lunedì 29 maggio 2023

L’Italia è un desiderio. Fotografie, paesaggi e visioni 1842 – 2022 Le collezioni Alinari e Mufoco

Non c’è mai un paesaggio che non contenga in sé una quantità di altri paesaggi. L’insieme di ciò che noi abbiamo percepito come tale è soltanto un riflesso di qualcosa che è in noi. Siamo noi che creiamo il paesaggio” Andrea Zanzotto, Luoghi e paesaggi


La fotografia, come altre forme artistiche, riflette sui cambiamenti politici e culturali della società. In quest’occasione, rivolgiamo l’attenzione al paesaggio italiano la cui indagine permette oggi di studiare e analizzare trasformazioni e cambiamenti all’interno del nostro Paese. Il paesaggio diventa, quindi, metafora del cambiamento sociale, artistico e culturale in Italia da metà Ottocento fino ai giorni nostri.

La mostra L’Italia è un desiderio presenta un’ampia selezione di immagini, provenienti dagli archivi e dalle collezioni della Fondazione Alinari per la Fotografia e del Mufoco - Museo di Fotografia Contemporanea, coprendo un arco di tempo estremamente ampio: dagli albori della fotografia paesaggistica al contemporaneo. Grazie a una successione cronologica di tecniche, linguaggi e visioni, la mostra consente di ripercorrere l’evoluzione delle modalità̀ di rappresentazione del Bel Paese, apprezzandone la bellezza che lo ha proposto a lungo come un modello e misurandone anche le sue contraddizioni.

Nelle sale delle Scuderie del Quirinale sono in mostra oltre 600 opere originali caratterizzate da una grande ricchezza di tecniche, materiali, formati e di modalità di presentazione. Il percorso espositivo inizia con le fotografie degli Archivi Alinari e continua con le opere della collezione del Museo di Fotografia Contemporanea. La mostra è arricchita da una serie di scintille, momenti di dialogo diretto e inaspettato tra le due collezioni, accostamenti di opere tra loro distanti nel tempo, ma assimilabili secondo registri più diversi, che spaziano dal punto di ripresa alla tecnica, dal linguaggio al luogo rappresentato, dai temi affrontati alle infinite possibili suggestioni, rimandi e associazioni. Le scintille esposte suggeriscono alcune delle questioni più attuali nel dibattito contemporaneo sul funzionamento, la fruizione, la produzione della fotografia e, più in generale, dell’immagine.

Il percorso all’interno della mostra si trasforma così in un vero e proprio viaggio in Italia: dalle vedute fotografiche quasi pittoriche dei Fratelli Alinari alle “inquadrature naturali” dal nord al sud d’Italia di Luigi Ghirri, dai ritratti delle fabbriche milanesi di Gabriele Basilico ai primi negativi retroilluminati, fino alle ultime ricerche dove la fotografia si apre sempre più ad altri media. Alla fine della mostra rimane un’idea ampia di paesaggio, che introduce dimensioni immateriali e astratte - psicologiche, poetiche, politiche – che lasciano spazio all’interpretazione del pubblico. Il progetto non vuole ricostruire una storia della fotografia italiana bensì coinvolgere il visitatore – attraverso le immagini delle due collezioni - in un’esperienza di viaggio unica e preziosa.

La Fondazione Alinari per la Fotografia è stata creata nel 2020 dalla Regione Toscana per conservare e valorizzare gli Archivi Alinari, fondati dai fratelli Alinari nel 1852, che rappresentano oggi uno dei maggiori giacimenti italiani di documentazione fotografica. Il patrimonio della collezione raggiunge circa 5.000.000 pezzi, raccolti tra archivi e collezioni di grande rilevanza per la storia della fotografia. Del patrimonio fanno parte anche documenti, una biblioteca specializzata, apparecchiature e attrezzature storiche da atelier. La Fondazione si impegna a rendere l’archivio fruibile e accessibile attraverso il sito online, ricerche, restauri, catalogazioni e digitalizzazioni, mostre e iniziative pubbliche.

Il Mufoco - Museo di Fotografia Contemporanea nasce nel 2004 a Cinisello Balsamo-Milano e conserva un patrimonio fotografico di 2 milioni di immagini dal Secondo Dopoguerra ai giorni nostri, organizzate in 42 fondi fotografici che spaziano per temi dal ritratto, al paesaggio, al reportage, alla fotografia di ricerca artistica, documentando la presenza di oltre 1000 autori italiani e internazionali. Il Museo è impegnato nell’arricchimento delle collezioni e nella promozione della cultura fotografica contemporanea su scala nazionale e internazionale, attraverso committenze pubbliche, call, premi e concorsi, residenze d’artista e progetti partecipati.

L’Italia è un desiderio. Fotografie, paesaggi e visioni 1842 – 2022 Le collezioni Alinari e Mufoco
Dal 01 giugno 2023 al 03 settembre 2023
Scuderie del Quirinale Via XXIV Maggio 16 – 00187 ROMA
E-mail:info@scuderiequirinale.it
call center+39 02-92897722

martedì 23 maggio 2023

Roberto Patella | The volatility of being


Dal 25 Maggio, gli spazi del Gallery Hotel Art ospitano la mostra The volatility of being, una selezione di opere fotografiche di Roberto Patella a cura di Valentina Ciarallo, da un progetto di Mario Rescio WiB Milano.

Attraverso l’interazione con oggetti inanimati Patella crea narrazioni intime, dove racconta storie di cose e persone e del rapporto che si instaura tra di loro. In questo naturale connubio tra fotografia e scultura i soggetti di Patella, minuziosamente creati ed isolati visualmente, parlano un linguaggio universale in cui la dimensione corporea si incontra con quella spirituale in un connubio tra forma ed essenza. Sono le forme semplici e comuni a diventare i soggetti preferiti della sua indagine: lo stelo appassito di un fiore, un bicchiere di vetro, la piegatura di un foglio. Patella instaura una “corrispondenza d’amorosi sensi”quasi “foscoliana” tra gli oggetti e i personaggi ritratti, dove il fattore umano diventa dominante.

Roberto Patella, classe 1984, è un fotografo statunitense di origini italiane, che vive tra Milano e New York, noto per le sue collaborazioni con le più importanti realtà del mondo della moda. Dopo aver assistito il leggendario fotografo e regista Bruce Weber, ha fotografato artisti famosi e celebrità come Kevin Bacon, Chuck Close ed Elizabeth Nyamayaro, Mäneskin per riviste come Elle, Vanity Fair, Numèro, V Magazine. Oltre ai numerosi lavori editoriali ricca è la sua produzione personale dove riflette sul concetto di corpo fisico come definizione dell’esperienza umana.

WiB Milano rappresenta Roberto Patella worldwide

Coordinamento mostra Maria Giuseppa De Filippo, Sergio Saladino e Andrea Saracino

Roberto Patella
The volatility of being
A cura di Valentina Ciarallo

Firenze, Gallery Hotel Art, Lungarno Collection

dal 25 maggio 2023

Ingresso libero

Informazioni: Gallery Hotel Art, Vicolo dell’Oro 5, Firenze, Italia

L’istante e l’eternità. Tra noi e gli antichi


A Roma, al Museo Nazionale Romano, è in corso la mostra “L’istante e l’eternità. Tra noi e gli antichi” che, attraverso circa 300 pezzi eccezionali tra opere greche, romane, etrusche e italiche, medievali, moderne e contemporanee, esplora in modi inaspettati e spettacolari il rapporto complesso e variegato che noi intratteniamo con gli antichi. Per l’occasione riaprono al pubblico, dopo decenni, alcune delle Grandi Aule delle Terme di Diocleziano, che ospitarono nel 1911 la Mostra Archeologica nell’ambito delle celebrazioni per il primo cinquantenario dell’Unità d’Italia e che conservano, ancora oggi, parte dell’allestimento storico degli anni Cinquanta. La mostra, visitabile dal 4 maggio al 30 luglio 2023, è promossa dal Ministero della cultura italiano e dal Ministero della cultura e dello sport della Grecia (Eforato per le Antichità delle Cicladi) e testimonia la centralità e l’importanza della collaborazione tra i due Stati. L’evento espositivo, organizzato dalla Direzione generale Musei e dal Museo Nazionale Romano in collaborazione con Electa, è ideato e curato da Massimo Osanna, Stéphane Verger, Maria Luisa Catoni e Demetrios Athanasoulis, con il sostegno del Parco Archeologico di Pompei e la partecipazione della Scuola IMT Alti Studi Lucca e della Scuola Superiore Meridionale. Il nostro rapporto con gli antichi è sostanzialmente doppio: da una parte, si è costruito attraverso un lungo e discontinuo processo storico di trasmissione intellettuale e artistica che ha plasmato la nostra cultura classica fra continuità, fratture e manipolazioni; dall’altra, ha talvolta preso la forma di un rapporto di immedesimazione, sviluppato con persone che, pur vissute molto tempo fa, hanno affrontato, come noi, tutte le vicende della vita, dalle più gioiose alle più drammatiche, e a queste hanno dato voci e forme che sono giunte fino a noi. Per questo, gli antichi ci sembrano allo stesso tempo lontani e vicini. 

