martedì 30 luglio 2019

POIESIS - La poesia della bellezza

Giulio De Mitri, Identità, 2009

Nell'ambito delle attività di Matera Capitale Europea della Cultura 2019, nella suggestiva cornice degli Ipogei di Piazza San Francesco a Matera, martedì 30 luglio alle ore 18.30 avrà luogo l'inaugurazione della mostra di arte contemporanea “POIESIS: La poesia della bellezza”«(…) un delicato invito alla riflessione attraverso le opere realizzate da tre affermati artisti contemporanei: Giulio De Mitri, Teo de Palma, Lucia Rotundo - così sostiene, nella presentazione in catalogo, la curatrice Sara Liuzzi, critico e storico dell'arte, docente all'Accademia Albertina di Belle Arti di Torino - i quali da anni affrontano una ricerca artistica che ruota intorno a una bellezza etica ed estetica, indagando e approfondendo concetti esistenziali e mediterranei.»

L’evento espositivo è promosso e organizzato da MAS - Modern Apulian Style, società di architettura, ingegneria, urbanistica, design e arte, socia di Confindustria Taranto, e parte integrante dell’iniziativa MAS MEETS MATERA, una serie di incontri per dialogare di sviluppo economico, marketing territoriale, progettazione architettonica, recupero, riqualificazione e valorizzazione del patrimonio storico-architettonico, rigenerazione urbana, cultura, creatività e innovazione, colloquiando con illustri ospiti e con il pubblico.

«La cultura è sinonimo di bellezza- come dichiara Gemma Lanzo, Co-fondatore MAS e coordinatrice organizzativa dell’evento - ed è ciò che dovremmo coltivare attraverso una maggiore sensibilità verso le belle arti, i beni culturali e paesaggistici ed etno-antropologici per scardinare barriere, demolire la nuda logica del potere.La cultura appartiene alla logica inclusiva e permette a tutti la costruzione di legami sociali nella dimensione propria dell’universalismo.»

Per l’occasione è stata realizzata una pubblicazione edita da Print Me Editore per la Collana di Arte Contemporanea IMAGO, contenente contributo istituzionale di Gemma Lanzo, testo critico della curatrice Sara Liuzzi,apparato iconografico e schede bio-bibliografiche degli artisti.


POIESIS
La poesia della bellezza
Giulio De Mitri, Teo de Palma, Lucia Rotundo
a cura di Sara Liuzzi
luglio/agosto 2019  


Per maggiori info:
MAS - Modern Apulian Style
www.modernapulianstyle.com
info@modernapulianstyle.com
+39 340 2485310

lunedì 29 luglio 2019

Imago Murgantia - Emergenze Artistiche

Ilaria Abbiento. Mediterraneo | Traversata #21 2018
Opera video

Imago Murgantia / Emergenze artistiche, a cura di Azzurra Immediato e Massimo Mattioli che inaugurerà il 9 agosto alle ore 19.00 presso l' Auditorium di San Bernardino a Morcone, Benevento. 

IMAGO MURGANTIA rinnova il connubio tra antichità e contemporaneità.
I curatori, Massimo Mattioli ed Azzurra Immediato ripropongono la sfida di rimettere la cultura al centro della rinascita dell’antico borgo di Morcone, già Murgantia, dopo l’esperienza ed il successo del 2018 con protagonista Lucio Perone, proponendo una mostra dal respiro internazionale, con un focus sul concetto di Emergenze Artistiche, molteplici letture di un simposio di artisti che dialogano, seguendo le linee di questo nostro tempo, sia da un punto di vista concettuale che da un punto di vista tangibile. Attraverso la bellezza pura dell’Arte e della sua capacità di mettere l’uomo dinanzi alla riflessione, IMAGO MURGANTIA tesse una trama che guarda all’infinito di una discussione vasta, profonda, infinita, come il mare, come l’animo umano, come ciò che ‘emerge’ e che, al contempo, è allarmante e spinge a riflettere. La storia, la nostra, diviene traccia percettibile attraverso fotografia, video, installazioni e performance che, nella loro intrinseca valenza, animano un dialogo con un luogo antico, la cui identità è stata travolta dalla modernità, in maniera unica, la Chiesa di San Bernardino, oggi Auditorium. 

5 artisti per 5 visioni: 
Ilaria Abbiento, Anuar Arebi, Gino D’Ugo, Giovanni Gaggia e Anna Rosati

Imago Murgantia/Emergenze Artistiche
Auditorium di San Bernardino | Morcone, Benevento
9 agosto > 19 agosto 2019



info:
Auditorium di San Bernardino
Morcone, Benevento

La mostra è aperta tutti i giorni dalle ore 18.00 / 23.00
La mattina su appuntamento.

Per info e visite guidate:
347 9472408


pubblica:

sabato 27 luglio 2019

PICASSO. LA SFIDA DELLA CERAMICA



50 pezzi unici provenienti dalle collezioni del Musée National Picasso-Paris in mostra al MIC di Faenza dal 1 novembre 2019 al 12 aprile 2020 in dialogo con le fonti che lo hanno ispirato.

50 pezzi unici provenienti dalle collezioni del Musée National Picasso-Paris saranno in mostra al MIC di Faenza, dal 1 novembre 2019 al 12 aprile 2020, in una grande mostra dal titolo “Picasso, La sfida della ceramica” a cura di Harald Theil e Salvador Haro con la collaborazione di Claudia Casali. Un nucleo di inestimabile valore e un prestito eccezionale che affronta tutto il percorso e il pensiero creativo dell’artista spagnolo nei confronti dell’argilla.
Nella mostra faentina verranno analizzate le fonti di ispirazione di Picasso, proprio a partire dai manufatti presenti nelle collezioni del MIC. La ceramica classica (con le figure nere e rosse), i buccheri etruschi, la ceramica popolare spagnola e italiana, il graffito italiano quattrocentesco, l’iconografia dell’area mediterranea (pesci, animali fantastici, gufi e uccelli) e le terrecotte delle culture preispaniche che saranno esposte in un fertile e inedito dialogo con le ceramiche di Picasso.
E una se sezione speciale verrà dedicata al rapporto tra Picasso e Faenza. Diversi sono i pezzi di Picasso che il Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza possiede grazie al tramite di Tullio Mazzotti di Albisola, di Gio Ponti e dei coniugi Ramié i quali furono sollecitati a richiedere alcuni manufatti al Maestro per un’esposizione a Faenza e, soprattutto, per la ricostruzione delle Collezioni d’arte ceramica moderna andate distrutte nell’ingente bombardamento alleato del maggio 1944. Merito dell’allora direttore Gaetano Ballardini, nonché fondatore del Museo faentino, che contattò Picasso a Madoura con una lettera commovente e davvero toccante. Fu così che arrivò nel 1950 il primo piatto ovale raffigurante la Colomba della Pace, memento contro ogni guerra, espressamente dedicata al Museo di Faenza e al tragico destino della sua Collezione e della sua struttura. Seguirono altri piatti nel 1951 con teste di fauno e vasi dal sapore arcaico e archeologico e il grande vaso “Le quattro stagioni” (1951), graffito e dipinto, con la raffigurazione pittorica e morfologica di quattro figure femminili, le cui forme sinuose vengono sostanziate dalla curvatura accesa del vaso.
La mostra sarà integrata con l’esposizione di documenti e fotografie, mai esposti, ed appartenenti all’archivio storico del MIC. Completerà il ricco apparato didattico e fotografico un video storico di Luciano Emmer del 1954 (Picasso a Vallauris).
La mostra fa parte di «Picasso – Méditerranée»: un’iniziativa del Musée national Picasso-Paris.
“Picasso-Mediterraneo” è un evento internazionale che si svolge dalla primavera del 2017 alla fine del 2019. Più di sessanta istituzioni hanno immaginato una serie di mostre sull’opera “ostinatamente mediterranea”* di Pablo Picasso. Su iniziativa del Musèe National Picasso-Paris, questo percorso nel lavoro dell’artista e nei luoghi che l’hanno ispirato presenta una nuova esperienza culturale dedicata a rinsaldare i legami da entrambi le parti del Mediterraneo.
*Jean Leymarie

La mostra fa parte del progetto Picasso Méditerranée:




Con il supporto eccezionale di Musée Picasso Paris



Sponsors
Regione Emilia-Romagna, Comune di Faenza, Unione della Romagna Faentina, Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna, La BCC – Credito Cooperativo ravennate, forlivese e imolese, SACMI, CAVIRO Confindustria Ceramica, Banca Generali, HERA, APT Servizi Emilia-Romagna, Romagna Acque – Società delle Fonti SpA 

Scheda tecnica
Titolo: Picasso, la sfida della ceramica
Dove: MIC – Museo Internazionale delle ceramiche in Faenza
Indirizzo: viale Baccarini 19
Apertura: mar-ven ore 10-16, sab e dom 10-17.30
Ingresso: 14 euro intero, 10 euro ridotto
Info: 0546 697311, www.micfaenza.org 

Ufficio Stampa MIC Faenza
Stefania Mazzotti
0546 697301, 3391228409
ufficiostampa@micfaenza.org

In collaborazione con
Studio ESSECI di Sergio Campagnolo
Tel. 049663499
Referente Simone Raddi: gestione2@studioesseci.net


giovedì 25 luglio 2019

A Milano la grande mostra su Giorgio De Chirico


A distanza di quasi cinquant’anni dalla personale del 1970, le sale di Palazzo Reale a Milano tornano a ospitare l’opera di Giorgio de Chirico (Volos, 1888 – Roma, 1978) con una straordinaria retrospettiva che, attraverso più di un centinaio di capolavori, ricostruisce l’irripetibile carriera del Pictor Optimus.

Un percorso espositivo fatto di confronti inediti che svelano il fantasmico mondo di una delle più complesse figure artistiche del XX secolo. L’esposizione offre la chiave d’accesso a una pittura ermeticache affonda le sue radici nella Grecia dell’infanzia, matura nella Parigi delle avanguardie, dà vita alla Metafisica che strega i surrealisti e conquista Andy Warhol e, infine, getta scompiglio con le sue irriverenti quanto ironiche rivisitazioni del Barocco.

Le oltre cento opere in mostra provengono da importanti musei internazionali tra i quali la Tate Modern di Londra, il Metropolitan Museum di New York, il Centre Pompidou e il Musée d’Art Moderne de la Ville di Parigi, la Galleria Nazionale (GNAM) di Roma, la Peggy Guggenheim Collection di Venezia, The Menil Collection di Huston e il MAC USP di San Paolo in Brasile. Numerose sono anche le istituzioni milanesi: il Museo del Novecento, la Casa Museo Boschi di Stefano, la Pinacoteca di Brera e Villa Necchi Campiglio.

Suddivisa in otto sale, l’esposizione procede per temi pensati secondo accostamenti originali come in una catena di reazioni visive che, come scriveva de Chirico nel 1918, rincorrono “il demone in ogni cosa […] l’occhio in ogni cosa [perché] Siamo esploratori pronti per altre partenze”.


Palazzo Reale di Milano
DE CHIRICO
a cura di Luca Massimo Barbero
Dal 25 Settembre 2019 al 19 Gennaio 2020

ORARI: Lunedì: 14:30 – 19:30 Martedì, Mercoledì, Venerdì e Domenica: 09:30 – 19.30 Giovedì e Sabato: 09:30 – 22.30

ENTI PROMOTORI:
Comune di Milano - Cultura
da Palazzo Reale
Marsilio
Electa
In collaborazione con la Fondazione Giorgio e Isa de Chirico


martedì 23 luglio 2019

Lucia Rotundo - Architetture poetiche


Fino al 30 agosto 2019 il MARCA (Museo delle Arti di Catanzaro), ospita nei propri spazi espositivi, la mostra Architetture Poetiche, personale dell’artista Lucia Rotundo, che dagli anni Novanta opera nel campo della ricerca e della sperimentazione visiva con il linguaggio della scultura e dell’installazione ambientale. La mostra, curata da Vittoria Coen, è promossa dall’Amministrazione Provinciale di Catanzaro, dalla Fondazione Rocco Guglielmo ed è patrocinata dalla Camera di Commercio, dal Comune di Catanzaro e dalla Regione Calabria. Lucia Rotundo con Architetture Poetiche propone una significativa selezione di grandi opere (2015-2019) tra bassorilievi, altorilievi e installazioni, offrendo al potenziale fruitore la complessità poetica e concettuale del proprio lavoro creativo, attraverso un percorso plurisensoriale e una sostanziale riflessione sulla sua ricerca che si dispiega tra memoria, storia, mito e natura. 

«Il bianco è luce – scrive Vittoria Coen in catalogo – elemento importantissimo nella poetica di Lucia Rotundo, sia essa naturale, sia artificiale, quella luce che dialoga con l’ambiente e che, attraverso l’opera, è in grado di modificarne la percezione, attraverso una diversa dimensione di profondità e di spazio. (…) Pittura tridimensionale, architettura poetica, scultura relazionale. Il lavoro di Lucia Rotundo è quadro, scultura, installazione. I frammenti si compongono e creano un linguaggio, una partitura, in grado di scrivere una lingua universale, comune al genere umano, intrisa di un sentimento originario mediterraneo (la Magna Grecia) e di una cultura contemporanea cosmopolita. In una parola: extratemporalità, attraverso il linguaggio della forma e della materia, che giocano con quello della luce. Passato e presente si uniscono idealmente, nel rinnovare l’aura della composizione artistica. Il frammento è parte del tutto e crea un unicum. (…) Una visione cosmica dell’arte, questi i temi del lavoro di Lucia Rotundo. Il silenzio dei suoi lavori attraversa lo spazio della tela, dell’acciaio, delle foglie, del cotone, come a lasciare sospesa nel vuoto la contemplazione, la percezione sensoriale dell’esperienza artistica. Il suo è un viaggio che non termina mai, che pone domande e che si costruisce con paziente meticolosità, quella ossessione del fare indispensabile agli artisti». La mostra occuperà un intero piano del museo. Per l’occasione è stato realizzato un catalogo bilingue (italiano/inglese) editato da Silvana Editoriale, Milano, per la Collana Quaderni del Marca, contenente i testi istituzionali del direttore del Marca e del presidente della provincia e il saggio critico della curatrice, apparato iconografico e nota bio-bibliografica dell’artista.

Lucia Rotundo - Architetture poetiche
MARCA – Museo delle Arti
via A. Turco, 63 – Catanzaro 
6 luglio – 30 agosto 2019
orario: 9.30/13.00 – 15.30/20.00 
lunedì chiuso 
tel 0961.746797 
info@museomarca.com

Pino Pascali. Qui non è passato


Mercoledì 24 luglio 2019 il Centro per l’arte contemporanea Open Space di Catanzaro ospiterà un focus sulla figura dell’artista Pino Pascali. 

L’evento, dal titolo Pino Pascali qui non è passato, curato da Caterina Arcuri, si aprirà alle 18,30, con la presentazione del racconto Pino Pascali: L’uomo che cammina nudo, di Anna D’Elia (Edizioni Peccolo, Livorno 2018, tradotto in inglese da Steve Piccolo) che narra la sua esistenza breve e folgorante restituendone un quadro complesso in cui alla storia personale e pubblica si intrecciano i lati più enigmatici della sua personalità, ponendo in luce nuovi aspetti ancora poco esplorati della sua ricerca e della sua vita. Anna D’Elia tratteggia un Pino geniale, ribelle e vivo non per pietoso auspicio, ma come effetto di tutta la forza vitale che lo ha caratterizzato come uomo e come artista, sottolineandone efficacemente la poetica dell’Arte come Gioco.

Simona Caramia, critico e docente di Storia dell’Arte Contemporanea, converserà con l’autrice in quello che si preannuncia come un vero e proprio full context sulla figura di Pascali che impersonò e, in parte, determinò il clima culturale del ’68 italiano senza riuscire, poi, a viverlo in prima persona. L’evento proseguirà alle 19,30 con l’apertura di una collettiva dedicata a questa straordinaria figura, con opere di: Pamela Caligiuri, Eleonora Cipolla, Francesca De Fazio, Alessandro Donato, Emanuela Greco, Wendalina Lidonnici, Tommaso Palaia, Vilsona Tafani, Antonio Tolomeo, Maria Villirillo. Morto all’apice della sua carriera artistica, a soli 33 anni, Pino Pascali rimarrà per sempre Genio e Giovane, pur essendo tra le più grandi presenze della storia dell’arte contemporanea. Il nostro intento è quello di ritrovare le fila che, attraverso il volume di Anna D’Elia, lo congiungono alle opere a lui dedicate da questi 10 giovani autori, ispirati dalla sua poliedrica e geniale produzione.


Anna D'Elia, scrittrice e studiosa. Tra le sue pubblicazioni: Pino Pascali(Laterza 1983), Artronica (Mazzotta 1987), Archia (Dedalo 1987), La Pietra e i Luoghi(Essegi 1987), L'Universo futurista, una mappa dal quadro alla cravatta (Dedalo 1989), Le Città Visibili (Congedo 1990), Fotografia come Terapia, attraverso le fotografie di Luigi Ghirri (Meltemi 1999 e 2018); Diario del Corpo (Unicopli 2002); Nello Specchio dell’Arte(Meltemi 2004), Per non voltare pagina(Meltemi 2007), Pino Pascali (Electa 2010), Il Cielo e il Mare, Luigi Ghirri e Pino Pascali(2014). 


Pino Pascali. Qui non è passato
La mostra sarà visitabile fino al 9 agosto 2019 
da martedì a sabato, dalle 17,00 alle 20,00

Centro Open Space
Via Romagna, 55. 88100 Catanzaro 
tel/fax 0961/730259 – cell. 339-4319552 
openspace.artecont@teletu.it


lunedì 22 luglio 2019

Ch’arsi di foco di Giovanni Gaggia


Domenica 28 luglio alle ore 18.30 inaugura il quarto appuntamento della nuova stagione espositiva del TOMAV - Torre di Moresco Centro Arti Visive con Ch’arsi di foco personale di Giovanni Gaggia a cura di Milena Becci.

La curatrice, insieme al direttore artistico del Centro Arti Visive Andrea Giusti, ha deciso di ospitare da domenica 28 luglio, all’interno della peculiare struttura che domina la valle dell’Aso, i lavori di Giovanni Gaggia, artista, performer e fondatore di Casa Sponge, Associazione Culturale marchigiana con la quale collabora dagli albori della sua formazione. Il progetto espositivo segue metaforicamente la linea in ascesa della vita, accompagna la sua pulsazione verso l’alto entro le mura della torre eptagonale di Moresco e fuori di essa. Tra tracce ematiche e oro la mostra racchiude un percorso che si espande dallo spirituale al materico con rimandi e profondità altre che da sempre emergono nelle opere di Gaggia, in assonanza con il suo essere sin da quando ha determinato di aprire le porte di casa sua ad artisti, critici e curatori che hanno dialogato attorno al tavolo della cucina della sua abitazione.

L’artista marchigiano, partendo da un’intima ed innata relazione con il territorio, sempre esistita e naturalmente empatica, si ricollega all’universalità ed alla singolarità di ognuno, in una serie di rimandi associati all’osservazione del paesaggio che si apre all’esterno dei confini architettonici della struttura. Le Marche sono terra natia di Leopardi e proprio quest’anno si festeggiano i duecento anni della stesura de L’infinito: era il 1819 quando, in cima al Monte Tabor, colle di Recanati che si scorge dall’ultimo piano della torre, il poeta fu ispirato per descrivere la pace, il silenzio e la libertà rara di poter vagare con la mente che ancora oggi, salendo su questo colle, ispirano pensieri felici. Gaggia riprende parte di un verso tratto da Il primo amore, che occupa una posizione cruciale nel sistema dei Canti, e la ricama su di un arazzo: Ch’arsi di foco. L’amore diviene forza trainante, universale, che dona libertà all’essere umano ed è tanto spirituale quanto carnale. La traccia ematica dei disegni esposti in mostra, dal tratto delicatissimo, è simbolo di forza ma anche di concretezza della materia, per terminare poi nell'oro e nel primo amore, quindi nell'essenza. I cuori in ceramica, sui quali cadono gocce dorate, ricordano il ritmo pulsante della vita bloccato nella materia proveniente dalla terra, ed una corda, con moschettoni anch’essi dorati, lega il tutto in un insieme di sinergie e rinvii che conducono all’ultimo piano in cui appare una vetrofania che ci indica la direzione da prendere per giungere nella città che diede i natali a Leopardi, ricordando anche il sentimento che lega due soggetti in maniera forte ed inspiegabile. 

