martedì 30 giugno 2020

MATERIA: Eun Sun Park, Rudy Pulcinelli, Paolo Ristonchi, Daniele Salvalai e Giuliano Vangi

Paolo Ristonchi, Casa Pontormo, 2003 scultura in plexiglass e metallo cm 105x35x35



Sabato 4 luglio, dalle ore 18:30 a Pietrasanta (Lu), KYRO ART GALLERY presenta la mostra collettiva MATERIA

L’esposizione si articola intorno ad opere scultoree di 5 artisti, Eun Sun Park, Rudy Pulcinelli, Paolo Ristonchi, Daniele Salvalai e Giuliano Vangi.  Artisti diversi tra loro per filosofia e poetica, che utilizzano materiali differenti, dal marmo al plexiglas, dal ferro all’acciaio corten. 

La mostra contempla una decina di opere, frutto di ricerche e sperimentazioni tra colori e materiali. Il filo conduttore delle opere esposte, è la MATERIA che grazie alle sapienti mano degli artisti diventa scultura. 

Eun Sun Park con le sue opere policrome in marmo e granito, svela la “solida instabilità” delle sue sfere e colonne. 

Rudy Pulcinelli, utilizzando il ferro e l’acciaio corten, unisce le lettere dei 7 alfabeti più diffusi esprimendo un dialogo senza confini e senza barriere. 

Paolo Ristonchi, attraverso il plexiglas sapientemente lavorato, trasforma la materia in luce e colore. 

Daniele Salvalai, con le sue saldature e taglio laser su ferro, approfondisce le dimensioni della materia. 

Giuliano Vangi riesce a materializzare l’essenza interiore dei soggetti nel marmo statuario. 

...“Dico, adunque, che la scultura e la pittura per il vero son sorelle, nate di un padre che è il disegno, in un sol parto et ad un tempo; e non precedono l’una all’altra, se non quanto la virtù e la forza di coloro che le portano addosso fa passare l’uno artefice innanzi all’altro; e non per differenzia o grado di nobiltà che veramente si trovi in fra di loro” ... (Giorgio Vasari)

* I nomi dell’estetica, E. Franzini, Mazzocut - Mis, ed. Bruno Mondadori, p. 16 

Via P.E. Barsanti, 29 Pietrasanta (LU) 
info@kyroartgallery.com 
Tel. +39 0584300701 Mob. +3903341147775




venerdì 26 giugno 2020

LE ARTI, 1966-2020 | THE PRACTICE OF DRAWING

Pino Pascali, le arti, omaggio a ceroli, 1966-2020


Vistamarestudio è lieta di presentare “LE ARTI, 1966-2020”, una mostra in cui gli artisti della galleria interpretano l’idea di disegno.
La mostra trae il titolo dall’opera “Omaggio a Ceroli”, 1966 di Pino Pascali, qui esposta, che agisce da filo conduttore per una mostra sul disegno inteso come progetto e come origine dell’opera d’arte: nell’opera di Pascali un martello che rimanda all’iconografia degli strumenti utilizzati dall’amico Mario Ceroli per la realizzazione delle sue opere e la dicitura “LE ARTI”. Gli artisti invitati si interrogano sul tema fornendo numerosi campi per la sperimentazione a conferma della versatilità del mezzo attraverso le sue molteplici forme: scultura, testo a parete, pittura, esperimenti con la carta fotografica, gesso, proiezioni e stampe. Le opere presentate, lavori nuovi o inediti, ci mostrano il processo creativo di ciascuno, secondo pratiche diverse che delineano le infinite possibilità per espanderlo. 


Nel 1967 Pascali scriveva: “Il realismo e l'astrazione mi spaventano ugualmente perché non cambiano... L'arte è trovare un sistema per cambiare: come l'uomo che ha inventato la scodella per la prima volta. Cosi nasce la civiltà, dalla voglia di cambiare. Dopo la prima volta fare la scodella è accademia. Quello che faccio è l'opposto della tecnica come ricerca, I’opposto della logica e della scienza.” 


Le opere di Maro Airò, Getulio Alviani, Rosa Barba, Joana Escoval, Anna Franceschini, Linda Fregni Nagler, Tom Friedman, Bethan Huws, Mimmo Jodice, Joseph Kosuth, Armin Linke, Polys Peslikas, Eileen Quinlan, Andrea Romano, Lorenzo Scotto di Luzio, Ettore Spalletti, Haim Steinbach si confrontano con il pensiero di Pascali ponendo il loro personale sguardo sull’opera come segno di una rinascita e ripartenza e definendo cosi, ognuno a suo modo, uno stato attuale delle “ARTI”. 

Artisti
Mario Airò | Getulio Alviani | Rosa Barba | Joana Escoval | Anna Franceschini | Linda Fregni Nagler | Tom Friedman | Bethan Huws | Mimmo Jodice | Joseph Kosuth | Armin Linke | Pino Pascali | Polys Peslikas | Eileen Quinlan | Andrea Romano | Lorenzo Scotto di Luzio | Ettore Spalletti | Haim Steinbach.

VISTAMARESTUDIO
Viale Vittorio Veneto 30 - Milano - Lombardia

LE ARTI, 1966 - 2020 
The practice of drawing 
24 giugno – 31 luglio 2020 



giovedì 25 giugno 2020

Lucia Rotundo - Aura bianca. L’arte ai tempi del Coronavirus, una finestra da tenere aperta

Aura-bianca, 2019 Multistrato, tela, abete, acrilico, acciaiofoglia, oro cm200x150x25


A seguito del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sono state chiuse molte attività a rischio assembramenti, tra questi anche i musei, le gallerie, i centri per l’arte contemporanea, i cinema, i teatri, e sono state annullate tutte le iniziative culturali in programma. 

L’economia del paese e la nostra cultura vivono così un momento fortemente drammatico. 

Come affermava Joseph Beuys: «se l’umanità fallisce, la natura avrà una vendetta terribile, una vendetta terribilissima che sarà l’espressione dell’intelligenza della natura e un tentativo di riportare gli esseri umani al lume della ragione attraverso lo strumento della violenza».

Dopo i due segnali, quello del 2008 e quello del 2016, iniziati già nel 2006, in seguito alla crisi del subprime innescata, tra il 2007 ed il 2013, dagli Stati Uniti d’America con la grande recessione mondiale e del mercato immobiliare, l’arte e la cultura italiana, prima che europea, aveva perso l’occasione di cambiare il suo destino miserabile e subalterno, causando il crollo finanziario del 2018. E con l’arrivo di sua maestà“Coronavirus”, il terzo avvertimento in meno di venti anni, la scossa prodotta investe non solo l’economia come la prima, non solo i rapporti tra Stati come la seconda, ma oltre all’economia e agli Stati si aggiungono direttamente le persone, e ciascuno di noi.
L’arte è lo sguardo al futuro. L’arte serve, ora più di prima.
L’arte, nella sua apparente scontatezza, ha sempre cercato di cambiare il futuro, non si è mai limita a fare ipotesi o a pre-vedere un/il futuro. 

La modernità del mondo, è stato anche il senso più profondo delle Avanguardie storiche.

L’arte ai tempi del Coronavirus c’è e vuole farsi sentire. 

Spesso, è dai momenti più difficili che arrivano le idee migliori e talvolta rivoluzionarie.