La prima sala della mostra (Aula I - L’eternità di un istante) si apre con un reperto che più di tutti esplicita questo doppio rapporto: il calco di due vittime anonime dell’eruzione del Vesuvio che l’archeologia ci ha restituito come eternamente immobilizzate nell’istante della morte. Attorno ad esse invece, sono presentate diverse forme popolari e colte di reinterpretazione moderna dell’antico. La seconda sala (Aula II - La fama eterna degli eroi) esplora le forme della trasmissione e tradizione culturale dell’antichità attraverso l’arte e la letteratura: come i moderni hanno ereditato modi antichi di ostentare e rappresentare il potere, da Cesare a Cosimo da Medici; come i grandi cicli mitici - quelli omerici dell’Iliade e dell’Odissea – tramandati in varie forme fin dall’antichità, sono rimasti vivi nell’immaginario popolare contemporaneo; e come, al contrario, altre tradizioni mitiche siano cadute nell’oblio, e poi recuperate solo grazie alla riscoperta erudita e filologica della letteratura antica operata in età post-antica. Dal mito si passa, nell’Aula III (L’ordine del cosmos) alle rappresentazioni antiche dello spazio e del tempo, che prendono la forma di divinità, di personificazioni e di entità astratte che hanno dato origine alle nostre categorie spaziali e temporali. Così si conclude un primo percorso verso l’eternità - Aion - e l’ordine immutabile del mondo - il kosmos: tra le forme che gli antichi dettero a nozioni sovrumane come queste, spiccano alcuni reperti eccezionali che popolano questa sezione, come l’omphalos – l’ombelico del mondo – che si trovava nel grande santuario di Apollo a Delfi. 

Nella seconda parte del percorso, si illustra il rapporto intimo di immedesimazione che, malgrado la distanza culturale e temporale che ci separa dagli antichi, ce li rende vicinissimi ogni volta che identifichiamo le vicende delle loro vite con le nostre. Nell’Aula IV (Le opere e i giorni) si ricostruiscono, attraverso una serie di spettacolari scoperte recenti, importanti momenti della vita sociale, sia nella casa sia nella città, scandite da rituali privati e pubblici. L’antichità ha tramandato un’inesauribile varietà di modi di rappresentare l’individuo, dalle potenti statue-stele neolitiche alle raffinate composizioni classiche ed ellenistiche. Una scelta significativa di queste raffigurazioni è esposta nell’Aula V (Umani divini). Spiccano in particolare la monumentale statua femminile di Santorini, una della più antiche di tutta la scultura greca, esposta per la prima volta in assoluto al grande pubblico, la statua in bronzo dell’arringatore e uno dei giganti sardi di Mont’e Prama. Intorno a queste figure umane divinizzate, si segue il lungo percorso che porta il defunto nell’aldilà, sia attraverso le diverse raffigurazioni del rituale funerario, sia tramite le varie credenze nell’oltretomba che l’antichità ci ha tramandato. Accompagnano il visitatore in questo percorso di scoperta e confronto, alcune opere straordinariamente rappresentative, provenienti non solo dai principali musei italiani, nell’ambito del Sistema Museale Nazionale coordinato dalla Direzione Generale Musei, ma anche da importantissimi istituti della Grecia. Molte delle opere in mostra sono presentate al pubblico per la prima volta: nuove scoperte, come il carro da parata di Civita Giuliana e la statua di Ercole del Parco Archeologico dell’Appia Antica, nuove acquisizioni, come la Tabula Chigi del Museo Nazionale Romano, e soprattutto numerosi capolavori solitamente conservati nei depositi dei musei dell’Italia e della Grecia, come la statua di Santorini. La mostra rappresenta così un'ulteriore opportunità per il progetto Depositi (Ri)scoperti, ideato e promosso dal Museo Nazionale Romano, permettendo non solo di proseguire l'iniziativa, ma anche di incrementarla con la realizzazione di nuove tappe espositive negli istituti della Direzione Regionale Musei Lazio a Nemi e a Sperlonga. “Il valore della libertà, il valore dell’Occidente è il filo conduttore di questa mostra. L'intento è quello di proporre le origini e il cammino della nostra storia. Ringrazio il Ministero della cultura e dello sport della Grecia per la collaborazione fattiva e amichevole. Nella civiltà greco-romana affondano le nostre radici ed è nostro compito salvaguardare e rendere fruibile a tutti questo patrimonio che ci ricorda la nostra eredità culturale e che ispira la nostra filosofia contemporanea. Tradizione e modernità, due facce della stessa medaglia, fanno parte del percorso della mostra ‘L’istante e l’eternità. Tra noi e gli antichi’”, ha dichiarato il Ministro della cultura, Gennaro Sangiuliano.

L’istante e l’eternità. Tra noi e gli antichi
4 Maggio 2023 - 30 Luglio 2023
Via Enrico de Nicola, 78
Roma, 00185 Italia

mercoledì 17 maggio 2023

In Pardis, Il sensibile nel design e nell’opera di Leila Mirzakhani e Dylan Tripp


SUBSTRATUM 
𝗚 𝗔 𝗟 𝗟 𝗘 𝗥 𝗜 𝗔
presenta

In Pardis 
Il sensibile nel design e nell’opera di Leila Mirzakhani e Dylan Tripp

Inaugurazione venerdì 26 maggio 2023 ore 18.00
via in Selci 84b, 00184 - ROMA

𝘈𝘭𝘭’𝘢𝘭𝘭𝘪𝘦𝘷𝘰 𝘤𝘩𝘦 𝘨𝘭𝘪 𝘤𝘩𝘪𝘦𝘥𝘦 𝘴𝘦 𝘦𝘴𝘪𝘴𝘵𝘦 𝘪𝘭 𝘱𝘢𝘳𝘢𝘥𝘪𝘴𝘰, 𝘪𝘭 𝘮𝘢𝘦𝘴𝘵𝘳𝘰 𝘗𝘢𝘳𝘢𝘤𝘦𝘭𝘴𝘰 𝘳𝘪𝘴𝘱𝘰𝘯𝘥𝘦 𝘥𝘪𝘤𝘦𝘯𝘥𝘰𝘨𝘭𝘪 𝘤𝘩𝘦 𝘪𝘭 𝘱𝘢𝘳𝘢𝘥𝘪𝘴𝘰 𝘦𝘴𝘪𝘴𝘵𝘦 𝘦𝘥 è 𝘲𝘶𝘦𝘴𝘵𝘢 𝘯𝘰𝘴𝘵𝘳𝘢 𝘛𝘦𝘳𝘳𝘢. 𝘔𝘢 𝘦𝘴𝘪𝘴𝘵𝘦 𝘢𝘯𝘤𝘩𝘦 𝘭’𝘪𝘯𝘧𝘦𝘳𝘯𝘰, 𝘦 𝘤𝘰𝘯𝘴𝘪𝘴𝘵𝘦 𝘯𝘦𝘭 𝘯𝘰𝘯 𝘢𝘤𝘤𝘰𝘳𝘨𝘦𝘳𝘴𝘪 𝘤𝘩𝘦 𝘷𝘪𝘷𝘪𝘢𝘮𝘰 𝘪𝘯 𝘶𝘯 𝘱𝘢𝘳𝘢𝘥𝘪𝘴𝘰.
Jorge Luis Borges

Il secondo tema del progetto quadrimestrale che SUBSTRATUM, studio di architettura nel rione Monti di Roma, presenta venerdì 26 maggio 2023 alle ore 18.00 in GALLERIA, è un viaggio 𝘐𝘯 𝘗𝘢𝘳𝘥𝘪𝘴, verso un Empireo umano sensibile e sostenibile. Nello spazio espositivo si ricrea l’atmosfera del Pardis, termine ripreso dal persiano per indicare giardino e paradiso. Tutto fiorisce nella purezza di un design essenziale, la cromia eterea dell’arredo accoglie, in un unicum paradisiaco, la naturale delicatezza del gesto dell’artista iraniana Leila Mirzakhani e la scultorea eleganza compositiva del floral designer americano Dylan Tripp. Un disegno allestitivo, curato da SUBSTRATUM, che reintepreta un giardino indoor, un ambiente abitativo che si configura, in accordo con la visione progettuale, come un’intima stanza dove fermarsi e restare. È un invito al respiro, all’ascolto, allo stare bene e alla relazione nel godimento dell’opera che è delizia di sensi tangibili e invisibili. 

I lavori di 𝗟𝗲𝗶𝗹𝗮 𝗠𝗶𝗿𝘇𝗮𝗸𝗵𝗮𝗻𝗶 ricreano, in armonia con l’ambiente, un’atmosfera fresca e leggera, gli elementi vegetali divengono fluidi negli acquerelli su carta. I colori richiamano una ricerca tonale, ogni accostamento risulta calibrato da un segno teso all’essenzialità e al dettaglio. 𝘐𝘯 𝘗𝘢𝘳𝘥𝘪𝘴 l’artista crea un attraversamento spaziale, allorché le pareti, animate dall’opera, generano una nuova dimensione sensoriale che amplifica la percezione e verticalizza l’anima. Nell’atto ascensionale di questo giardino simbolico il sensibile si ritrova nella meraviglia e nell’incanto floreale dell’opera di 𝗗𝘆𝗹𝗮𝗻 𝗧𝗿𝗶𝗽𝗽. Un affascinante mondo botanico che ipnotizza gli occhi al cielo, ogni senso in ogni senso è attratto, presi in questo celestiale tourbillon, è il piacere di lasciarsi andare al lirismo seduttivo del creato.

