mercoledì 27 novembre 2019

Giuseppe Tubi: antologica delle mostre irrealizzate 2008-2018

La Galleria Mascherino è lieta di annunciare l’inaugurazione venerdì 29 novembre 2019 della mostra Giuseppe Tubi: antologica delle mostre irrealizzate 2008-2018

L’esposizione è concepita come un’antologica composta da quattro mostre, rimaste sin qui irrealizzate, progettate nel corso degli ultimi dieci anni da Giuseppe Tubi. Dal 1992 l’artista cela la sua identità dietro uno pseudonimo, al fine di mettere in crisi la nozione di autore e testare le ricadute sul piano estetico e sociale legate alla scelta di agire nel contesto dell’arte da una posizione laterale, situata sulla soglia tra presenza e assenza. L’obiettivo dichiarato è quello di porre in discussione ruoli e processi del sistema dell’arte, nella consapevolezza che le regole di quest’ultimo non soltanto riflettano quelle del capitalismo, ma per certi aspetti ne esasperino le dinamiche e ne anticipino gli sviluppi. 

Con questa mostra Tubi torna a esporre alla Galleria Mascherino di Roma, riallacciando un sodalizio professionale avviato con la sua prima personale tenuta in questa sede nel 1996, e proseguito negli anni Duemila. 

In mostra Giuseppe Tubi presenta quattro cicli di opere che, sebbene non siano stricto sensu nuove, perché realizzate nell’arco degli ultimi dieci anni, vengono qui raccolte ed esposte insieme per la prima volta secondo il modello consolidato della mostra antologica, ritenuto ancora oggi decisivo per istituzionalizzare il lavoro di un artista e favorirne l’ingresso nel canone della storia dell’arte. Per tale ragione Tubi, interessato sin dall’esordio a indagare i meccanismi che governano il circuito dell’arte, in questa esposizione intende ridefinire i parametri stessi della mostra antologica, dove tradizionalmente vengono selezionate le opere ritenute più significative nel percorso di un autore, proponendo invece quattro nuclei di opere inedite, quindi non storicizzate, realizzate per altrettante mostre personali rimaste allo stadio progettuale. L’artista simula dunque una storia espositiva mai avvenuta, o meglio, avvenuta soltanto nella forma potenziale del progetto, il cui statuto è per natura provvisorio e aperto al cambiamento. Ponendo in questione il modello della mostra antologica e più in generale gli assetti del sistema artistico, Tubi prosegue a lavorare nel solco di un cammino già tracciato da tempo, a partire, come si è detto, dalla scelta di adottare un’identità virtuale, concepita all’epoca in opposizione alla crescente spettacolarizzazione e brandizzazione dell’artista. 

Benché, dunque, la mostra sviluppi alcuni concetti chiave dell’opera di Tubi, la sua ricerca appare ora declinata secondo soluzioni diverse sotto il profilo tecnico-formale e ideativo rispetto alla sua più nota produzione di quadri digitali realizzati negli anni Novanta e Duemila. 

Il primo ciclo di lavori, pensato per la mostra irrealizzata dal titolo shakespeariano La materia di cui sono fatti i sogni, è composto da due diverse serie di opere monocrome strettamente legate tra loro: la prima è formata da quadri di colore argento attraversati da bande verticali, in riferimento alle zip painting di Barnett Newman, ma contenenti frammenti di capelli e peli dell’artista, che include così nell’opera il suo DNA, potenzialmente rivelatore della sua identità nascosta, dando a queste opere il valore di un autoritratto. La superficie dipinta d’argento è trattata seguendo le tecniche della fotografia delle origini e, se esposta ai vapori di mercurio come le lastre specchianti degli antichi dagherrotipi, dovrebbe, secondo le intenzioni dell’artista, fare emergere il suo ritratto fotografico. La seconda serie è invece composta da quadri monocromi realizzati con lacerti di pellicce appartenute alla madre e alla nonna dell’artista: con la loro qualità tattile le pellicce sembrano trattenere la memoria tangibile di chi le ha indossate, evocando il ricordo del contatto fisico vissuto nell’infanzia dall’artista. Si tratta dunque, in entrambi i casi, di opere di natura autobiografica, legate al ricordo e alla sfera personale, che alla luce della sparizione dell’artista (di cui non si conoscono età, generalità e sesso) assumono un carattere ambiguo e paradossale. 

La seconda mostra irrealizzata, dal titolo Remake Remodel - Women in Revolt, comprende l’opera A Collection of Male Inducted Stereotypes: raccolta di cartoline 3d a soggetto erotico, risalenti agli anni Settanta, che compongono un campionario di immagini in cui il corpo della donna è rappresentato come feticcio pronto al consumo. Donne di paesi ed etnie diversi vengono ritratte in pose stereotipate, frutto dello sguardo maschilista e colonialista che permea la cultura visiva dell’Occidente tardocapitalista. Per la stessa mostra era pensato anche il trittico Tribute to LGBTQ Pioneers, basato sull’ingrandimento di cartoline fotografiche degli anni Venti, realizzate con l’uso di finti fondali, all’epoca molto diffusi nelle fiere popolari. In questo caso Tubi presenta immagini dove sono le donne a scegliere le modalità con cui ritrarsi, in coppia e in abiti maschili, sfidando modelli di rappresentazione canonici e soprattutto facendosi interpreti di nuove identità che sfuggono e confliggono con i ruoli dominanti del sistema eteronormativo. A questo corpus di lavori appartiene anche l’ingrandimento di un’altra fotografia trouvée, realizzata anch’essa in una fiera popolare, dove compare una donna che, colpendo con un fucile un bersaglio collegato a un otturatore fotografico, si ritrae nell’atto di sparare con al suo fianco un uomo, presumibilmente il compagno. L’immagine originaria era piegata in modo da nascondere la presenza maschile, come se la donna se ne fosse voluta liberare, azzerandola: la fotografia si trasforma così in una sorta di autoritratto della donna che assume un alto valore simbolico. 

La terza esposizione irrealizzata, progettata nel 2008 con il titolo Paesaggi, comprende una selezione di quadri digitali, parte della sperimentazione più conosciuta di Tubi degli anni Novanta e Duemila. Le opere in mostra ruotano tutte intorno a temi legati al conflitto e alle trasformazioni geopolitiche: dai flussi migratori in Human Migration, alle trasformazioni climatiche in Desert Snow, dal conflitto israelo-palestinese in Betlemme Landscape, alle odierne forme di controllo in Air Control. Il contenuto politico, tuttavia, non è espresso in modo esplicito, le immagini si aprono a letture ambivalenti, perché sono modellate sugli schemi formali della comunicazione mediatica o della tradizione pittorica: in Betlemme Landscape, ad esempio, la scena è rappresentata secondo una rilettura moderna dei canoni idealizzanti della pittura romantica di paesaggio. Una modalità, questa, che solleva interrogativi di ordine etico ed estetico: può “il dolore degli altri” essere raccontato seguendo i canoni del bello? Bellezza e atrocità sono termini antitetici? 

