietà di intonazioni e di personaggi, che contribuirà ad avvicinare la Divina Commedia al pubblico più vario, promuovendo un simbolo della cultura italiana ed esaltando una città sempre in fermento.

Perché Dante? Perché, ancora una volta, Dante e la Commedia, dopo i grandi successi delle letture di Sermonti e di Benigni?
Perché leggere la Divina Commedia, coinvolgendo attivamente gli intellettuali milanesi di ogni formazione, è un modo per riaffermare il valore della cultura. Non si tratta solo di riscoprire un grande classico e un capolavoro della poesia mondiale. Si tratta di ribadire che l’esistenza umana, per potersi davvero definire umana, non si può ridurre ai bisogni materiali: la nostra natura, il nostro Dna, ci spinge a cercare “virtute e canoscenza”, cioè una dimensione spirituale, estetica, umana.

I lettori
Ecco l’elenco di coloro che prenderanno parte alla giornata del 25 ottobre leggendo un canto della Divina Commedia:

Chiara Allegra, insegnante
Alessandra Appiano, scrittrice
Erica Arosio, giornalista e scrittrice
Luca Azzollini, dirigente scolastico
Marco Balzano, scrittore
Camilla Baresani, scrittrice
Daniela Basilico, giornalista
Daniele Biacchessi, conduttore radiofonico
Noemi Bigarella, attrice e regista
Caterina Bonvicini, scrittrice
Elisabetta Bucciarelli, scrittrice
Paola Calvetti, scrittrice
Gianni Canova, critico cinematografico
Eva Cantarella, docente e saggista
Paola Capriolo, scrittrice e traduttrice
Federica Carra, attrice
Marco Cassardo, scrittore
Francesco Maria Cataluccio, saggista
Biagio Cepollaro, poeta
Mauro Cerana, Libreria Feltrinelli
Umberto Ceriani, attore
Gino Cervi, editor
Cecilia Chailly, arpista
Riccardo Chiaberge, giornalista
Stefano Chiodaroli, attore
Compagnia dei Lettori
Riccardo Crespi, gallerista
Gabriele Dadati, editor
Nando Dalla Chiesa, presidente di “Libera”
Daniela Dawan, avvocato e scrittrice
Giuseppe Di Piazza, giornalista e fotografo
Gioele Dix, attore
Luca Doninelli, scrittore
Giusi Drago, poetessa
Giulia Faggioni, attrice
Paolo Federici e Tiziana Vimercati, imprenditori
Massimiliano Finazzer Flory, regista e attore
Damiano Fiorella, cantautore
Alberto Fortis, cantautore
Mario Furlan, presidente dei City Angels
Garbo (Renato Abate), cantautore
Barbara Garlaschelli, scrittrice
Giuseppe Genna, scrittore
Elena Kostioukovitch, traduttrice e scrittrice
Vivian Lamarque, poetessa
Francesca Lancini, scrittrice
Laura Lepri, editor
Gaetano Liguori, musicista
Mimmo Lombezzi, giornalista
Mario Luzzatto Fegiz, critico musicale
Marco Maccarini, presentatore radiotelevisivo
Giorgio Maimone, giornalista e scrittore
Marina Mander, scrittrice
Beatrice Masini, scrittrice e traduttrice
Laura Mazzeri, memorialista
Leonardo Merlini, critico letterario
Elisabetta Miari, producer e scrittrice
Marina Migliavacca Marazza, scrittrice e giornalista
Luigi Mignacco, fumettista e sceneggiatore
Candida Morvillo, giornalista
Roberto Mussapi, poeta
Francesco Napoli, editor
Salvatore Natoli, filosofo
Maurizio Nichetti, attore e regista
Pierpaolo Nizzola, attore
Aldo Nove, scrittore e poeta
Pier Luigi Panza, scrittore e saggista
Paolo Pasi, giornalista televisivo e scrittore
Alberto Patrucco, attore
Disma Pestalozza, presentatore radiofonico
Gustavo Pietropolli Charmet, psicologo
Bianca Pitzorno, scrittrice
Bruno Pizzul, giornalista sportivo
Michele Porzio, poeta
Anna Prejanò, redattrice
Quirino Principe, musicologo
Provasio, Dalceri e Campisi, “I Legnanesi”
Silvio Raffo, poeta e traduttore
Antonella Ranaldi, soprintendente Belle Arti
Gianni Rizzoni, ideatore Agenda Dantesca
Massimo Sabet, attore e insegnante
Matteo Sartori, scrittore
Melina Scalise e Francesco Tadini, fondatori dello Spazio Tadini
Fulvio Scaparro, psicoterapeuta e scrittore
Francesca Scotti, scrittrice
Raffaella Silvestri, scrittrice
Walter Siti, scrittore
Ferruccio Soleri, attore
Lina Sotis, giornalista
Michele Spinicci, studente
Cecilia Strada, presidente di Emergency
Mara Terzi, ballerina e coreografa
Maurizio Torchio, scrittore
Pier Giuseppe Torrani, presidente Airc
Francesco Tricarico, cantautore
Gianni Turchetta, docente universitario
Federico Valera, Libreria Baravaj
Francesca Vecchioni, presidente di Diversity
Andrea Villani, scrittore
Mirko Volpi, saggista e studioso di Dante
Alessandro Zaccuri, scrittore e giornalista
Luigi Zoja, psicoanalista
Stefano Zurlo, giornalista e scrittore

