Spesso
il gusto e le ossessioni di ogni collezionista ha guidato la
costituzione di molte delle raccolte donate o in deposito presso il
Mart. Da questa attitudine nasce "La magnifica ossessione", una mostra
che presenta decine di opere senza gerarchie visive, mischiando le
collezioni, esaltando le differenze tra categorie e il dialogo tra i
decenni. Sono anche ospitati lavori di artisti contemporanei invitati ad
offrire il loro sguardo alla successione storica delle opere.
Contemporaneamente e' allestita un'importante panoramica di
videoinstallazioni di David Claerbout.
comunicato stampa
LA MAGNIFICA OSSESSIONE/THE MAGNIFICIENT OBSESSION
Il Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto celebra i suoi primi dieci anni di vita attraverso una mostra che ridisegna la relazione delle sue collezioni con il pubblico, riflette sul proprio patrimonio e intraprende un modo inedito di osservarlo.
Si tratta di raccolte ricchissime che il Mart ha spesso presentato in prospettive tematiche, con focus di approfondimento di nuclei circoscritti. L’occasione del traguardo dei dieci anni è quello di costruire un panorama più esteso ed aperto sulla collezione, permettendo al pubblico di esplorarla nella sua integrità ed eterogeneità, secondo un’esperienza inaspettata.
Spesso il gusto orientato dalle ossessioni proprie di ogni collezionista ha guidato la costituzione e la crescita di molte delle raccolte donate o in deposito presso il Mart.
Da questa attitudine nasce “La magnifica ossessione”, una mostra per la quale il Mart ricorre in toto alle proprie professionalità interne, affidandone la curatela ad un vero lavoro di squadra. I curatori e conservatori coinvolti sono Nicoletta Boschiero con Veronica Caciolli, Margherita de Pilati, Duccio Dogheria, Daniela Ferrari, Mariarosa Mariech, Paola Pettenella, Alessandra Tiddia, Denis Viva, Federico Zanoner.
Allo stesso tempo, l’esposizione racconta tutte le attività che riguardano le collezioni, la conservazione, il restauro, le relazioni istituzionali e lo studio, rivelando il proprio cuore pulsante, l’essere un organismo attivo e in perenne evoluzione.
“La magnifica ossessione” durerà quasi un anno intero, dal 26 ottobre 2012 al 6 ottobre 2013, e occuperà tutto il secondo piano del Mart.
Il visitatore potrà incontrare i protagonisti e le opere più significative dell’arte italiana e internazionale: dipinti, sculture, documenti d’archivio, grafica, fotografia, libri, rarità editoriali, manifesti, arte applicata e arredi, con sezioni dedicate sia ai capolavori del Museo, come quelli dell’avanguardia futurista, sia a opere meno note – ma altrettanto sorprendenti come quelle appartenenti all’arte italiana degli anni Trenta (Astrattismo, Architettura Razionalista, Mario Sironi, Giorgio De Chirico) o degli anni Sessanta e Settanta (Lucio Fontana, Pop Art, Poesia Visiva). La mostra ospita lavori pensati e realizzati da artisti contemporanei che interverranno offrendo il loro sguardo alla successione storica delle opere: Paco Cao, Liliana Moro, Emilio Isgrò sono i primi artisti invitati a confrontarsi con questa “magnifica ossessione”.
Il percorso ha quindi una scansione cronologica, che non va intesa come sequenza di tendenze e movimenti storicizzati, bensì come una visione inedita, aperta al tema della ricerca dell’identità stessa di un Museo che si è contraddistinto per la propria dinamicità: si parte dalle opere di Andrea Malfatti e attraverso l’irredentismo e l’irruzione della modernità si giunge alla “Trento Ellipse” di Richard Long, realizzata con pietre di porfido trentino.
Le opere saranno disposte senza gerarchie visive, mischiando le collezioni ed esaltando le differenze tra le categorie, attraverso uno slittamento temporale che vedrà dialogare i decenni, all’insegna delle “anticipazioni del futuro” offerte dal passato, o della “archeologia del presente” offerta dalla stessa attualità. Una rievocazione, in un certo senso, dello spirito dei salons ottocenteschi, esposizioni che rappresentavano un diverso modo di osservare le opere d’arte. “La magnifica ossessione” propone una sensibilità prossima ai criteri del collezionismo e alle condizioni visive della realtà, piuttosto che alla presunta neutralità ed asetticità delle sale espositive moderne e contemporanee.
Biografie artisti
Paco Cao
Nato nelle Asturie (Spagna), nel 1965, l’artista attualmente vive e lavora a New York dove si è trasferito negli anni Novanta, appena terminati gli studi di storia dell’arte. Cao opera, da subito, su differenti fronti artistici senza preferire nessun medium in particolare e connettendo varie discipline all’interno del suo lavoro. Spesso i suoi processi artistici coinvolgono la dimensione collettiva e le diverse identità culturali dei gruppi sociali. Sin dal primo provocatorio progetto Rent a Body (1993-98) ad uno degli ultimi lungometraggi El veneno del baile (2009), Cao ha spaziato dalla performance al cinema indagando i rapporti profondi che definiscono i fenomeni di aggregazione o di frammentazione socio-culturale. Tra i suoi più rilevanti progetti degli ultimi anni: Look-alike Contest Series (2001-2004), sul tema del ritratto individuale e pubblico, e Don’t touch the white woman (2006) che prosegue l’indagine sulla rappresentazione del sé e degli altri. Nel 2011 ha esposto alla ottava Mercosul Biennale e nella mostra Facets of Figuration al MoMA di New York.