Dalla freccia di Apollo all’apice fino al suono che attraversa il TOMAV: un audio diffuso con la registrazione dell’intervento artistico di Gaggia durante la residenza a Buonalbergo riporta le risposte ad un’unica domanda posta dall’artista: qual è stata la prima cosa bella che hai avuto dalla vita?Da qui è emersa una forte volontà da parte delle persone intervistate di abbattere muri, barriere e confini, verso un infinito che torna guardando all’arazzo ed alla direzione che esso segnala. Un inno alla vita del singolo e della collettività che attraversa i quattro piani della torre.

Ch’arsi di foco, personale di Giovanni Gaggia a cura di Milena Becci, inaugura domenica 28 luglio alle ore 18.30e sarà visitabile fino all’8 settembre, da venerdì a domenicadalle ore 18 alle ore 20.

In occasione dell’opening verrà servito un aperitivo offerto dalla Cantina CASTRUM MORISCI di Moresco (www.castrummorisci.it).


Giovanni Gaggia nasce nel 1977 a Pergola (PU) dove ad oggi vive e lavora. Nel 2008 fonda Casa Sponge di cui è tuttora direttore artistico. Nel 2016 viene pubblicato da Maretti Editore il suo libro catalogo Inventarium, a cura di Serena Ribaudo / poesie Davide Quadrio, una meditazione sul senso di memoria. Il volume è stato presentato in numerosi e prestigiosi spazi tra i quali: Il MAMBO - museo d'arte moderna di Bologna, Museo Civico Palazzo della Penna di Perugia, Casa Cavazzini | Museo D'Arte Moderna de Contemporanea di Udine, La mole Vanvitelliana di Ancona e in Istituti di Alta formazione artistica ed Università italiane. Ha partecipato a numerosi progetti di Residenza e conferenze su tematiche sociali e politiche. Le sue performance sono state presentate in teatri, gallerie, festival e spazi museali. Nel 2019 il video racconto, di Alessandro Capuano, che narra due residenze artistiche realizzate nel fortore Beneventano tra cui quella di Gaggia è stato presentato al Museo Madre di Napoli. Nello stesso anno apre con una sua performance il Padiglione dedicato a Beverly Pepper, evento collaterale della cinquantottesima Biennale d'arte di Venezia, a cura di Massimo Mattioli.

Ch’arsi di foco
di Giovanni Gaggia
a cura di Milena Becci
TOMAV - Torre di Moresco Centro Arti Visive
Comune di Moresco (FM)
Tel_0734 259983 / Cell_351 5199570
tomav@libero.it


Wang Yancheng - WORKS


Dopo una importante mostra organizzata all’Accademia di Belle Arti di Roma dall’AACI – Associazione degli Artisti Cinesi in Italia dove ha esposto un nutrito raggruppamento di opere recenti, Wang Yancheng sbarca a Tokyo negli spazi prestigiosi dello Ueno Royal Museum con una nuova considerevole personale che racconta il suo percorso, tutto centrato a unire tradizione orientale e innovazione occidentale.

Organizzata da Ueno in collaborazione con la Chinese People’s Association for Friendship with Foreign Countries, la Japan-China Cultural Exchange Associatione la Japan-China Cultural Exchange and Promotion Association che favoriscono un rapporto di partecipazione culturale tra le due realtà asiatiche, la mostra di Wang Yancheng è una preziosa antologica che mette insieme per la prima volta quaranta lavori legati al suo percorso pittorico.

Inserita nella sezione Contemporary Art Exhibition del nuovo progetto denominato Ueno, a Global Capital of Culture, questa mostra di Wang Yancheng è un progetto che mette in evidenza il dialogo poetico che l’artista instaura con la pittura francese a cavallo tra l’Ottocento e il primo Novecento, come del resto con l’espressionismo astratto («l’astrazione di Wang è prima di tutto fisica e visuale», ha suggerito nel 2007 Dong Qiang, poeta critico d’arte e professore all’Università di Pechino) e con una serie di elementi – l’uomo, la natura, l’universo – che ritornano costantemente nella sua pittura come evocazione del mondo e come puro e semplice stato d’animo.

Wang Yancheng 
Nato a Maoming (Guangdong, China) nel 1960, Wang Yancheng è tra gli artisti cinesi più conosciuti in Italia e nel mondo. Dopo gli studi all’Accademia di Belle Arti di Shandong e il PhD in storia dell’arte all’Accademia Centrale di Belle Arti della Cina (1986-1988), si trasferisce ventinovenne in Francia dove è stato insignito, negli anni, del Cavalierato dall’Ordre des Arts et des Lettres (2006), della Légion d’honneur dal Conseil d’État (2013) e del grado di Commendatteur dall’Ordre des Arts et des Lettres (2015). 