Seduti sulla 𝘭𝘦𝘢𝘧 disegnata da Lievore Altheer Molina per Arper, diveniamo foglie, sedotti dalla natura che intorno ci abbraccia, in basso come in alto è arte e poesia, è il Paradiso. Ancora un’altra sosta su una diversa forma, la 𝘝𝘪𝘤𝘢𝘳𝘪𝘰 disegnata da Vico Magistretti per Artemide, poltrona sinuosa e iconica su cui adagiarsi. In Paradiso tutto è senso, tutto ha un senso in questo simbolico giardino di piaceri, la natura è arte, l’arte è natura che mette in relazione ogni cosa e, in ogni cosa il gusto del bellessere. Ma, di giorno come di notte, tutto può accadere In Pardis, possiamo anche immaginare di essere lucciole in quel 𝘛𝘦𝘛𝘢𝘛𝘦𝘛 di Davide Groppi, luci che identificano luoghi d’incontro, che accarezzano e irradiano i sensi ricreando un vero e proprio Eden di delizie. 

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𝗦𝘂𝗯𝘀𝘁𝗿𝗮𝘁𝘂𝗺 è uno studio di architettura con sede a Roma dal 2017, costituito da Giorgia Castellani e Giovanni Tamburro. Il principale oggetto di interesse dello studio è la materia storica, antica o più recente, che si traduce in lavori di restauro di beni storico-artistici, ristrutturazioni di edifici residenziali, disegno di arredi e allestimenti. Si relazionano con l’esistente urbano anche attraverso la progettazione di nuovi edifici. In un senso arcaico Substratum è ciò che sta sotto, talora nascosto, ma pur sempre ciò che tiene, materia fatta di relazioni solide, connessioni costanti, collegamenti persistenti. Esige uno sguardo acuto, dinamico, capace di leggere dal basso verso l’alto e ritorno, di lato e di traverso, fuori e dentro. Un’indagine attenta non solo alle luci ma soprattutto alle ombre, perché sono queste a dare spessore e sostanza, capace di rintracciare segni e disegni, di ricostruire tessuti e trame, di connettere idee ad altre idee, colori a forme, gesti a corpi, sensi a sogni, suoni a forme, forme a idee, e da capo. La filosofia di SUBSTRATUM può essere sintetizzata nelle loro parole: osserviamo il basso per guardare l’alto, ricuciamo il sotto per tessere un sopra.

𝗟𝗲𝗶𝗹𝗮 𝗠𝗶𝗿𝘇𝗮𝗸𝗵𝗮𝗻𝗶 nata a Tehran. Attualmente vive e lavora a Milano. Si è laureata nel 2004 in Comunicazione Visiva all’Università d’Arte di Tehran, prosegue i suoi studi presso l’Accademia di Belle Arti di Roma dove si è diplomata in pittura e grafica d’arte. La sua ricerca artistica parte dallo studio di metafore e collegamenti tra la natura stessa e il mondo interiore. Nei suoi disegni il segno diventa l’alfabeto visivo usato per far emergere l’aspetto poetico da ciò che ci circonda. Nel 2008 vince la sesta edizione del “Premio per l’incisione al Centro per l’incisione e grafica d’arte” a Formello e nel 2018 le viene assegnato il “Premio Pavoncella per la creatività femminile” a Sabaudia. I suoi lavori sono stati esposti in mostre personali e collettive, in istituzioni pubbliche e gallerie nazionali ed internazionali. 

𝗗𝘆𝗹𝗮𝗻 𝗧𝗿𝗶𝗽𝗽 è un floral designer americano trasferitosi a Roma nel 2004, città dove vive, lavora e ha sede il suo atelier. Tripp inizia la sua carriera inizialmente nella Moda, lavorando per diversi anni come fashion designer per diversi uffici stile, come Valentino e Fendi. Parallelamente al lavoro nella Moda, Dylan Tripp sviluppa la sua passione per la natura e il mondo floreale che dal 2012 diventa la sua unica strada. Con un occhio speciale per forma, colore e movimento, Dylan dà vita a piccoli mondi botanici che riflettono uno stile dove spontaneità, eleganza e poesia si incontrano, creando un'estetica floreale contemporanea. Questa sua visione "floreale" del mondo, lo porta a lavorare per importanti realtà aziendali che richiedono le sue composizioni per eventi, set design, flower services per boutiques, showroom e hotel.


SUBSTRATUM 
𝗚 𝗔 𝗟 𝗟 𝗘 𝗥 𝗜 𝗔
In Pardis 
Il sensibile nel design e nell’opera di Leila Mirzakhani e Dylan Tripp

Inaugurazione: venerdì 26 maggio 2023 ore 18.00 

Visite su appuntamento lun-ven 10-19 Tel. 3384038423 
progetto quadrimestrale, in corso fino a settembre 2023

SUBSTRATUM
Via in Selci, 84b, 00184 – Roma 
T. 064823658 www.substratum.it
g.tamburro@substratum.it - g.castellani@substratum.it 

Communication Manager 
Amalia Di Lanno
www.amaliadilanno.com - info@amaliadilanno.com 

Si ringrazia Mobilia Scatena s.n.c. di Battaglini Gabriele & c. Via Montello, 17 – 06024 Gubbio (PG

mercoledì 10 maggio 2023

UT PICTURA POËSIS come nella pittura così nella poesia


Ut pictura poësis come nella pittura così nella poesia
in OpenHouseRoma 20–28 maggio 2023
https://www.openhouseroma.org/

L’arte dialoga con la poesia con installazioni in sei diversi spazi, attraverso libri d’artista e letture dalla viva voce dei poeti. Diciassette coppie, ognuna composta da un artista e un poeta, che hanno fra loro affinità tematiche. I libri d’artista sono oggetti unici (leporelli, rotoli, pieghevoli, concertine, fogli rilegati o liberi contenuti in scatole) creati utilizzando liberamente qualsiasi tecnica, dal collage alla ceramica passando per la fotografia, il disegno e l’incisione, e avvalendosi dei materiali più disparati, dalla carta al metallo, dal legno al tessuto. Nei due fine settimana previsti da OpenHouseRoma, i sei spazi faranno da cornice a una kermesse con parole e voci che dialogano con le immagini, alla ricerca di un delicato equilibrio tra due dei più profondi e multiformi campi espressivi umani. Con un testo di Anna Cochetti.

Spazi. Artisti. Poeti Appuntamenti: Letture d’autore
Sabato 20 e 27 maggio 2023
ore 17.00 Galleria La Linea, Via San Martino ai Monti 46 
Virginia Carbonelli | Chiara Mutti | Mahshid Mussavi | Sohrab Sepehri | Massimo Ruiu | Francesco Paolo Del Re
ore 18.00 Punto Einaudi Merulana, Largo Sant’Alfonso 3 
Alberto D’Amico | Marco Giovenale | Ysabel Dehais | Fabiana Carpiceci
ore 19.00 Studio Sabina Bernard, Piazza Dante 2/3 Sabina Bernard | Giulio Braccini | Antonella Cuzzocrea | Norberto Silva Itza | Cinzia Colombo | Hilde Domin | Silvia Stucky | Claudio Damiani
ore 20.00 Gatsby Cafè, Piazza Vittorio Emanuele II 106 
Michele Marinaccio | Giovanni Bracco

Domenica 21 e 28 maggio 2023
ore 11.00 Studio Architettura Bertuglia, Via di Villa Certosa 21 int 2 
Primarosa Cesarini Sforza | Alessio Brandolini | Elly Nagaoka | Gabriella Pace | Elena Pinzuti | Chandra Livia Candiani
ore 17.00 Studio Longo, Via Filippo Meda 146 
Amedeo Longo | Riccardo Innocenti | Ali Assaf | Latif Al Saadi | Franco Cenci | Caterina Saviane | Michele De Luca | Michele De Luca

le mostre saranno aperte dal 20 al 28 maggio:
info: https://www.facebook.com/profile.php?id=100090542915483

contatti:
lunedì/domenica ore 16.00/19.30
(solo Einaudi Merulana chiuso domenica)





 

martedì 9 maggio 2023

Caos planetario - Massimo Nardi in mostra presso la Galleria Spazio Start

Massimo Nardi, mutamenti con ponte colori acrilici plastica e legno 80x82cm, 2006

Sabato 20 Maggio alle ore 20,00 presso la Galleria SPAZIO START a Giovinazzo BA si inaugura la mostra di Massimo Nardi dal titolo “Caos Planetario”. La mostra, che resterà aperta al pubblico sino a Domenica  11 giugno è curata da Patrizia Dinoi e sarà presentata da Laura Agostini. Nel corso della serata inaugurale ci sarà una performance musicale della talentuosa pianista Antonella Spinelli. 