Conclude il percorso espositivo la serie di opere progettate per la quarta mostra irrealizzata dal titolo Autografo ma non autentico, in cui Tubi, riprendendo una soluzione già usata nei primi anni Novanta in opere come Terrorist.txt o Virus.txt, compila un elenco di espressioni e lemmi riferiti al mercato dell’arte, riconducibili allo stesso campo semantico dell’autenticità, nozione ritenuta un valore indispensabile per decretare la fortuna critica di un’opera e soprattutto la sua valorizzazione in termini culturali ed economici. La serie ha una gestazione lunga: iniziata nel 1994, come omaggio ad Alighiero Boetti appena scomparso, è stata più volte rielaborata nel corso del tempo ed è presentata qui nella sua veste definitiva. Il progetto si presenta come una tassonomia che critica l’eccesso di tecnicismi e i paradossi del linguaggio burocratico diffusi nel mercato dell’arte e soprattutto riflette sullo statuto ambiguo del limite tra vero e falso. 

Giuseppe Tubi è uno dei pionieri della computer art, nel 1996 realizza la prima personale di quadri eseguiti interamente al computer (Galleria Mascherino, Roma). Sue personali si sono tenute presso la Fondazione Idis (Napoli 1999), MAN (Nuoro 2000), Palazzo Florio (Udine 2000), Galleria Comunale d’Arte Moderna e Contemporanea (Roma 2001), Museo Laboratorio di Arte Contemporanea dell’Università di Roma La Sapienza (Roma 2006). Suoi lavori sono stati esposti, tra l’altro, al Trevi Flash Art Museum (Trevi 1997), MIFAV Università Tor Vergata (Roma 1997), MUSLAB (Roma 1998), Galleria Nazionale d’Arte Moderna (Roma 1999), ex-Mattatoio (Roma 1999), Palazzo Bonoris (Brescia 2000), Palazzo dei Diamanti (Ferrara 2001), Centro per le Arti Contemporanee (Pesaro 2001), Cartiere Vannucci (Milano 2002), Temple University (Roma 2002), Palazzo Trinci (Foligno 2002), Palazzo delle Papesse (Siena 2003), Museo Revoltella (Trieste 2005). Monografie sulla sua opera sono state pubblicate nel 1996 (DeriveApprodi), nel 1999 (Castelvecchi) e nel 2000 in occasione della prima personale a New York (Castelvecchi). 



GIUSEPPE TUBI: ANTOLOGICA DELLE MOSTRE IRREALIZZATE 2008-2018
Inaugurazione 29 novembre ore 18.30
Dal 30 novembre 2019 al 15 febbraio 2020

Galleria Mascherino
Via del Mascherino 24
00193 Roma
Tel: 3382699414
Orario:
dal martedì al sabato
ore 16.00-19.30
Chiuso lunedì e festivi 

Bianca Delapierre | Moonblack

Bianca Delapierre, artista poliedrica, pittrice e autrice teatrale, costumista e scenografa, che dopo una consolidata esperienza nell’ambito della pittura, inaugurata a Brera sulla scia degli insegnamenti di Saverio Terruso, e un’assenza quasi decennale dalla scena espositiva, torna a proporre al pubblico i suoi lavori, realizzati questa volta non con tela e pennelli ma attraverso lo scatto fotografico.

L’obiettivo non è quello di una macchina fotografica professionale ma quello di uno smartphone, strumento apparentemente banale, semplicistico, ma che davanti allo sguardo attento della pittrice si trasforma in un viatico tra interno e esterno, realtà e interiorità, ampliandone la ricerca verso una nuova dimensione esplorativa. Un rinnovato approccio creativo da cui è derivata la nuova proposta espressiva dell’artista, che nell’insistito bianco-nero palesa l’eterno confronto tra luce e buio, rivelazione e oscurità.

Punto di partenza della sua indagine è la realtà da cui trae oggetti di uso quotidiano che, sottratti al contesto comune e alla loro abitudinaria funzione, divengono elementi formali rimodulabili, funzionali non al racconto ma all’estetica pura. Assecondando il flusso di pensiero Delapierre li assembla e li rielabora, dando origine ad immagini destabilizzanti, che altro non sono che la sincera trasposizione dell’interiorità. 

Bianca Delapierre | Moonblack
a cura di Carmelo Cipriani
Inaugurazione: sabato 30 novembre, ore 18.30
Fino al 4 gennaio 2020

C/O Museo Nuova Era
Strada dei Gesuiti 13, 70122 Bari
Orari di apertura
Martedì - Sabato ore 17.30 / 20.30

martedì 26 novembre 2019

Stefano Serretta: Naked Lunch Money


UNA è lieta di presentare la mostra personale di Stefano Serretta: Naked Lunch Money, terzo appuntamento del programma espositivo annuale presso Spazio Leonardo,il nuovo contenitore di Leonardo Assicurazioni - Generali Milano Liberazione, inaugurato nel 2018 a Milano.

ll lavoro di Stefano Serretta (1987, Genova) è sorretto da un rigoroso impianto storico e analitico, che mira ad evidenziare le fragili fondamenta autocelebrative del capitalismo globalizzato e della macchina comunicativa che lo regola, di cui l’uomo è protagonista e vittima allo stesso tempo. Con sguardo indagatore, Serretta evidenzia le contraddizioni e gli aspetti schizofrenici del nostro presente post-ideologico.

Per Naked Lunch Money, sulla gallery di Spazio Leonardo si presenta una nuova serie di lavori su carta, sviluppati a partire del progetto on-going Shanti Town, che mette in atto una mappatura sempre in divenire di colossali edifici incompiuti o collassati sotto il peso dei sistemi che rappresentano. 
In Shanti Town, le silhouettes di questi “paradossi architettonici” sono il simbolo dello scontro sempre maggiore tra aspettative crescenti e opportunità declinanti: sono disegni che prendono corpo attraverso una ripetizione ossessiva delle scritte e "formule magiche" dell'economia neoliberista, come il motto too big to fail. Scritti a mano dall'artista, i mantra diventano i moniti che, ironicamente, sorreggono e tratteggiano uno spettacolo delle macerie sempre in bilico tra reale e verosimile. 
Questa lunga serie di capricci architettonici, delinea uno skyline impossibile, instaurando una riflessione sull’abbandono, sul fallimento e sull’incompiuto nella nostra società contemporanea.

