"ARCANUM"
Mostra personale a cura di Giovanna Lacedra
Comunicato Stampa:
“Ho bucato nel muro di tela una finestra.
Nuotando traditore con gambe e braccia sciolte”
[Stephane Mallarmé]
Sono i versi scritti da uno dei più celebri poeti simbolisti, ma potrebbero anche essere le parole di un pittore, che – spinto da un’urgenza disvelante – decidesse di trasformare le proprie tele in finestre schiuse su mondi apparentemente inaccessibili. Mondi “altri”. Misteriosi e misconosciuti, eppure prodigiosamente vicini. Mondi dentro al mondo. Conglobati, come scatole cinesi. O realtà parallele. Rasenti come stanze attigue.
Luoghi non immediatamente percepibili. Ma
intuibili e limitrofi. Territori di un altrove che sta alla realtà, così
come il cielo sta al mare.
Gli artisti Pre-Simbolisti – Goya,
Rossetti, Füssli e Blake – e Simbolisti – Moreau, Klimt, Von Stuck ,
Delville, Knopff –, hanno trattato la figura umana come padrona
dell’immaginifico spazio pittorico e magnificamente capace di spalancare
finestre sull’ignoto. Insomma, come il significante per eccellenza.
Ancora oggi vi sono artisti convinti che l’arte sia uno strumento
capace di sondare l’occulto, rendere manifesta la sovra-natura ed
esorcizzare i fantasmi interiori. E a dispetto di una postmoderna
deflagrazione di tecniche e contenuti, continuano ad adoperare la
pittura ad olio con questa precisa finalità. Uno di questi è Daniele
Duò (Torino, 1986) . Muovendosi in una dialettica pittorica di matrice
Neo-Simbolista, Duò sembra fare di questo verso mallarmeano l’incipit
al proprio agire. Pittore di sguardi eloquenti e graffianti, sin dagli
esordi popola le sue tele di creature che appaiono avulse dal tempo
reale e collocate in un tempo astrale . Deificate e demonizzate dal
particolare uso del bianco e nero, queste donne hanno occhi che sembrano
discorsi aperti; tagli che si affacciano su una sorta di quinta
dimensione. Pin-up o dark lady – un po’ aliene e un pò virago – queste
creature sembrano vivere da sempre in un remote viewing.
Il suo
nuovo ciclo pittorico, dal titolo Arcanum, ripropone le medesime
atmosfere mediante una figurazione sempre molto accurata, ma oggi
rinnovata da una scelta stilistica che si avvale anche del segno
grafico. In queste nuove opere, infatti, Duò sceglie di sintetizzare,
attraverso la linea nera di un pennarello, determinati dettagli della
composizione o del soggetto. Tutto il resto è pittura ad olio che crea
volumi e profondità mediante l’uso sapiente dello sfumato, basandosi su
una tavolozza ridotta alla mescolanza dei non-colori. Il bianco ed il
nero risolvono ogni tela in una scala di grigi, e talvolta il contrasto
si fa netto. Senza gradazioni. L’altra grande novità delle opere
presenti in mostra, risiede nella scelta del soggetto ritratto, il quale
non muta più di tela in tela, come accadeva nel ciclo Black Candy
(esposto presso lo Spazio Orlandi di Milano nel giugno del 2011), ma
resta ossessivamente lo stesso: Lei.
Lei. L’enigma, l’arcano, il
mistero. La sintesi di tutte le cose. La roccaforte dell’increato.
L’androginia, già incontrata con i Simbolisti storicizzati, torna a
manifestarsi nel corpo esile della semidea di Arcanum. È un corpo quasi
del tutto scevro da connotati che possano definirne l’identità di
genere. La modella scelta dal pittore sembra includerlo nella sua
fisicità. Sembra essere l’altra parte di sé. Come Knopff si autoritrae
guancia a guancia con la personificazione dell’ispirazione creativa,
allo stesso modo Duò inserisce nel ritratto di Lei, elementi della
propria fisicità, quasi a tentare quella fusione platonica mai più
ritrovata dal tempo in cui Zeus separò l’essere completo in due metà
complementari: il maschio e la femmina. Lei ne è la fusione ricreata:
un essere etereo e completo. È il segreto della vita raccolto in uno
sguardo. E non chiude mai gli occhi, né li rivolge altrove. Quello
sguardo esiste per catturare lo spettatore: scruta, svela, indaga.
Inchioda chi le sta di fronte, e riassume la luce di tutte le vite che
ha vissuto
Lei è madre e amante, è adulta e bambina. È l’amore ed è
la morte. Ma non si tratta di una femme fatale klimtiana, né di una
peccatrice Vonstuckiana. Si tratta piuttosto di un’anima veggente. O
più chiaramente, di quel buco nella tela suggerito Mallarmè. Lei è
l’uomo nella donna. È il figlio della Luna. È la presentificazione del
mistero. E di tela in tela, muta: ora è una donna-farfalla, ora è la
protettrice dei bambini abusati; ora catalizza l’energia della luna, ora
diventa padrona del tempo. È sempre una metafora. È simbolo per
eccellenza. La sua chioma ribelle si ramifica all’infinito, perché lei è
un albero, è un fiore, è un nido ed è una nuvola. Presente a se stessa
anche quando si perde, perché resta una scheggia nell’universo. E di
tela in tela, procede nel suo cammino, smarrendosi in boschi soleggiati o
paesaggi lunari.
Arcanum è un ciclo in cui ogni tela ha una
funzione analoga a quella dei Tarocchi nella cartomanzia, e va dunque
letta come summa allegorica delle vita stessa.
L’atto creativo è
in tal caso è un processo alchemico, una sorta di un rituale magico. È
un veicolo capace di condurre artista e fruitore in territori che
trascendono la realtà fruibile, pur dimorandovi ad un differente livello
vibrazionale. La monocromia adottata da Duò sa eternare l’immagine di
questa creatura enigmatica. E in alcune tele, la sua centralità e lo
scorcio prospettico del sottoinsù la rendono memore della “Parsifal” di
Delville.
Arcanum. Quando la pittura si fa finestra sull’ignoto.
From 28.02.2013 Till 23.03.2013
Opening: 28 february 2013
From 18.00 Till 24.00
SQUARE23 Contemporary Art gallery
Via San Massimo 45, 10123, Torino
Orari di apertura:
11-20, da martedì a sabato
Info:334.9980390 info@square23.net
Associazione MOMUS arte e design
Info:347.6870457 lorenza.capitano@momustori no.com
Segnala:
Amalia di Lanno