Emilio Isgrò
Nato a Barcellona Pozzo di Gotto nel 1937, Emilio Isgrò è fra i più poliedrici artisti e intellettuali critici della sua generazione. Celebre per le sue cancellature, opere che ottengono in negativo una rasura del testo iniziale, mediante ossessive e puntuali barrature nere che lasciano talvolta intravedere alcune parole, Isgrò si è inoltre dedicato alla Poesia, il giornalismo e la drammaturgia. Esordisce nei primi anni Sessanta inserendosi da subito nel filone di ricerche, fra immagine e testo, della Poesia Visiva, che anticipa già alcuni temi e intuizioni che saranno, successivamente, dell’Arte Concettuale. Nel corso degli anni, Isgrò esplora anche altri linguaggi delle arti visive sfociando nell’installazione e nella recente “scultura” il Seme d’arancio (1998) per la sua città natale. Sue mostre personali si sono recentemente tenute presso il Centro per l’Arte Contemporanea Pecci di Prato (2008), la Fondazione Marconi di Milano (2012) e nel complesso di Santa Maria dello Spasimo a Palermo (2000-2001). Nel 2007 Alberto Fiz ha raccolto in un volume antologico molti dei suoi scritti dal 1963 sino ad oggi.
Liliana Moro
Nata a Milano nel 1961, dove vive e lavora, Liliana Moro ha esordito nelle arti visive sul finire degli anni Ottanta, dopo aver studiato all’Accademia di Brera con Luciano Fabro. Nel fermento culturale milanese di quegli anni , Liliana Moro è fra i fondatori di uno degli spazi espositivi alternativi che rivitalizzò il clima culturale della città, quello di via Lazzaro Palazzi. Sin da subito, l’artista ottiene importanti riconoscimenti con l’invito alla IX Documenta di Kassel (1992) e alla Biennale di Venezia del 1993. Il suo lavoro non privilegia nessun media in particolare, esso si concentra sull’esperienza individuale dello spettatore che è spesso invitato a oltrepassare ciò che è reso visibile e ridotto all’essenziale dall’’artista. Tra le sue personali presso istituzioni pubbliche si ricordano quella all’ARC Museé d’Art Moderne di Parigi (1993), al MUHKA di Antwerpen (1996) ed all’Istituto di Cultura Italiana di Los Angeles (2007).
Christian Fogarolli
Nato a Trento nel 1983, Christian Fogarolli si è laureato in Scienze dei Beni Culturali presso l’Università degli Studi di Trento. Dal 2008 ha sviluppato un percorso pittorico contraddistinto da diverse tecniche espressive e nel contempo ha frequentato un Master in Studio, Diagnostica e Restauro Dipinti presso l’Università di Verona, espandendo il suo interesse artistico dalle tecniche antiche alle innovazioni contemporanee.
La sua pittura prende avvio dall’ispirazione iperrealista per proseguire in una gestualità più immediata ed espressiva che alterna l’uso dei materiali, degli strumenti di creazione e dei supporti: dalla classica tela al legno, dall’espanso al carton-gesso, fino ad arrivare a lamiere metalliche. La stesura del colore, inizialmente composta da sottili e numerose velature, passa a stratigrafie materiche, corpose e plastiche, e talvolta violente, incarnata nello stucco bianco o nelle leggere atmosfere di cenere e ruggine di alcuni sfondi. Centro della sua ricerca sono l’essere umano e la sua dimensione nel contesto contemporaneo, sia a livello individuale che sociale. Attualmente è presente a dOCUMENTA (13) (Kassel, Germania) con un lavoro.
Paolo Meoni
Nato nel 1967 a Prato, dove vive e lavora, Paolo Meoni usa video, fotografia e altre tecniche di acquisizione e manipolazione delle immagini per una ricerca incentrata sulle mutazioni del territorio. Dopo aver vinto nel 2010 il premio Terna03 nella categoria Megawatt, Meoni ha avuto mostre personali nelle gallerie Casamasaccio, Dryphoto e Die Mauer, ed ha partecipato a “Palinsesti 2010 – Storyboard” di San Vito al Tagliamento e al 32° Film festival mediterraneo di Montpellier.
Nel 2012 ha partecipato alla collettiva del MAN di Nuoro “L’evento immobile. Sfogliare il tempo”, alla selezione del Premio Terna tenutasi al Multimedia Art Museum di Mosca e a “Mondi”, di nuovo alla galleria Die Mauer di Prato.
----
Il 26 ottobre 2012 ore 18
EMILIO ISGRÒ CANCELLA PER IL MART IL MANIFESTO DEL FUTURISMO
L’intervento di Emilio Isgrò al Mart non è una mostra, non è un evento, non è una conferenza.
Si tratta, piuttosto, di un Corso di cancellazione generale per le scuole d’Italia che dal mese di ottobre 2012 arriverà fino al 2013, secondo modalità “corali” che l’artista stabilirà di volta in volta con il direttore e i curatori del museo.
Per la partenza (fissata il 26 ottobre) la partecipazione dell’artista sarà limitata e sfuggente, “quasi autocancellatoria” dice Isgrò, “una specie di ouverture in cui si annunciano i temi senza darne lo svolgimento”.
Ma sarà comunque un impatto forte: in quanto l’opera Cancello il Manifesto del Futurismo, realizzata in dimensione ridotta cancellando la prima pagina de Le Figaro che nel 1909 pubblicò il manifesto di Marinetti, tappezzerà letteralmente le pareti della sala in cui appariranno, come ombre di un futuro ancora possibile, la macchina intonarumori di Luigi Russolo e una serie di immagini fotografiche legate alla mitologia marinettiana.
“Si tratta tuttavia soltanto del prologo”, precisa misterioso l’artista “perché tra qualche mese, in una data imprecisata e imprecisabile, il Manifesto di Isgrò-Marinetti, potrebbe essere realizzato in grandi dimensioni scendendo trionfalmente per la tromba delle scale del museo, come una di quelle fanciulle arabe che Marinetti adolescente vide esibirsi nella danza del ventre sulle rive del Nilo”.
Il Futurismo e le avanguardie storiche come cancellazione: è questo il discorso di Isgrò, il quale ha il dubbio che negli ultimi anni, “facendo piazza pulita di slanci e utopie anche nell’arte, è stato forse buttato via il bambino con l’acqua sporca”.
“Nous voulons effacer. Nous voulons revêr. Noi vogliamo cancellare. Noi vogliamo sognare. Sono queste le sole parole che io faccio emergere dal testo di Marinetti” dice l’artista “come segno forte in direzione di un’utopia ancora concretamente perseguibile da parte dei giovani: la possibilità di crescere in un mondo più umano e pacificato.
