mercoledì 7 dicembre 2011

4 dicembre 2011 ROMA PERFORMANCE ROSA DIDONNA


Nelle performance di Rosa Didonna ed installazioni, pittura, scultura, musica, danza e teatro si incontrano come documento dell’azione artistica e come esito espressivo finale d‘un più complesso progetto, sempre restituendoci l’immagine dell’artista stessa il gesto il segno per approdare alla prosa finale “Star – giostra della vita” tratta dal suo libro “Arte la mia seconda pelle”. Per l’uso del travestimento, per il gioco dei ruoli tra l’eros e il tanatos vi è l’interpretazione di stereotipi che potrebbe essere collocato idealmente accanto ad artisti come Cahun, Luthi e Sherman.
Come la stessa artista ci spiega nell’intervista seguente tenutasi dal curatore della mostra “Tra il concettuale, l’informale, materico” Massimo Picchiami che ha tentato di intercalarsi nel ruolo da scenografo teatrale simile ad un film muto di “creature” emerse dall’immaginario mediatico contemporaneo. L’apporto dell’intervistatore è stato proprio quello di “rompere” la magia creatasi ponendo l’ennesimo elemento alla ricca performance, ovvero la parola.

La vena drammatica della Didonna ha reso ogni cosa di un’aura leggera; i messaggi, che dal suo lavoro traspaiono, sollecitano l’attenzione dello spettatore su temi importanti, avvalendosi – come body art – dei codici linguistici della moda, della televisione, del fumetto, e usando il kitsch per smascherare gli eccessi e le strumentalizzazioni dei media, di cui siamo quotidiane vittime, incuriosendo il popolo dell’arte a smuovere la propria volontà per poter godere di eventi culturali.
“Che significato ha lo stacco della pelle in rapporto alla tua arte?”
Ho appena pubblicato un libro “Arte la mia seconda pelle” dove troviamo protagonista la storia di Rosetta, bambina inquieta e indomata che ne combina di tutti i colori ancora prima di ricevere in regalo dal nonno a 10 anni compiuti una tavolozza ed una scatola di veri e propri colori,questo regalo segnerà una svolta nell’iter di Rosetta. Nel libro si può trovare una raccolta dai primi disegni e fogli di quaderno delle scuole elementari, fino alle immagini pittoriche che, dall’adolescenza arrivano ad oggi.
Attraverso questo lungo racconto si rivela un percorso continuo, coerente e consequenziale. La performance è l’ennesimo atto evolutivo di un arte in continuo mutare.
Percorso artistico e vita in una certa misura coincidono, dunque. L’arte è per te soprattutto una maniera di esprimere te stesso, un modo per riflettere sul mondo e l’arte stessa, o piuttosto entrambe le cose?
Raccontare è il verbo adatto al mio lavoro. Ribadisco questo concetto. E’ chiaro che il mio lavoro riflette il mio modo di vedere la vita e l’arte parallelamente, con grande senso critico.
L’interpretazione di personaggi stereotipati fa parte dei tuoi travestimenti, che giocano spesso sull’ambiguità sessuale, cosa in questa “masquerade” ha a che vedere con l’autoritratto, e cosa con la performance dei ruoli legata al genere?
Nelle performance, sempre ho “dipinto” figure paradossali ritagliate da una realtà esasperata dalla mia creatività ma tutto ciò con il ritratto della mia personalità privata centra ben poco. Interpreto stereotipi che sono distanti da me mille miglia. Li faccio vivere proprio come un attore sul palcoscenico. Non mi interessa mostrarmi solo per narcisistico piacere, ma come mezzo per evidenziare – in quanto vittima di questi attentati mediatici – i paradossi di questa società, in modo divertente ma sempre con forte senso critico e nessun compiacimento. E’ narrazione dipinta di kitch (strumento più volte utilizzato da pubblicità e mezzi di comunicazione), o con immagini libere da orpelli ma pur sempre tragicomiche. Anche la sessualità, vissuta con imposizioni e canoni ben precisi dalla nostra società, è uno strumento di indagine che alcuni dei mie personaggi rivelano . globalart