“Stato d’Italia”
di Emiliano Mancuso
Fondazione Di Vagno
via San Benedetto
Conversano (BA)
dal 13 al 23 settembre 2012
Inaugurazione giovedì 13 settembre ore 19,30
Un reportage fotografico di Emiliano Mancuso
A cura di Renata Ferri
La prefazione del catalogo è a cura di Lucia Annunziata
Stato d'Italia è un viaggio lungo tre anni attraverso il nostro Paese, alla ricerca di storie, cronache e volti della crisi economica e sociale che stiamo vivendo: dagli sbarchi di Lampedusa alla vita nei palazzi della politica romana, passando per Rosarno e la rivolta dei braccianti africani, fino ai ragazzi di Taranto che vogliono rimanere lontani dai fumi delle acciaierie Ilva. Curato da Renata Ferri, con prefazione di Lucia Annunziata e con i testi di Laura Eduati, Angela Mauro, Andrea Milluzzi e Davide Varì, il libro è edito da Postcart Edizioni ed è una ricerca di storie, cronache e volti della crisi economica e sociale che stiamo vivendo.
Dalla prefazione di Lucia AnnunziataA pensarci bene, non ci sono molte buone ragioni per fare il giornalista.
Al di là della retorica e delle tante tentazioni di autocelebrazioni, il mestiere è alla fine solo quello di fare una domanda e trovarne la risposta. Operazione semplice da enunciare e quasi impossibile da portare a termine. Le domande giuste sono poche – e nascono dalla capacità di conoscere molto bene un fatto o una storia o una persona. Per il resto, quello che va sotto il nome di giornalismo è il più delle volte solo chiacchiera: montata con abilità, abbellita dalle coloratissime bolle di tanti aggettivi e tanti giudizi, ma alla fine comunque senza nessuna consistenza. Non è una tentazione di oggi – “Scoop” di Evelyn Waugh, il più realistico libro scritto sul giornalismo, è datato 1938 ….
… Il giornalismo è invece un mestiere di artigiani – è l’abilità di raccogliere e distinguere, e presentare gli elementi raccolti per i nomi che hanno, non per quelli che vorremmo avessero. Il giornalismo è ordine, è elenchi, è ricerca, senza sapere dove questa ci porta. In questo senso la sua metafora e il suo strumento sono davvero il viaggio – fuori e dentro di noi, nella certezza che non si vede nulla se non si impara a guardare….
Da questa convinzione nasce la mia breve raccomandazione per questo libro, e per i giornalisti che lo hanno messo insieme. Nelle loro pagine c’e’ qualcosa di raro nel nostro universo oggi: c’e’ un viaggio, ci sono occhi che guardano davvero, e c’e’ il silenzio profondo attraverso cui sono presentate, come una meditazione, le parole e le immagini. Un silenzio che traccia un sentiero nella devastante rissa in cui il giornalismo italiano ci immerge ogni giorno.
Dalla postfazione di Renata FerriCosa voglio raccontare ?
Questo si chiede sempre un fotografo quando affronta un nuovo progetto.
C’è un tempo perfetto per la fotografia documentaria, è quello del cambiamento: tensioni, stati di crisi, guerre, rivolte, migrazioni, diaspore, emergenze ambientali e umanitarie. I fotografi, li conosco bene, sono aperti, curiosi, guardano sempre molto lontano. Il mondo è sempre a portata di mano, non ci sono confini e ostacoli al desiderio di andare a vedere; solo la censura e la violenza, figlie dei regimi totalitari creati dagli uomini, possono impedire loro il movimento della curiosità….
Quell’anno ci sarebbero state le Olimpiadi di Pechino e in America sarebbe stato eletto il primo Presidente di colore della storia, il Kosovo si proclamava Repubblica indipendente dalla Serbia, in Kenya gli scontri tra governo e opposizione incendiavano il Paese causando morti e migliaia di sfollati e nel Pakistan senza pace Benazir Bhutto veniva uccisa in un attentato in mezzo alla folla. Tutto accadeva sotto i nostri occhi e dovevamo solo scegliere cosa e dove an-dare a vedere. Eppure più lo studiavamo e cercavamo di comprenderlo e più avevo la sensazione che i grandi eventi internazionali ci stessero allontanando da qualcosa.
Il nostro Paese stava scivolando in un’altra grande crisi politica, economica, sociale e culturale che ci avrebbe ancora una volta messo di fronte alle nostre scelte, alle domande sul futuro, alla voglia di fuggire o restare e rimboccarci le maniche. Nel 2008 Prodi era stato mandato a casa per cinque voti. Fini e Berlusconi avevano inventato il Popolo delle Libertà (mai nome fu più azzeccato per legittimare l’assoluta licenza di fare e disfare con spregio delle regole e, ancor peggio, della legge). L’emergenza rifiuti in Campania assumeva la forma di una vera e propria rivolta. Le piazze studentesche, dopo anni, si risvegliavano contro la riforma Gelmini. C’era un’aria pesante.
Non dobbiamo andare lontano. E’ tempo di stare qui, di guardare e di capire. E la fotografia può aiutare….