Paradossalmente ciò che suggerirebbe oggi il bellicoso Marinetti se fosse ancora tra noi. Un Marinetti che probabilmente non invocherebbe più la guerra come sola igiene del mondo. Insomma, un Marinetti più pacifista di Gandhi. Sta qui la novità della mia proposta rispetto alla lettura che di solito si dà del Futurismo”.
“Dubito molto” conclude Isgrò “che Marinetti invocherebbe ancora oggi l’uccisione del Chiaro di Luna: perché il Chiaro di Luna è in pratica sparito grazie ai gas tossici che inquinano l’atmosfera. E lui, figlio della sua epoca ma uomo intelligente come pochi, se ne accorgerebbe per primo, cambiando registro”.
-----
LA MAGNIFICA OSSESSIONE presenta LILIANA MORO con “DICONO CHE LEI”
Per “La magnifica ossessione”, Liliana Moro (Milano, 1961) è stata invitata a riflettere sul tema dell’essere donna.
Il suo progetto si sviluppa su un doppio binario; da una parte l’artista presenta una sua opera, Underdog: è un gruppo scultoreo in bronzo di dimensioni ambientali, ovvero un branco di cinque cani a grandezza naturale che il visitatore potrà attraversare osservando le differenti posizioni e attitudini di ciascuno, intento a osservare da lontano, attaccare, o riposare ai margini.
L’underdog è una persona o un gruppo di persone che in vari tipi di competizioni, da quelle politiche a quelle sportive, ci si aspetta che perda. La riflessione dell’artista sulla figura del perdente, un ruolo spesso prestabilito a priori dalle dinamiche del “gioco”, innesca domande su cosa però si vinca o si perda realmente, portandoci a pensare ad un possibile ribaltamento dei ruoli o a un loro annullamento. Quest’opera e queste riflessioni acquistano ancora più senso quando sono utilizzate per analizzare il ruolo storico della donna.
Parallelamente a Underdog, Liliana Moro ha selezionato una serie di opere realizzate da artiste di varie generazioni, provenienti dalle collezioni in deposito al museo, per comporre un ritratto polifonico sulla figura della donna. Tra queste, un suo omaggio a Ketty La Rocca, artista di spicco nel panorama degli anni sessanta che ha lavorato intensamente su questa questione: uno dei suoi lavori selezionati, Dicono che lei, dà anche il titolo alla sua sala
Liliana Moro – Biografia
Nata a Milano nel 1961, dove vive e lavora, Liliana Moro ha esordito nelle arti visive sul finire degli anni Ottanta, dopo aver studiato all’Accademia di Brera con Luciano Fabro. Nel fermento culturale milanese di quegli anni , Liliana Moro è fra i fondatori di uno degli spazi espositivi alternativi che rivitalizzò il clima culturale della città, quello di via Lazzaro Palazzi. Sin da subito, l’artista ottiene importanti riconoscimenti con l’invito alla IX Documenta di Kassel (1992) e alla Biennale di Venezia del 1993. Il suo lavoro non privilegia nessun media in particolare, esso si concentra sull’esperienza individuale dello spettatore che è spesso invitato a oltrepassare ciò che è reso visibile e ridotto all’essenziale dall’’artista. Tra le sue personali presso istituzioni pubbliche si ricordano quella all’ARC Museé d’Art Moderne di Parigi (1993), al MUHKA di Antwerpen (1996) ed all’Istituto di Cultura Italiana di Los Angeles (2007).
-----
PAOLO MEONI PRESENTA UNITA’ RESIDENZIALE D’OSSERVAZIONE
Paolo Meoni presenta Unità residenziale d’osservazione nelle sale della mostra “La magnifica ossessione”.
Si tratta di un video realizzato con la tecnica dello stop motion, a partire da un montaggio di 1600 fotografie digitali. L’opera nasce come progetto a posteriori: l’artista ha selezionato le immagini da una parte del proprio archivio fotografico personale, dedicata a vedute urbane di ambienti di lavoro. Nel video scorrono quindi edifici in costruzione o in ristrutturazione, zone industriali, periferie urbane. Di questi luoghi a Meoni interessa il potenziale di “mutazione strutturale profonda, in cui vecchio e nuovo sono estremamente mescolati, e la città nel suo insieme non è più visibile”.
Unità residenziale d’osservazione è anche una riflessione sul modo in cui la trasformazione di aree periferiche metropolitane influisca sui confini e sull’identità stessa di aree urbane più ampie.
Paolo Meoni - Biografia
Nato nel 1967 a Prato, dove vive e lavora, Paolo Meoni usa video, fotografia e altre tecniche di acquisizione e manipolazione delle immagini per una ricerca incentrata sulle mutazioni del territorio.
Dopo aver partecipato nel 2008 a “New Delhi: Urban Landscapes”, al Centro per l'Arte Contemporanea L . Pecci di Prato e all’Italian Cultural Institute di New Delhi, nel 2010 Meoni avuto mostre personali nelle gallerie Casamasaccio, Dryphoto e Die Mauer, ed ha partecipato a “Palinsesti 2010 – Storyboard” di San Vito al Tagliamento e al 32° Film festival mediterraneo di Montpellier.
Nel 2012 ha partecipato alla collettiva del MAN di Nuoro “L’evento immobile. Sfogliare il tempo”, alla selezione del Premio Terna tenutasi al Multimedia Art Museum di Mosca e a “Mondi”, di nuovo alla galleria Die Mauer di Prato.