“Le rappresentazioni di grandiosi edifici mai realizzati quali la Chicago Spire Tower, Los Faros di Panama, la Nakheel Tower di Dubai o la U2 Tower di Dublino, installate uno di fianco all’altra nelle sale di Spazio Leonardo, danno vita a una paradossale quanto impossibile hall of fame. Nel processo di serializzazione grafica operato dal segno dell’artista, infiniti scenari geopolitici vengono così isolati e ricondotti a un linguaggio formale comune, alludendo velatamente alla continua sovrapposizione fra stato nazione e poteri finanziari attiva in ciascuna di queste rovinose imprese architettoniche”

Vasco Forconi


Stefano Serretta (1987, Genova) vive e lavora a Milano. Dopo aver studiato Storia moderna e contemporanea a Genova, si è specializzato in Arti Visive e Studi Curatoriali alla NABA – Nuova Accademia di Belle Arti di Milano. Tra le mostre a cui ha partecipato si segnalano: Do not go gentle in that good night, Almanac, Torino, 2019 (solo); Shoegaze,IIC, Stoccolma, 2019 (solo); Spit or Swallow, con Alessandro Sambini, UNA, Piacenza, 2019 (solo); Chi utopia mangia le mele, Antica Dogana di terra, Verona, 2018; That's IT! Sull'ultima generazione di artisti in Italia a un metro e ottanta dal confine, MAMbo, Bologna, 2018; Il Paradigma di Kuhn, FuoriCampo, Siena, Studio 02, Cremona, 2018; Alla ricerca dell'Aura Perduta, Galleria Regionale di Arte Contemporanea Luigi Spazzapan, Gorizia, 2018; Art Tonic 2017, Port Tonic Art Center, Les Issambres, (solo); Make People Smile, Adiacenze, Bologna, 2017; The Great Learning, Palazzo della Triennale, Milano, 2017; La fine del nuovo, Palazzo Morpurgo, Udine, 2016; Rubbles in the Jungle, Placentia Arte, Piacenza, 2016 (solo); Friday, Jonas, Trento, 2016 (solo); Primavera 5, Galerie Papillon, Parigi, 2016; Parisartistes – edition #2016, Centre des Récolletes, Parigi, 2016; Teatrum Botanicum, PAV Parco Arte Vivente, Torino, 2016; Maybe we are the waves, Archive Kabinett, Berlino 2015; Adventure Time is Over, Almanac, Torino, 2015; Generation Y, Palazzo Ducale Genova, 2015; The Party, Museo d’Arte Contemporanea Villa Croce, Genova, 2014; disUmanesimi, Fondazione Biagiotti, Progetto Arte, Firenze. Nel 2017 è stato tra i finalisti del Premio Moroso, Udine, e nel 2016 del Premio Francesco Fabbri, Pieve di Soligo (TV) e del Premio Città di Treviglio (BG). 


STEFANO SERRETTA @ Spazio Leonardo
NAKED LUNCH MONEY
a cura di UNA 
fino al 24 gennaio 2020

orari dal lunedì al venerdì, 09:00 – 18:00

Spazio Leonardo
via della Liberazione 16/a, 20124 Milano


Per informazioni: info@unagalleria.com| + 39 339 17 14 400 | +39 349 35 66 535
Press contact: Sara Zolla press@sarazolla.it| 346 8457982




lunedì 25 novembre 2019

Nazzarena Poli Maramotti - L'altra notte

L'altra notte è la prima personale di Nazzarena Poli Maramotti da Sara Zanin e include una serie di dipinti e lavori su carta che appartengono all'ultima produzione dell'artista, quella che coincide con una residenza in Norvegia, a Dale i Sunnfjord, dove la maggior parte dei lavori in mostra è stata realizzata.

Le sollecitazioni di quel paesaggio - una certa volubilità meteorologica, la costante presenza dell'acqua (i fiordi, la nebbia, ma anche il ricorrere quotidiano di una pioggia molto fitta) - si traducono nei dipinti in una specie di movimento, di costante fluttuazione di ampie aree di colore (riconducibili a montagne, rocce, al cielo, a nuvole spesse) che si espandono, si contraggono, si combinano in una forma che non sembra mai definitiva.

I nuovi dipinti di Nazzarena Poli Maramotti sono anche attraversati da una gamma di forze che complica il rapporto tra i piani dell'immagine. Gli strati di superficie, ad esempio, tendenti al monocromo, sembrano coprire, nascondere, investire o sfumare i contorni di cose riconducibili al reale, così come le cose sembrano delinearsi da una specie di magma astratto come dato momentaneo.

Questi movimenti, dunque, mediati dalla scoperta di un nuovo paesaggio, ridefiniscono e rafforzano alcuni aspetti che da sempre appartengono alla pittura di Nazzarena Poli Maramotti: un formato del dipinto di paesaggio quasi sempre verticale (com'è frequente nella pittura nordica più che in quella italiana); un'articolazione dell'immagine che vede il centro occupato da ampie campiture e le figure disposte lungo i bordi, come negli affreschi settecenteschi a lungo guardati dall'artista (in particolare quello di Tiepolo a Würzburg, in Germania, non lontano da Norimberga, dove Poli Maramotti ha vissuto per diversi anni); l'orizzonte molto basso; l'uso di un pennello sottile per definire, con tratti veloci, l'emersione della figura; una naturale tendenza a sovrapporre i generi classici della pittura.

In mostra, infatti, ci sono anche alcuni ritratti, in cui il volto è segnato dalla stessa volatilità del paesaggio, e una serie di nuove nature morte, dove il motivo floreale sembra emergere come un elemento del paesaggio da uno spesso coagulo atmosferico e innestarsi su un piano che è, più che ripiano classico della natura morta, un sottile lembo di terra, di paesaggio.

L'altra notte è, come suggerisce il titolo, anche il racconto della notte, non di quella scandinava - fatta, in estate (quando è avvenuta la residenza), di una luce prolungata e di un buio non definitivo -, ma proprio la notte "di casa", quella che manca e che coincide con il buio inequivocabile e il silenzio. Il notturno, infatti, in forma di campitura scura che cancella, sfuma, attenua, che si allarga fino al limite delle sue possibilità e che nei dipinti si traduce in un diffuso desiderio di monocromaticità, sembra essere un altro dei fili conduttori della mostra.
Davide Ferri


Nazzarena Poli Maramotti (Montecchio Emilia, Italia, 1987) vive e lavora a Cavriago (RE), Italia. Le sue recenti mostre personali includono: Hidden in a short night, Kunstverein Kohlenhof, Norimberga (2019); Unterwasser, Galleria AplusB, Brescia (2018); DebütantInnen 2018, Ausstellungshalle, Akademie der Bildenden Künste, Norimberga (2018). Tra le mostre collettive recenti: La pratica quotidiana, a cura di Davide Ferri e Francesca Bertazzoni, Oratorio di San Sebastiano, Forlì (2019); Graffiare il presente, a cura di Daniele Capra e Giuseppe Frangi, Casa Testori, Novate Milanese (2018). Vincitrice del Premio Mediolanum per la pittura, Artefiera Bologna (2019); Debütantenförderung del governo statale bavarese (2016); Premio Euromobil Under 30, Artfirst Bologna (2014).