Gli organizzatori

Milano Per Dante è un progetto senza scopo di lucro di Alberto Cristofori. Nato a Milano, dove si è diplomato in pianoforte e laureato in Lettere, dal 1991 lavora come consulente editoriale ed è autore di vari manuali scolastici. Ha tradotto fra gli altri Q. Tarantino, P. McGrath, W. Soyinka, D. Winslow, P.K. Dick, A. de Saint-Exupéry, L. Buñuel. Nel 2013 ha pubblicato il romanzo Ultimo viaggio di Odoardo Bevilacqua (Bompiani), che ha vinto il premio Comisso. Nel 2014 ha partecipato come editor alla trasmissione Masterpiece (Rai3), il primo talent letterario in Italia.

Progetto Fior di Loto Onlus è una piccola associazione costituita nel 2005 ad opera di un gruppo di volontari apartitici e indipendenti, con l’intento di promuovere attività umanitaria e di sostegno in favore dell’infanzia abbandonata e di comunità bisognose residenti in aree molto povere del mondo. Nel 2006 è stato realizzato un primo progetto che prevedeva la costruzione e la gestione di un orfanotrofio a Calcutta in India. Più recentemente è stato attivato un secondo progetto finalizzato al mantenimento di circa 45 bambine ospiti in una casa-ostello in un villaggio rurale del Bengala occidentale.www.progettofiordiloto.it

10 Corso Como, fondato nel 1991 da Carla Sozzani, si trova all’interno del cortile di un tradizionale palazzo milanese in Corso Como al numero 10. Somma di luoghi in successione ed integrati: la galleria d’arte e fotografia, la libreria, lo spazio per la moda e il design, un ristorante, un caffè, un giardino e il 3 Rooms hotel, 10 Corso Como integra la funzione commerciale con quella sociale e culturale.