-----
CHRISTIAN FOGAROLLI PRESENTA “ANTENATE BESTIE DA MANICOMIO”
Le opere di Christian Fogarolli presenti ne “La magnifica ossessione” al Mart di Rovereto sono il proseguo del progetto Lost Identities. Human=Animal, realizzato per dOCUMENTA (13) a cura di Carolin Cristov-Bakargiev in Karlsue Park, Kassel. Il nucleo di opere in mostra al Mart, parte dallo studio della fotografia criminale di primo novecento e prende avvio ad inizio 2011 negli spazi dell'ex manicomio di Pergine Valsugana in Trento (1882-1981). I lavori, nati da un’indagine fotografica e da una ricerca d'archivio, sono fotografie, in alcuni casi mediate dalla pittura soprastante, create sulla base dello studio di fonti primarie (cartelle e diari clinici, lettere private, documenti) cercando di mantenere saldo il vincolo archivistico di tutte le unità.La ricerca ha evidenziato una forte analogia delle immagini emerse dall’archivio con la fotografia segnaletica, criminale e giudiziaria europea. Nella stampa delle lastre fotografiche l’artista si è immerso nella dimensione introspettiva di vite sconosciute, riscontrando in questi volti e corpi valori estetici più vicini all’arte che alla scienza psichiatrica. Immagini definite sacre, proprio come sono state definite le iconografie dei martiri e dei santi che oggi possono essere lette come dei fermi immagine della scena di un crimine o degli immensi archivi di una rogues gallery nell’eterna distinzione tra vittima e carnefice.
Christian Fogarolli – Biografia
Nato a Trento nel 1983, Christian Fogarolli si è laureato in Scienze dei Beni Culturali presso l’Università degli Studi di Trento. Dal 2008 ha sviluppato un percorso pittorico contraddistinto da diverse tecniche espressive e nel contempo ha frequentato un Master in Studio, Diagnostica e Restauro Dipinti presso l’Università di Verona, espandendo il suo interesse artistico dalle tecniche antiche alle innovazioni contemporanee.Centro della sua ricerca è l’essere umano e la sua dimensione nel contesto contemporaneo, sia a livello individuale che sociale. I personaggi rappresentati sembrano rivelare spesso l’appartenenza dei soggetti ad un preciso quanto indeterminato passato catapultato nell’odierna contemporaneità.
I lavori in alcuni casi nascono e si sviluppano da studi o bozze grafiche mentre in altri dall’indagine fotografica e la ricerca d’archivio. Discariche di rifiuti, antichi, documenti, stampe, fotografie e oggetti portati alla riesumazione per chiarire il senso del tempo e ridurre la dimensione obesa del presente. Christian Fogarolli ha esposto le sue opere a dOCUMENTA (13) (Kassel, Germania).
-----
DAVID CLAERBOUT
26 ottobre 2012 - 13 gennaio 2013
A cura di Saretto Cincinelli
Questa mostra a cura di Saretto Cincinelli propone al pubblico italiano David Claerbout, uno degli artisti più innovativi tra coloro che, nel panorama internazionale, lavorano con le immagini in movimento, e la cui ricerca, pur non molto nota nel nostro paese, negli ultimi anni è stata al centro di importanti personali tenutesi al Centre Pompidou, Parigi (2007); al De Pont Museum for Contemporary Art, Paesi Bassi (2009); al Wiells, Bruxelles e al San Francisco Museum of Art (2011); alla Secession, Vienna e alla Parasol unit foundation for contemporary Art, Londra (2012) e di mostre internazionali che hanno tematizzato l’interesse degli artisti contemporanei per la dimensione temporale di cinema e video.
L’intento del Mart è quello di introdurre il pubblico italiano ad una ricerca che, tramite l’esplorazione della natura temporale dell’immagine e la problematizzazione dei confini che separano immagine statica e immagine in movimento, permette di capire come l’utilizzo del digitale, in chiave non meramente spettacolare, abbia aperto nuovi orizzonti percettivi, estetici e concettuali alla visione contemporanea.
Realizzata in stretta collaborazione con l’artista, la mostra offre un’importante panoramica di videoinstallazioni inedite nel nostro paese - da "Untitled (Single Channel View)", 1998-2000, giungono sino a "The Quiet Shore", 2011 - con le quali David Claerbout si è affermato come uno dei più acuti indagatori del rapporto che si instaura tra tempo e medium filmico e fotografico.
L’allestimento, affidato all’architetto Pedro Sousa, rimuovendo completamente la naturale gerarchia degli spazi del primo piano del museo, crea un ambiente totale, in cui opere e architettura appaiono completante integrate, al punto che risulta arduo stabilire se sia l'opera a modulare la spazialità preliminare o lo spazio ad essere predisposto per accoglierla.
Tra le opere proposte, “Bordeaux Piece”, 2004 che mostra - calando un’azione che si replica in maniera quasi identica in un tempo che invece si trasforma silenziosamente dell’alba alla notte nel suo monumentale perdurare - più che la decostruzione di una situazione narrativa una sorta di incantamento temporale che sposta insensibilmente l’accento dalla durata dell’evento all’evento della durata; “Sections of Happy Moment”, 2007, che fissa la molteplicità dei punti di vista impliciti in un istante dischiuso, dilatando interminabilmente il tempo della sua durata e facendoci percepire la simultaneità spaziale come progressione temporale; “Riverside”, 2009, che, come molte delle opere dell'artista, giocando con le aspettative precostituite dello spettatore, mostra come contemporanei due eventi che si svolgono in uno stesso luogo ma evidentemente in tempi radicalmente diversi; “The American Room”, 2009, in cui interventi impercettibili ed estremamente sofisticati tendono a mettere in dubbio l’autorità della fissità fotografica, del movimento filmico e della distanza spaziale, producendo nello spettatore la sensazione di potersi muovere liberamente nel tempo congelato di una foto, o infine “The Quiet Shore”, 2011, che, con il suo incantamento di un istante, testimonia l’interesse dell’artista per quel che potremmo definire la soglia della visione, una soglia che sembra far retrocedere l’immagine e il racconto sino allo stadio del suo annunciarsi, quando pare ancora capace di mantenere intatte tutte le sue potenzialità.
-----
Il Mart ringrazia
Provincia autonoma di Trento
Comune di Trento
Comune di Rovereto
In partnership con:
UniCredit
Vini de Tarczal
Partner tecnici:
Cartiere del Garda
Trentino Marketing
Vettore ufficiale:
Ferrovie dello Stato Italiane
Per le attività didattiche:
Casse Rurali Trentine
Responsabile Comunicazione:
Flavia Fossa Margutti
Ufficio stampa:
Luca Melchionna M 320 4303487
Clementina Rizzi M 338 6512683
T 0464454127/124 press@mart.trento.it
Venerdì 26 ottobre
ore 11.30 conferenza stampa, Mart Sala Conferenze
ore 18 inaugurazione della mostra
MartRovereto
Corso Bettini, 43
38068 Rovereto (TN)
Orari:
mar-dom 10.00-18.00 ven 10.00-21.00.