Le recenti storie drammatiche di conflitti bellici, di pandemia, di cambiamenti climatici ci catapultano in un disordine universale, in un disorientamento tumultuoso, in una confusione senza uguali. Riflettere su questi temi significa affrontare i “mutamenti” in atto. La “forma” emotiva e autobiografica del tragitto artistico che Massimo Nardi propone in questa sua mostra, ci traghetta in un percorso eclettico che abbraccia nella linea del tempo il suo “sentire” che è anche il nostro sentire di fronte al Caos del momento contemporaneo a livello planetario. Il suo mondo ci avvolge ed abbraccia con le sue forme surreali e di meccanicistici ingranaggi: il cerchio dialoga con il quadrato, il pesce con il dolore, i cuori in mutamento avvolti dentro un manto ruggine, il tondo-sfera come una firma, costante presenza cosmica, armonia che ci rassicura e consola accompagnandoci nelle “amarezze” del mondo. La sfera come la Donna è una presenza enigmatica che ci svela il mistero della vita. Un mondo dove la Natura, non più consolatrice, si rivolta contro l’egoismo e l’egocentrismo dell’Uomo e malgrado tutto ci ricorda la sua Bellezza. Massimo Nardi condivide generosamente le sue emozioni che rispecchiano le nostre. Forse in questo incontro con l’altro c’è la possibilità di sentirsi umani nel Caos. Siamo farfalle che sbattono le ali dentro la campana di vetro della nostra esistenza nel tentativo invano di uscire dal sequestro emotivo delle nostre sofferenze. Suggestioni da “Caos Planetario”
di Laura Agostini



CAOS PLANETARIO
Mostra d’Arte Contemporanea
di Massimo Nardi
a cura di Patrizia Dinoi

Galleria d'Arte Contemporanea Spazio START
presentazione critica di Laura Agostini
Interventi in catalogo  di: 
Salvatore Russo, Angelo Cortese, Carmelo Guido, Laura Agostini, Patrizia Dinoi
Performance musicale della pianista Antonella Spinelli 
Vernissage 20 maggio 2023 ore 20.00 
visitabile fino al  giorno 11 giugno 2023

GALLERIA SPAZIO START
Spazio espositivo destinato alla rappresentazione di idee, espressioni, forme e percorsi di ricerca artistica
Via Cattedrale,14 Giovinazzo BA—CAP 70054
spaziostart.giovinazzo@gmail.com
Info: 389 1911159
Ufficio stampa enkomionarte@gmail.com

RE:HUMANISM III edizione: SPARKS AND FRICTIONS

Federica Di Pietrantonio - Farming

Drammaturgie ideate da reti neurali artificiali, bizzarre creature marine, biomi virtuali, nuovi modi di immaginare l’esplorazione spaziale e la possibilità di innamorarsi di un’Intelligenza Artificiale: è il futuro prossimo secondo lo sguardo di dodici artisti provenienti dall’India, dalla Cina, dal Regno Unito, dagli Stati Uniti, dalla Slovenia e dalla Spagna, oltre a una nutrita schiera di artisti italiani.

Con l’”elettrico” titolo Sparks and Frictions, si inaugura il 24 maggio a Roma la terza edizione di Re:humanism, la grande mostra collettiva che indaga il rapporto fra Intelligenza Artificiale e arte contemporanea, una relazione in grado di creare nuovi immaginari e nuove narrazioni, pensata nell’ambito di uno sviluppo sostenibile e inclusivo, con una postura critica rispetto al sempre più diffuso fanatismo tecnocratico. Curata da Daniela Cotimbo, presidente dell’associazione Re:humanism, la mostra sarà visitabile fino al 18 giugno nei suggestivi spazi del WEGIL, hub culturale della Regione Lazio gestito da LAZIO crea, nonché edificio simbolo del razionalismo architettonico di Luigi Moretti.

In mostra le opere dei finalisti della terza edizione del Re:humanism Art Prize, selezionati dopo una call for artist svoltasi nei mesi precedenti e che ha invitato gli artisti a riflettere non soltanto sul profondo impatto generato dall’avvento dell’Intelligenza Artificiale e sulle radicali trasformazioni che si prospettano all’orizzonte ma anche sul rapporto fra creazione artistica, new media, dispositivi tecnologici e temi scientifici che mette in gioco una serie di importanti riflessioni sull'identità, sulle relazioni e sui futuri possibili.

A queste opere si aggiungono poi i due progetti del Premio Digitalive di Romaeuropa, che verranno presentati in autunno nell’ambito del Romaeuropa Festival mentre fra le novità di quest’anno l’assegnazione del Premio Speciale Salvatore Iaconesi, dedicato al geniale artista, ingegnere robotico e attivista recentemente scomparso.

Molteplici i punti tematici di questa terza edizione: dalle New Ecologies, che mirano a ripensare le logiche dell'estrattivismo dei dati e delle risorse ambientali, alle New Narratives, prospettiva che intende rileggere la storia del progresso scientifico attraverso la lente della decolonialità, recuperando saperi e rituali arcaici che – messi in dialogo con l’innovazione – possono generare nuove mitologie; dalle esplorazioni del rapporto con il non-umano di Playing with non-human alle trasformazioni corporee nelle pratiche di biohacking di Hacking the Body; da Exploring Metaverse che raccoglie visioni, paure e sogni legati alla nuova frontiera della Realtà Virtuale a Machine Visions and Dreams, affascinante immersione nell’inconscio macchinico; fino ad arrivare a Other explorations, mappatura di sguardi differenti sui futuri che ci attendono.

In questi territori si muovono dunque le opere presentate dalla terza edizione di Re:humanism, a partire dalle prime tre classificate: Zoophyte, visionaria creazione dell’inglese Joey Holder ispirata dalla criptozoologia, che delinea un ambiente popolato da creature marine inventate, non scoperte o di cui la scienza ufficiale sa poco, per riflettere sul confine tra realtà e fantasia; il perturbante progetto dal titolo Monologo di Riccardo Giaccone che unisce le antiche tecniche del teatro di figura alle reti neurali artificiali; e The Martian Word for World is Mother dell’artista nord americana Alice Bucknell, un lavoro che intende ribaltare la prospettiva antropocentrica che domina le questioni legate all’esplorazione spaziale e alla colonizzazione di nuovi pianeti. C’è poi l’opera cui è stato assegnato l’Emerging Prize, firmata dall’artista e designer cinese Yue Huang: Artificial Life decostruisce l’immaginario fantascientifico di un’Intelligenza Artificiale iper performante mettendoci davanti ai fallimenti di un’AI goffa e divertente.

Sul fronte delle “nuove ecologie” si iscrivono invece sia Echinoidea Future - Adriatic Sensing dell’artista slovena Robertina Šebjanič e Ciò che resta di Piero Alfeo: la prima indaga le attuali condizioni bio-geologiche e morfologiche del riccio di mare plasmato dall’azione inquinante dell’uomo mentre la seconda affronta il problema dell’inquinamento acustico degli oceani e la necessità di rinegoziare i rapporti interspecie.

L’intersezione fra mondo naturale e tecnologia è invece centrale nell’opera Mythmachine dell’indiano Sahej Rahal, un bioma virtuale abitato da creature post-umane pensato per mettere in crisi le distinzioni binarie tra mente e corpo, umano e artificiale, mito e memoria; e per alimentare quelle “nuove narrazioni” che investono anche il lavoro di Ginevra Petrozzi dal titolo Bite Off More Than You Can Chew, dove l’analisi facciale eseguita dall’IA viene messa in dialogo con gli antichi sistemi di divinazione somatica, in un vorticoso intreccio fra arcaico e contemporaneo, pensiero magico e pensiero tecnologico.

Le trasformazioni delle relazioni sociali e quelle identitarie sono il territorio in cui si muovono sia Farming, opera firmata dalla giovane artista romana Federica di Pietrantonio che riguarda l’impatto delle piattaforme di gioco sulla vita quotidiana, fra hikikomori, neet e gold farmer; sia l’opera di Mara Oscar Cassiani che si aggiudica il Premio Speciale Salvatore Iaconesi, ovvero Ai Love, Ghosts and Uncanny Valleys <3. I broke up with my Ai and will never download them again, originale speculazione sulle possibilità di innamorarsi di un’Intelligenza Artificiale, presupponendo le stesse devianze che segnano le relazioni tossiche, dal ghosting alla sopraffazione.

Infine, i due progetti del Premio Digitalive che verranno presentati in autunno al Romaeuropa Festival: Slowly Fading into Data di Albert Barqué-Duran – che grazie all’utilizzo di tecnologie avanzate punta a creare nuove esperienze spaziali e temporali – e Retraining Bodies, una lecture-performance che esplora inedite possibilità di interazione Uomo-Macchina attraverso il suono.

Dodici progetti in totale, dunque, selezionati da una giuria composta dagli organizzatori, da esperti di arte contemporanea e nuove tecnologie digitali: Alfredo Adamo, CEO di Alan Advantage; Andrea Bellini, Direttore del Centre d'Art Contemporain di Ginevra; Ilaria Bonacossa, Direttrice del Museo Nazionale Arte Digitale, Carola Bonfili, artista finalista della seconda edizione del Re:humanism Art Prize, Tiziana Catarci Direttrice Dipartimento Ingegneria Informatica, Automatica e Gestionale (DIAG) dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza; Daniela Cotimbofondatrice e curatrice del progetto Re:humanism; Mauro Martino, fondatore e direttore del Visual Artificial Intelligence Lab all’IBM Research; Laura Tripaldi, dottoranda in Scienza e Nanotecnologia dei Materiali all’Università di Milano Bicocca e curatrice della webzine Not di NERO edizioni. Alla giuria si aggiungono: la commissione che ha assegnato il Premio speciale Salvatore Iaconesi, costituita dai componenti di HER: She Loves Data, progetto di ricerca dell’artista, co-fondato assieme alla compagna Oriana Persico; e la commissione che ha assegnato il Premio Digitalive di Romaeuropa, composta dagli organizzatori e da Federica Patti, curatrice della rassegna Digitalive.

L’evento è realizzato sotto il patrocinio di Regione Lazio
In collaborazione con LAZIOcrea, WeGil, Translated s.r.l, Wallife S.p.A., Fondazione Romaeuropa


Alice Bucknell, The Martian Word for World is Mother

RE:HUMANISM
III edizione
SPARKS AND FRICTIONS

la grande mostra collettiva dedicata al rapporto fra arte contemporanea e Intelligenza Artificiale

24 maggio – 18 giugno
WEGIL Largo Ascianghi 5, Trastevere, 00153, Roma

Opening 24 maggio ore 18.00
Aperta dal lunedì alla domenica dalle 10.00 alle 19.00

JOEY HOLDER (UK) | RICCARDO GIACCONI | ALICE BUCKNELL (UK)
ROBERTINA ŠEBJANIČ (SLOVENIA) | SAHEJ RAHAL (INDIA) | PIER ALFEO
GINEVRA PETROZZI | FEDERICA DI PIETRANTONIO | YUE HUANG (CINA)
MARA OSCAR CASSIANI | ALBERT BARQUÉ-DURAN (SPAGNA) | LUCA PAGAN

Info
www.re-humanism.com

Media Partner Exibart
Main Sponsor
Alan Advantage s.r.l, Frontiere s.r.l.

lunedì 8 maggio 2023

Summer Love - Welcome Home



Fino al 18 giugno 2023 alla Galleria ME Vannucci di Pistoia la mostra Summer Love – Welcome Home con gli artisti Mohsen Baghernejad Moghanjooghi, Lori Lako, Erika Pellicci. Una riflessione sul fare casa e spostarsi in relazione con gli altri.

Nessuno dei tre artisti protagonisti di questa mostra in questo momento sta vivendo nella città in cui è nato, a dir la verità nemmeno nel paese di origine. Mohsen Baghernejad è iraniano ma vive e lavora a Torino, Lori Lako è albanese ma vive e lavora Firenze, Erika Pellicci proviene dalla provincia di Lucca ma vive e lavora attualmente a Berlino. Si può dire che è una mostra che parla di spostamenti per trovare stanza altrove. Prendere stanza 1. [andare ad abitare in un luogo] ≈ domiciliarsi, prendere alloggio, sistemarsi, stabilirsi. 2. [trovare temporaneamente dimora in un luogo] ≈ alloggiare, dimorare, installarsi, prendere alloggio.

Summer Love – Welcome Home ha il sapore di un amore estivo, temporaneo, leggero, precario, misterioso, nuovo. Ha l’aspirazione a fare casa ovunque, di essere a casa altrove.

Fare case è faticoso, dispendioso, è un luogo di relazione con gli altri. Il filosofo Emanuele Coccia nel suo saggio Filosofia della casa. Lo spazio domestico e la felicità[1]parla della casa come un insieme di cose che hai bisogno di portare con te. “Abitare non significa essere circondato da qualcosa né occupare una certa porzione dello spazio terrestre. Significa intrecciare una relazione talmente intensa con certe cose e certe persone da rendere la felicità e il nostro respiro inseparabili”.
“Abbiamo bisogno di pensare la casa: viviamo nell’urgenza di fare di questo pianeta una vera e propria dimora, o meglio di fare della nostra abitazione un vero pianeta, uno spazio capace di accogliere tutte e tutti. Al progetto moderno di globalizzare la città si è sostituito quello di aprire i nostri appartamenti per farli coincidere con la Terra.”

Siamo tutti stranieri, eppure ogni volta riusciamo a farci casa.

Mohsen Baghernejad (Tehran, Iran,1988) da sempre porta all’interno della propria opera un ricordo di quando a Tehran lavorava come assistente nello studio di architettura del fratello, recuperando un materiale come il cemento per costruire piante e elementi organici di cui prenderci cura e in continua trasformazione. Un’altra pratica del suo lavoro sta nell’intaccare pareti con delle frasi incise e scavate in diverse lingue, tra cui la sua lingua madre, il persiano.  Questo suo scavare sembra scalfire la superficie, quasi per studiare le storie e le stratificazioni di quelle mura, oltre a lasciare un segno del suo passaggio, dire qualcosa. In occasione della sua recente personale Per Piruzha riempito tutte la pareti di una stanza di Villa Rey a Torino con il testo della canzone Baraye(in italiano “Per”), l’inno della protesta iraniana in nome di Mahsa Amini che il musicista iraniano Shervin Hajiapour ha composto cucendo insieme i messaggi della protesta. Allo stesso tempo porta avanti una serie di lavori con il tessuto, passando quindi dalla pesantezza del cemento alle superfici leggere come veli che l’artista disegna e fa stampare. E proprio con una stoffa trasparente ricrea in questa mostra un ambiente separato, una sorta di luogomentale in cui alcune sculture vanno a ricostruire metaforicamente l’interno di una stanza, un interno che è anche una presenza fisica, una stanza che è a sua volta pronta ad ospitarci in una dimensione autonoma ma in connessione con lo spazio circostante. Pareti che si fanno leggere, trasparenti, che rendono sempre più labile il confine tra dentro e fuori.

Lori Lako (Pogradec, Albania, 1991) è chiamata a fare quasi un lavoro di cucitura e ritrovare origini e punti di contatto con la comunità albanese di Pistoia, a seguito di una doppia residenza a Pistoia e Biella per uno scambio con la Città dell’Arte - Fondazione Pistoletto. Nell'installazione Zoo Lori Lako riflette sui nazionalismi e le bandiere. L’aquila della bandiera albanese è stata cucita da una delle poche donne che appaiono sui libri di storia dell’Albania, Marigo Posio. Lori Lako compie il gesto opposto, scuce l’aquila bifronte e insieme ad essa alcuni animali presenti nelle bandiere di altre nazioni, liberandoli da tutti quei confini che li limitano. Nella serie fotografica Lullaby, l’artista procede, come spesso fa nel suo percorso, recuperando immagini dall’archivio e dai ricordi delle persone con le quali entra in contatto. In questo caso sceglie alcune fotografie da una serie di scatti fatti nei primi anni Novanta dall’illustratore Francesco Fagnani, allora inviato del settimanale Cuorein Albania. Per Lori Lako lavorare con materiali che precedono o coincidono con il suo anno di nascita diventa sempre un confronto e una riscrittura della sua storia: la statua del dittatore Enver Hoxha viene abbattuta a Tirana il 20 febbraio 1991, tre giorni prima della nascita dell’artista. In Lullaby le foto in bianco e nero vengono riportate a coloriattraverso una app, un processo tecnologico meccanico, che però in alcuni punti sbaglia e sbava i colori. Questo processo opera una sorta di eliminazione della distanza temporale, come se queste storie ci parlassero ancora. L’artista se le immagina come frame di un film, pezzi di vita inseriti dentro una nuova storia, una nuova narrazione. Ecco che in basso appaiono delle scritte, come fossero sottotitoli che raccontano ai non udenti quello che si sente nella scena. Le immagini di un viaggio, ipoteticamente il ricordo di una vacanza estiva in Albania, diventano ancora una volta per Lori Lako un pretesto per parlare del proprio Paese e della reale possibilità di spostarsi, varcare i confini, fare casa altrove, come ha fatto anni fa la folta comunità albanese che si è ricostituita a Pistoia.

Erika Pellicci (Barga, Lucca, 1992) occupa temporaneamente una stanza a Berlino, un anno fa si è trasferita per lavoro e da subito ha iniziato ad avere difficoltà nel trovare casa. Erika lavora con la fotografia e con il suo corpo e sente da sempre il legame con il suo Luogo di origine (questo il titolo di un suo video del 2021 che parlava dell’essere nella sua casa in provincia di Lucca e altrove contemporaneamente). Nella sua stanza Erika ama esercitarsi in passi di danza, a volte indossando delle cuffie. Si muove e si riprende con il telefonino o la videocamera. Una lotta continua con la tecnologia: il corpo si muove in modo più o meno fluido, perlustra il pavimento e guarda nella telecamera che meccanicamente e passivamente riprende. Ecco che per un attimo il meccanismo si inceppa e sullo schermo il corpo appare pixelato, sgranato. Un errore. Erika esegue subito uno screenshot della sua immagineche sullo schermo sta per sparire. Un corpo che temporaneamente occupa quella stanza, che appare e scompare a intermittenza. “Se prima cercavo una definizione per la parola casa o cercavo un luogo fisico, mi sono ritrovata a concentrarmi sulla mia presenza materica nello spazio, il luogo che occupo o che occuperò si muoverà con me, non sarà statico.” Quando Erika è arrivata a Berlino era appena scoppiata la guerra in Ucraina, e proprio nella città tedescaha incontrato molte persone fuggite dalla guerra, persone che al ritorno – chissà quando – troveranno soltanto macerie della propria casa. Direttamente dall’orto di casa, attraverso un corriere, i suoi fanno arrivare ad Erikaogni tanto cose buone da mangiare e in mezzo a un cesto di insalata tempo fa è arrivata anche una chiocciola. Una chiocciola lucchese e Berlino. Erika si chiede se il mollusco sia maschio o femmina e la chiama Herma, un piccolo essere alla ricerca di identità e di casa, che in fondo la casa se la porta dietro, si ambienta, si attacca. Herma inizia a diventare protagonista delle immagini di Erika, e infine anche dei suoi lavori: la fotografa, ci fa un video ma poi la chiocciola sparisce, forse è scappata, forse è andata in letargo. Di nuovo la necessità di prendersi un tempo, trovare uno spazio per gesti lenti, per una meritata pace.

Summer Love è il nome del caicco turco con a bordo 180 migranti che è naufragato nelle acque calabresi di Cutro il 26 febbraio 2023. Mentre riflettevamo sul tema della casa, sullo stare, sul cercare, sullo spostarsi, sul trovare riparo, sul fare casa, anche lontano dal proprio luogo di origine, è accaduto questo naufragio sulle coste italiane.

[1]Emanuele Coccia, Filosofia della casa. Lo spazio domestico e la felicità, Einaudi, 2021.




Summer Love - Welcome Home
Mohsen Baghernejad Moghanjooghi, Lori Lako, Erika Pellicci
a cura di Serena Becagli
dal 16 aprile al 18 giugno 2023

mercoledì - venerdì17:00-19:30 
sabato 9:30-12:30 / 17:00 -19:30
o su appuntamento

GALLERIA ME VANNUCCI Via Gorizia, 122 Pistoia, Italia
tel. +39 057320066 mob. +39 335 6745185 
info@vannucciartecontemporanea.comwww.vannucciartecontemporanea.com


Phase Patterns. Group show: Jose Angelino, Stefano Canto, Epvs & Sebastian Vimercati, Cecilia Luci


Fu per un caso se Steve Reich nel 1965 scoprì la potenza musicale del defasaggio di piani ritmici. Gli bastò azionare all’unisono due registratori con incise le parole in loop “it’s gonna rain” per capire che il suono, poco dopo, si disallineava creando riverberi inusuali ed echi vibranti.

Nascevano così le celebri composizioni “Phase Patterns”.

Come per Reich nella musica, nell’arte di Jose Angelino, Stefano Canto, Epvs con il suono di Tobia Dhomen & Sebastian Vimercati e Cecilia Luci si creano dislivelli simbolici ed espressivi. Nella reiterazione di codici estetici appurati, i quattro artisti avvertono il bisogno di una nuova lettura; attuano una minima imperfezione formale e concettuale sull’originale archetipo e realizzano opere differenti nel significato e nella struttura. Il principio è il minimalismo e in particolare la teorizzazione che ne fece il filosofo Richard Wollheim, codificandola "riduzione minimale" nella eliminazione del superfluo, applicata a quegli oggetti indistinguibili dalla realtà quotidiana, resi così portatori esclusivi di un peso concettuale.

Ogni loro opera è il simbolo del mutamento nel tempo, è un processo continuo di segni e forme che celano la vera essenza della materia e delle leggi fisiche. Il gesto diventa scultura, il ricordo va alle sperimentazioni del passato alterando il significato delle icone, degli slogan, dei codici estetici e comportamentali. Con le loro opere abbattono le sovrastrutture, riconnotando le simbologie superficiali entrate ingiustamente nel mito. Stessi segni, microscopiche, macroscopiche differenze, “dipendenza sensibile alle condizioni iniziali”, la teoria del caos, il defasaggio del reale.

Un group-show che si sviluppa in un percorso circolare e netto, composto da quattro visioni personali che alternano a penetrazione di nature vigorose e corpi poliedrici in cemento i gesti reiterati di partiture tessili su tele grezze, i ritratti intimi specchianti e implosi in mille frammenti glitter o un polmone pulsante e luminoso ordinato in fragili bacchette di vetro soffiato. Una melodia di personali visioni capaci di creare minimi sbalzi percettivi, raccolti da un tappeto sonoro di due giovani designer del suono noise, che traducano ed accentuano gli aspetti più peculiari di un defasaggio compositivo. 


José Angelino, vive e lavora a Roma. 
Ha al suo attivo numerose mostre personali e collettive. Selezione esposizioni personali “Resistenze” Galleria Nazionale D’Arte Moderna e Contemporanea di Roma (2023), “Resistenze” a cura di Davide Silvioli, Palazzo Collicola Galleria d’Arte Moderna “G.Carandente”, Spoleto (2021), “Sometimes It Leaps Forth” a cura di Melania Rossi, Seen, Antwerpen (2020), “Corteggiamenti” Galleria Alessandra Bonomo, Roma (2019) Selezione esposizioni collettive, “Oblique Magie Del Tempo” Museo Archeologico di Santa Scolastica, Bari (2022), ”segni Elementari” a cura di Francesco Carofiglio, Concettina Ghisu, Lorenzo Madaro e Brizia Minerva, Alberobello (2022), ”L’invenzione della giovinezza” a cura di Sarah Linford , Fondazione Smart, Roma (2022), ”Tomar la casa” a cura di Marta Ramos, Real Academia de España, Roma (2022), “There Is No Place Like Home 2021”a cura di Giuliana Benassi, Roma (2021) ”Vivavuci” a cura di Gaia Bobò e Daniela Maria Geraci, Viaraffineria, Catania (2021), ”Real Utopias” a cura di Melania Rossi e Bianca Cerrina Feroni, Manifesta 13, Marsiglia (2020)

Stefano Canto, vive e lavora a Roma
Ha al suo attivo numerose mosre personali e collettive. Selezione esposizioni personali,”Carie”, Galleria Matèria, Curata da Giuliana Benassi, Roma (2021). “Column”, Galleria L’Ascensore, Curata da Salvatore Davì, Palermo (2019). “Polisidro”, Spazio Gamma, Curata da Vasco Forconi, Milano (2019). “Sotto l’influenza del Fiume. Sedimento”, Galleria Matèria, Roma (2018). “Berenice”, Label201, Curata da Elena Giulia Abbiatici, Roma (2017). “Concrete Archive”, Galleria Matèria, Curata da Carmen Stolfi Roma (2016). “All That Fall” Museo RISO, Curata da Salvatore Davì, Palermo (2014). “Selbstbewegung”, Corpo 6 Gallery, Curata da Fabio Campagna, Berlino (2016). Selezione esposizioni collettive, “Racconti (in)Visibili”, Reial Cercle Artistic, Curata da Micol Di Veroli e Dominique Lora, Barcellona, (2023). ”There Is No Place Like Home”, Curata da Giuliana Benassi, Roma (2021). “Politics of Dissonance”, Manifesta 12, Curata da Mike Watson, Palermo (2018). “Les temoins de l’invisible”, Curata da Valentina Gioia Levy, Dakar Biennale (2016). “Archeologia dell’effimero”, Viafarini, Milano, Italia (2016). “Dislodging the silence: public art intervening in Mussolini’s foro Italico”, American Academy, Curata da Mike Watson, Roma (2015). “Janela. Migrating Forms and Migrating Gods”, Curata da Valentina Gioia Levy, Kochi Muziris Biennale, India (2015). “Recovery”, Triennale Milano, Italia (2013). 

EPVS -Elena Panarella Vimercati Sanseverino, Nata in Germania vive e lavora a Roma
Ha al suo attivo numerose mostre personali e collettive. Selezione esposizioni personali, “Culture Club”arte pubblicacura Michela Becchis Parco di Sara presso Parco Spallette per il Comune di Roma(2022), “The Pool” Cortili Aperti Associazione Dimore Storiche Italiane Palazzo Capizucchi Roma (2021), “Reflect” sound Sebastian Vimercati cura Floriana Spanò PAD Palermo (2020), “The Pool” sound and performance by Sebastian Vimercati cura Gianluca Marziani Macro Asilo Museo d’Arte Contemporanea Roma, “Trough the door” cura Alba Romano Pace Centro per l’Arte Contemporanea Stand Florio Palermo (2019). Selezione esposizioni collettive, “Vuoto”cura Cristallo Odescalchi Palazzo Odescalchi Roma (2023), “Scent of a woman” cura Paola Quaquarelli e Chiara Castria SUArte Gallery Roma (2022), “N gradi di separazione”, arte visuale incontra sound art cura Michela Becchis Spazio Espanso Roma (2021), Chaos/Kosmos cura Paulina Grubiak Galeria Elektor Mazowiecki Instituto di Cultura Varsavia (2020) Artisti per Alina cura Sanda Sudor Oratorio di San Sebastiano Forlì (2020).

Cecilia Luci vive e lavora a Roma
Ha al suo attivo numerose mostre personali e collettive. Selezione di esposizioni personali: “In potenza sono tutto”, a cura di Benedetta Carpi De Resmini, Casa Internazionale delle Donne, Roma (2019); “Made in Water”, a cura di Marco Tonelli e Fabiola Naldi, Museo Macro, Roma (2014); Gravità, a cura di Gianluca Marziani, Palazzo Collicola Arti Visive, Spoleto (2012). Selezione di esposizioni collettive “AlbumArte. Da Casa. Abitare il tempo sospeso”, a cura di Cristina Cobianchi, mostra virtuale (2020); “IT. Spazi di percezione tra intangibile e tangibile”, a cura dello IED, Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, Roma (2014). 

Sound designers 
Tobia Dohmen é un polinstrumentista italo-tedesco residente a Roma.Inizia a suonare la trombanell’orchestra Santa Cecilia. Le sue specificità da musicista non si limitano ai fiati ma studia altri strumenti come la chitarra, il pianoforte, il basso e la batteria, la voce come cantante lirico e avventurandosi in altri generi.

Sebastian Vimercati è un artista del suono, performer e produttore italo-tedesco. Cresciuto a Roma e trasferitosi a Berlino, è nella capitale tedesca che esplora con approccio avanguardistico il processo compositivo. Tra club e istituzioni artistiche e museali, il suo approccio alla creazione rimane coerente ad una visionenoise, oscura ed introspettiva. Dal 2019 collabora con EPVS creando il sound per le sue installazioni. 

Phase Patterns
Group show: Jose Angelino, Stefano Canto, Epvs & Sebastian Vimercati, Cecilia Luci
A cura di Maria Chiara Valacchi

OPENING 10 maggio 2023 - ore 18 /21 
Sede Piazza Campitelli 3 , Roma
Phase Patterns group-show di Jose’ Angelino, Stefano Canto, EPVS, Cecilia Luci sound artists Sebastian Vimercati & Tobia Dohmen 

Da Mercoledì 10 maggio 2023 fino a venerdì 9 giugno 2023 al piano terra di Piazza Campitelli 3 si terrà una mostra evento a cura di Maria Chiara Valacchi, una collettiva progettata con l’intento di raggruppare il lavoro di quattro artisti mid- career uniti sul tema del defasaggio estetico. L’esposizione sarà visibile fino al 9 giugno 2023, dal martedì al venerdì dalle ore 15.30 alle ore 19.30. 


mercoledì 3 maggio 2023

MINUS.LOG | Sulla soglia del silenzio

Minus.log, non luogo, acquerello su carta, 2022


Il Tomav_Torre di Moresco Centro Arti Visive, in collaborazione con Tomav Experience Ass. Cult., presenta con il titolo “Sulla soglia del silenzio”, a cura di Antonello Tolve, la personale dei Minus.log. La mostra si inaugurerà domenica 14 maggio 2023 alle ore 18 negli spazi della torre eptagonale del XII sec., attiva dal 2011 come luogo di riferimento per l'arte contemporanea.

Questo nuovo progetto del collettivo abruzzese Minus.log (Manuela Cappucci e Giustino Di Gregorio) mira a scandagliare prima e a rappresentare poi il silenzio e lo spazio vuoto non solo come elementi cardine della loro ricerca ma anche come condizione necessaria per connettersi di nuovo con se stessi e con il mondo. Preziosa a tal fine la collaborazione con il musicista-sound artist Daniele Bogon. 

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Sulla soglia del silenzio
di Antonello Tolve

«L’infiltrarsi della nostalgia nella geometria ha condotto all’idea di infinito»
E. M. Cioran

Del lungo e fluttuante itinerario creativo proposto dai Minus.logsin dal 2012, anno in cui il duo nato dall’incontro di Giustino Di Gregorio e Manuela Cappucci produce Code – O(«una scultura in gesso scolpita dal tempo» che «accoglie delle proiezioni minimali»)[1], vale la pena ricordare quale e quanta importanza abbiano sempre il valore minimale, la materia interstiziale, l’appunto veloce, l’esattezza della rapidità, l’incidente e l’unicità, l’errore immaginativo, l’attesa di qualcosa che nasce dallo studio e dall’intuizione, la ripetizione differente che è anche scavo costante tra le contrade chiare del tempo, dello spazio, della luce, del suono. Dopo alcuni lavori in cui gli artisti hanno spinto al limite i nuclei e i grumi di una brillante ricerca sulla solida soglia del vuoto – tra questi vale la pena ricordare almeno In a silent way(2014), Cure(2015), Ctrl+c(2015), together/alone(2015), Con i piedi per terra(2017), Senza ombra di dubbio(2018) o la più recente animazione Vera(2020-2022) – e dopo una serie di sorprendenti progetti comeAQ(2019) o i Non luoghi(2020) dove il duo sperimenta l’evanescenza del paesaggio e dove si assume l’acquerello a mezzo espressivo capace di alleggerire e dilatare i limiti d’un territorio mentale («ci siamo innamorati subito delle possibilità offerte dall’acquerello e ne abbiamo adattato la tecnica alle esigenze del nostro mondo, fatto di rapporti con lo spazio vuoto, texture monocromatiche o quasi, tagli digitali che dialogano con gesti e forme semplici, naturali»)[2], Minus.log pongono al centro dell’attenzione un progetto che trasforma la conoscenza del mondo in dissoluzione della compattezza, in sospensione metafisica e a tratti romantica, in poetica leggerezza, in morbida pensosità. Come luoghi che contengono al loro interno tutti i luoghi del mondo (sono luoghi della mente, sono luoghi di riflessione e di dislocazione, sono luoghi immaginari e immaginati), i controspazi che troviamo nei loro acquerelli e che ci accompagnano per farci toccare con mano le infinite possibilità dell’imprevedibile, sono, mi pare, terreno in cui si concentra tutto il potere della śūnyatā(del vuoto, della vacuità appunto)[3]accostata ai principi generali di armonia (Wa, 和), di rispetto (Kei, 敬), purezza (Sei, 清) di tranquillità (Jaku, 寂), di yūgen (幽玄, il fascino sottile legato all’enigma e all’eleganza), il wabi (侘, la povertà inseguita, la bellezza del disadorno o anche il sabi (寂, la patina che avvolge di fascino gli oggetti)[4].«Pochi gesti, poche tracce soltanto per accennare dei luoghi scarnificati che potrebbero essere ovunque ein nessun posto allo stesso tempo», si legge in un testo che il duo ha scritto per raccontare la serie dei Nonluoghi: «è l’invito in una terra di nessuno, in cui i lavori siano semplicemente degli input per esplorare il proprio infinito archivio di immagini, forme ed emozioni, attraverso una danza percettiva che vede l’alternarsi infinito di figura e sfondo, costruzione e casualità, flusso e cristallizzazione»[5]. Partendo proprio dall’acquerello il nuovo progetto di Minus.log presentato oggi al Tomav si infila in un canale linguistico che spinge la progettualità oltre i bordi d’un silenzio latteo e ovattato, reso geometrico o anche spigoloso, addomesticato in griglie che intensificano l’eco chiara di unità minime di senso – quelle che Filiberto Menna ha individuato come figure[6]– dove la ricerca del segno sottile si interseca con volumi e superfici che trasformano lo spazio in un contenitore muto (accogliente), in uno schermo sconfinato, in un contesto plastico ad alta temperatura estetica. Minus.log muove dal desideriodi rappresentare l’irrapresentabile, di solidificare il silenzio della mente trasportandolo da uno stato di vuoto apparente a uno di materica pienezza, teso a trattenere al suo interno tutta la forza evocativa d’un tempo che si deposita, come materia, sulla carta. Ogni singola opera di questo loro nuovo racconto pensato per i tre piani della Torre eptagonale di Moresco è una potente rete di rapporti invisibili e impalpabili il cui andamento narrativo porta a atmosfere che richiamano – fanno eco a – un paesaggio sospeso, muto, calmo, silente. Abbiamo, in questo percorso che si presenta come un polittico esploso, due delicati Nonluoghi(2022), un Soft inkjet(2022), cinque meravigliose Silent windows(2023), quattro indimenticabili Altered sun(2023) e due aggettanti Alma(2023) in cui la rarefazione dell’immagine ci invita a evocare le langage de l’espace, a toccare i bordi di un campo che corrode ogni limite, a entrare in un mondo senza riferimenti geografici e dove il tempo tace – per intensità questi loro lavori mi fanno pensare al crudo azzurro di quel Coretto (Cappella segreta)affrescato da Giotto (siamo tra il 1304 e il 1306) alla Cappella degli Scrovegni Padova.«Il silenzio, il bianco, permettono di percepire ogni minimo suono, ogni piccola sfumatura», suggerisce Minus.log in una conversazione tenuta con Leda Lunghi. «Il silenzio però è soprattutto uno spazio mentale che puoi ritrovare anche nel traffico di Milano o mentre stai lavorando. È una possibilità sempre presente. Non vogliamo creare un mondo ideale nel quale passare un po’ di tempo libero, quello che ci rende davvero felici è quando qualcuno porta con sé questo silenzio e lo fa proprio»[7]per sentire la propria mente che vaga in un discorso senza nome.