Tamonto, 2018 Multistrato, cotone, abete, acrilico, alluminio, foglia oro cm 275x40x8 

Ed è proprio nei giorni della pandemia, che il mondo della cultura e dell’arte non fa altro che lanciare iniziative virtuali. L’arte, diventa anche l’arte del sapersi arrangiare pur rimanendo a casa, divenendo metafora del mondo che stiamo vivendo. La voglia di continuare a godersi l’arte, vedere che vengono create nuove opere, continua ad esserci nonostante il timore di uscire di casa. 

Il mondo della cultura contemporanea, si è adeguato reagendo in massa.

L’arte, come è abituata a fare più o meno da sempre, ha vissuto quest’emergenza aprendosi a tutte le forme di espressione consentite dal momento. Negli ultimi mesi i musei, le gallerie, i centri per l’arte contemporanea, le riviste da tutte le parti del mondo, hanno prodotto un’ingente quantità di materiali virtuali attraverso social e siti, dando vita ad un vero e proprio spazio virtuale all’interno del quale è possibile mostrare le loro esposizioni in programma, spesso, con risultati, in molti casi, particolarmente interessanti. Ed in questo contesto nell’era del Coronavirus, che anche “Sineresi”, rivista d’arte e cultura ideata e fondata nel 2015 dall’artista Giovanni Cafarelli e dalla scrittrice e critica d’arte Anna R. G. Rivelli, intende dare concretamente un suo contributo al mondo dell’arte e della cultura, inaugurando uno spazio dedicato alle mostre virtuali, e contribuendo a non interrompere l’offerta culturale mondiale tanto duramente messa in crisi dal lockdown e, contemporaneamente, continuando la propria mission di proposta del bello.

Il manifesto programmatico della rivista “Sineresi”, è sintetizzato nel suo sottotitolo “il diritto di essere eretici”, che, riprendendo una frase pronunciata da Gaetano Salvemini, nel famoso discorso parigino del 1935 sulla difesa della cultura, intende sottolineare la necessità di difendere l’arte e la cultura da qualsiasi pensiero dominante e la volontà di improntare le proprie scelte di selezione e promozione a criteri valoriali autentici, del tutto svincolati da leggi e logiche di mercato. 

“Sineresi”, entra in gioco fornendo alla mondo dell’arte un interessante e selezionato programma di mostre virtuali che vede protagonisti artisti nazionali ed internazionali, che negli ultimi anni hanno dato al mondo dell’arte contemporaneo un loro importante contributo culturale. 

Fra le mostre virtuali promosse ed organizzate dalla rivista “Sineresi”, vede in programma anche con la mostra personale Aura bianca, della nota artista Lucia Rotundo. 

Inaugurata lo scorso 17 giugno, rimarrà visitabile in permanenza sul sito della rivista “Sineresi”.

In mostra circa 40 immagini di opere realizzate dall’artista unitamente a stralci critici a firma del Prof. Paolo Balmas, del Prof. Carmelo Cipriani e della Prof.ssa Vittoria Coen.

Un viaggio tra storia e mitologia, quello proposto dall’artista Lucia Rotundo, un invito, in un momento così difficile, a farci riflettere su un’identità che sembra essersi persa. Il candore del bianco che emerge dalle superfici delle opere, la luce (a volte naturale, altre volte artificiale) evoca riflessi, rifrazioni, ombre, riverberi, sovrapposizioni e stratificazioni che vibrano nel loro incontro come messaggio di speranza, “Aura bianca” per una nuova rinascita. 

Lucia Rotundo, si esprime con un linguaggio minimale e concettuale al tempo stesso, attraverso segni e simboli iconici ed aniconici. L’artista conduce un affascinante e misterioso viaggio senza fine, un intreccio tra identità, memoria, storia, mito, antropologia,spaziano tra luoghi ravvicinati e distanti di conoscenza e memoria del sapere, luoghi vissuti e concreti, luoghi remoti e d’astrazione nell’immaginario.

Il Corona virus ha riscritto l’agenda del mondo dell’arte.
Nient’altro oltre la Cultura può fare la Rinascita!

Viaggio tra storia, mito e identità, 2018 Multistrato, tela, pietra, PVC, rame, ottone, metacrillato, piume, foglia oro 
Installazione 15 elementi cm 30x30 cad. cm 100x 135x10

Lucia Rotundo, Aura bianca. L’arte ai tempi del Coronavirus, una finestra da tenere aperta.
Sineresi Arte – Periodico di arte
Associazione Pan Via Flavio Gioia, 1 Brindisi di Montagna (PZ)
+39 3423251054l - info@sineresiarte.it

mercoledì 24 giugno 2020

Mario Cresci - L’oro del tempo


Dal 23 giugno al 30 ottobre 2020 si terrà a Roma, presso la sede ICCD, la mostra di Mario Cresci L’oro del tempo.

Le immagini in bianco e nero esposte in mostra contribuiscono a riattivare i significati stratificati di alcune delle fotografie conservate in ICCD, una fruttuosa modalità per risvegliare tali depositi a distanza di tempo. E proprio al tempo rimanda il titolo del lavoro, che riprende una frase di André Breton: “Je cherche l'or du temps”. Una dichiarazione di intenti: l’instancabile ricerca di ciò che di prezioso e incorruttibile (come l’oro) persiste nel fluire del tempo.

Il lavoro illumina di nuova “brillantezza” immagini che altre mani affidarono al tempo. 

Il programma di ‘residenza d’artista’ è uno dei tanti progetti che l’Istituto sta portando avanti nell’ambito delle politiche sul contemporaneo che mirano, da un lato, a interrogare i materiali fotografici storici attraverso sguardi diversi, dall’altro a incrementare le collezioni con nuove produzioni. Il fatto che Cresci abbia da tempo rivolto la sua attenzione anche ai musei, alle istituzioni, alle collezioni, all’arte “fatta da altri” ha costituito un motivo in più per coinvolgerlo. Nel corso delle sue visite in ICCD Cresci ha potuto così conoscere l’immenso patrimonio conservato, nutrire la sua curiosità per autori lontani nel tempo ma alle prese con lo stesso desiderio di esplorare il mezzo fotografico, ripercorrere generi e stili, approfondire gli aspetti tecnici della fotografia dell’800, toccando con mano albumine, aristotipi, dagherrotipi e carte salate. 

Nel suo lavoro Cresci pone la rappresentazione della figura umana al centro della ricerca. Da un lato i ritratti del fondo di Mario Nunes Vais, fotografati a cavallo tra otto e novecento - palpitanti di vita, sguardi, carne e sangue -, dall’altro le fotografie di sculture per lo più di ambito greco-romano facenti parte dell’archivio del Gabinetto Fotografico Nazionale. E così, l’affascinante ritratto dell’attrice Emma Gramatica o la Testa di Apollo Sauroktono, diventano pretesto per una serie di sperimentazioni visive ottenute alterando, isolando e reiterando alcuni particolari delle fotografie, pur nel rispetto – sempre presente in Cresci – dell’autore che le pensò in origine. Alcune scelte formali sottolineano inoltre l’importanza che Cresci assegna alla natura ‘fisica’ dell’oggetto fotografico. L’utilizzo dei numeri di inventario al posto delle didascalie, l’inclusione del bordo nero del negativo nella stampa finale, così come la scelta grafica del catalogo (fogli sciolti racchiusi in una scatola di tipo conservativo) rimandano al concetto di archivio e ci ricordano che anche la collocazione fisica degli oggetti fotografici, nel loro destino errante, merita di essere osservata con intelligenza. 