Tariffe: Intero 11 Euro
Ridotto: 7 Euro
Gratuito fino ai 14 anni
Il Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto celebra i suoi primi dieci anni di vita attraverso una mostra che ridisegna la relazione delle sue collezioni con il pubblico, riflette sul proprio patrimonio e intraprende un modo inedito di osservarlo.
Si tratta di raccolte ricchissime che il Mart ha spesso presentato in prospettive tematiche, con focus di approfondimento di nuclei circoscritti. L’occasione del traguardo dei dieci anni è quello di costruire un panorama più esteso ed aperto sulla collezione, permettendo al pubblico di esplorarla nella sua integrità ed eterogeneità, secondo un’esperienza inaspettata.
Spesso il gusto orientato dalle ossessioni proprie di ogni collezionista ha guidato la costituzione e la crescita di molte delle raccolte donate o in deposito presso il Mart.
Da questa attitudine nasce “La magnifica ossessione”, una mostra per la quale il Mart ricorre in toto alle proprie professionalità interne, affidandone la curatela ad un vero lavoro di squadra. I curatori e conservatori coinvolti sono Nicoletta Boschiero con Veronica Caciolli, Margherita de Pilati, Duccio Dogheria, Daniela Ferrari, Mariarosa Mariech, Paola Pettenella, Alessandra Tiddia, Denis Viva, Federico Zanoner.
Allo stesso tempo, l’esposizione racconta tutte le attività che riguardano le collezioni, la conservazione, il restauro, le relazioni istituzionali e lo studio, rivelando il proprio cuore pulsante, l’essere un organismo attivo e in perenne evoluzione.
“La magnifica ossessione” durerà quasi un anno intero, dal 26 ottobre 2012 al 6 ottobre 2013, e occuperà tutto il secondo piano del Mart.
Il visitatore potrà incontrare i protagonisti e le opere più significative dell’arte italiana e internazionale: dipinti, sculture, documenti d’archivio, grafica, fotografia, libri, rarità editoriali, manifesti, arte applicata e arredi, con sezioni dedicate sia ai capolavori del Museo, come quelli dell’avanguardia futurista, sia a opere meno note – ma altrettanto sorprendenti come quelle appartenenti all’arte italiana degli anni Trenta (Astrattismo, Architettura Razionalista, Mario Sironi, Giorgio De Chirico) o degli anni Sessanta e Settanta (Lucio Fontana, Pop Art, Poesia Visiva). La mostra ospita lavori pensati e realizzati da artisti contemporanei che interverranno offrendo il loro sguardo alla successione storica delle opere: Paco Cao, Liliana Moro, Emilio Isgrò sono i primi artisti invitati a confrontarsi con questa “magnifica ossessione”.
Il percorso ha quindi una scansione cronologica, che non va intesa come sequenza di tendenze e movimenti storicizzati, bensì come una visione inedita, aperta al tema della ricerca dell’identità stessa di un Museo che si è contraddistinto per la propria dinamicità: si parte dalle opere di Andrea Malfatti e attraverso l’irredentismo e l’irruzione della modernità si giunge alla “Trento Ellipse” di Richard Long, realizzata con pietre di porfido trentino.
Le opere saranno disposte senza gerarchie visive, mischiando le collezioni ed esaltando le differenze tra le categorie, attraverso uno slittamento temporale che vedrà dialogare i decenni, all’insegna delle “anticipazioni del futuro” offerte dal passato, o della “archeologia del presente” offerta dalla stessa attualità. Una rievocazione, in un certo senso, dello spirito dei salons ottocenteschi, esposizioni che rappresentavano un diverso modo di osservare le opere d’arte. “La magnifica ossessione” propone una sensibilità prossima ai criteri del collezionismo e alle condizioni visive della realtà, piuttosto che alla presunta neutralità ed asetticità delle sale espositive moderne e contemporanee.
Biografie artisti
Paco Cao
Nato nelle Asturie (Spagna), nel 1965, l’artista attualmente vive e lavora a New York dove si è trasferito negli anni Novanta, appena terminati gli studi di storia dell’arte. Cao opera, da subito, su differenti fronti artistici senza preferire nessun medium in particolare e connettendo varie discipline all’interno del suo lavoro. Spesso i suoi processi artistici coinvolgono la dimensione collettiva e le diverse identità culturali dei gruppi sociali. Sin dal primo provocatorio progetto Rent a Body (1993-98) ad uno degli ultimi lungometraggi El veneno del baile (2009), Cao ha spaziato dalla performance al cinema indagando i rapporti profondi che definiscono i fenomeni di aggregazione o di frammentazione socio-culturale. Tra i suoi più rilevanti progetti degli ultimi anni: Look-alike Contest Series (2001-2004), sul tema del ritratto individuale e pubblico, e Don’t touch the white woman (2006) che prosegue l’indagine sulla rappresentazione del sé e degli altri. Nel 2011 ha esposto alla ottava Mercosul Biennale e nella mostra Facets of Figuration al MoMA di New York.
Emilio Isgrò
Nato a Barcellona Pozzo di Gotto nel 1937, Emilio Isgrò è fra i più poliedrici artisti e intellettuali critici della sua generazione. Celebre per le sue cancellature, opere che ottengono in negativo una rasura del testo iniziale, mediante ossessive e puntuali barrature nere che lasciano talvolta intravedere alcune parole, Isgrò si è inoltre dedicato alla Poesia, il giornalismo e la drammaturgia. Esordisce nei primi anni Sessanta inserendosi da subito nel filone di ricerche, fra immagine e testo, della Poesia Visiva, che anticipa già alcuni temi e intuizioni che saranno, successivamente, dell’Arte Concettuale. Nel corso degli anni, Isgrò esplora anche altri linguaggi delle arti visive sfociando nell’installazione e nella recente “scultura” il Seme d’arancio (1998) per la sua città natale. Sue mostre personali si sono recentemente tenute presso il Centro per l’Arte Contemporanea Pecci di Prato (2008), la Fondazione Marconi di Milano (2012) e nel complesso di Santa Maria dello Spasimo a Palermo (2000-2001). Nel 2007 Alberto Fiz ha raccolto in un volume antologico molti dei suoi scritti dal 1963 sino ad oggi.
