20 novembre, 2015 – 3 aprile, 2016 – Mostra
Il fulcro concettuale della mostra che la Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea dedica a Pablo Echaurren è rappresentato dall’impegno politico che connota la sua ricerca. Pittore ad appena 18 anni, ottiene un precoce riconoscimento da Arturo Schwarz, “patron” del DadaSurrealismo, ma nel 1977 decide di abbandonare la professione per immergersi nel clima sociale complesso e teso del periodo. Nell’idea del superamento dell’arte a favore della creatività della vita, Echaurren trova linfa per le sue pagine ironiche e satiriche e per le sue future elaborazioni pittoriche. L’esposizione parte dal periodo della sospensione dell’attività propriamente artistica; non si tratta quindi di una antologica, ma di una mostra tematica che intende mettere in luce l’aspetto più importante dell’arte di Echaurren e il suo avanguardistico contributo al pensiero contemporaneo.
Il percorso espositivo, che presenta oltre 200 opere dell’artista – tele, disegni, collage – dagli anni settanta ad oggi ed un’ampia sezione di documentazione, comincia con i lavori d’esordio, i “quadratini”, acquerelli e smalti di piccole dimensioni che riflettono i miti generazionali (la politica, la musica) e le inclinazioni personali (per le scienze naturali, il collezionismo).
La sezione centrale e cuore della mostra è dedicata ai disegni e collage (qui esposti per la prima volta) legati all’esperienza dei cosiddetti “Indiani metropolitani” che, nel 1977, si sono appropriati dei linguaggi estetici dell’avanguardia artistica per denunciare il mondo illusionistico dei media. In questo ambito appare evidente il desiderio di trasformare l’esclusiva ricerca di Marcel Duchamp in uno strumento a disposizione di tutti, secondo un progetto di collettivizzazione dell’avanguardia storica.
Seguono una serie di grandi tele degli anni ottanta e novanta, che fanno i conti con gli eventi contemporanei e con la problematica ambientale, e alcuni collage degli anni novanta composti con manifesti politici e pubblicitari.
La mostra illustra anche le più recenti «pitture da muro», che creano un nuovo alfabeto simbolico, una serie di quadri sul sistema dell’arte che rivelano la dimensione critica del lavoro dell’artista e i lavori di dimensioni minori, come le “Decomposizioni floreali“. L’attenzione è pertanto focalizzata sulla “contropittura” di Echaurren e quindi anche tutti i lavori non esposti sono parte integrante di una poetica coerente. In essa, la pittura “scende” fino al foglio stampato, il fumetto assurge a quadro, e la riflessione concettuale di stampo Dada-futurista stimola una visione ironica del presente.
BIOGRAFIAIl percorso espositivo, che presenta oltre 200 opere dell’artista – tele, disegni, collage – dagli anni settanta ad oggi ed un’ampia sezione di documentazione, comincia con i lavori d’esordio, i “quadratini”, acquerelli e smalti di piccole dimensioni che riflettono i miti generazionali (la politica, la musica) e le inclinazioni personali (per le scienze naturali, il collezionismo).
La sezione centrale e cuore della mostra è dedicata ai disegni e collage (qui esposti per la prima volta) legati all’esperienza dei cosiddetti “Indiani metropolitani” che, nel 1977, si sono appropriati dei linguaggi estetici dell’avanguardia artistica per denunciare il mondo illusionistico dei media. In questo ambito appare evidente il desiderio di trasformare l’esclusiva ricerca di Marcel Duchamp in uno strumento a disposizione di tutti, secondo un progetto di collettivizzazione dell’avanguardia storica.
Seguono una serie di grandi tele degli anni ottanta e novanta, che fanno i conti con gli eventi contemporanei e con la problematica ambientale, e alcuni collage degli anni novanta composti con manifesti politici e pubblicitari.
La mostra illustra anche le più recenti «pitture da muro», che creano un nuovo alfabeto simbolico, una serie di quadri sul sistema dell’arte che rivelano la dimensione critica del lavoro dell’artista e i lavori di dimensioni minori, come le “Decomposizioni floreali“. L’attenzione è pertanto focalizzata sulla “contropittura” di Echaurren e quindi anche tutti i lavori non esposti sono parte integrante di una poetica coerente. In essa, la pittura “scende” fino al foglio stampato, il fumetto assurge a quadro, e la riflessione concettuale di stampo Dada-futurista stimola una visione ironica del presente.
Pablo Echaurren (nato a Roma nel 1951) frequenta l’ultimo anno del liceo classico quando, attraverso Gianfranco Baruchello, entra in contatto con il critico e gallerista milanese Arturo Schwarz, patron del dadasurrealismo in Italia. Intorno al 1970 ha già messo a punto una propria cifra stilistica, realizzando i primi «quadratini», acquerelli e smalti di piccole dimensioni, dove l’immagine risulta frammentata e inscritta in minuscoli riquadri dentellati come francobolli non ancora staccati, in cui molte visioni quotidiane e private, preistoriche, interplanetarie, d’attualità politica o erotiche vengono colte come un modo per ricreare la simultaneità e la complessità del reale.
Contemporaneamente svolge per qualche tempo anche un’altra ricerca parallela sul versante minimalista, in cui s’avverte l’interesse per il segno di Cy Twombly e le scritture di Gastone Novelli. Crea, infatti, una serie di disegni proiettando l’ombra di piante sul foglio per ricalcarne con la matita il profilo, strofinando poi petali e foglie sulla carta per ottenere tacche di colori naturali. Nel 1973 Achille Bonito Oliva lo invita a Contemporanea (nella sezione fuori catalogo Aria aperta), una mostra di frontiera nel parcheggio sotterraneo di Villa Borghese, che riunisce il meglio del panorama internazionale. Tra il 1971 e il 1975 espone a Berlino, Basilea, Filadelfia, Zurigo, New York, Bruxelles e nel 1975 è invitato alla Biennale di Parigi.
Utilizza la formula dei «quadratini» per le copertine di alcuni volumi della casa editrice Savelli, tra cui il romanzo Porci con le ali del 1976. Di lì a breve decide che è giunto il momento di abbandonare il ruolo di pittore per partecipare all’esperienza dei cosiddetti “indiani metropolitani“, la corrente ironica e creativa del movimento giovanile sorto nel 1977 che, appropriandosi dei linguaggi estetici dell’avanguardia artistica, intende denunciare il mondo illusionistico dei media e del potere per mettere a nudo i meccanismi del consenso e una certa retorica politica. Molte realizzazioni di Pablo Echaurren, connesse con l’esperienza degli “indiani metropolitani“, sono state acquisite dal Beinecke Library dell’università di Yale, nell’ambito di un’indagine sugli artisti coinvolti nei movimenti controculturali europei. Ma la breve stagione dell'”immaginazione al potere” presto lascia il posto a uno scenario plumbeo che cancella ogni possibilità di praticare la leggerezza e l’ironia. E così Echaurren s’avvia a percorrere una fase di ripensamento che lo porta a riavvicinarsi al lavoro pittorico, che aveva temporaneamente abbandonato per sciogliere la propria individualità artistica nel magma della creatività diffusa e collettiva.
Il fumetto, come la critica ha più volte notato, è stato fin dagli esordi un punto di riferimento nelle sue opere, un repertorio da cui attingere, ma è solo negli anni ottanta che egli approda all’attività fumettistica vera e propria, realizzando controfumetti d’avanguardia per riviste quali “Linus“, “Alter Alter“, “Frigidaire“. La produzione di questo periodo si distingue per la contaminazione tra alto e basso, arte e arti applicate. Dalla fine degli anni ottanta in poi realizza dipinti su tela, anche di ampio formato, in cui tra suggestioni futuriste e reperti fumettistici emerge uno scenario di graffiti metropolitani, cancellazioni di scritte, codici ed emblemi del moderno sistema comunicante. Tale ricerca spesso ha per referente la storia in corso, la fine della “guerra fredda“, ma anche l’insorgere di nuovi conflitti, senza tralasciare la tematica della difesa ambientale.
Negli anni novanta Echaurren si cimenta per la prima volta con la ceramica, recuperando e rinnovando l’antico canone della grottesca faentina. I primi risultati sono esposti in una mostra personale al Palazzo delle Esposizioni di Faenza nel 1992. Il collage rappresenta un altro aspetto del suo percorso creativo. Dopo le prime prove minimaliste e concettuali tra la fine degli anni settanta e gli ottanta, l’artista realizza una serie di opere in cui assembla fumetti e vecchie carte futuriste, che espone nel 1995 in una personale al Palazzo delle Esposizioni di Roma. Questa ars combinatoria punta a stupire e spaesare, mescolando il sacro e il profano con abbinamenti audaci in un gioco ironico e irriverente. Ma dall’insegnamento delle avanguardie storiche Echaurren ha imparato soprattutto a vedere la prassi artistica come fatto diffuso, contaminante, corale. In quest’ottica va inserita la sua lunga attività creativa in contesti sociali disagiati, come il laboratorio tenuto con un gruppo di detenuti nel carcere romano di Rebibbia. Sull’onda di questa esperienza sono nati alcuni libri d’ambiente carcerario e un film per la televisione, Piccoli ergastoli, che è stato presentato alla mostra internazionale del cinema di Venezia nel 1997 e al festival internazionale di Biarritz nel 1998.
Dopo il Duemila, la sua poliedrica attività nei diversi campi è riassunta in alcune rassegne antologiche: Pablo Echaurren. Dagli anni settanta a oggi (Chiostro del Bramante, Roma, 2004); Pablo Echaurren a Siena (Palazzo Pubblico, Magazzini del Sale, 2008); Crhomo Sapiens (Museo della Fondazione Roma, Palazzo Cipolla, 2010-2011); Pablo Echaurren. Lasciare il segno (Ravenna, MAR, 2011). Altre mostre personali, invece, si basano su particolari aspetti, come la sua passione per la musica rock: Al ritmo dei Ramones e L’invenzione del basso (entrambe presso l’Auditorium di Roma, la prima nel 2006 e la seconda nel 2009), nonché l’allestimento di ceramica Baroque’n’Roll (Roma, MACRO, 2011). Il suo profondo interesse per il futurismo, di cui è accanito collezionista (ha messo insieme una raccolta di edizioni originali considerata la maggiore al mondo), è emerso nella mostra Iconoclast, dove ha proposto una serie di collage realizzati con carte d’epoca (Londra, Estorick Collection of Modern Italian Art, 2014).
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Pubblica :
Massimo Nardi