[1] G. Di Gregorio, M. Cappucci, testo senza titolo, in «minuslog.it», linkato il 20/04/2023, ore 09:12
[2] G. Di Gregorio, M. Cappucci, testo senza titolo, in «minuslog.it», linkato il 20/04/2023, ore 09:26
[3] G. Pasqualotto, Estetica del vuoto. Arte e meditazione nelle culture d’Oriente, Marsilio, Venezia 1992
[4] Si vedano, almeno, K. Okakura, The Book of Tea, Heibonsha, Tokyo 1906; trad. it., Lo Zen e la cerimonia del tè, con uno scritto di E. F. Bleiler, SE, Milano 1955 (e anche l’edizione a cura di G. C. Calza, Edipem Editoriale Nuova, 1983); Soshitsu Sen (XV), Chado. The japanese way of tea, Weatherhill, Tokyo 1979; trad. it., Chado. Lo Zen nell’arte del tè, Promolibri Edizioni, Torino 1986; S. J. Soutel-Gouiffes,Voie des quatre vertus (voie du thé). Expérience d’un itinéraire spirituel, La Table d’Emeraude, Paris 1995; trad. it, La via delle quattro virtù (il simbolismo della cerimonia del te). Esperienza di un itinerario spirituale, Arkeios, Roma 1996 
[5] G. Di Gregorio, M. Cappucci, testo senza titolo, in «minuslog.it», linkato il 20/04/2023, ore 09:58
[6] F. Menna, La linea analitica dell’arte moderna. Le figure e le icone, Einaudi, Torino 1975
[7] L. Lunghi, MINUS.LOG, in «musecontemporanee.com», 21 marzo 2017, linkato il 17/04/2023, ore 15:17





Bio-curriculum 
Minus.log è un collettivo formato, nel 2013, da Giustino Di Gregorio e Manuela Cappucci. 
La ricerca che Giustino porta a avanti, fin dagli anni Novanta, spazia dalla video arte alla ricerca musicale, nella quale si mette in evidenza come compositore. Nel 1999, esce l’album Sprut per la Tzadik Records di John Zorn. Gli anni Duemila sono dedicati alla creazione di diverse installazioni audiovisive tra le quali ricordiamo Trapped Light (E-fest Cultures Numériques, LaMarsa, Tunisia). 
Manuela inizia il suo percorso artistico durante il periodo universitario frequentando liberi corsi di pittura. In sintonia con l’amore per la filosofia orientale, si avvicina all’arte minimale. La sua sperimentazione, a partire dal 2011, si arricchisce aprendosi anche a nuovi mezzi espressivi. Dall’incontro di queste sensibilità nasce Minus.log, uno spazio comune in cui si fondono materiale e immateriale, analogico e digitale, in cui predominano lo spazio vuoto e la pausa. Nei lavori di Minus.log emerge la costante ricerca di una comunicazione silenziosa che cerca di toccare corde profonde attraverso elementi semplici, siano essi forme, linee, proiezioni, suoni o paesaggi accennati. Si gioca negli interstizi del senso edella logica per portare alla luce ciò che spesso è accantonato velocemente: l’errore, l’attesa, la ripetizione. Nella realizzazione dei suoi lavori, attraverso i diversi mezzi a disposizione, Minus.log esplora una dimensione nella quale sia possibile cogliere sfumature e minime variazioni, ma anche una diversa percezione del tempo e del proprio spazio interiore. 

Tra le mostre ricordiamo: 
Oblivion, Alviani Artspace (Pescara, 2013); Door/angelo della rivelazione, Franco/ Summa project (Castelvecchio Subequo, L’Aquila, 2014); NEO, contemporary dance network, Napoli, 2014; FILE 2015, Electronic Language International Festival (São Paulo, Brazil, 2015); INCODEC, Museo Sperimentale Arte Contemporanea MUSPAC (L’Aquila, 2015); S52, Palazzo di Arcevia (Arcevia, Ancona, 2015); Stills of Peace, Scuderie Ducali Palazzo degli Acquaviva (Atri, Teramo, 2016); Quello che rimane, Museolaboratorio (Città Sant’Angelo, Pescara, 2016); Untitled-Line, Galleria Bianconi (Milano, 2017); No time/con i piedi per terra, Blooming Festival, arti numeriche e culture digitali (Pergola, Pesaro Urbino, 2019); No man’s land, Spazio InAngolo (Penne, Pescara, 2022); Inside-Out, Galleria Civica (Castelli, Teramo, 2023); Assenza attiva, Spazio A21 (Lodi, 2023); AI, Artificial Intelligence Film Festival (Park City, Utah, USA, 2023). 

ARTISTA: Minus.log 
TITOLO: Sulla soglia del silenzio 
CURATORE: Antonello Tolve 
INAUGURAZIONE: domenica 14 maggio ore 18 PERIODO: 14 maggio - 25 giugno 2023 
ORARI DI APERTURA: sab e dom ore 18-20 PARTNER: Tomav Experience Ass. Cult. 
PATROCINIO: Comune di Moresco 
GRAFICA: MS_Monica Simoni _ Visual designer DIREZIONE ARTISTICA: Andrea GiustI 
INFO: 3515199570_tomav.expe@gmail.com https://www.facebook.com/TorreMorescoCentroArtiVisive


 

Storie degli ultimi giorni di Elio Castellana per Angolo Cottura



Angolo Cottura ha il piacere di ospitare il progetto Storie degli ultimi giorni dell’artista brindisino Elio Castellana a cura di Daniela Cotimbo.

Il progetto nasce come una delle possibili restituzioni di corpus di opere che, a partire dal 2021, l’artista ha realizzato utilizzando Instagram. Attraverso un uso divergente e disfunzionale del social network, ed in particolare della sua modalità “storie”, l’artista indaga la natura instabile dell’immagine in relazione alla sua fruizione contemporanea. Il titolo stesso del progetto allude all’omonimo ciclo di affreschi presente nella cappella di San Brizio del Duomo D’Orvieto in cui Luca Signorelli mette in scena un grottesco teatro teologico fatto di demoni, dannati, creature mostruose e anime salve. Secondo lo stesso principio narrativo, e utilizzando una modalità propria del mezzo scelto, Castellana sovrappone illustrazioni e gif animate a immagini tratte dai suoi archivi personali, accompagnando il tutto, di volta in volta, con una colonna sonora. Per questa occasione l’artista decide di proporre una selezione di storie a partire dagli inizi fino a giungere alle più recenti, fruibili attraverso una piccola scatola che ricorda significativamente il banco ottico. Attraverso questo dispositivo lo spettatore può vivere un’esperienza simile a quella che normalmente lo porta a immergersi con lo sguardo nel flusso dei contenuti digitali.
In contrapposizione alla mobilità dell’immagine digitale, Castellana propone anche un polittico di grandi dimensioni che congela diversi momenti del flusso narrativo in un’unica grande visione. Giocando volutamente con il confine tra sacro e profano, reale e virtuale, l’artista mette in mostra il paradosso dell’uomo contemporaneo diviso tra la ricerca di una verità oggettiva e una fiducia incondizionata nel simulacro. Questa tensione si traduce in una aspirazione alla creazione di mondi (worldbuilding) sintetici in cui questi confini diventano sempre più opachi.

Elio Castellana (Brindisi, 1971) artista visivo e fotografo, ha studiato psicologia e comunicazione all’università di Roma, ha lavorato per un decennio come autore e regista nell’ambito del teatro immagine e si è perfezionato presso la Scuola Romana di Fotografia. Opera sul confine fra realtà e finzione e sulla meraviglia dell’esistente, considera l’arte come la manifestazione di un itinerario spirituale nel mondo e nella coscienza, che sia personale o universale poco importa. Utilizza indifferentemente diversi media, dall’installazione, al video, alla performance, alla fotografia, purché funzionali fenomenologicamente alla sua demiurgia artistica. Ha partecipato a mostre nazionali e internazionali; le sue opere sono presenti in collezioni museali permanenti e in collezioni private. Suoi lavori sono pubblicati in cataloghi nazionali ed esteri.Vive e lavora fra Roma e Brindisi Sito personale: www.eliocastellana.com



Angolo Cottura
Un lavoro per una sera

Storie degli ultimi giorni
di Elio Castellana
a cura di Daniela Cotimbo

venerdì 5 maggio 2023, dalle ore 18

Studio di Iginio De Luca, via Giuseppe Ravizza, 22/a, 00149-Roma. tel. 3428076850