Liliana Moro
Nata a Milano nel 1961, dove vive e lavora, Liliana Moro ha esordito nelle arti visive sul finire degli anni Ottanta, dopo aver studiato all’Accademia di Brera con Luciano Fabro. Nel fermento culturale milanese di quegli anni , Liliana Moro è fra i fondatori di uno degli spazi espositivi alternativi che rivitalizzò il clima culturale della città, quello di via Lazzaro Palazzi. Sin da subito, l’artista ottiene importanti riconoscimenti con l’invito alla IX Documenta di Kassel (1992) e alla Biennale di Venezia del 1993. Il suo lavoro non privilegia nessun media in particolare, esso si concentra sull’esperienza individuale dello spettatore che è spesso invitato a oltrepassare ciò che è reso visibile e ridotto all’essenziale dall’’artista. Tra le sue personali presso istituzioni pubbliche si ricordano quella all’ARC Museé d’Art Moderne di Parigi (1993), al MUHKA di Antwerpen (1996) ed all’Istituto di Cultura Italiana di Los Angeles (2007).
Christian Fogarolli
Nato a Trento nel 1983, Christian Fogarolli si è laureato in Scienze dei Beni Culturali presso l’Università degli Studi di Trento. Dal 2008 ha sviluppato un percorso pittorico contraddistinto da diverse tecniche espressive e nel contempo ha frequentato un Master in Studio, Diagnostica e Restauro Dipinti presso l’Università di Verona, espandendo il suo interesse artistico dalle tecniche antiche alle innovazioni contemporanee.
La sua pittura prende avvio dall’ispirazione iperrealista per proseguire in una gestualità più immediata ed espressiva che alterna l’uso dei materiali, degli strumenti di creazione e dei supporti: dalla classica tela al legno, dall’espanso al carton-gesso, fino ad arrivare a lamiere metalliche. La stesura del colore, inizialmente composta da sottili e numerose velature, passa a stratigrafie materiche, corpose e plastiche, e talvolta violente, incarnata nello stucco bianco o nelle leggere atmosfere di cenere e ruggine di alcuni sfondi. Centro della sua ricerca sono l’essere umano e la sua dimensione nel contesto contemporaneo, sia a livello individuale che sociale. Attualmente è presente a dOCUMENTA (13) (Kassel, Germania) con un lavoro.
Paolo Meoni
Nato nel 1967 a Prato, dove vive e lavora, Paolo Meoni usa video, fotografia e altre tecniche di acquisizione e manipolazione delle immagini per una ricerca incentrata sulle mutazioni del territorio. Dopo aver vinto nel 2010 il premio Terna03 nella categoria Megawatt, Meoni ha avuto mostre personali nelle gallerie Casamasaccio, Dryphoto e Die Mauer, ed ha partecipato a “Palinsesti 2010 – Storyboard” di San Vito al Tagliamento e al 32° Film festival mediterraneo di Montpellier.
Nel 2012 ha partecipato alla collettiva del MAN di Nuoro “L’evento immobile. Sfogliare il tempo”, alla selezione del Premio Terna tenutasi al Multimedia Art Museum di Mosca e a “Mondi”, di nuovo alla galleria Die Mauer di Prato.
----
Il 26 ottobre 2012 ore 18
EMILIO ISGRÒ CANCELLA PER IL MART IL MANIFESTO DEL FUTURISMO
L’intervento di Emilio Isgrò al Mart non è una mostra, non è un evento, non è una conferenza.
Si tratta, piuttosto, di un Corso di cancellazione generale per le scuole d’Italia che dal mese di ottobre 2012 arriverà fino al 2013, secondo modalità “corali” che l’artista stabilirà di volta in volta con il direttore e i curatori del museo.
Per la partenza (fissata il 26 ottobre) la partecipazione dell’artista sarà limitata e sfuggente, “quasi autocancellatoria” dice Isgrò, “una specie di ouverture in cui si annunciano i temi senza darne lo svolgimento”.
Ma sarà comunque un impatto forte: in quanto l’opera Cancello il Manifesto del Futurismo, realizzata in dimensione ridotta cancellando la prima pagina de Le Figaro che nel 1909 pubblicò il manifesto di Marinetti, tappezzerà letteralmente le pareti della sala in cui appariranno, come ombre di un futuro ancora possibile, la macchina intonarumori di Luigi Russolo e una serie di immagini fotografiche legate alla mitologia marinettiana.
“Si tratta tuttavia soltanto del prologo”, precisa misterioso l’artista “perché tra qualche mese, in una data imprecisata e imprecisabile, il Manifesto di Isgrò-Marinetti, potrebbe essere realizzato in grandi dimensioni scendendo trionfalmente per la tromba delle scale del museo, come una di quelle fanciulle arabe che Marinetti adolescente vide esibirsi nella danza del ventre sulle rive del Nilo”.
Il Futurismo e le avanguardie storiche come cancellazione: è questo il discorso di Isgrò, il quale ha il dubbio che negli ultimi anni, “facendo piazza pulita di slanci e utopie anche nell’arte, è stato forse buttato via il bambino con l’acqua sporca”.
“Nous voulons effacer. Nous voulons revêr. Noi vogliamo cancellare. Noi vogliamo sognare. Sono queste le sole parole che io faccio emergere dal testo di Marinetti” dice l’artista “come segno forte in direzione di un’utopia ancora concretamente perseguibile da parte dei giovani: la possibilità di crescere in un mondo più umano e pacificato.
Paradossalmente ciò che suggerirebbe oggi il bellicoso Marinetti se fosse ancora tra noi. Un Marinetti che probabilmente non invocherebbe più la guerra come sola igiene del mondo. Insomma, un Marinetti più pacifista di Gandhi. Sta qui la novità della mia proposta rispetto alla lettura che di solito si dà del Futurismo”.
