martedì 4 settembre 2012

Stato d’Italia_ Emiliano Mancuso


“Stato d’Italia”
di Emiliano Mancuso

Fondazione Di Vagno
via San Benedetto
Conversano (BA)
dal 13 al 23 settembre 2012


info@fondazione.divagno.it
0804959372
3661924625


Inaugurazione giovedì 13 settembre ore 19,30

Un reportage fotografico di Emiliano Mancuso
A cura di Renata Ferri

La prefazione del catalogo è a cura di Lucia Annunziata

Stato d'Italia è un viaggio lungo tre anni attraverso il nostro Paese, alla ricerca di storie, cronache e volti della crisi economica e sociale che stiamo vivendo: dagli sbarchi di Lampedusa alla vita nei palazzi della politica romana, passando per Rosarno e la rivolta dei braccianti africani, fino ai ragazzi di Taranto che vogliono rimanere lontani dai fumi delle acciaierie Ilva. Curato da Renata Ferri, con prefazione di Lucia Annunziata e con i testi di Laura Eduati, Angela Mauro, Andrea Milluzzi e Davide Varì, il libro è edito da Postcart Edizioni ed è una ricerca di storie, cronache e volti della crisi economica e sociale che stiamo vivendo.

Dalla prefazione di Lucia AnnunziataA pensarci bene, non ci sono molte buone ragioni per fare il giornalista.

Al di là della retorica e delle tante tentazioni di autocelebrazioni, il mestiere è alla fine solo quello di fare una domanda e trovarne la risposta. Operazione semplice da enunciare e quasi impossibile da portare a termine. Le domande giuste sono poche – e nascono dalla capacità di conoscere molto bene un fatto o una storia o una persona. Per il resto, quello che va sotto il nome di giornalismo è il più delle volte solo chiacchiera: montata con abilità, abbellita dalle coloratissime bolle di tanti aggettivi e tanti giudizi, ma alla fine comunque senza nessuna consistenza. Non è una tentazione di oggi – “Scoop” di Evelyn Waugh, il più realistico libro scritto sul giornalismo, è datato 1938 ….

… Il giornalismo è invece un mestiere di artigiani – è l’abilità di raccogliere e distinguere, e presentare gli elementi raccolti per i nomi che hanno, non per quelli che vorremmo avessero. Il giornalismo è ordine, è elenchi, è ricerca, senza sapere dove questa ci porta. In questo senso la sua metafora e il suo stru­mento sono davvero il viaggio – fuori e dentro di noi, nella certezza che non si vede nulla se non si impara a guardare….

Da questa convinzione nasce la mia breve raccomandazione per questo libro, e per i giornalisti che lo hanno messo insieme. Nelle loro pagine c’e’ qualcosa di raro nel nostro universo oggi: c’e’ un viaggio, ci sono occhi che guardano davvero, e c’e’ il silenzio profondo attraverso cui sono presentate, come una meditazione, le parole e le immagini. Un silenzio che traccia un sentiero nella devastante rissa in cui il giornalismo italiano ci immerge ogni giorno.

Dalla postfazione di Renata FerriCosa voglio raccontare ?

Questo si chiede sempre un fotografo quando affronta un nuovo progetto.

C’è un tempo perfetto per la fotografia documentaria, è quello del cambia­mento: tensioni, stati di crisi, guerre, rivolte, migrazioni, diaspore, emergenze ambientali e umanitarie. I fotografi, li conosco bene, sono aperti, curiosi, guardano sempre molto lon­tano. Il mondo è sempre a portata di mano, non ci sono confini e ostacoli al desiderio di andare a vedere; solo la censura e la violenza, figlie dei regimi tota­litari creati dagli uomini, possono impedire loro il movimento della curiosità….

Quell’anno ci sarebbero state le Olimpiadi di Pechino e in America sarebbe stato eletto il primo Presidente di colore della storia, il Kosovo si proclamava Repubblica indipendente dalla Serbia, in Kenya gli scontri tra governo e oppo­sizione incendiavano il Paese causando morti e migliaia di sfollati e nel Pakistan senza pace Benazir Bhutto veniva uccisa in un attentato in mezzo alla folla. Tutto accadeva sotto i nostri occhi e dovevamo solo scegliere cosa e dove an-dare a vedere. Eppure più lo studiavamo e cercavamo di comprenderlo e più avevo la sensa­zione che i grandi eventi internazionali ci stessero allontanando da qualcosa.

Il nostro Paese stava scivolando in un’altra grande crisi politica, economica, sociale e culturale che ci avrebbe ancora una volta messo di fronte alle nostre scelte, alle domande sul futuro, alla voglia di fuggire o restare e rimboccarci le maniche. Nel 2008 Prodi era stato mandato a casa per cinque voti. Fini e Berlusconi avevano inventato il Popolo delle Libertà (mai nome fu più azzeccato per le­gittimare l’assoluta licenza di fare e disfare con spregio delle regole e, ancor peggio, della legge). L’emergenza rifiuti in Campania assumeva la forma di una vera e propria rivolta. Le piazze studentesche, dopo anni, si risvegliavano contro la riforma Gelmini. C’era un’aria pesante.

Non dobbiamo andare lontano. E’ tempo di stare qui, di guardare e di capire. E la fotografia può aiutare….

Fonte: http://www.lectorinfabula.com

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Amalia Di Lanno