Un percorso archeologico nella pittura del Novecento - 22
aprile - 24 giugno 2012 - Museo della Città e del Territorio Corato (BA)
Mostra a cura di Stefano Cecchetto
Luogo: Museo della Città e del Territorio di Corato (BA) Titolo: “I Teatri della Memoria. Un percorso archeologico nella pittura del Novecento” Durata: dal 22 aprile al 24 giugno 2012 Orario di apertura: 10.00 - 12.00 / 18.00 -21.00, chiuso il lunedì Biglietti: Ingresso libero Visite guidate: scuole € 40,00; gruppi generici € 60,00 Info e prenotazioni: Call Center Sistema Museo 199.151.123* (dal lunedì al venerdì ore 9.00-17.00) callcenter@sistemamuseo.it www.sistemamuseo.it *costi variabili secondo l’operatore Inaugurazione: Vernice pubblico su invito: 21 aprile 2012, ore 19 Preview stampa: 21 aprile 2012 dalle 17.30 COMUNICATO STAMPA È un intenso viaggio attraverso il novecento pittorico italiano la mostra allestita a Corato, con dodici straordinari dipinti firmati: de Chirico, Savinio, Guidi, De Pisis, Guttuso, Rossi, Paresce, Gribaudo, Pirro e Ceroli. Tema dominante la memoria, quel dialogo ininterrotto tra ciò che siamo stati e quello che oggi siamo diventati. ll nostro quotidiano che si stempera nel passato è il paesaggio più frequentato dalla memoria; il ricordo dei luoghi, delle cose, delle persone, come li abbiamo visti e come continuiamo a ri-vederli in un continuo déjà vu, restano il processo di identificazione più diretto che la nostra mente percorre ogni giorno. Giorgio de Chirico, Alberto Savinio, Virgilio Guidi, Filippo De Pisis, Renato Guttuso, Gino Rossi, René Paresce, Ezio Gribaudo, Marcello Pirro e Mario Ceroli sono gli artisti scelti dal curatore Stefano Cecchetto per la mostra “I Teatri della Memoria. Un percorso archeologico nella pittura del Novecento”, ospitata dal 22 aprile al 24 giugno 2012 presso il Museo della Città e del Territorio di Corato (BA). La mostra, ad ingresso libero, è promossa dal Comune di Corato e prodotta dalla società Sistema Museo. La mostra intende diventare un intenso viaggio che attraversa uno scorcio del novecento pittorico italiano, con dodici opere distribuite in una sorta di ‘conversazione’ tra il percorso della memoria e il trascorso del Novecento. Questo dialogo prende forma nel Museo della Città e del Territorio che custodisce le testimonianze di una civiltà ancora viva, che tutela la sua storia e insieme si apre alla contaminazione, allo sviluppo e al futuro. Ne nasce un percorso carico di fascino, metafora dell’inconscio, che conduce a ritrovare il tempo di un passato che arriva fino all’origine dell’uomo. Il passato che affiora dai reperti archeologici del museo ritrova la sua identità contemporanea nell’immagine neometafisica degli Archeologi di Giorgio de Chirico, un dipinto che proviene dalla prestigiosa collezione Giuseppe Merlini, un dipinto che proviene dalla prestigiosa collezione Giuseppe Merlini, dove le figure senza volto sono le presenze inquietanti e malinconiche che contengono al loro interno architetture e rovine provenienti da quel passato remoto che racconta la storia del nostro esordio umano e culturale. Anche il fratello di de Chirico, Alberto Savinio evoca con la sua opera L’Isola approdata del 1950, le reminiscenze di un mondo ancestrale che rimanda alle isole, e quindi ai luoghi e agli oggetti dell’infanzia e della giovinezza dell’artista. Ma i teatri del nostro trascorso possono subire metamorfosi inconsuete: il ricordo della figura materna: La Madre, quale simbolo dell’origine, qui mirabilmente dipinta da Gino Rossi nella serena luminosità di un emblematico crepuscolo: quello dell’età che avanza e quello del giorno che ci sta lasciando. Nei teatri veri e propri, intesi come ambientazione del ricordo e come scenario della rappresentazione, non possono certamente mancare i luoghi: le Venezie di Filippo De Pisis e Virgilio Guidi: due artisti che con due opere significative: rispettivamente, Venezia e Punta della Dogana, dipingono la città-teatro per eccellenza come luogo della frequentazione quotidiana, soggetto e habitat di un’appartenenza. Più legato al ricordo metafisico appare invece il quadro di René Paresce: Natura morta, che ci riporta al tema delle partenze e delle lontananze. Il viaggio quindi, come apertura e scoperta di nuovi orizzonti, ma anche come nostalgia del distacco. In questo nostro percorso non poteva però mancare la figura di un artista significativo quale è stato per l’Italia Renato Guttuso e proprio nell’anno in cui si celebra il centenario della nascita. Cesto con pannocchie, del 1984, è un dipinto che rimanda ai ricordi d’infanzia e ai cromatismi della sua Sicilia. Il quadro è l’immagine arcaica di una memoria contadina che si ripropone nel realismo pittorico di Guttuso e resta un omaggio sincero dell’artista alla sua terra d’origine. Più personale e onirico il racconto dei Teatri della Memoria, le opere concepite da Ezio Gribaudo: artista, editore, e uomo di cultura. Nei suoi dipinti, il tempo non è solo il trascorso del quotidiano, ma resta la cifra indelebile di un ricordo dei luoghi e delle cose. I Teatri della Memoria documentano il resoconto iconografico della vita dell’artista, pieni di rimandi autobiografici, ma anche testimonianza consapevole della propria epoca. I guerrieri che attraversano il tempo realizzati da Mario Ceroli nel suo dipinto Oziare del 1993, sono la testimonianza di un presenza arcaica, l’uomo è alla continua ricerca di se stesso e le figure di Ceroli camminano – fuori e dentro l’esistenza – come in un labirinto della storia, ma i contorni delle sue sagome trascendono il mito e si spostano nei territori leggendari di un classicismo atavico. Chiude la mostra un omaggio all’artista e poeta pugliese Marcello Pirro (Apricena, 1940 – Ravenna, 2008) protagonista di un lungo itinerario personale ricco di incontri e frequentazioni con i protagonisti dell’arte del Novecento. Il dipinto di Pirro Senza titolo, del 1972, contiene le tracce del lungo poema visivo che lo ha accompagnato durante tutta la sua esistenza: il consolidato amore per la sua terra d’origine, che l’artista racconta attraverso i segni arcaici, le ferite e le lacerazioni della vita, rivela i geroglifici di una scrittura della fantasia e le rimembranze di un paesaggio della memoria, incantato e incantevole, dove l’uomo è ancora in grado di ritrovare se stesso.
Fonte: http://www.murmurofart.com
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Amalia Di Lanno
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