“Dubito molto” conclude Isgrò “che Marinetti invocherebbe ancora oggi l’uccisione del Chiaro di Luna: perché il Chiaro di Luna è in pratica sparito grazie ai gas tossici che inquinano l’atmosfera. E lui, figlio della sua epoca ma uomo intelligente come pochi, se ne accorgerebbe per primo, cambiando registro”.
-----
LA MAGNIFICA OSSESSIONE presenta LILIANA MORO con “DICONO CHE LEI”
Per “La magnifica ossessione”, Liliana Moro (Milano, 1961) è stata invitata a riflettere sul tema dell’essere donna.
Il suo progetto si sviluppa su un doppio binario; da una parte l’artista presenta una sua opera, Underdog: è un gruppo scultoreo in bronzo di dimensioni ambientali, ovvero un branco di cinque cani a grandezza naturale che il visitatore potrà attraversare osservando le differenti posizioni e attitudini di ciascuno, intento a osservare da lontano, attaccare, o riposare ai margini.
L’underdog è una persona o un gruppo di persone che in vari tipi di competizioni, da quelle politiche a quelle sportive, ci si aspetta che perda. La riflessione dell’artista sulla figura del perdente, un ruolo spesso prestabilito a priori dalle dinamiche del “gioco”, innesca domande su cosa però si vinca o si perda realmente, portandoci a pensare ad un possibile ribaltamento dei ruoli o a un loro annullamento. Quest’opera e queste riflessioni acquistano ancora più senso quando sono utilizzate per analizzare il ruolo storico della donna.
Parallelamente a Underdog, Liliana Moro ha selezionato una serie di opere realizzate da artiste di varie generazioni, provenienti dalle collezioni in deposito al museo, per comporre un ritratto polifonico sulla figura della donna. Tra queste, un suo omaggio a Ketty La Rocca, artista di spicco nel panorama degli anni sessanta che ha lavorato intensamente su questa questione: uno dei suoi lavori selezionati, Dicono che lei, dà anche il titolo alla sua sala
Liliana Moro – Biografia
Nata a Milano nel 1961, dove vive e lavora, Liliana Moro ha esordito nelle arti visive sul finire degli anni Ottanta, dopo aver studiato all’Accademia di Brera con Luciano Fabro. Nel fermento culturale milanese di quegli anni , Liliana Moro è fra i fondatori di uno degli spazi espositivi alternativi che rivitalizzò il clima culturale della città, quello di via Lazzaro Palazzi. Sin da subito, l’artista ottiene importanti riconoscimenti con l’invito alla IX Documenta di Kassel (1992) e alla Biennale di Venezia del 1993. Il suo lavoro non privilegia nessun media in particolare, esso si concentra sull’esperienza individuale dello spettatore che è spesso invitato a oltrepassare ciò che è reso visibile e ridotto all’essenziale dall’’artista. Tra le sue personali presso istituzioni pubbliche si ricordano quella all’ARC Museé d’Art Moderne di Parigi (1993), al MUHKA di Antwerpen (1996) ed all’Istituto di Cultura Italiana di Los Angeles (2007).
-----
PAOLO MEONI PRESENTA UNITA’ RESIDENZIALE D’OSSERVAZIONE
Paolo Meoni presenta Unità residenziale d’osservazione nelle sale della mostra “La magnifica ossessione”.
Si tratta di un video realizzato con la tecnica dello stop motion, a partire da un montaggio di 1600 fotografie digitali. L’opera nasce come progetto a posteriori: l’artista ha selezionato le immagini da una parte del proprio archivio fotografico personale, dedicata a vedute urbane di ambienti di lavoro. Nel video scorrono quindi edifici in costruzione o in ristrutturazione, zone industriali, periferie urbane. Di questi luoghi a Meoni interessa il potenziale di “mutazione strutturale profonda, in cui vecchio e nuovo sono estremamente mescolati, e la città nel suo insieme non è più visibile”.
Unità residenziale d’osservazione è anche una riflessione sul modo in cui la trasformazione di aree periferiche metropolitane influisca sui confini e sull’identità stessa di aree urbane più ampie.
Paolo Meoni - Biografia
Nato nel 1967 a Prato, dove vive e lavora, Paolo Meoni usa video, fotografia e altre tecniche di acquisizione e manipolazione delle immagini per una ricerca incentrata sulle mutazioni del territorio.
Dopo aver partecipato nel 2008 a “New Delhi: Urban Landscapes”, al Centro per l'Arte Contemporanea L . Pecci di Prato e all’Italian Cultural Institute di New Delhi, nel 2010 Meoni avuto mostre personali nelle gallerie Casamasaccio, Dryphoto e Die Mauer, ed ha partecipato a “Palinsesti 2010 – Storyboard” di San Vito al Tagliamento e al 32° Film festival mediterraneo di Montpellier.
Nel 2012 ha partecipato alla collettiva del MAN di Nuoro “L’evento immobile. Sfogliare il tempo”, alla selezione del Premio Terna tenutasi al Multimedia Art Museum di Mosca e a “Mondi”, di nuovo alla galleria Die Mauer di Prato.
-----
CHRISTIAN FOGAROLLI PRESENTA “ANTENATE BESTIE DA MANICOMIO”
Le opere di Christian Fogarolli presenti ne “La magnifica ossessione” al Mart di Rovereto sono il proseguo del progetto Lost Identities. Human=Animal, realizzato per dOCUMENTA (13) a cura di Carolin Cristov-Bakargiev in Karlsue Park, Kassel. Il nucleo di opere in mostra al Mart, parte dallo studio della fotografia criminale di primo novecento e prende avvio ad inizio 2011 negli spazi dell'ex manicomio di Pergine Valsugana in Trento (1882-1981). I lavori, nati da un’indagine fotografica e da una ricerca d'archivio, sono fotografie, in alcuni casi mediate dalla pittura soprastante, create sulla base dello studio di fonti primarie (cartelle e diari clinici, lettere private, documenti) cercando di mantenere saldo il vincolo archivistico di tutte le unità.La ricerca ha evidenziato una forte analogia delle immagini emerse dall’archivio con la fotografia segnaletica, criminale e giudiziaria europea. Nella stampa delle lastre fotografiche l’artista si è immerso nella dimensione introspettiva di vite sconosciute, riscontrando in questi volti e corpi valori estetici più vicini all’arte che alla scienza psichiatrica. Immagini definite sacre, proprio come sono state definite le iconografie dei martiri e dei santi che oggi possono essere lette come dei fermi immagine della scena di un crimine o degli immensi archivi di una rogues gallery nell’eterna distinzione tra vittima e carnefice.