Domenica 25 ottobre dalle 10.30

Galleria Carla Sozzani
corso Como, 10 Milano
ingresso libero


pubblica:

sabato 24 ottobre 2015

SEMEIA



Mostra di Incisioni

28 ottobre - 13 novembre 2015
Salone degli Affreschi Palazzo Ateneo
Università degli Studi di Bari Aldo Moro

A cura dell’Accademia di Belle Arti di Bari
In collaborazione con il Laboratorio per la Ricerca Visuale sul Paesaggio del Dipartimento di Scienze Agro-Ambientali e Territoriali dell’Università degli Studi di Bari (DISAAT)

Inaugurazione : 28 ottobre 2015 ore 17,00
La mostra resterà aperta dal lunedì al venerdì
dalle 9,00 alle 18,30 con ultimo ingresso alle 18,00

Info e contatti 347.18.20.668 - 380.36.88.985 giovanni.deserio@libero.it

Mercoledì 28 ottobre alle ore 17 nel Salone degli Affreschi del Palazzo Ateneo Università degli Studi Bari si inaugura la mostra di incisioni Semeia.
La mostra propone, attraverso l’esposizione di oltre 40 opere, nuovi dialoghi tra riflessione e critica, delle ricerche degli studenti di una delle due cattedre di Grafica d’Arte dell’Accademia di Belle Arti di Bari. Con loro espongono allievi dell’Accademia di Belle Arti di Roma e i maestri V. Cotugno e A. Pagliarulo. Vengono messi a confronto giovani artisti che, pur nella varietà e diversità, sono accomunati dalla ricerca, tesi a guardare al futuro per meglio conservare la tradizione nell’innovazione. Questi artisti del segno ripercorrono tecniche e linguaggi del passato con nuovo e vivo interesse, sollecitati da una importante energia di sperimentazione e gusto della contaminazione che consente che le linee, le ombre, le macchie, i neri, i grigi, i bianchi, gli inchiostri, i tempi di morsura, i solchi, i segni di ognuna di queste incisioni, sia segnale vivo di una rinnovata visione dell’opera grafica. Il percorso espositivo ci restituisce così il fascino della manualità e il tempo della riflessione che si rivela attento alle spinte del linguaggio contemporaneo. Repertori diversi che sottolineano la costante ricerca della forza dell’immagine attraverso il disegno, base sostanziale e imprescindibile della creatività figurativa.

Espongono i Maestri: Vito Cotugno, Angelo Pagliarulo.
I Cultori della materia: Valentina Bianco, Mariangela Cassano,
Gianni De Serio, Maurizio Carmine Muolo.
Gli allievi: Cosima Acquaviva, Mauro Altamura, Cosimo Argentiero, Federica Bevilacqua, Valerio Bevilacqua, Mauro De Candia,
Antonio Giovane, Lucia Lacirignola, Pasquale Magarelli, Michela Palmieri, Maria Zvaric, Teresa Benedetta Caroleo, Luis Alberto Cutrone,
Cristina Piciacchia, Izumi Toyoda, Li Ke.

Cura organizzativa: Proff. Vito Cotugno, Angelo Pagliarulo
Cultori della materia: Mariangela Cassano, Gianni De Serio

Testo critico: Giustina Coda

Interventi:
Prof. Antonio Felice Uricchio Rettore Università degli Studi di Bari Aldo Moro
Avv. Giancarlo Di Paola Presidente Accademia di Belle Arti di Bari
Prof. Giuseppe Sylos Labini Direttore Accademia di Belle Arti di Bari
Prof. Giacomo Scarascia Mugnozza Direttore del Dipartimento di Scienze agro-ambientali e territoriali
Dr. Enrico Liano Responsabile del Laboratorio Ri.Vi.Pa. e Responsabile del Laboratorio RRATAF


pubblica:

Andy Warhol



La mostra si propone di mettere in evidenza i legami con la storia e gli influssi sulle generazioni successive, continuando l'approfondimento sulle figure piu' rilevanti della storia dell'arte.