Come spiega Francesca Fabiani, curatrice della mostra e responsabile dei progetti sul contemporaneo dell’ICCD, “L’approccio di Cresci alla fotografia è globale: l’interesse per l’autore, per la storia, per la tecnica, per il soggetto e per l’oggetto fotografico, si sommano a quello per la fotografia intesa come linguaggio di segni, grammatica visiva, esperienza percettiva”. 

La mostra è accompagnata da un libro d’artista, in copie numerate e firmate dall’autore, a tiratura limitata, edito da Postcart.



Biografia
Mario Cresci (Chiavari, 1942) è una delle figure cardine nella storia della fotografia italiana, soprattutto grazie al talento critico e all’approccio sperimentale con cui ha saputo rinnovare il linguaggio fotografico, senza però mai tralasciare l’indagine del reale. Dal 1969 – anno della presentazione di Environnement, la prima istallazione fotografica realizzata in Europa presso la galleria Il Diaframma – Cresci ha sviluppato un discorso che privilegia l’indagine critica e autoriflessiva del linguaggio fotografico. A spese di continue “verifiche”, la sperimentazione di Cresci è mossa dalla curiosità di indagare le ambiguità dei processi visivi e di ogni esperienza percettiva. La particolarità della sua figura di “operatore visivo” – fotografo, artista, critico, visual designer – sta nella concezione del linguaggio fotografico, inteso come strumento per indagare la realtà, più che per produrre immagini fine a sé stesse. In tutto il suo lavoro appare evidente come pur concependo la fotografia come un procedimento creativo che trova in sé le sue giustificazioni, Cresci non trascura di misurarsi con il quotidiano, collocando la sua ricerca tra il pensato e il vissuto, tra l’arte e la vita. Radicato negli studi multidisciplinari iniziati a Venezia nel 1963, la sua ricerca si connota in senso concettuale quando si trasferisce a Roma nel ‘69, anche grazie all’incontro con i protagonisti dell’arte povera: Pino Pascali, Eliseo Mattiacci, Yannis Kounellis e Alighiero Boetti. Partecipa al tumultuoso fermento culturale di quegli anni attivando sul territorio operazioni di carattere interdisciplinare, ridefinendo in questa militanza il ruolo dell’artista nella sua dimensione etica e sociale.  Nel 1970 viene invitato alla Biennale di Venezia. Sarà poi invitato nuovamente nel 1978, 1993 e 1995. Negli anni ’70 si trasferisce a Matera dove ibrida lo studio del linguaggio e la cultura del progetto con l’interesse per l’antropologia culturale, realizzando opere ed eventi significativi per quegli anni, tra cui la pubblicazione Matera, immagini e documenti (1975), primo lavoro fotografico sulla cultura antropologica urbana del Mezzogiorno italiano. Dagli anni ’80, quando in Italia si assiste a un generale ripensamento del paesaggio e della sua immagine stereotipata, Cresci si misura con questa nuova impostazione e, invitato da Luigi Ghirri al progetto Viaggio in Italia del 1984, contribuisce in modo sostanziale alla ridefinizione del ruolo della fotografia in questo processo, diventando uno dei protagonisti della cosiddetta “scuola italiana di paesaggio”. Attraverso il suo lavoro Cresci non ha mai smesso di interrogarsi sui temi più attuali, agendo da protagonista nei passaggi più significativi della fotografia in Italia. 



Il 23 giugno 2020, l’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione (ICCD) e Matèria, in occasione delle due mostre a Roma di Mario Cresci, hanno aperto le porte dei loro spazi, un opening virtuale sulla piattaforma online ZOOM. L’oro del tempo presso l’ICCD e Combinazioni Provvisorie presso Matèria, rappresentano due esempi chiari della vocazione alla sperimentazione visiva e formale che caratterizza il lavoro di Mario Cresci.

ICCD - ISTITUTO CENTRALE PER IL CATALOGO E LA DOCUMENTAZIONE MIBAC
Via di San Michele, 18 - Roma - Lazio
dal 23 giugno al 30 ottobre 2020
Orari: dal lunedì al venerdì dalle 10:00 alle 18:00 (esclusi festivi)
Ingresso libero ad accesso contingentato

Via Tiburtina 149 - 00185 Rome (IT)
Tue–Sat 11am–7pm
+39 3318336692
contact@materiagallery.com

martedì 23 giugno 2020

Musei in gioco... tra arte e filosofia


Tra le prime istituzioni culturali ad adoperarsi nel periodo di lockdown, sia sul piano della didattica a distanza che sul piano della proposta di attività extra, l'Accademia di Belle Arti di Catanzaro guidata dal direttore Vittorio Politano, continua, con la sua vivacità, a promuovere numerosi incontri webinar.

Non è caso infatti, che tra le mission fondanti dell'Accademia, ci sia non soltanto quella di formare ed educare le allieve e gli allievi al Patrimonio artistico - culturale, ma anche quella di aggiornare le modalità didattiche, nonché stringere e rinforzare il legame tra le istituzioni, i professionisti e le realtà artistiche di tutto il territorio nazionale.

La proposta “Musei in gioco... tra arte e filosofia”, ideata e curata da Lara Caccia (docente di Storia dell’arte contemporanea 1 e Didattica per i musei), in collaborazione con la prof.ssa e cultrice di materia, Anna de Fazio Siciliano, sta animando la didattica con la partecipazione fattiva degli studenti e di altre istituzioni, università o realtà culturali importanti. 

L’intenzione non è soltanto dare lustro a un'Accademia già molto attiva sul territorio, ma soprattutto aprire alle allieve e agli allievi tutte le possibilità di esplorazione di un mondo in fermento, (quello dell’“educazione informale”) che ha a cuore una reale inclusione sociale e civile.

Il progetto “Musei in gioco… tra arte e filosofia”, della Scuola di didattica dell'arte dell’Accademia, sintesi di un lavoro maturato negli anni, impreziosito e nutrito da numerose e prestigiose collaborazioni, è confluito in questi incontri di aggiornamento, incentrati quindi, non soltanto sulla didattica museale come esperienza educativa a confronto e a dialogo con la filosofia ma anche sul tema della rivoluzione digitale in corso. 

Particolarmente interessante è stato il confronto aperto sulla sperimentazione di progetti didattici, all’interno dei musei di arte antica e contemporanea, basati sull’utilizzo delle metodologie della didattica dell’arte e dell’approccio filosofico, raccontato il 10 giugno, da Ilaria Rodella fondatrice insieme a Francesco Mapelli dell’associazione Coi Ludosofici di Milano. 

Nel giro di pochi anni Rodella e Mapelli hanno progettato percorsi e laboratori per prestigiosi musei e istituzioni culturali non soltanto milanesi o istituzioni come la Triennale di Milano, la Peggy Guggenheim di Venezia, e il Mart di Trento e Rovereto.