Christian Fogarolli – Biografia
Nato a Trento nel 1983, Christian Fogarolli si è laureato in Scienze dei Beni Culturali presso l’Università degli Studi di Trento. Dal 2008 ha sviluppato un percorso pittorico contraddistinto da diverse tecniche espressive e nel contempo ha frequentato un Master in Studio, Diagnostica e Restauro Dipinti presso l’Università di Verona, espandendo il suo interesse artistico dalle tecniche antiche alle innovazioni contemporanee.Centro della sua ricerca è l’essere umano e la sua dimensione nel contesto contemporaneo, sia a livello individuale che sociale. I personaggi rappresentati sembrano rivelare spesso l’appartenenza dei soggetti ad un preciso quanto indeterminato passato catapultato nell’odierna contemporaneità.
I lavori in alcuni casi nascono e si sviluppano da studi o bozze grafiche mentre in altri dall’indagine fotografica e la ricerca d’archivio. Discariche di rifiuti, antichi, documenti, stampe, fotografie e oggetti portati alla riesumazione per chiarire il senso del tempo e ridurre la dimensione obesa del presente. Christian Fogarolli ha esposto le sue opere a dOCUMENTA (13) (Kassel, Germania).
-----
DAVID CLAERBOUT
26 ottobre 2012 - 13 gennaio 2013
A cura di Saretto Cincinelli
Questa mostra a cura di Saretto Cincinelli propone al pubblico italiano David Claerbout, uno degli artisti più innovativi tra coloro che, nel panorama internazionale, lavorano con le immagini in movimento, e la cui ricerca, pur non molto nota nel nostro paese, negli ultimi anni è stata al centro di importanti personali tenutesi al Centre Pompidou, Parigi (2007); al De Pont Museum for Contemporary Art, Paesi Bassi (2009); al Wiells, Bruxelles e al San Francisco Museum of Art (2011); alla Secession, Vienna e alla Parasol unit foundation for contemporary Art, Londra (2012) e di mostre internazionali che hanno tematizzato l’interesse degli artisti contemporanei per la dimensione temporale di cinema e video.
L’intento del Mart è quello di introdurre il pubblico italiano ad una ricerca che, tramite l’esplorazione della natura temporale dell’immagine e la problematizzazione dei confini che separano immagine statica e immagine in movimento, permette di capire come l’utilizzo del digitale, in chiave non meramente spettacolare, abbia aperto nuovi orizzonti percettivi, estetici e concettuali alla visione contemporanea.
Realizzata in stretta collaborazione con l’artista, la mostra offre un’importante panoramica di videoinstallazioni inedite nel nostro paese - da "Untitled (Single Channel View)", 1998-2000, giungono sino a "The Quiet Shore", 2011 - con le quali David Claerbout si è affermato come uno dei più acuti indagatori del rapporto che si instaura tra tempo e medium filmico e fotografico.
L’allestimento, affidato all’architetto Pedro Sousa, rimuovendo completamente la naturale gerarchia degli spazi del primo piano del museo, crea un ambiente totale, in cui opere e architettura appaiono completante integrate, al punto che risulta arduo stabilire se sia l'opera a modulare la spazialità preliminare o lo spazio ad essere predisposto per accoglierla.
Tra le opere proposte, “Bordeaux Piece”, 2004 che mostra - calando un’azione che si replica in maniera quasi identica in un tempo che invece si trasforma silenziosamente dell’alba alla notte nel suo monumentale perdurare - più che la decostruzione di una situazione narrativa una sorta di incantamento temporale che sposta insensibilmente l’accento dalla durata dell’evento all’evento della durata; “Sections of Happy Moment”, 2007, che fissa la molteplicità dei punti di vista impliciti in un istante dischiuso, dilatando interminabilmente il tempo della sua durata e facendoci percepire la simultaneità spaziale come progressione temporale; “Riverside”, 2009, che, come molte delle opere dell'artista, giocando con le aspettative precostituite dello spettatore, mostra come contemporanei due eventi che si svolgono in uno stesso luogo ma evidentemente in tempi radicalmente diversi; “The American Room”, 2009, in cui interventi impercettibili ed estremamente sofisticati tendono a mettere in dubbio l’autorità della fissità fotografica, del movimento filmico e della distanza spaziale, producendo nello spettatore la sensazione di potersi muovere liberamente nel tempo congelato di una foto, o infine “The Quiet Shore”, 2011, che, con il suo incantamento di un istante, testimonia l’interesse dell’artista per quel che potremmo definire la soglia della visione, una soglia che sembra far retrocedere l’immagine e il racconto sino allo stadio del suo annunciarsi, quando pare ancora capace di mantenere intatte tutte le sue potenzialità.
-----
Il Mart ringrazia
Provincia autonoma di Trento
Comune di Trento
Comune di Rovereto
In partnership con:
UniCredit
Vini de Tarczal
Partner tecnici:
Cartiere del Garda
Trentino Marketing
Vettore ufficiale:
Ferrovie dello Stato Italiane
Per le attività didattiche:
Casse Rurali Trentine
Responsabile Comunicazione:
Flavia Fossa Margutti
Ufficio stampa:
Luca Melchionna M 320 4303487
Clementina Rizzi M 338 6512683
T 0464454127/124 press@mart.trento.it
Venerdì 26 ottobre
ore 11.30 conferenza stampa, Mart Sala Conferenze
ore 18 inaugurazione della mostra
MartRovereto
Corso Bettini, 43
38068 Rovereto (TN)
Orari:
mar-dom 10.00-18.00 ven 10.00-21.00.
Tariffe: Intero 11 Euro
Ridotto: 7 Euro
Gratuito fino ai 14 anni
Fonte: www.undo.net
Segnala:
Amalia Di Lanno