Fonte: http://www.lectorinfabula.com
Segnala:
Amalia Di Lanno
di Emiliano Mancuso
Fondazione Di Vagno
via San Benedetto
Conversano (BA)
dal 13 al 23 settembre 2012
info@fondazione.divagno.it |
0804959372 |
3661924625 |
Inaugurazione giovedì 13 settembre ore 19,30
Un reportage fotografico di Emiliano Mancuso
A cura di Renata Ferri
La prefazione del catalogo è a cura di Lucia Annunziata
Stato d'Italia è un viaggio lungo tre anni attraverso il nostro Paese, alla ricerca di storie, cronache e volti della crisi economica e sociale che stiamo vivendo: dagli sbarchi di Lampedusa alla vita nei palazzi della politica romana, passando per Rosarno e la rivolta dei braccianti africani, fino ai ragazzi di Taranto che vogliono rimanere lontani dai fumi delle acciaierie Ilva. Curato da Renata Ferri, con prefazione di Lucia Annunziata e con i testi di Laura Eduati, Angela Mauro, Andrea Milluzzi e Davide Varì, il libro è edito da Postcart Edizioni ed è una ricerca di storie, cronache e volti della crisi economica e sociale che stiamo vivendo.
Dalla prefazione di Lucia AnnunziataA pensarci bene, non ci sono molte buone ragioni per fare il giornalista.
Al di là della retorica e delle tante tentazioni di autocelebrazioni, il mestiere è alla fine solo quello di fare una domanda e trovarne la risposta. Operazione semplice da enunciare e quasi impossibile da portare a termine. Le domande giuste sono poche – e nascono dalla capacità di conoscere molto bene un fatto o una storia o una persona. Per il resto, quello che va sotto il nome di giornalismo è il più delle volte solo chiacchiera: montata con abilità, abbellita dalle coloratissime bolle di tanti aggettivi e tanti giudizi, ma alla fine comunque senza nessuna consistenza. Non è una tentazione di oggi – “Scoop” di Evelyn Waugh, il più realistico libro scritto sul giornalismo, è datato 1938 ….
… Il giornalismo è invece un mestiere di artigiani – è l’abilità di raccogliere e distinguere, e presentare gli elementi raccolti per i nomi che hanno, non per quelli che vorremmo avessero. Il giornalismo è ordine, è elenchi, è ricerca, senza sapere dove questa ci porta. In questo senso la sua metafora e il suo strumento sono davvero il viaggio – fuori e dentro di noi, nella certezza che non si vede nulla se non si impara a guardare….
Da questa convinzione nasce la mia breve raccomandazione per questo libro, e per i giornalisti che lo hanno messo insieme. Nelle loro pagine c’e’ qualcosa di raro nel nostro universo oggi: c’e’ un viaggio, ci sono occhi che guardano davvero, e c’e’ il silenzio profondo attraverso cui sono presentate, come una meditazione, le parole e le immagini. Un silenzio che traccia un sentiero nella devastante rissa in cui il giornalismo italiano ci immerge ogni giorno.
Dalla postfazione di Renata FerriCosa voglio raccontare ?
Questo si chiede sempre un fotografo quando affronta un nuovo progetto.
C’è un tempo perfetto per la fotografia documentaria, è quello del cambiamento: tensioni, stati di crisi, guerre, rivolte, migrazioni, diaspore, emergenze ambientali e umanitarie. I fotografi, li conosco bene, sono aperti, curiosi, guardano sempre molto lontano. Il mondo è sempre a portata di mano, non ci sono confini e ostacoli al desiderio di andare a vedere; solo la censura e la violenza, figlie dei regimi totalitari creati dagli uomini, possono impedire loro il movimento della curiosità….
Quell’anno ci sarebbero state le Olimpiadi di Pechino e in America sarebbe stato eletto il primo Presidente di colore della storia, il Kosovo si proclamava Repubblica indipendente dalla Serbia, in Kenya gli scontri tra governo e opposizione incendiavano il Paese causando morti e migliaia di sfollati e nel Pakistan senza pace Benazir Bhutto veniva uccisa in un attentato in mezzo alla folla. Tutto accadeva sotto i nostri occhi e dovevamo solo scegliere cosa e dove an-dare a vedere. Eppure più lo studiavamo e cercavamo di comprenderlo e più avevo la sensazione che i grandi eventi internazionali ci stessero allontanando da qualcosa.
Il nostro Paese stava scivolando in un’altra grande crisi politica, economica, sociale e culturale che ci avrebbe ancora una volta messo di fronte alle nostre scelte, alle domande sul futuro, alla voglia di fuggire o restare e rimboccarci le maniche. Nel 2008 Prodi era stato mandato a casa per cinque voti. Fini e Berlusconi avevano inventato il Popolo delle Libertà (mai nome fu più azzeccato per legittimare l’assoluta licenza di fare e disfare con spregio delle regole e, ancor peggio, della legge). L’emergenza rifiuti in Campania assumeva la forma di una vera e propria rivolta. Le piazze studentesche, dopo anni, si risvegliavano contro la riforma Gelmini. C’era un’aria pesante.
Non dobbiamo andare lontano. E’ tempo di stare qui, di guardare e di capire. E la fotografia può aiutare….
Fonte: http://www.lectorinfabula.com
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Amalia Di Lanno