Rodella ha raccontato i progetti “A spasso con Sofia” e “Gita al museo con filosofia”, da cui sono emerse le parole chiavedella loro scelta didattica, “complessità” –“imprevedibilità” – “divertente” e anche “ascolto del luogo”. Tutti punti su cui si concentra la costruzione, mai a tavolino, del gioco da mettere in campo con le bimbe e i bimbi che sono sempre alla ricerca di senso e di bellezza. E bellezza è stato l’argomento dell’ 11 giugno, per l’incontro tenuto da Clementina Gily, prof.ssa di estetica e autrice del libro “La didattica della bellezza”, direttrice dell'OSCOM (Osservatorio di Comunicazione Ortoformativa Multimediale) dell’Università Federico II di Napoli. Collaboratrice attiva con la Reggia di Capodimonte, Palazzo Reale di Napoli, MANN, Gily, ha percorso un interessante excursus sulle tracce della conoscenza estetica che ha inevitabilmente molti punti di tangenza con la storia della critica d’arte. Benjamin, Derrida e Panovskj sono tutti nomi noti agli allievi che in questo incontro hanno avuto modo di approfondire concetti estetici cruciali quali “sacro”, “aura” e “visione del mondo”che ritrovano un loro concretizzarsi nei laboratori didattici nelle scuole e nei musei.

Il penultimo incontro, di lunedi 15 giugno, coordinato da Anna de Fazio Siciliano, è stato tenuto da Anna Cipparrone, direttrice del Museo multimediale Consentia Itinera, Consigliera regionale ICOM, e membro della Commissione Nazionale per il Sistema Museale Nazionale. Cipparrone ha “sollevato la polvere” del settore dell’arte, facendo leva sulle numerose opportunità di crescita professionale e umana, ma senza nascondere le carenze, i limiti e le sfideche studentesse e studenti devono affrontare per raggiungere le competenze necessarie per svolgere un mestiere complesso e sempre da costruire come quello dello storico dell’arte, del critico, del dirigente museale, ecc.

È emerso dal suo discorso quanto all’idea consunta di “didattica” vada invece associata quella più complessa di un’“educazione”, che racchiuda concetti come “inclusione”, “cura”, “attenzione per i diritti umani”.

Ultimo appuntamento conclusosi il 22 giugno. In collaborazione con le associazioni Amica Sofiae Filò, vedrà la conduzione di Luca Zanettidell’Università di Bologna. L’ospite è stata Chiara Pastorini, creatrice del progetto “Les petites Lumières”, di Parigi.

Ogni incontro è stato moderato dalle allieve, Erika Di Sole e Alessandra Chiarello.

Ufficio stampa
Artpressagencydi Anna de Fazio Siciliano 
annasicilianodefazio@gmail.com

Paesaggi in movimento - Mostre itineranti sui temi della tradizione e della contemporaneità



La Campania rilancia cultura e turismo andando alla scoperta di Rotondi, Sarno, Buonalbergo e Massa Lubrense con residenze creative che vedono coinvolti numerosi artisti. 

Tradizione, identità, sostenibilità e contemporaneità sono i temi principali del progetto Paesaggi in movimento, un modello di rilettura del territorio e di mostre che sarà presentato e visibile dal 27 giugno al 26 luglio nel Fortore beneventano, nella Valle Caudina e in Costiera Sorrentina. La seconda edizione della rassegna diretta da Ciro Delfino con la collaborazione curatoriale di Mario Laporta e Maria Savarese prova a mettere maggiormente a fuoco il concetto di residenza artistica e contemporaneamente mira al rilancio turistico di tre aree rurali che trovano nell’inseminazione culturale una nuova centralità.

Finanziato dalla Regione Campania con il supporto di Scabec Spa, e con il Matronato della Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee, il programma organizzato dal project manager Alessandra Magnacca punta alla riscoperta e a una nuova cartografia di luoghi considerati periferici o marginali da una Storia e da una nomenclatura centrate spesso solo sulle metropoli e sul patrimonio costiero.

Attraverso le arti visive e fotografiche Paesaggi in movimento prova a ripensare luoghi che hanno tradizioni e valori che meritano nuove forme di narrazione, valorizzando il territorio ed edifici che oggi trovano un’inedita destinazione d’uso grazie alla creatività.

L’edizione di quest’anno della rassegna è un piccolo tour di presentazioni, mostre, opere fotografiche e audiovisive o costruite sull’ibridazione dei media utilizzati, che partirà da Rotondi nell’area della Valle Caudina, si estenderà a Buonalbergo, nel Fortore, passando per Sarno dove trovano sede il Museo Didattico della Fotografia di Villa Lanzara, fino a Massa Lubrense – Punta della Campanella, nella Costiera Sorrentina, creando così un sistematerritoriale regionale per la valorizzazione dei beni materiali, immateriali e paesaggistici attraverso la cultura contemporanea. La parte invisibile di questa avventura consiste nelle residenze che hanno permesso agli artisti invitati di conoscere i luoghi e le comunità locali.


La restituzione di questo indispensabile itinerario di contaminazione comincerà sabato 27 giugno a Rotondi con la presentazione di La fotografia incontra i territori. Il curatore Mario Laporta ha raccolto giovani artiste emergenti coordinate da tutor di chiara fama per fondare e creare un archivio fotografico dei territori attraverso la loro valorizzazione e interpretazione. Le immagini prodotte durante le giornate di stage saranno raccolte in una grande mostra all’aperto, che verrà messa in esposizione sui muri e i cartelloni per affissione nei due paesi coinvolti dal progetto, insieme a videoproiezioni sulle facciate dei palazzi, realizzate con oltre 200 foto, molte di esse anche inedite, di noti autori nazionali ed internazionali.

Le artiste coinvolte in residenza sono Cristina Cusani, Manuela Ricci, Ilaria Sagaria, Valentina de Rosa, Claire Power, Serene Petricelli, seguite rispettivamente dai tutor Francesco Cito, Lucia Patalano, Pietro Masturzo, Gianni Fiorito, Shobha Battaglia e Angelo Turetta.

La presentazione dei loro lavori e quelli di altri importanti autori avverrà anche a Buonalbergo il 18 luglio.

Il secondo tempo di Paesaggi in Movimento, o meglio la seconda ‘mossa’ curata da Ciro Delfino, si terrà dal 4 al 25 luglio negli spazi di Villa Lanzara a Sarno (Sa). Qui Gianluca Carbone esporrà ConTEMPOraneamente, una partita a scacchi con il tempo creata da un’installazione formata da quattro grandi sculture in cartapesta, intese come frammenti e reperti archeologici. “La struttura degli scacchi si presta agevolmente alla rielaborazione dei miei personaggi – scrive Carbone - Sono, per chi li pratica, uno stile di vita, un’ossessione e diventano la rappresentazione morfologica dell’io profondo declinato sulla scacchiera stessa”.

Il terzo appuntamento è affidato a un trittico di artisti curati da Maria Savarese che dall’11 luglio esporranno nella Torre Fossa Lo Papa di Massa Lubrense a Punta della Campanella. La prima è Donatella Spaziani con La voce dei poeti: sugli alberi che conducono alla Torre l’artista collocherà altoparlanti nascosti in piccole sculture costruite come rifugi per gli uccelli, che verranno appese sugli alberi dislocati nel parco; ogni altoparlante riprodurrà la voce di un poeta campano contemporaneo, registrata in presa diretta. La scelta dell’artista di intervenire nel giardino della Torre nasce dalla sua convinzione della necessità di avere una visione poetica della realtà.

A Shōzō Shimamoto è invece dedicata la mostra di fotografie di Fabio Donato, un intervento artistico, pensato ad hoc per Paesaggi in movimento in collaborazione con l’Associazione Shōzō Shimamoto di Napoli.

Saranno selezionate dal suo archivio e presentate per la prima volta al pubblico una serie di fotografie che racconteranno con la sua cifra stilistica e culturale, l’azione che il maestro, fondatore del movimento artistico Gutai, realizzò alla Torre nel 2008. Da spettatore complice, Donato ha realizzato alcuni scatti che fermano su carta l’attività di Shimamoto,

Il progetto fotografico di Cesare Accetta per la Torre Fossa si intitola Memini ed è un’idea di racconto per una storia reale o immaginaria.

La torre e l’uliveto sono i luoghi; una figura femminile; il mare distante, ma non tanto; qualcuno che attraversa il campo e lascia una traccia. Il tema è il tempo, ma in quale accezione? Passato, presente o in divenire? Il titolo suggerisce l’idea del ricordo, ma le domande a cui dare risposta sono molteplici, come le riflessioni che confluiranno in un libro d’artista presentato in anteprima nella Torre di Punta della Campanella.


  

R.A.R.E. Comunicazioni rarecomunicazioni@gmail.com
Raffaella Tramontano
Mob +39 3928860966 / raffaella.tramontano@gmail.com Alfredo d’Agnese
Mob +39 339-1966011 / adagnese@gmail.com
Roberto Paolo Ormanni
Mob +39 328-7549352 / r.ormanni@gmail.com Francesco d’Agnese
Mob + 39 331-4640716 / dagnesefrancesco@gmail.com


lunedì 22 giugno 2020

OSARE PERDERE: rassegna 4° edizione Fourteen Artellaro



Il titolo e il concetto generale di questa rassegna (4° edizione di Fourteen Artellaro) sono precedenti agli avvenimenti recenti che hanno segnato la nostra società e il pianeta intero, rendendo ancora più evidenti disparità e incertezze che contraddistinguono questo momento.

In realtà non ci sono grandi novità da un punto di vista esistenziale e funzionale, in senso generale, ma è nella sfera personale che le evidenze diventano maggiori e vengono pagate anche a caro prezzo. La possibilità di non vedere viene meno, fuori da una dimensione di accelerazione e ripetizione del vivere. Il collasso del sistema è dichiarato con l’attacco al polmone, organo della respirazione, qualcosa che non conosciamo è venuto a dircelo, a rendere evidenti fragili certezze di un sistema globale che si arroga il diritto di un sapere iniquo. Accelerazione e ripetizione nel loro convulso spasmo, in una dimensione ansiosa, confondono le cose, svalutano il rapporto con la memoria, azzerano la dimensione e il tempo individuale privandolo della sua essenza, e come tale il contributo di ricchezza nel collettivo.

La trasmissione dei modelli adottati dal passato, come sistema e non come valore, attuata come un passaparola che perde il significato iniziale, non corrisponde al mondo di oggi. Tutto questo si amplifica ora, ancor di più, nella sottrazione dal molto superfluo, dove tutto succede ma niente accade, dove il molto materiale e immateriale è sostituito dalla necessità di un ripensamento su azioni e

È fermandosi che ci si ritrova al cospetto dell’infinito e in ginocchio all’immane relativo.

Le idee delle cose prendono un’altra via, diversa, molte si azzerano, le inclinazioni umane al determinismo, facile difesa, falso potere della forza attraverso l’abnegazione scientifica e tecnocratica, cadono ai nostri piedi. Il profondo può diventare stoica superficie percorribile, dove le cose sono solamente celate, oltre la cortina del facile positivismo, del buono, del cattivo, del marketing e del profitto.

Emerge la possibilità, il coraggio, di abbandonare tutto, qualsiasi appiglio o norma convenzionale, per un gran salto nel nonsense, nel negato, per interpretare le proprie emozioni al di là delle speranze per i lieti finali. L’esistenza può essere infinitamente più ricca e abbondante ampliandone la visione, anche nei suoi profondi dolori. Diventa possibile allora una forma di libertà e di liberazione, se non altro individuale, da codici stabiliti e ci si addentra oltre la cortina dell’usuale e della fissità, nella ricerca dell’incidente, dell’inatteso, con tutta l’incertezza che se ne assume per trasgredire i vincoli del significato, verso qualcosa di possibile, non nella ricerca del nuovo, ma piuttosto del nascosto, un movimento necessario per riconoscere se stessi, con autodeterminazione e col coraggio di restituirlo al mondo stesso.

Con cosa si ha a che fare quando si parla di processo artistico? “Mettere al mondo il mondo” diceva Boetti, “l’arte non fa che ricominciare” diceva Brancusi e a cui potremmo aggiungere semplicemente “mettere un piede dopo l’altro”.

Di fronte a una sterile visione che sostituisce la regola delle frontiere nazionali ai paletti del distanziamento personale e crea gabbie sempre più intricate, riflettere attraverso un cambio di paradigma perdendo momentaneamente il proprio equilibrio, e così un senso di apparente certezza, intendendo il senso comune delle cose come un concetto da scandagliare, ascoltando i mormorii del mondo e gli echi interiori, per ricercarne un senso attraverso di sé, è la possibilità di uscire da una triste rassegnazione in cui il cupo quotidiano attanaglia. La rivelazione dell’esistenza non la si trova nella regola, essa ha la necessità dello stupore che va oltre le distinzioni e i generi, infrange il carico semantico delle convenzioni (possiamo attribuire a queste tanto le regole che restringono il campo d’azione dell’inventiva quanto il senso del dominio che utilizza lo strumento del denaro e da cui deriva una sottomissione dell’esistenza). Questa è una declinazione trasversale del pensiero che sostiene il disappunto alla banalità, la dissidenza riguardo la norma e la regola. È l’atroce bellezza di essere liberi pensatori, di deviare da un’omologazione imperante tramite il dubbio e la constatazione di un continuo divenire, saper giocare con il sottile paradosso che è un bilico in equilibrio. Osare perdere vuole essere un punto di partenza riguardo a percorsi odierni totalizzanti e tendenti a privare l’individuo dei fondamentali principi di esistenza come libertà e processo di individuazione da cui scaturisce il libero arbitrio. Sappiamo bene, o forse dovremo ripeterci, che il mezzo è il mezzo e non più di questo, che l’atto artistico è fuoriuscita dagli schemi, dalle cornici, dai programmi; che lavora su incidente e difetto; che questo atto si riveli successivamente nell’oggetto, nella postproduzione o di un qualsiasi prodotto poco importa, ovvero, questo è il suo apparire di un processo già accaduto, il surrogato, il feticcio, l’emulazione e l’oggetto sociologico, forse nutrimento per l’anima attraverso ciò che resta. Il processo artistico è paradosso, è sempre in tensione a parlarci di cose di noi, su cose che si conoscono bene, fino a farcene dubitare. Evidenziare tutto questo fa si che si utilizzi la propria esperienza, la propria cultura, condizionamenti compresi, per metterli al servizio di questa trasfigurazione, osando, un piede dopo l’altro, con la tensione necessaria per poter seguire o deviare da un momento all’altro, ogni attimo, seguendo la propria intuizione, la propria intelligenza. L’arte allora trasfigura gli umori neri di una difficile adattabilità per restituirli come rivolta bianca, atto alchemico di trasformazione, per restituire un senso oltre il senso.

Il campo di indagine è aperto.


La rassegna avrà inizio il 27 giugno con l’esposizione di Mario Consiglio PerAsperaAdAstra

Artisti che esporranno nello spazio:
Mario Consiglio – Matteo Attruia – Silvia Giambrone – Sonia Andresano – Laura Cionci – Serena Fineschi - Fabrizio Cicero – Andrea Luporini – Luca Pancrazzi...

Organizzazione: Guido Ferrari, Gino D’Ugo, Iginio De Luca

OSARE PERDERE | Rassegna biennale 2020/2021
A cura di Gino D’Ugo 

Fourteen Artellaro
Osservatorio per l’arte contemporanea
Piazza Figoli 14, Tellaro di Lerici SP 
fourteenartellaro@gmail.com

Permanente di Caroline Achaintre



Fondazione Giuliani è lieta di presentare Permanente, prima personale romana dell’artista francese Caroline Achaintre. La mostra fornisce uno spaccato della sua produzione artistica includendo arazzi trapuntati a mano, sculture in ceramica, disegni ad acquerello e opere in vimini. Per la mostra in Fondazione, Achaintre ha realizzato un’opera ex novo, Louis Q. (2020), un arazzo nato nel periodo trascorso dall’artista in lockdown a Londra. Questa sua ultima creazione trova ispirazione nell’emblematica maschera con il becco del medico della peste del 17 secolo che, in questo caso, perde però le sue caratteristiche tipicamente macabre impregnandosi dell’ironia tipica dello spirito carnevalesco.

Achaintre fonda le sue radici nell’Espressionismo e nel Primitivismo tedesco da cui si sviluppano alcune delle tematiche protagoniste della sua produzione. Le sue creazioni sono maschere deformate e profondamente legate alle collezioni etnografiche occidentali, richiamano il dualismo e ci accompagnano in una parata del carnevale dell’assurdo. La bellezza delle sue opere risiede nella distorsione, nel perturbante freudiano e nella coesistenza tra l’oscurità e la luce come parti complementari di un unico essere. 

Se i grandi arazzi ci ipnotizzano principalmente per il loro spirito ludico, la qualità viscosa delle opere in ceramica ci seduce con eleganza attraverso i richiami più o meno espliciti al controverso mondo del fetish. Le opere in ceramica dalle superfici lucide e seducenti appaiono in contrasto con le opere trapuntate in lana decisamente più calde e familiari, creando una tensione che incoraggia lo spettatore a conversare con il cast di personaggi animati e poliedrici dell’artista. Le opere tessili, in particolare, incorporano molteplici personaggi che coesistono all’interno della trama colorata dei fili rievocando l’aspetto sciamanico e animista che collega omogeneamente la sua produzione artistica. I disegni a inchiostro e acquerello possiedono una natura figurativa e astratta che esplora l’interesse di Achaintre nei confronti dell’analisi psicologica dei test di Rorschach e degli inquietanti film di fantascienza e horror connessi all’estetica della musica heavy metal. La modalità in cui i lavori di Achaintre si caricano di umorismo, prendendo vita di fronte ai nostri occhi, viene accentuato anche dall’approccio dadaista utilizzato dall’artista per la scelta dei titoli delle sue opere che spesso nascono dallo stesso flusso di libere associazioni da cui prendono vita anche le sculture. 

Permanente è una coproduzione tra Fondazione Giuliani, Belvedere 21, Vienna, MO.CO Montpellier Contemporain e CAPC di Bordeaux. La terza tappa romana è stata realizzata grazie al sostegno della Fondazione Nuovi Mecenati di Roma. 

Caroline Achaintre è nata a Toulouse, in Francia, nel 1969 e attualmente vive e lavora a Londra. Una selezione delle sue recenti mostre personali più rappresentative include: Permanent Wave, MO.CO Montpellier Contemporain (2019-2020), Dauerwelle/Permanent Wave, Belvedere 21, Vienna (2019), Fantômas, De La Warr Pavilion, Bexhill-on-Sea, UK (2018), Duo Infernal, Art: Concept, Parigi (2018), Dissolver, Dortmunder Kunstverein, Dortmund (2018), Scanner, Arcade Gallery, Londra (2018), Caroline Achaintre, FRAC Champagne-Ardenne, Reims (2017), Boo, c-o-m-p-o-s-i-t-e, Bruxelles (2016), Caroline Achaintre, BALTIC Centre for Contemporary Art, Gateshead, UK (2016), Caroline Achaintre, Art Now, Tate Britain, Londra (2015). Nel 2016 è stata artista residente alla Fondation Albert-Gleizes a Sablons in Francia, nel 2015 a Tokyo invitata dall’AIT in Giappone e nel 2014 presso il Camden Arts Centre di Londra.


ENGLISH BELOW


Caroline Achaintre
PERMANENTE 

24 JUNE > 10 OCTOBER 2020 

Fondazione Giuliani is very pleased to present Permanente, the first solo show in Rome by French artist, Caroline Achaintre. The exhibition is comprised of a broad selection of recent works, which include hand-tufted wall hangings, ceramics, drawings and wicker sculptures. Achaintre has also produced a new wall hanging specifically for the show in the Foundation. Created while the artist was in lockdown in London, Louis Q. finds inspiration in the historic beaked mask of plague doctors, originating in the 17th Century; however, in this instance, the connotation loses its typically macabre characteristics and adopts a carnival-like irony. 

Achaintre’s practice is rooted in an interest in German Expressionisim and Primitivism, out of which some of the main themes in her production develop. Her mask-like creations are deeply linked to Western ethnographic collections, the notion of duality, and accompany us in a carnival parade of the absurd. The beauty of her work lies in the distortion, in the uncanny, in the co-existence of darkness and light as complementary parts of a single being. Her ink and watercolour drawings are both figurative and abstract, and explore her interest in the psychological analyses of Rorschach tests, sci-fi and horror films, and the aestethetics of heavy metal music. 

If the wall hangings hypnotise us with their playfullness, the viscous quality of the ceramics elegantly seduces us with more or less explict references to the controversial world of the fetish. The ceramics’ lustrous surfaces contrast with the decidedly warmer and more familiar tufted pieces, creating a tension that encourages the viewer to converse with a cast of animated and multifaceted characters. The textile works, in particular, incorporate multiple characters that coexist within the coloured weaves of the threads, evoking shamanic and animistic aspects that pervade Achaintre’s artistic production. The way in which the artist’s works are filled with humour, coming to life before our eyes, is also accentuated by the Dadist approach used by the artist when titling the works, often arising from the same flow of free associations from which the sculptures come to life.

Permanente is a co-production of Fondazione Giuliani, Belvedere 21, Vienna, MO.CO Montpellier Contemporain and CAPC, Bordeaux. The exhibition at Fondazione Giuliani is realised also thanks to the kind support of Fondazione Nuovi Mecenati.

Caroline Achaintre was born in 1969 in Toulouse, France; she lives and works in London. A selection of recent solo exhibitions include: Permanent Wave, MO.CO Montpellier Contemporain (2019-2020), Dauerwelle/Permanent Wave, Belvedere 21, Vienna (2019), Fantômas, De La Warr Pavilion, Bexhill-on-Sea, UK (2018), Duo Infernal, Art: Concept, Paris (2018), Dissolver, Dortmunder Kunstverein, Dortmund (2018), Scanner, Arcade Gallery, London (2018), Caroline Achaintre, FRAC Champagne-Ardenne, Reims (2017), Boo, c-o-m-p-o-s-i-t-e, Bruxelles (2016), Caroline Achaintre, BALTIC Centre for Contemporary Art, Gateshead, UK (2016), Caroline Achaintre, Art Now, Tate Britain, London (2015). In 2016 she was artist in residence at the Fondation Albert-Gleizes in Sablons, France; in 2015 in Toyko, invited by Arts Initiative Tokyo; and in 2014 at the Camden Arts Centre in London.


Caroline Achaintre - PERMANENTE 
24 GIUGNO > 10 OTTOBRE 2020


venerdì 19 giugno 2020

WALL OF SHAME: la condanna al razzismo della street artist Laika


Nella notte tra il 17 e il 18 giugno, su un muro di viale Regina Elena, vicino al Policlinico Umberto I, è apparsa la nuova opera di Laika, l'anonima artista che da più di un anno porta le sue opere per le strade della capitale.

Il poster è intitolato Wall of Shame (tr. “Il muro della vergogna”), e si presenta come un collage di commenti ripresi da vari Social Network e siti internet, con tanto di nomi e cognomi degli autori.

"Ho raccolto decine di commenti, pubblicati su pagine di informazione e gruppi di discussione, che trasudano del razzismo più becero e ripugnante”, ha spiegato Laika. “Ci sono persone che gioiscono per le morti in mare, gente che vomita odio nei confronti di ragazze e ragazzi italiani che hanno i genitori stranieri, chi inneggia alla violenza per la difesa della nazione contro una supposta invasione, chi riesce a prendersela addirittura con i bambini che vanno a scuola", ha continuato l’artista.

Laika ha scelto, ancora una volta, un linguaggio secco e diretto per la sua opera. E nel descriverla è ancora più dura: "Ho voluto mettere su carta e muro lo schifo del mio paese, la sua parte peggiore, con tanto di nomi e cognomi, anche se non è che una goccia del mare di razzismo e ignoranza che c'è in Italia. Queste persone non possono pensare di sversare il liquame di cui sono composti senza pagarne mai le conseguenze”.

Sul razzismo non esistono toni concilianti – “non è qualcosa da derubricare a ‘libertà di espressione’ e queste non sono solo parole al vento che si perdono nel web. Ogni giorno ci sono persone che soffrono, che sentono questo odio sulla propria pelle; ci sono delle vittime, sia dal punto di vista fisico che psicologico. Quella che ho messo su carta è una forma di discriminazione assolutamente evidente a tutti, ma non è l'unica, anzi. Ne esistono molte altre e molto più subdole, contro le quali è importante che ci sia il nostro impegno, sia come società civile che come singoli”.

L’artista questa volta ci tiene a specificare la sua posizione netta: “Il razzismo si nasconde dietro il controllo supplementare in aeroporto a un uomo o una donna con la pelle più scura, nel linguaggio che identifica una categoria di lavoratori con una certa nazionalità, e quindi chi fa le pulizie diventa "la filippina", o l'ambulante è per forza ‘marocchino’. È razzismo venir accusati di spaccio di stupefacenti senza alcuna prova e che ti vengano a citofonare solo perché i tuoi genitori non sono italiani. È razzismo quando a me, donna bianca, viene offerto uno stipendio di un tipo mentre a una donna nera se ne dà uno inferiore. Sono solo alcuni esempi ma ciascuno di noi può trovarne altri, anche partendo dai nostri comportamenti che hanno un imprinting razzista e ‘razzializzante’ anche se non ce ne rendiamo conto e ci riteniamo aperti e tolleranti. Qualcuno ha detto che l'unica razza è quella umana. Io non sono d'accordo: chi ha scritto i commenti che ho incollato sul muro, chi si riempie la bocca con questa melma rivoltante, chi crede di essere superiore a qualcun'altro solo perché, in modo del tutto casuale, è nato in un posto invece che in un altro e ha la pelle bianca, non ha nulla di umano".



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Francesca: francesca@gargiulopolici.com


giovedì 18 giugno 2020

MAURIZIO GABBANA - Dynamiche Infinite



Nel contesto dell'Estate in Triennale verrà inaugurata il 23 giugno “Dynamiche Infinite”, la mostra del fotografo milanese Maurizio Gabbana, che raccoglie una selezione dei suoi scatti urbani, individuati dal curatore Andrea Dusio per la congruenza al filone narrativo degli incontri che la Fondazione Maimeri proporrà nel ciclo “I sette messaggeri”. “Quando mi hanno mostrato le fotografie di Maurizio Gabbana, quelle architetture urbane in cui la luce costruisce di fatto una struttura sovrapposta alla realtà, un'eco del tempo che si amplia sino ai limiti dell'inquadratura e oltre, come una risonanza che non si può contenere, una dinamica futurista che processa l'instante e lo moltiplica all'infinito, generando immagini di immagini, ho pensato di aver trovato la trasposizione fotografica della psicologia del lockdown. Si trattava certamente di una coincidenza fortunata, perché Maurizio ha prodotto questi scatti in tutt'altre circostanze, senza alcune precognizione o allusione a una sospensione della storia, spinto anzitutto da una ricerca formale. Quella che il fotografo milanese chiama dynamica spazio temporale è di fatto una compressione meccanica del tempo nell'istante, che gli consente incidere il presente sul presente, ottenendo un'onda di propagazione allusiva della sospensione estatica dello sguardo”, spiega Andrea Dusio. La mostra si compone di una serie di scatti realizzati con la tecnica digitale caratteristica di Maurizio Gabbana, che ha fotografato gli scenari monumentali delle città italiane e di alcune metropoli straniere producendo immagini cariche di un'atmosfera metafisica, in cui le piazze e i luoghi più emblematici sono spesso solitari, senza che vi compaia la figura umana. Una scelta stilistica, che non ha alcuna relazione con il tempo della pandemia, ma che a posteriori può somigliare a una sorta di trasfigurazione spazio/temporale delle immagini che i droni hanno prodotto delle nostre città durante il lockdown. “Ho guardato le sue immagini metafisiche di Milano, quelle architetture pure che diventano altro da sé, trasfigurandosi in una composizione lisergica. E poi i notturni, scattati invece con tecnica analogica, in qualche caso degli stessi luoghi, ancora una volta in assenza della figura umana, come se la città fosse ridotta a una quinta scenica”, scrive ancora Andrea Dusio nel catalogo prodotto dalla Fondazione Maimeri.


Maurizio Gabbana, classe 1956, è stato scoperto dallo storico dell’arte e docente di storia dell’arte a Brera Rolando Bellini, che a proposito del fotografo dice: “Maurizio si interessa e si spende in questo: un’estasi fotografica. Ne dà conto in termini unici. Da qui il senso e il valore aggiunto della sua presenza. Estasi fotografica che si traduce, scatto dopo scatto, in una inedita percezione visiva che vibra di una peculiare istanza estetica”. I suoi modelli di riferimenti appartengono in gran parte al mondo della pittura, con lunghi studi sulle tecniche di​ rappresentazione della luce di artisti come Caravaggio e Rembrandt, e con puntuali riferimenti estetici al linguaggio scenografico ed illusionistico del barocco.

Inaugurazione 23 giugno ore 18:00 Triennale Milano T+39 02 72434244
orario 17:00 - 21.3
chiusura 30 settembre 2020

Per accedere, è obbligatoria la prenotazione sul sito della Triennale
scegliere giorno e fascia oraria

Ogni visitatore può prenotare fino a 6 posti; la prenotazione è necessaria
per tutti i visitatori a partire dai 3 anni di età

Se vuoi avere maggiori informazioni visita www.triennale.org

Info stampa
Silvia Basta
+393482253405
Silviainfinito4@gmail.com


Pubblica
Il Sito dell'Arte

mercoledì 17 giugno 2020

STRUTTURE DI CONTENIMENTO - Mar Hernandez e Lisa Sebestikova


La struttura di contenimento è un sistema per arginare una costruzione o un fenomeno, per rendere controllabile qualcosa che altrimenti sarebbe instabile e sfuggente. Questi esoscheletri delimitano uno spazio ed un tempo, cingono quello che è al loro interno come delle corazze in grado di proteggere il dentro dal fuori e viceversa. 
La ricerca di Mar Hernandez e quella di Lisa Sebestikova sono incentrate sullo studio dello spazio come calco della memoria. Il loro lavoro si sviluppa intorno ai concetti di negativo e positivo, di contenitori che diventano contenuto: Mar Hernandez aggiunge tracce in stanze apparentemente vuote e Lisa Sebestikova crea vuoti artificiali dentro ambienti saturi.

Mar Hernandez (Madrid, ES, 1984) presenta una serie di lavori inediti. Attraverso un delicato tratto di matita l’artista aggiunge elementi di arredo a fotografie di costruzioni abbandonate. Spesso non esiste alcuna correlazione reale fra questi luoghi e quello che la Hernandez vi ci proietta; le storie che queste opere raccontano sono sempre plausibili e mai reali. Mai come in questo momento l’idea di ambiente domestico come struttura di contenimento è universale e condivisa ed è proprio ora che la ricerca di Mar, dove lo spazio è custode e testimone unico della nostra quotidianità, esplode in tutta la sua forza. Ecco quindi che una vecchia radio, una cornice sbeccata o un calendario su una parete diventano i simboli di un tempo personale sospeso dalle circostanze.

Lisa Sebestikova (Enschede, NL, 1988) alla sua prima mostra in Italia, ha concepito i lavori esposti dopo la sua prima visita a Roma. Il risultato è nato dal confronto fra la storia umana ed architettonica della città e la sua pratica artistica basata sull’analisi del paesaggio e dei suoi elementi iconici, poi sulla loro cancellazione. Da questa necessità e dalla fascinazione per la pietra, materia prima su cui è fondata la città di Roma, nascono le opere sculturee presentate nella mostra. Strutture di alluminio sospese contengono dei frammenti di pietra saponaria. Queste forme fluttuanti sono una reminiscenza delle armature che cingono le parti più fragili dei monumenti e raccontano la storia di ciò che hanno contenuto attraverso la silhouette impressa nei frammenti di roccia. La Sebestikova stravolge queste strutture privandole del loro scopo di trazione e contenimento, trasformandone la natura: l’armatura diventa un corpo molle e ciò che è nato per sostenere diventa a sua volta mobile e fragile. Tutte le sculture sono pensate per essere dinamiche come dei Mobiles di Calder e per non avere una forma definitiva; lasciano aperta la possibilità di essere modificati e ri-assemblati come diari aperti di infinite storie.

In ottemperanza alle disposizioni del Governo e della Regione Lazio, a partire dal 18 giugno 2020 le visite avverranno nel rispetto delle norme di sicurezza e distanziamento previste. 
La galleria seguirà i consueti orari di apertura.

Maggiori informazioni sulle modalità di accesso sono disponibili sul nostro sito nella sezione contatti, oppure scrivendoci all’indirizzo info@whitenoisegallery.it

Mar Hernandez, Radio

A confinement structure is a system built to stem a construction or a phenomena and to make the unstable and ambiguous controllable. Exoskeletons defining a space and a time, enclosing what is inside them as shells protecting the inside from the outside and vice versa. As narrated in the Nonexistent Knigh, those armours often come to life keeping their shape and memories regardless their current content. 

Mar Hernandez and Lisa Sebestikova focus their artistic researches on the space intended as a mold of memory. Their work develops around the concept of negative and positive, of containers becoming contents. Both the artists narrate what happened inside the spaces through the emptiness left behind but they do it following two opposite trajectories: Mar Hernandez by adding layers of memory into empty places and Lisa Sebestikova by creating artificial emptiness in saturated environments.

Mar Hernandez presents a series of new works that are a natural evolution of her historical research over memory layering. Using a delicate pencil draw, the artist adds imaginary furnish, inspired by her life, over pictures of abandoned buildings. There are often no real connections between those places and the elements added by Mar; the stories narrated by those artworks are always plausible but never real. The idea of the domestic environment conceived as a confinement structure has never been more universally shared. In this context the idea behind Mar’s research, where the space becomes the sole keeper of our everyday life, explodes with unbelievable strength. An old radio, a ruined frame or a shabby calendar on a wall becomes the symbols of a personal time, suspended over circumstances. 

Lisa Sebestikova conceived the series of works for her first show in Italy after visiting Rome for the first time. The result comes from the collision between the human and architectural history of the city and her research based on the analysis of the space and the cancellation. The sculptures featured in the show are the result of this urgency united to the fascination of the artist towards the stone, primordial element of the city of Rome. Hanging structures of brushed aluminium softly occupy the space containing fragments of amber coloured soap-stone, both hard to touch and soft to sculpt. Those fluctuating shapes, reminiscent of the retaining armours enclosing the most fragile of the monuments, keep the visible trace of what they used to contain in the negative shape impressed over the stone fragments. Lisa Sebestikova revolutionizes those structures by depriving them of their function and changing their nature: the armour becomes the body and what was created to keep static suddenly become dynamic. Every sculpture is conceived to be in motion like Calder’s Mobiles and has an undetermined shape; they are all opened to be changed and re-assembled like open diaries telling infinite stories.


STRUTTURE DI CONTENIMENTO
Lisa Sebestikova, Mar Hernandez
A cura di Eleonora Aloise e Carlo Maria Lolli Ghetti
Dal 18 giugno 2020 al 31 luglio 2020

Non avrà luogo il vernissage, ma la galleria seguirà i consueti orari di apertura, dal lunedì al venerdì dalle 11.00 alle 19:00


White Noise Gallery
info@whitenoisegallery.it
whitenoisegallery.it
Via della Seggiola 9 • Roma 
Orari: Mar-Ven 11:00-19:00 • Sab 16:00-20:00

pubblica: 
www.amaliadilanno.com