NAZZARENA POLI MARAMOTTI
L'altra notte
a cura di Davide Ferri
fino al 31 gennaio 2019

Via della Vetrina 21, Roma

Ugo La Pietra - La Città Domestica


La Galleria Bianconi è lieta di presentare la nuova personale di Ugo La Pietra che, sotto il titolo La Città Domestica, raccoglie alcune serie di progetti artistici maturati alla fine degli anni Settanta. La mostra a cura di Marco Scotini, intende fare il punto sulla particolare accezione di arte “nel sociale” sviluppata dall’artista nel decennio dal 1969-79.

Da sempre attento indagatore delle forme di potere che informano la città e i corpi che la abitano, Ugo La Pietra ha cercato, con il proprio lavoro e lungo un intero percorso, non solo di mettere a nudo le tattiche di controllo e i limiti che la regolano ma le modalità ancora possibili di intervento: quei margini temporaneamente disponibili che ha chiamato “gradi di libertà”. Senza mai pretendere ideologicamente di trasformare il paesaggio fisico quanto, piuttosto, la nostra relazione con esso.
Dopo aver messo a punto negli anni Sessanta un modello morfologico e d’analisi, quale il reticolo di punti-oggetto chiamato Campo Tissurato, La Pietra interviene direttamente nello spazio costruito nel decennio successivo a partire da quello stesso modello per misurare gli scarti, le brecce, le particelle residuali, le variabili: tutto quell’inconscio urbano rimasto fuori dal controllo. Se ora troviamo in mostra una barriera di delimitazione urbana a strisce bianche e rosse trasformata in recinto giochi per bambini, o un mobile-bar costruito con coni di segnalazione da cantiere; se, cioè, incontriamo un progetto ibrido dove uno specchio circolare stradale è diventato un supporto per un lavandino all’aperto, c’è un passo ulteriore nel lavoro di La Pietra da rilevare. Si tratta di un vero e proprio spazio di profanazione in cui l’artista intende restituire all’uso (alle pratiche sociali) quanto gli era stato sottratto. E questa modalità di profanazione sceglie le forme del “gioco”, dove qualsiasi cosa può essere trasformata di colpo in giocattolo, in un’appropriazione che non tiene conto di ciò che è separato, di ciò che ha un diverso fine e che non può essere utilizzato per altro scopo. Non è un caso che le tavole grafiche che collezionano questi progetti (e che connotano lo stile di La Pietra) definiscano uno spazio inter-mediale dove foto documentarie, disegni, timbrature e testo, non solo rendono conto dell’approccio trasversale dell’autore ma ci riconducono ad un immaginario lillipuziano e miniaturizzato. Un immaginario che, come tale, si sottrae ad ogni obbligo di dimensioni e ci restituisce ad un mondo malleabile, ad uno spazio di gioco possibile, ad un’infanzia, infine. Dove “i paletti e le catene” delle attrezzature urbane vengono disarmati del loro potere e attivati per un ‘altro’ uso. Nella mostra La Città Domestica una serie di attrezzatture urbane, rilevate nella città di Milano dal 1979 ad oggi, sono state dall’autore riprogettate stravolgendo la loro destinazione d’uso: da strutture di servizio della città a strutture di servizio per lo spazio domestico. Seguendo il principio “Abitare è essere ovunque a casa propria”, La Pietra ha trasformato gli oggetti urbani in complementi per l’abitare domestico, lo spazio pubblico in privato e viceversa, estendendo l’idea di cellula abitativa all’intera città, da cui la mostra prende il titolo.

Partendo dalla conformazione spaziale della galleria su due livelli, la serie di opere di “Attrezzature Urbane per la Collettività” viene esposta al piano terra dove le vetrine si affacciano lungo la strada, mentre nel piano interrato vengono esposti gli Arcangeli metropolitani, parte del ciclo “Riconversione urbana”, esposti originariamente nella stazione della metropolitana Melchiorre Gioia a Milano. Per completare il progetto espositivo Ugo La Pietra ha pensato ad una performance da realizzarsi la sera dell’opening, dove l’artista ha aggiornato il suo lavoro sui nuovi dissuasori urbani.


LA CITTA’ DOMESTICA
UGO LA PIETRA
Curated by Marco Scotini
NOVEMBER 13 - DECEMBER 20, 2019


Galleria Bianconi
via Lecco 20, 20124 Milano_Italy
phone +39 02 22228336
opening hours: monday - friday
10.30 am -1pm / 2.30 pm - 6.30 pm
Saturday by appointment

Vincenzo Marsiglia - Wrap



Maurizio Caldirola Arte Contemporanea è lieta di annunciare -Wrap- la mostra personale di Vincenzo Marsiglia.

Attraverso un gioco di luminescenze e colori, la ricerca minimalista dell'artista si confronterà con lo spazio architettonico della galleria andando a generare una gravità e una prospettiva differente.
Il reticolo luminoso costruito con i fili avvolgerà l'interlocutore in un mondo geometrico, rigido, il cui disegno parte dall’essenza della ricerca stilistica che l’artista segue da anni. Questo “modulo stellare” si definisce come pattern di una superficie complessa con punti di ancoraggio, tensioni e stratificazioni che definiscono in maniera reale un concetto irreale, un algoritmo in cui la rigorosità matematica e fisica è trasformata in visione artistica. La fotoluminescenza generata dal reticolato esprime sulle superfici nuove geometrie e gradazioni di colore che ne esprimono l’alto contenuto concettuale. L’evento di luce a cui l’artista mira è il risultato del rimbalzo preciso, simile a quello di una penna su un foglio di carta, quadretto per quadretto, linea per linea, suggerendo la manipolazione di un “ambiente spaziale”. Vincenzo Marsiglia è un autore poliedrico: parte dall'unitarietà stilistica di un simbolo grafico semplice, quasi primitivo, che viene declinato per mezzo di tecniche sempre diverse, divenendo quasi un pretesto iconico per sperimentare il circostante e tutte le sue possibilità.