La Galleria d'Arte Maggiore G.A.M. di Bologna apre la stagione espositiva autunnale con una mostra dedicata ad Andy Warhol, figura incredibilmente versatile e dinamica che, a vent'anni dalla morte, continua a rimanere uno dei personaggi più influenti dell'arte e della cultura contemporanea. La mostra – curata da Franco e Roberta Calarota e fortemente voluta dalla figlia Alessia, attuale direttrice – rende omaggio al ricco percorso artistico del maestro della Pop Art americana, capace di lasciare un segno indelebile non solo nel mondo dell'arte ma anche in quello della musica, del cinema e della moda. Un grande rivoluzionario quindi che, più di chiunque altro, ha compreso e interpretato i tratti della società del XX secolo per modificare per sempre il significato profondo che attribuiamo oggi alla parola "Arte".

Ripercorrere il percorso creativo di Andy Warhol (Pittsburg, 1928 – New York, 1987) significa comprendere gli snodi che hanno rivoluzionato l'arte dei nostri tempi. L'artista ha infatti colto alcune delle suggestioni più intriganti della storia dell'arte che lo ha preceduto – dalla decontestualizzazione dei Ready Made di Marcel Duchamp alla ripetizione differente operata da Giorgio de Chirico - per dare loro un seguito nuovo, calato negli anni del boom economico, delle celebrità mediatiche (scegliendo come soggetti Marilyn Monroe, Mao Tse-Tung, Jacqueline Kennedy) e della pubblicità commerciale (con le famose bottiglie di Coca-Cola o gli ancora più noti Barattoli di Campbell Soup).

Portando gli scaffali del supermercato all'interno di un museo, Warhol continua a riflettere sulla forza della decontestualizzazione degli oggetti di Duchampiana memoria condividendo con questi il prelievo tale e quale di una porzione di realtà per trasportarla altrove e si fa artefice principale del definitivo abbattimento delle ormai anacronistiche barriere tra cultura alta e bassa, o per meglio dire "popolare". Il concetto di "Pop" non si riferisce infatti all'idea di creare un'arte "del popolo" o "per il popolo" ma piuttosto di guardare all'immaginario della cultura di massa per elevarlo allo stato di arte. Per rendere semplici oggetti senza significato delle icone, Warhol capisce però l'importanza di affiancare al concetto dello straniamento dadaista, la pratica della ripetizione, ancora una volta dimostrando la capacità di assorbire le tendenze della società di quegli anni in cui la produzione in serie si era imposta con forza.

La ripetizione differente trova un grande maestro e un illustre predecessore in Giorgio de Chirico, che negli anni della Neo-metafisica torna a citare se stesso in un gioco di corsi e ricorsi e ha conseguenze dirette anche sulle tecniche artistiche adottate da Warhol: nella sua produzione si assiste a un progressivo abbandono della pittura a favore della serigrafia, tecnica che consente la produzione di immagini in serie proprio come le industrie capitalistiche realizzano in massa prodotti per i consumatori. Se negli anni Quaranta-Cinquanta, con Jackson Pollock e gli Informali, l'importanza veniva data alla manualità, al gesto dell'artista che imponeva sulla tela segni e materia, ora al centro viene posta l'idea, il pregetto, il pensiero che produce l'opera, con evidenti fortissime conseguenze sulle tendenze in cui si è poi mossa l'arte in anni più recenti.

Il quadro tracciato da Andy Wahrol è quello di un artista costantemente in bilico tra la critica e l'ammirazione per un sistema che seppur fondato su basi estremamente controverse, è anche uno straordinario esempio di democrazia: “perfino il più povero può bere la stessa Coca-Cola che beve Jimmy Carter o Liz Taylor”. La Galleria d'Arte Maggiore si prepara ad accogliere la prima monografica sull'artista, mettendo come sempre in evidenza i legami con la storia e gli influssi sulle generazioni successive e continuando l'approfondimento sulle figure più rilevanti della storia dell'arte.

Inaugurazione 24 ottobre ore 18

Galleria d'Arte Maggiore
via d'Azeglio, 15 Bologna
lun 16-19.30, mar-sab 10-12.30 e 16-19.30
ingresso libero


ANDY WARHOL
dal 24/10/2015 al 15/12/2015


pubblica: