Gianmaria GIANNETTI
Gianmaria Giannetti is graduated in aesthetic philosophy and his imaginary worlds and two-dimensional universes come directly from his singular mind.
Born in Milan in 1974, Gianmaria Giannetti lives and works between Bari and Finale Ligure with many participations in group exhibitions and solo events. With the gallery from 2009, the artist had 2 solo exhibitions in Naples and Nice and participates as resident artist to many art fairs in Italy and Europe. In July 2011 a professional Jury
awarded the «Artists from around the World Cannes» Trophy, the City of Cannes Golden Palm to Gianmaria Giannetti during the Fair at Palais des Festivals in Cannes under the patronage of Marina Picasso. He was also selected to participate to the 2011 Biennale of Venice Padiglione Italia with Puglia Region. In October 2012 he will attend the Competition of Contemporary Art under the patronage of HRH Princess of Hanover on the theme "Colors of the World", intended to raise money to fund clinical research in oncology and will be again in Paris with Galleria Monteoliveto in December 2012. His works are in many private collections in Italy, France, Belgium and Montecarlo. His impossible worlds and his envahisseurs de toiles are on view in Naples (Italy) at Galleria Monteoliveto, in Nice (France) at Monteoliveto Gallery and now in Berlin (Germany) at Infantellina Contemporary.
Gianmaria GIANNETTI The impossibile worlds and the envahisseurs de toiles
Solo-exhibition of Gianmaria Giannetti, on view at Infantellina Contemporary from September 15 (Opening) through October 3, 2012. Gianmaria Giannetti is graduated in aesthetic philosophy and his imaginary worlds and two-dimensional universes come directly from his singular mind. Experimental artist, he uses a very personal mixture of various languages in new ways of expression, creating parallel universes, alternative escape routes to the normal logic of things. His painting, through a series of symbols and signs takes us beyond reality, where we find a new ironic and limitless rigor as a child's dream, which recalls the language of Michel Basquiat. As in expressionist painting by Basquiat, Giannetti uses writing to enrich and minimize the message of his work, to take us beyond the stereotypes and find a freedom being, through art. Little figurines definitely less anthropomorphic, a painting maze trying to escape inevitably to a “where” that is a "when" or a "why"? His little anthropomorphic men, more similar to eggs than men, as well as strange characters filiform with a big balloon head like aliens invite us to abandon symbols, interpretation grids, coded images. In his recent works he realizes structured installations of works as an ironic tribute to well known painters, called “VanGoghisms, Chagallisms, Boschismsn Rembrandtisms, Picassisms” making his little figurines escape from their originary works and, such as “envahisseurs de toiles”, he let them “invade” the other’s canvas.
GIANMARIA GIANNETTI
By Carolina Lio
Sharp and ironic, Gianmaria Giannetti’s research derides the art system and its way of always referring to itself with a pictorial language deliberately neglected and caricatured. To do this, he uses a new type of ready-made that is affirmed in recent years from Cindy Sherman to John Currin: the work of classical art resumed and quoted, copied or even imitated. Even if there are mostly paintings to be exhibited, Gianmaria Giannetti project is definitely a show that should be lived through an installative breath and where a series of ironic recyclings take the form of the rough copy of paintings of the past. Citations intentionally sloppy, rough, clumsy like a childish joke of the great masterpieces of the past, follow each other in series with explicit titles: VanGoghisms, Chagallisms, Rembrandtisms, Boschisms and Picassisms. Famous works are newly proposed in their decayed phase, with the characters replaced by wiry egg-headed men with which the artist presents his own critical version of the levelling of contents given by contemporary art. And, thus, creating new contents, sarcastic and irreverent, unconventional, focused on the deconstruction of the work. An invasion of little men moving around like worker ants creating a sathyric mechanism aimed to criticize the unsuccessful path of art by making evident the grotesque mechanisms it is embroiled trying to find a new freedom.
IT
Gianmaria GIANNETTI
Artist Statement
Gianmaria Giannetti è laureato in filosofia estetica e i suoi mondi immaginari e i suoi universi bidimensionali nascono direttamente dalla sua mente singolare. Nato a Milano nel 1974, Gianmaria Giannetti vive e lavora tra Bari e Finale Ligure con numerose mostre personali e partecipazioni a collettive. Artista della Galleria Monteoliveto dal 2009, con la quale sono state curate due sue importanti personali a Napoli e Nizza, l’artista partecipa come artista residente a numerosi saloni ed eventi di arte contemporanea in Italia e all’estero. Nel luglio 2011 nell’ambito dell’importante evento «Artistes du Monde Cannes» al Palais des Festivals con il patrocinio di Marina Picasso, una giuria professionale gli ha attribuito il Trofeo La Palme d’Or de la Ville de Cannes. L’artista è stato selezionato e ha partecipato alla Biennale di Venezia 2011 Padiglione Italia Regione Puglia. Nell’ottobre 2012 partecipa all’evento nel Principato di Monaco destinato a raccogliere fondi per la ricerca sul cancro, il Concorso di Arte Contemporanea “Colori del Mondo”, con il patrocinio di Sua Altezza Reale, la Principessa di Hanover e a Parigi con Galleria Monteoliveto nel dicembre 2012.
Le sue opere sono in numerose collezioni private in Italia, Francia, Belgio e Montecarlo. I suoi envahisseurs de toiles sono visibili presso Galleria Monteoliveto a Napoli (Italia), Monteoliveto Gallery a Nizza (Francia) e ora a Berlino (Germania) alla Infantellina Contemporary.
Gianmaria GIANNETTI I mondi impossibili e gli envahisseurs de toiles
Mostra personale di Gianmaria Giannetti presso la Infantellina Contemporary dal 15 Settembre (Opening) al 3 Ottobre 2012. Gianmaria Giannetti è laureato in filosofia estetica e i suoi mondi immaginari e i suoi universi bidimensionali nascono direttamente dalla sua mente singolare. Artista sperimentale utilizza un mix molto personale di vari linguaggi in nuovi modi di espressione, creando universi paralleli, vie di fuga alternative alla logica normale delle cose. La sua pittura, attraverso una serie di simboli e segni ci porta di là della realtà, dove troviamo un nuovo rigore ironico e senza limiti come il sogno di un bambino, che ricorda il linguaggio di Michel Basquiat. Come nella pittura espressionista di Basquiat, Giannetti utilizza la scrittura per arricchire e ridurre al minimo il messaggio della sua opera, portarci al di là degli stereotipi e trovare una libertà di essere, attraverso l'arte. Piccole figurine antropomorfe, un labirinto dipinto tentando di sfuggire inevitabilmente ad un "dove" che è un "quando" o un "perché"?I suoi omini antropomorfi, più simili a uova che a uomini, come strani personaggi filiformi, la testa grande come un pallone ci invitano come alieni ad abbandonare simboli, griglie di interpretazione, immagini codificate. Nelle sue opere recenti realizza installazioni di opere strutturate come un ironico omaggio a pittori ben noti, chiamati VanGoghismi, Chagallismi, Rembrandtismi, Boschismi e Picassismi , le sue figurine fuggono dalle loro opere originarie e, come" envahisseurs de toiles ", "invadono" le tele degli altri.
GIANMARIA GIANNETTI
SE FOSSI STATO PIU' INTELLIGENTE CHISSA' DOVE SAREI ARRIVATO
INFANTELLINA CONTEMPORARY ART, BERLIN
di Carolina Lio
Il nostro è un periodo di grande offerta culturale. Dalle città più attive, come appunto Berlino, fino ad arrivare anche ai piccoli centri, mostre su mostre si ammucchiano e accatastano l'una sull'altra in una veloce e compulsiva iperproduzione. Questa esasperata sovraesposizione suggerisce il dubbio che l'arte contemporanea abbia legalizzato la proposta di qualsiasi esperimento, espressione o gioco, dandole una fittizia identità intellettuale. Il ready-made così
come introdotto da Duchamp, era un ironico e intelligente cavillo concettuale, ma avendo anche giocato il ruolo di sparo di inizio a una corsa disperata alla provocazione, come ha effettivamente trasformato il mondo dell'arte? La provocazione non è forse diventata un facile espediente per essere considerati artisti? L'arte contemporanea, non ha forse eccessivamente abbracciato qualsiasi atto di rottura – autentico o solo di posa - dando luogo a un'eccessiva
democratizzazione della classe intellettuale?
Chi vive in una grande capitale come Berlino ha modo più di altri di visitare ogni mese decine di spazi alternativi, gallerie e spazi istituzionali in cui varie mostre propongono operazioni concettuali dall'apparenza molto sofisticata: assi di legno poggiati in posizioni ragionate e oggetti comuni che danno l'idea di una finta casualità costituiscono eventi dai titoli di effetto, accompagnati da scarsi e cavillosi testi che in genere parlano di lavoro sullo spazio e sul linguaggio, senza preoccuparsi che queste ricerche non sprigionino poi anche un senso. La politica del ready-made sembra dunque aver sostituito quella dell'opera d'arte. Negli spazi espositivi troviamo troppo spesso pezzi della realtà quotidiana e troppo raramente opere d'arte vere e proprie. Il riciclaggio è diventato un fenomeno radical-chic dei nostri giorni, e
nell'arte ha una certa sua autorevolezza sia quando forma costruzioni elaborate, come i funghi atomici di Subodh Gupta costruiti dall'assemblaggio di pentole, padelle e altri utensili da cucina, sia quando si presenta nella sua forma più semplice, come ad esempio un foglio di carta appallottolato da Martin Creed.
Da Duchamp a Creed quello che il popolo degli spettatori dell'arte ha imparato ad apprezzare nell'arte contemporanea, è l'intuizione, la trovata, il sarcasmo, l'ironia, la provocazione, la furberia. Tutte qualità che messe insieme vengono poi definite sotto la generica accezione di intelligenza, vista nel nuovo secolo non tanto come la capacità di creare contenuti, ma come l'abilità di spacciare per tali delle idee goliardiche e creative.
Questa riflessione è una critica? Pur sembrando polemica, non lo è. Occorre, infatti, fare un distinguo tra due categorie di artisti che adoperano l'idea del ready-made e della trovata outsider. Da un lato troviamo mostre iperconcettuali create da giovani creativi che si prendono troppo sul serio e portano in galleria arredamenti casuali scelti dal proprio appartamento dando l'idea di un malinconico e scialbo tentativo di sembrare interessanti. Dall'altro, ci sono gli artisti
che ironicamente giocano sull'idea dell'arte, prendendo in giro se stessi, il sistema e persino il pubblico. Tutto questo è probabilmente immorale, si tratta della tipologia di artisti le cui opere sono commentabili con un “potevo farlo anche io”, eppure loro sono interessanti davvero. E' una bravata piuttosto sadica quella del 1999 di Maurizio Cattelan che appende alla parete con del nastro adesivo un ready-made umano: il suo noto gallerista Massimo De Carlo. Mentre Jeff
Koons e Takashi Murakami sembrano decisamente più interessati a produrre giocattoli piuttosto che dimostrarsi degli intellettuali. L'intelligenza dell'arte contemporanea sta quindi più in questa sorta di lucidità brillante che nella genialità canonica dell'artista che traduce la vita in termini concettuali e aulici. Un'intelligenza che svaluta - invece di rivalutare - la realtà, che gioca col concetto stesso di cultura, ridimensionandola.
E' questo tipo di intelligenza, tagliente e ironica, che si trova nel titolo della mostra personale berlinese di Gianmaria Giannetti: “Se fossi stato più intelligente, chissà dove sarei arrivato”. Il lavoro dell'artista si inserisce in pieno in tutti i discorsi fatti finora. Con un linguaggio pittorico volutamente trasandato e caricaturale, la sua è una riflessione che, come gli altri nomi citati finora, vive l'autoreferenzialità dell'arte contemporanea deridendola nel frattempo. Per fare
questo, utilizza un nuovo tipo di ready-made che si va affermando negli ultimi anni: l'opera d'arte classica ripresa e citata, imitata o addirittura copiata. Si tratta di un paradosso e di una provocazione che colpisce la provocazione originale dritta al cuore. Se nel settore dell'arte l'oggetto quotidiano e la trovata creativa si sono imposti al punto tale da sostituire la normale aspettativa di trovare in mostra delle opere vere, che cosa capita quando l'opera viene poi
reinserita? Non stiamo parlando di una mostra pittorica. Anche se poi ad essere esposti sono soprattutto dipinti, il progetto di Gianmaria Giannetti è senza dubbio una mostra di ready-made, di citazioni, di ricicli, di dinamiche ironiche dell'arte contemporanea strettamente legate ai discorsi fatti fin qui. Il ready-made è però stavolta la copia, o meglio la brutta
copia di dipinti del passato. Citazioni sciatte e approssimative, maldestre come una burla infantile di grandi capolavori del passato, si susseguono in serie dai titolo espliciti: VanGoghismi, Chagallismi, Rembrandtismi, Boschismi e Picassismi. Famosi capolavori del passato sono riproposti in una loro fase decaduta, con i personaggi sostituiti dagli omini filiformi, dalla testa a uovo con cui Gianmaria Giannetti propone una sua versione critica dell'appiattimento di
contenuti dato dall'arte contemporanea. E, in questo modo, crea contenuti nuovi, sarcastici e irriverenti, ancora una volta fuori dagli schemi, ancora una volta completamente concentrati sulla decostruzione dell'opera piuttosto che sul costruirne una nuova. Un'invasione di omini che si muovono come formiche operaie creando un meccanismo satirico che mira a criticare il percorso fallimentare dell'arte rendendo evidenti i meccanismi grotteschi in cui si è imbrigliato nei suoi tentativi di trovare nuove libertà. Su questo filo sospeso, si muovono moltissimi artisti. Che ne siano consapevoli o meno, che la vedano come una provocazione reale o furba, come una ricerca sentita o una posizione di comodo, il sistema dell'arte prende sempre più spesso a prestito il suo passato per mangiarlo, tarlarlo, seviziarlo. Perchè? Un'intera serie di Cindy Sherman la vedono reinterpretare famose opere dal Rinascimento al Neoclassico, ricreando in fotografia e attraverso il proprio corpo opere da Raffaello a Caravaggio in chiave caricaturale. Hendrik Kerstens si
concentra maniacalmente sul ritrarre la propria figlia nelle pose e nelle atmosfere dei ritratti di Veermer aggiungendo particolari kitsch come sacchetti di plastica e rotoli di carta igienica. John Currin dipinge donne di chiara ispirazione rinascimentale deformandole e dandogli accenti tanto erotici da sfociare spesso nella pornografia. E ancora, possiamo citare la riproposizione fotografica di Hiroshi Sugimoto dei ritratti fatti nel XVI secolo da Hans Holbein il Giovane a
Enrico VIII d'Inghilterra e alle sue mogli. Arrivando a un più giovane Nicola Samorì che crea dei dipinti nello stile della pittura italiana del XVII secolo, creando ritratti con una straordinaria capacità tecnica, ma che alla fine aggredisce e li distrugge, sciogliendo i volti, decomponendo i personaggi. In tutti questi casi e in molti esempi che ancora potrebbero essere fatti di autori più noti e meno noti, c'è un ritorno all'iconografia del passato che viene presa in prestito e trasformata in modo da dare vita a ibridi anacronistici e incollocabili, in un certo senso quasi blasfemi e corrotti. L'idea è solo quella di creare un ennesimo ready-made che viva completamente nel meccanismo sempre più autoreferenziale dell'arte? O è quello di sdoganare un passato troppo grande, troppo pesante con cui confrontarsi e che deve essere in qualche misura ridotto e demistificato? Gianmaria Giannetti si è più volte paragonato e fatto paragare a Jean Michel Basquiat, che è stato forse il primo a compiere questa forma di operazione, creando per esempio una famosa versione underground della Monna Lisa. In un certo senso è possibile, plausibile e giustificato che l'arte contemporanea senta un crescente gap con i secoli passati e che si rifugi in espressioni veloci, a volte volgari, trasandate, che sottolineino una differenza storica tendente a una cultura più diffusa ma allo stesso tempo massificata, pubblicitaria, commerciale e appariscente in modo grossolano. Un'arte contemporanea che esalta il brutto e livella tutto verso il basso perchè mai fino ad ora l'uomo è stato così tanto consapevole della propria debolezza e così tanto legato intellettualmente all'idea della fragilità piuttosto che della forza, sviluppandosi e definendosi attraverso le proprie mancanze e difetti. Come dice Umberto Eco: “La bellezza al
giorno d'oggi è limitata: ci sono degli standard che ci rendono una cosa bella o no. Ma la bruttezza è illimitata, ha mille facce diverse e mille modi di essere. Ed è per questo che è più interessante".
Concludendo, Gianmaria Giannetti è un artista in una generazione di artisti che compiono una scelta tra un'arte classica che non ha più aderenze - nemmeno solo ideali - con il mondo di oggi, e un'arte contemporanea che deve lottare contro una velocità crescente che si può reggere e cavalcare solo con strumenti che raggirano l'intellettualità e sviluppando un'intelligenza a latere. E' la dimensione del ready-made, dove si può scegliere se continuare a celebrare l'oggetto dandogli una serietà a cui ormai sempre meno pubblico abbocca, oppure se dissacrare il sacro lavorando sul togliere senso, sul “contemporaneizzare” la storia, sull'abbruttimento che offre più possibilità del senso univoco della bellezza, sullo scoprire le fragilità piuttosto che nasconderle. Sicuramente questa strategia anti-eroica, poco tecnica, che cresce nella burla e nel gioco, è la più onesta, semplice, poco elaborata, diretta e ironica, sintetica ed efficace.
Descrive il nostro mondo dove tutto è più esteso, ma meno profondo, e in cui la banalità ha un significato incerto e non sa se appartenere agli schematismi tirannici di un passato aulico o a una nuova libertà priva però della capacità di costruire qualcosa di nuovo.
Segnala:
Amalia Di Lanno