Vincenzo Marsiglia. Belvedere Marittimo (CS), 1972; vive e opera a Soncino (CR)

Mostre principali
Personali
2019 DIGITAL ANTICA a cura di Mario Nardo Abbazia Sant’Eustachio Nervesa della Battaglia (TV).
2018 CLOPEN, Ex Chiesetta Polignano a Mare (BA) a cura di Roberto Lacarbonara
OPTICAL ROOM, Aurum Largo Gardone Riviera Pescara Pescara a cura Marcella Russo
2017 THE MIRROR ROOM, Base Milano una idea di Uncommon per The Boston Consulting Group
INTERACTIVE ARCADE Palazzo Bevilacqua Ariosti Bologna a cura Eli Sassoli de’ Bianchi and Olivia Spatola
2016 Dopo-Logica/o, Palazzo Ducale, Sabbioneta a cura di Matteo Galbiati
2015 BEYOND THE STAGE, Galleria Arteatro, Teatro San Domenico Crema a cura di Ilaria Bignotti
THEATRE(HOME)INTERACTIVE, Casa SPONGE, Pergola a cura di Federica Mariani
2014 VINCENZO MARSIGLIA RIFLESSIONE INTERATTIVA, Ex Chiesa di S. Pietro in Atrio, Como a cura di Chiara Canali
2013 VINCENZO MARSIGLIA STARS IN THE DARKNESS, Galleria Guidi&Schoen, Genova
2012 VINCENZO MARSIGLIA ART NUMERIQUE, Galerie Charlot, Paris (F)
STARS IN MY MIND, Boesso Art Gallery Bolzano a cura di Giorgia Cassini

Collettive
2019 FAISONS LE MUR! 1989/2019, Galerie Wagner Parigi
ALTA PERCEZIONE - notte dei musei, Museo Umbro Apollonio San Martino di Lupari a cura di Ennio Bianco
2018 INTERSEZIONI DIGITALI - esperienze percettive nell’arte digitale, Chiesa storica San Martino di Lupari Padova a cura di Ennio Bianco
FOCUS MONZA - Cantiere Tempo, Villa Reale Monza cura di Matteo Galbiati
2017 BAU GPS - Global Partecipation System, GAMC Galleria d’arte moderna e Contemporanea


Via Volta 26, 20900 Monza (MB)

Vincenzo Marsiglia
Wrap

28 novembre 2019 - 24 gennaio 2020
OPENING 28 novembre h.19


pubblica: 

venerdì 22 novembre 2019

Aniello Barone. Nistagmo



Sabato 30 novembre alle ore 19,00, nello spazio Saaci/Gallery di Saviano, Napoli, verrà presentato l’ultimo lavoro di Aniello Barone, dal titolo “Nistagmo”, a cura di Antonello Scotti. È un’opera pensata e prodotta per questo ambiente espositivo. Saranno presentati due riprese video realizzate nelle miniere di salgemma di Racalmuto in provincia di Agrigento, riprese effettuate con un dispositivo smartphone. È una macchina visiva dove il visitatore si immergerà facendo ognuno, la sua esperienza di ‘scavo’. È costruita, in sintesi, con materiali che evocano, senza enfasi, l’interno della miniera, miniera dove l’orizzonte è occluso e dove gli operai che vi lavorano hanno un punto di vista sempre in movimento statico, da qui il titolo dato al lavoro. Tutto ciò nasce e soprattutto, attraverso la lettura di un libro di Leonardo Sciascia, in cui quest’anno ricorrono i trent’anni dalla morte, “Le parrocchie di Regalpetra”, pubblicato nel 1956. In questo vi sono chiari riferimenti agli accadimenti sociali di un paese qualunque della Sicilia, ma che di fatto è una crasi tra il suo paese natio, Racalmuto appunto, e il libro di Nino Savarese “Fatti di Petra”: il suo denominatore comune è la sopraffazione del popolo ai soprusi dei proprietari terrieri. Di seguito uno stralcio del testo che accompagnerà la mostra.

…In una dimensione dove la traccia contaminante dell’uomo si fa sempre più prepotente e dissociante, dove lo stesso uomo ha perso il suo orizzonte primario e dove il tempo è saturo di social, smarrendo del tutto il tempo della socialità, il tempo del suo determinarsi come essere senziente e cosciente della propria umanità, la macchina si pone al di sopra della storia dell’uomo e della storia della terra. Nella sua dimensione totalizzante, nel suo porsi come antidoto alla fatica immane atta a stabilire il predominio della cultura sulla natura, l’uomo, meccanizzato e digitalizzato, deve far fronte ad un rimosso remoto dal quale non saprà di certo a breve districarsi. In questo tempo dove le immagini sono maciullate e di sovente annichilite del loro primario senso, rendere visibile l’invisibile, si innesta quest’ultimo lavoro di Aniello Barone.

Aniello Barone è un docente di fotografia all’Accademia di Belle Arti di Napoli, ma, innanzitutto, un ricercatore che utilizza l’immagine fotografica, tracciata da dispositivi fotografici, per svolgere la sua perpetua ricerca di analisi delle grammatiche che costituiscono le immagini. Lui è sempre curioso e avventuroso, a svolgere le maglie strette del fotografico, declinato, per cultura e anima, più alla messa in discussione che alla conferma di ciò che traspone. Come ogni ricercatore, fa del dubbio la sua condizione mentale, sposta con costanza la sua attenzione per carpire i remoti segni incorporati nell’immaginario dei luoghi frequentati, sia nel suo quotidiano, sia per frequenza di letture. Infatti nel caso del lavoro qui presentato dal titolo Nistagmo che prende il nome da un disturbo dei bulbi oculari, un disturbo il cui sintomo, rappresenta qui plasticamente, una causa, storico-sociale, che diventa chiara metafora di quanto da tempo la nostra civiltà meccanicistica e consumistica ci obbliga a vivere: l’occhio non trova più un punto fermo sullo schermo del mondo. In questo stato costrittivo, il nostro sistema visivo, ma di fatto tutto il sistema dei sensi, è costantemente affetto da una mancanza di messa a fuoco del futuro dell’uomo sulla terra. L’uomo del cosiddetto Antropocene (alla moda), è ingabbiato in un…Ambiente artificiale, creato dall’uomo, ostile, che mette a repentaglio la stessa vita di chi ha costruito questo paesaggio…Quindi, un luogo, l’orizzonte, sempre in movimento ma sempre “uguale” a sé stesso: visione, cultura ingabbiata come la nostra costruzione della realtà. Paesaggio fatto di certezze ma anche di angosce, se ti fermi. Allora è meglio non fermarsi, il rumore, il tic tac della macchina, distraggono ma nello stesso tempo mettono sicurezza, come il battito del cuore di una madre, che nell’ascoltarlo, il figlio, si addormenta, si tranquillizza, si anestetizza.

Aniello Barone. Nistagmo
a cura di Antonello Scotti
opening 30 novembre 2019




giovedì 21 novembre 2019

Musei in Musica


Sabato 14 dicembre 2019 dalle 20.00 alle 2.00 i Musei in Comune aprono le loro porte per l'edizione 2019 dei Musei in Musica: il pubblico potrà visitare le collezioni permanenti, ammirare le mostre temporanee in corso e usufruire di un ricco programma di concerti e spettacoli dal vivo.

L'ingresso è di € 1,00 e completamente gratuito per i possessori della MIC card.



