sabato 24 marzo 2012

SILENZI DI SCENA nell’espressione artistica di Domenico Summa




Sentire la voce che parla dall’interno è un’abilità che l’artista possiede come virtù dell’essere. Nel momento in cui quest’abilità viene a coinvolgere sensi ed emozioni, allora si tratta di rappresentazione scenica di uno stile. Di questo si nutre il percorso silenzioso che connota l’attività di Domenico Summa, fotografo di sensibilità che si incontrano con la precipua voglia di cogliere le essenze del visibile da diffondere sul nudo schermo di una carta patinata.

Non è la prima volta che scrivo di arte configurata in fotografia. In fondo l’artista si incontra nel momento lungo di decodificazione di messaggi che, incastrando ambienti esterni e ambienti percettivi e proiettivi intimi, si inoltrano in profondità; assolvono al grave compito di dileguare le frantumazioni e le dissociazioni che sconvolgono l’occhio-mente e convergono nell’attimo dello scatto con la dimensione simbolica, metalogica di situazioni che procedono nell’oltre visibile squarciato, dilaniato dall’energia del vedere oltre. Si potrebbe considerare questa come la strategia vitale di Domenico Summa, del tutto assimilabile al braccio che ferma quelle vibrazioni facendone emergere respiri, intonazioni, incantamenti, fragori e fermenti in una sinfonia che è gesto e parola, colore e sognante bianco nero.

Un teatro del silenzio, nel quale tutto ha lo spessore della vita. Nel quale risuona l’algido flusso che intreccia la rappresentazione visiva proseguendo lungo il tracciato che diviene storia rigenerante a motivo di un movimento che scalpita oltre il velo. Domenico Summa sente che le sue creature in quel momento consolidano un’unione di corpo e sensi, ritmi ondulatori e scosse di vitalità dilagante, coinvolgente.

L’arte è co-scienza/conoscenza che avvicina all’infinito, a una dimensione distante dalle meteoriti aspre e vagheggianti e irrompe a dar dimestichezza con i volti nascosti dell’anima. E’ una forma di amore con la quale l’arte imbastisce l’unicità di un’occasione per porsi domande sulla natura dell’uomo e sulla motivazione del suo errare. Domenico Summa sostiene con innato pudore l’incidenza di quest’amore che si confronta sovente e mirabilmente con Eos, l’alba perenne che avvolge l’intenzione nel momento in cui prende forma in forma di acquisizione-amplificazione di convivenza in un tempo ideale per celebrare l’idea dell’arte come stile che elogia l’enciclopedia del conoscere al di là del visibile. Esso stesso conoscenza, perché l’arte del concepire in immagini è trazione danzante e per assolvere a questo compito occorre spostarsi continuamente da sé, catapultarsi in una dimensione inventiva che configura la finzione del palcoscenico nella luce-ombra di dettagli emergenti nella trama di una storia continua; che supera lo sguardo strabico sopraffatto dall’abitudine. Che chiude il sipario e con questo il pensiero.

Domenico Summa incornicia l’idea come condizione di un viaggio che riporta ad un flusso di contemporaneità l’incontro ermeneutico del solo pensabile con ciò che non emerge evidente, non è riscontrabile e che pure esiste. L’immagine si fa ombra e in essa trova riscontro il linguaggio composto da miriadi di sollecitazioni interpretative che abbattono l’iconografia statica nel nome di una libertà che sconvolge l’assolutezza retorica del visibile.

Carmen De Stasio