Visioni è un progetto espositivo sul tema del “non-visibile”.
La visione è, per definizione, un’esperienza
sensibile elaborata nel cortocircuito di immagine e immaginazione, nell’esubero
percettivo con cui lo sguardo – e, con massima intensità, lo sguardo di un
artista – traduce il vedere nel plus-vedere dell’opera e, così facendo, assume l’ottica
precaria del “visionario”. Visione dunque come dubbio, come tradimento del
visibile, ovvero scarto tra il reale e la rappresentazione.
La
collettiva di pittura proposta dallo Studio d’Arte Fedele definisce una sintesi
tra le esperienze figurative di storici artisti della galleria, accomunati da
un modello espressivo inquietante ed insidioso, spesso attraversato da una
ritrosia per il visibile, da una scelta di “dire” attraverso il non-detto e il
non esplicito.
È
la tesi più volte riscontrata nella letteratura foucaultiana. “Il visibile e
l’invisibile sono esattamente lo stesso tessuto, la stessa indissociabile
sostanza. L’invisibilità del visibile consiste nel suo essere puramente e
semplicemente visibile. E la sua assoluta trasparenza deriva da quel
non-svelamento che la lascia sin dall’inizio nell’ombra. […] L’enigma di questo
visibile (ciò che lo rende fondamentalmente invisibile) è rappresentato dal
fatto che si può parlarne partendo non da esso, ma solo dal fondo della
distanza che prescrive o permette l’invisibile. (M. Foucault, Raymond Roussel, 2001).
All’estremo
di questa accezione vi è la radice stessa delle avanguardie moderne e
contemporanee rivolte ad un’estetica che porta all’estremo esperienze quali
l’impressione, l’inconscio, la follia e le antinomie di una visione considerata
una sorta di “avere a distanza”. Ed è l’esito della tesi kantiana della Weltanschauung , di un visibile che sottende l’intrico
psicologico e filosofico con cui ogni oggettivazione del reale risulta
inestricabilmente filtrata da una visione-del-mondo, da un testo ulteriore in
grado di sovrascrivere le immagini con il loro stesso nascondimento.
Se
per alcuni artisti la dimensione enigmatica e surreale del visibile si dà in
tutta la sua potenza onirica e densità dubitativa (dagli interni misteriosi di Sergio Ceccotti, ai busti neoclassici di
Massimo Livadiotti e agli sguardi
algidi e smarriti di Angelo Bellobono),
per altri è lo spazio stesso ad ospitare l’inganno di misteriose
presenze-assenze trasformandosi in scena utopica ed in non-luogo (come nelle
architetture metropolitane di Marco
Verrelli, Massimo Catalani e Paolo Fiorentino, nella moltitudine
seriale e metempirica dei corpi adunati in circolo di Fabrice De Nola o nel trittico dei cuori calcificati di David Fagioli).
Ampia
trattazione è rivolta allo studio di figura e al ritratto. L’icona auratica ed
arcaica di Tito Marci opera come un
ritratto che sottrae, che priva il soggetto di storia assolutizzandone, nel
fondo aureo, l’essenza. Operazione inversa per Adriano Nardi mediante una moltiplicazione dei piani cromatici che
insistono sul profilo femminile. Fino all’unico soggetto scultoreo in mostra,
il nudo disteso di Roberto Montemurro,
in cui è il corpo femminile a trattenere carnalità e lirismo.
Vi
sono infine gli artisti della “relazione”, attenti alle dinamiche prossemiche tra
corpi e psicologie. Ironiche ed insidiose le coppie di Pierluca Cetera; appassionati in una danza priva di peso e gravità
i sembianti di Stefania Fabrizi; misteriosamente
complici e passionali i baci rappresentati da Fabrizio Passarella.
In
ognuno di questi casi la pittura sembra consumare il reale, filtrare le
superfici insinuando un senso nuovo, silenzioso. Visioni è pertanto un meccanismo di inversione del sistema della
rappresentazione: non esiste alcuna verità nella realtà, tutto quanto è solo il
dubbio di qualcosa che non è.
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Studio d’Arte FEDELE
Inaugurazione: Sabato 12 Aprile 2014, 19.30
Fino
al 30 Giugno 2014, Lun – sab, 10-12, 17-20
Via
G. Mazzini, 47 – Monopoli (BA)
Info:
080.8872378 / 335 1204798
Mail:
studiodartefedele@tiscali.it
pubblica:
Massimo Nardi
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