Sabato 14 dicembre 2019 dalle ore 20.00 alle 02.00 (ultimo ingresso all'01.00)


Informazioni
tel. 060608 (tutti i giorni 9.00 - 19.00)




Mauro Corbani. Fucina etrusco/tribale attiva


Nella mostra Fucina etrusco/tribale attiva di Mauro Corbani, allestita nel foyer del Teatro Fonderia Leopolda in occasione della Stagione Teatrale 2019- 2020, sono esposte una dozzina di opere, dove i colori e le forme richiamano popoli e terre lontane, religioni e usanze di civiltà antiche, il tutto dosato con grande sensibilità e armonia.  Nei suoi lavori traspaiono le emozioni e i ricordi dei viaggi: le citazioni, i segni, i materiali e gli oggetti di recupero utilizzati - provenienti dal nostro territorio o dai altri luoghi lontani - acquistano nuova vita. I quadri di Corbani esprimono prima di tutto l’anima dell’artista, la sua personalità estroversa e positiva, un modus vivendi individuale, ma esprimono anche una forte carica comunicativa: l’uso dei colori, delle forme e dei materiali che si mescolano sulla tela equivale a un invito alla condivisione tra le persone, alla contaminazione tra i popoli, all’approccio alla conoscenza che tenga conto della sospensione del giudizio e del rispetto per l’altro. 

Claudia Mori 
Direttore Musei Civici


Mauro Corbani nasce a Soncino (Cremona) il 16 Marzo 1952, e dal 1996 vive e lavora in Maremma, a Scarlino (Gr). Si avvicina al mondo della pittura frequentando n da giovanissimo gli studi di alcuni artisti che in uenzano la sua formazione e la sua carriera artistica, ma sono i numerosi e frequenti viaggi in paesi lontani, la partecipazione a mostre collettive e il confronto con artisti di paesi e culture diverse che forgiano il suo stile, e il suo continuo desiderio di conoscenza diventa il nutrimento che dà vita alle opere.

Città di Follonica (Grosseto)
Foyer del Teatro Fonderia Leopolda

Mauro Corbani. Fucina etrusco/tribale attiva

Inaugurazione domenica 25 novembre 2019, ore 18.00

Lunedì 13 gennaio 2020, alle ore 18, l’artista in una perfomance realizzerà un opera pittorica.


Con la collaborazione della Pinacoteca Civica di Follonica

mercoledì 20 novembre 2019

AT FULL BLAST! A TUTTO SPIANO! Con Francesco


Autore: Gianni De Serio Titolo: Il cielo in terra Linguaggio: installazione Anno: 2018
Franco Cortese  "Concavo)(Convesso" MADI - 2019  cm64x25x20 vernice su ferro



AT FULL BLAST!  A TUTTO SPIANO!
Con Francesco
a  cura di
Massimo Nardi - EDI Media Communication
evento promosso da:
Enkomion trimestrale di Storia Letteratura e Arte
Edi Media Communication e Il Sito dell’Arte
MOSTRA D’ARTE CONTEMPORANEA
Pittura Scultura Fotografia Installazione Performance Video
Vernissage ore 19:30
30 novembre 2019
1 dicembre 2019 – 15 gennaio 2020
Pinacoteca Civica Comunale - Palazzo Miani Perotti
Cassano delle Murge (BA)

Intervengono:

MARIA PIA DI MEDIO Sindaco
NICOLA SURICO Editore
MASSIMO NARDI Curatore Artista
ORONZO LIUZZI Scrittore Artista
PIO MELEDANDRI Presidente Associazione Culturale ARTIEMIELE
CARMEN DE STASIO Critico d’Arte, Scrittrice
MICHELA LAPORTA Giornalista, Esperta d’Arte
ANTONIO LADOGANA Gallerista d’Arte
CARMELO GUIDO  Saggista
Espongono gli Artisti:

AGRIMI Dario  AGOSTINI Laura  ALTOBELLI Franco  BASILE Luigi  BUFI Antonia
CARPIGNANO Giovanni  CETERA Pierluca  CONSOLI Angela  CONSALVO Rosa  CORTESE Angelo CORTESE Franco  D’ALESSANDRO Flavia  DEL GIUDICE Amedeo  DE SARIO Giuseppe  DE SERIO Gianni  DE SCISCIOLO Pietro  FUSCA Carlo  GATTI Letizia  GIANGRANDE Michele GIANNINI Antonio  GUARICCI Enzo  GUASTAMACCHIA Pasquale  LABIANCA Beppe LOPARCO Walter  LAURELLI Antonio  MARZULLI Jara  MASCOLI Vincenzo  MATASSA Alessandro MONTEMURRO Roberto  NARDI Massimo  NOSEK Renato  RAGNO Margherita  REGINA Angela RAFFAELE Daniela (Clitorosso)  SANNICANDRO Francesco  SIANI Francesco  SIBILANO Roberto SOLDANI Claudia Federica  SPAGONE Giulio  STANO Vito  VENTOLA Antonella  TINELLA Paolo
Assistenza allestimento Pino Coce



L’artista Massimo Nardi, ideatore e curatore di At Full Blast, in collaborazione con Edimedia Communication  ha costruito un disegno ben preciso, tracciando un percorso di mostre collettive che si è evoluto acquisendo tutti i presupposti per concretizzarsi in un progetto in divenire. Fin dall’inizio intenzione dell’evento è stata quella di far rivivere luoghi monumentali che diversamente sarebbero rimasti inattivi, arricchendosi col tempo di contenuti e significati intrinseci. La continuità di quest’itinerario espositivo ha permesso quindi di valorizzare prestigiosi contenitori presenti sul territorio pugliese. A cominciare dal Palazzo de Mari e dal Teatro comunale di Acquaviva, in occasione della prima edizione del 2014, proseguendo con il Palazzo Marchesale di Laterza e il Palazzo della Delegazione Comunale di Ginosa Marina nel 2017: fino ad espandersi anche oltre i confini regionali, arrivando in uno dei luoghi più suggestivi dell’ambita Matera, Capitale Europea della Cultura 2019, nell’ambientazione dell’Ipogeo di Sant’Agostino. 
A cinque anni dalla prima edizione, questa tappa presso la Pinacoteca Civica di Cassano delle Murge, omaggio alla figura di Francesco Sannicandro; un ulteriore arricchimento per confermare l’approccio autentico con cui At Full Blast si è sviluppata, dimostrandosi ancora una volta capace di avanzare “A tutto spiano”; una realtà che, insieme ai suoi artisti, continua a rinnovarsi nel tempo e nei luoghi senza mai ripetersi. Michela Laporta




venerdì 15 novembre 2019

Jaspal Birdi, Giovanni Chiamenti, Pau Masclans Pazos - AZIONE RESIDUALE

Jaspal Birdi, 14h12m, 2018, olio e foto-trasferimento su tela, 131 x 208 cm


MARS presenta per l’ultimo appuntamento della stagione la ricerca di tre giovani artisti: Jaspal Birdi (Toronto, 1988), Giovanni Chiamenti (Verona, 1992) e Pau Masclans Pazos (Barcellona, 1991).

Apparentemente diversi tra loro ma accomunati dal collasso.

Il grado d’indagine l’ecosistema della società.

La mostra tripersonale si articolerà sulla scomposizione delle forme in grado di generare un’immagine nuova che mette in discussione la natura stessa del mezzo espressivo utilizzato per realizzarle. Il collasso in ogni lavoro dei tre artisti produce differenti stati e processi, vincolati dall’esperienza individuale di ognuno di loro che si riflette nella società attuale.

Il residuo è presente, frutto d’un processo di decostruzione che è anche ritratto d’una società che ha tanta informazione storica sul passato e che ha la prospettiva per guardare i suoi cambiamenti artistici e sociali. Abbiamo uno sguardo che è rappresentazione della realtà materiale, che è fotografia, che è limitazione. Apriamo i limiti, il collasso non esiste più, esiste l’uscita. (P. M. Pazos)


Jaspal Birdi, Giovanni Chiamenti, Pau Masclans Pazos
AZIONE RESIDUALE
a cura di Yari Miele
mercoledì 20 novembre 2019 dalle ore 18
fino al 4 dicembre su appuntamento

MARS
via G. Guinizelli 6,
Milano (MM Pasteur)
mars.mailto@gmail.com 

giovedì 14 novembre 2019

Luisa Gardini - Grèspittura 2009-2017


La galleria per le arti contemporanee Intragallery è onorata di ospitare nei suoi spazi la mostra personale dedicata all’artista Luisa Gardini, in cui saranno presentate al pubblico una selezione di sculture prodotte dal 2009 al 2017.

Luisa Gardini, (Ravenna 1935), ci continua a stupire con i suoi lavori così attuali e contemporanei. Formatasi a Ravenna, poi all’Accademia di Belle Arti di Roma, fu allieva dell’artista e poeta Toti Scialoja, che la introdusse alla produzione dei maestri di quegli anni, in particolare subì il fascino di Twombly, Burri e Pollock. Segno e materia. Questi i due universi indissolubilmente congiunti e interdipendenti della produzione artistica di Luisa Gardini.

“Nel mio percorso sono sempre stata interessata all’indistinzione tra tecniche. Non sempre riesco a scindere la parte scultorea del mio lavoro da quella pittorica, perché vedo molte tele come sculture grazie alla loro matericità.“ Luisa Gardini

“Dal gesto intimo, segnico, su carta e dagli assemblaggi dadaisti degli esordi, Luisa Gardini giunge negli anni alla materia, all’antica e atavica tradizione della terra, giocando sempre sulla sottile bipolarità dell’apparenza, oggi sottolineata dall’utilizzo degli opposti cromatici, bianco e nero. La deformazione della plastica è ricorrente nei suoi manufatti, articolata senza alcuna valenza tormentata, bensì evidenziando la forza e l’energia degli elementi che la sottendono. Non si tratta di passaggi seriali ma di elaborazioni uniche, dove la terra, il duro e fermo grès nello specifico, è protagonista assoluta di un gesto, che diviene segno e metamorfosi. La scatola contenitore per eccellenza, forma che ha accompagnato il percorso dell’artista, si arricchisce oggi di superfici maturate, segnate da impulsi nuovi, passaggi che raccontano una felice urgenza espressiva, intima e variamente decorativa.” 
Claudia Casali, direttrice del Museo delle Ceramiche di Faenza

Sebbene la sua produzione artistica sia stata molto prolifica sin dagli anni ’50, Luisa Gardini ha sempre voluto tenersi al riparo dei riflettori delle scene artistiche e dalle logiche di mercato. Fu nel 1982 che Scialoja la obbligò a fare la sua prima mostra alla Galleria Grafica dei Greci.  “In quell’occasione ho esposto lavori già pronti e dopo anni di lavoro in studio, ho preso coscienza di cosa significasse il distacco fisico dalle mie opere. All’inizio non è stato facile.”(cit. Luisa Gardini) 

È solo nell’ultimo decennio che l’artista Luisa Gardini sta ottenendo i meritati riconoscimenti al suo talento e al suo tratto personalissimo, con importanti mostre a lei dedicate. Questa mostra napoletana,vuole quindi essere sia un tributo che un’occasione per scoprire e apprezzare parte del lavoro di un’artista sicuramente riservata, ma indiscussa e rilevante voce del contemporaneo storico italiano. 

Le ceramiche sono state prodotte presso la Bottega Gatti di Faenza.

Luisa Gardini - Grèspittura 2009-2017
Opening sabato 23 novembre 2019
Dalle 11.00 alle 14.00
23 novembre 2019 / 11 gennaio 2020

Via Cavallerizza a Chiaia, 57
80121, Napoli 





AA.VV. I LUOGHI DEL LIBRO

Maria Lai, Toccando riva, 1987, stoffa e tessuto ricamato, cm 21,5x17,5x4


Nuova Galleria Morone presenta la mostra AA.VV. - I Luoghi del libro, un'esposizione di libri di artisti italiani e internazionali con testo introduttivo di Vittoria Coen.

AA.VV. sigla l’acronimo delle bibliografie con autori diversi che hanno contribuito alla realizzazione di un libro. In questo modo, attraverso l’evoluzione nel tempo del concetto di libro d’arte, si può ben comprendere quali sono stati gli sviluppi, soprattutto nell’arte contemporanea, del concetto di “libro d’artista”, che oggi abbraccia anche un dialogo aperto tra opera e spazio. Il luogo della galleria si trasforma, tra oggetti e installazioni vere e proprie, nelle diverse soluzioni possibili. Il libro rappresenta un insieme di idee che prendono forma, che assumono un aspetto fisico molto importante.

Il percorso diacronico intende approfondire, attraverso l’opera di alcuni dei maestri delle avanguardie storiche in dialogo con opere di artisti della contemporaneità, proprio il tema del cambiamento, della mutazione genetica del libro d’artista. Dal Concettuale storico fino alle più recenti sperimentazioni mutano i riferimenti, le suggestioni, le sensibilità.

In mostra ci saranno opere di:
V. Accame, E. Aro, D. Aubertin, M. Barabas, C. Belloli, M. Bentivoglio, I. Blank, E. Bonamini, V. Capone, L. Caruso, M. Chiossi, D. Coltro, C. Costa, M. Diacono, M. Duchamp, F. Fedi, G. Ferri, L. Fontana, N. Frascà, G. Gini, A. Gomez, M. Gorni, K. Groh, E. Isgrò, M. Lai, A. Lora Totino, S. Mallarmé, A. Martin, M. Martin, S. M. Martini, E. Miccini, R. Monticelli, B. Munari, M. Perfetti, G. Perneczky, L. Pignotti, S. Pizzi, D. Roth, A. Trotta, E. Villa, W. Xerra

AA.VV. - I Luoghi del libro
dal 14 novembre al 21 dicembre 2019

Via Nerino 3 20123 Milano Italia | Tel 02 72001994 | Fax 02 72002163 
info@nuovagalleriamorone.com

pubblica: 

mercoledì 13 novembre 2019

Isabella Ducrot | Claire de Virieu


Questi nuovi fiori coltivati
che nascono d’inverno fuori tempo
e anche in luoghi che sono fuori luogo
hanno uno strano modo di morire.
Morti lo sono già, perché recisi,
perciò di loro si può osservare solo
il modo del disfacimento. Alcuni
d’improvviso si squagliano in pappette ripugnanti,altri aprono i petali ormai arresi
ma poi come storditi ci ripensano,
si fermano, tornano indietro a chiudersi
secchi e impalliditi.

Patrizia Cavalli


La MAC Maja Arte Contemporanea inaugura giovedì 14 novembre 2019 alle ore 18 - in via di Monserrato 30, Roma - la doppia personale di Isabella Ducrot e Claire de Virieu a cui Patrizia Cavalli dedica una poesia inedita.
In mostra un corpus di opere di recente produzione che sorge come un dialogo tradotto visivamente tramite il mezzo fotografico di Claire de Virieu e i pigmenti su carte di Isabella Ducrot.
Non si tratta di uno spazio intimo e di intesa bensì di un teatro che mette in scena due narrazioni visive apparentemente consonanti tra loro per il tema comune, i vasi e le nature morte, che invece sorprendono lo spettatore per la forza della loro dinamica dissonante, quasi un contrappunto dove i temi si rincorrono senza quiete. I vasi della Ducrot hanno un che di irriverente rispetto allo sguardo: gli oggetti irrompono nello spazio che ha il sapore effimero di un luogo “fuori luogo” senza alcuna indicazione, se non talvolta un accenno ad un tovagliato a quadretti o delle onde marine, come se la loro ragione d’essere fosse definitivamente assoggettata alla loro stessa bellezza: “Il loro modo d’essere riguarda il loro apparire.Non sono ‘natura’ ma tutto artificio. L’artista che rappresenta i vasi deve averli visti come ‘vivi’ nel senso di ‘belli a vedere’, per questo li ha dipinti o fotografati.” (Isabella Ducrot)

La tracotanza della loro solitaria bellezza in qualche caso si disfa arrendendosi a una inevitabile dispersione nello spazio di ciò che essi contengono, perché sono dei contenitori. Il loro contenuto, in una sorta di ribellione, evapora e sfugge alla forma, alla categoria della rotondità per disperdersi in un gioco di nuove forme. Le photogrammes di Claire de Virieu tengono a freno la bellezza assoluta dei loro vasi, liberano lo sguardo dalla superficie e dirigono l’occhio oltre la forma visibile. Sembrano infatti voler superare il limite dello spazio e del tempo, tra contenuto e contenitore, tra ciò che appare (il fenomeno) e ciò che è, risolvendo così in un gioco imprevedibile di luci e di ombre, di bianchi e di neri, l’eterna battaglia tra forma e sostanza, tra ciò che l’occhio vede e ciò che l’immaginazione prevede o desidera. I suoi vasi,che svelano un contenuto non arreso al disfacimento, quasi a resistere a quell’estremo passaggiodove la forma si arrende, possiedono tutta la forza e la risonanza di una imprevedibile vitalità: “Nella camera oscura, senza pellicola e senza macchina, l’atto del fotografo forma direttamente la materia: giochi d’ombra e di luce, libertà di accogliere e di modellare più o meno l‘una, più o meno l’altra. Ègrazie alla loro perpetua lotta che sorge l’immagine. Le mani del fotografo agiscono sulle trasparenzeluminose disposte sulla superficie sensibile, ma senza i contorni definiti l’immagine non può cherispondere come una eco al suo desiderio ...” (Claire de Virieu)

Isabella Ducrot (Napoli, 1931) vive e lavora a Roma. Nei molteplici viaggi in Oriente sviluppa un particolare interesse per i prodotti tessili di questi paesi; da qui parte un percorso di ricerca artistica che prevede l’uso di materiale tessile per la realizzazione delle opere. Alla Biennale di Venezia del ’93 presenta un grande arazzo, oggi parte della Collezione del Museo di Gibellina. Del 2002 è una serie di arazzi di carta esposta all’Archivio di Stato a Milano. Nel 2005 realizza due mosaici per la stazione di Piazza Vanvitelli della metropolitana di Napoli. La Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma ospita due suepersonali (2008 e 2014). Nel 2011 partecipa alla Biennale di Venezia, Padiglione Italia. Nel 2014 espone alla Galleryske di New Delhi e successivamente partecipa ad Art Basel dove torna nel 2019 con la Galerie Gisela Capitain che la espone nello stesso anno a Frieze (Londra) e alla FIAC (Parigi). Nel 2015 realizza l’installazione Effimero al Museo Archeologico di Napoli, a cura di Achille Bonito Oliva. Del 2019 sono le due personali presso la Galerie Gisela Capitain di Colonia e Capitain Petzel di Berlino. Realizza fondali per palcoscenico, per concerti e balletti (Filarmonica di Roma, Balletto del Sud di Lecce, Teatro Olimpico e Teatro Palladium di Roma). Quattro le sue pubblicazioni: La stoffa a quadri (2018, ed. Quodlibet), Fallaste Corazón (2012, ed. Il notes magico), Suonno (2012, ed. La Conchiglia), La matassa primordiale (2008, ed. Nottetempo).

Claire de Virieu (Parigi, 1948) vive e lavora tra Roma e Parigi.
I soggetti fotografici da lei più amati sono la natura e i paesaggi. Ha pubblicato diversi libri con Pierre Bergé, Marc Augé,Hubert de Givenchy, etc. Negli ultimi vent’anni questi lavori sono stati esposti in varie mostre.
Recentemente si è riavvicinata alla fotografia in bianco e nero, creando paesaggi immaginari di ispirazione giapponese e una serie di foto astratte. Nel 2017 e nel 2019 ha esposto queste ultime alla galleria Pierre-Alain Challier a Parigi ed ha partecipato al Festival Kyotographie a Kyoto.
Un portfolio, intitolato NARA, con i suoi ultimi lavori, è stato realizzato dalle Éditions La Falaise.
Oggi Claire de Virieu è tornata nella sua camera oscura in Borgogna per creare photogrammes: un lavoro in contatto diretto con la materia fotografica, senza macchina e senza pellicola. Tutti i fiori e le foglie che utilizza e che animano i suoi fotogrammi vengono dal suo giardino che, oltre ad essere la sua seconda passione, è anche la sua più grande fonte di ispirazione.

Isabella Ducrot | Claire de Virieu
14 novembre 2019 - 18 gennaio 2020
via di Monserrato 30, Roma
a cura di Nora Iosia e Daina Maja Titonel 

MAC Maja Arte Contemporanea | via di Monserrato, 30 - 00186 Roma
+ 39 06 68804621 | + 39 338 5005483 | info@majartecontemporanea.com | www.majartecontemporanea.com orari: martedì - venerdì h. 15,30-20 | sabato h. 11-13 e 15-19,30 | chiuso lunedì e festivi, altri orari su appuntamento