A partire dal 1998 alcune sue opere entrano nelle maggiori collezioni pubbliche dei musei cinesi come il Shenzhen Museum e il National Museum of China (Pechino). Il 31 dicembre 2007 è stata inaugurata una sua pittura monumentale all’Opera di Pechino.


Wang Yancheng 
WORKS 
27 luglio | 28 settembre 2019 
The Ueno Royal Museum 
1-2 Ueno Park, Taito-ku, Tokyo 


Ufficio Stampa
Contatti: Marcella Russo//Maria Letizia Paiato 
Tel: 0039 349 3999037//0039 348 3556821 
Mail: press@rp-press.it 
Pagina FB: @russopaiatopress

lunedì 15 luglio 2019

A Napoli presentazione libro: FRANGE. Disegni parlati di Ezia Mitolo



Giovedì 18 luglio alle ore 18,30 nello spazio WeSpace, nell'ambito degli eventi culturali promossi da Willy Santangelo sarà presentato al pubblico il primo libro di poesie e disegni dell’artista tarantina Ezia Mitolo.

FRANGE. Disegni parlati pubblicato nel mese di maggio 2019 da Edita@ Casa Editrice & Libraria. 
Una raccolta di quaranta poesie, che l’autrice ha prodotto lungo la sua importante carriera nelle arti visive, espressamente legate a oltre quaranta disegni, realizzati su carta per questo specifico progetto editoriale. 

FRANGE è una monografia che presenta un suo nuovo e finora inedito livello espressivo: la scrittura poetica, che non manca di essere accompagnata da immagini. 
Il volume si inserisce nella Collana Chicchi del Melograno, a cura di Mara Venuto che ne firma la prefazione accanto ai contributi critici delle storiche dell’arte Luciana Cataldo e Cristina Principale.

Dialogheranno con l'autrice: Cristina Principale, storica dell’arte e Graziella Melania Geraci, giornalista.

Dalla sinossi: “Vivi di pancia, petto, mani, del rosso dell’amore, del rosso del sangue, del nero vomito dell’assenza, nel movimento infinito del tempo. 

I sogni non finiscono, mai. E ridi sempre, se non riesci a realizzarli tutti: sarai bellezza e potenza, più di prima. Quanto siamo brutti quando piangiamo a lungo?

Ogni linguaggio espressivo ha la sua verità, il giusto vestito di quell’ansia, di quell’emozione urgente, che spinge per essere fermata in una parola, un’immagine, in un segno grafico, una scultura. 

Una raccolta di poesie e disegni, inscindibili, disegni parlati, voci disegnate: ogni poesia ha la sua faccia. Parola e linea insieme, proseguimenti selvaggi intrecciati di pulsione che trabocca. Frange libere che si muovono, fluttuano, si aggrovigliano, si propagano avviando nuovi inizi. Il finale è che non finisce.”

L’evento è inserito nell’Artperformingfestival 2019 al Pan di Napoli.



Ezia Mitolo
Scultrice di formazione, è stata allieva dei maestri Francesco Somaini e Nicola Carrino all’Accademia delle Belle Arti di Bari, ottenendo sin dagli inizi della sua carriera numerosi riconoscimenti:selezionata per il Corso Superiore di Disegnonel 1989, e successivamente nel 1994, èa colloquio con la grande scuola alla Fondazione Antonio Rattidi Como dove studia conArnulf Rainer, George Baselitz, Karel Appel e Anish Kapoor, e vince il Primo Premio Acquisto in entrambe le edizioni. Questo anche al concorso Una pinacoteca a Casamicciola Terme. Nel 1998 invitata alla rassegna d’arte contemporanea Art&MaggioArena Puglia, ottiene il Primo Premio Sezione Giovanie realizza la sua prima personale a Milano, dove si trasferisce a vivere. Negli anni partecipa a mostre in gallerie private anche all’estero, come ad Alberta in Canada, e a numerosi eventi in istituzioni e musei, tra gli altri presso la Fondazione Bevilacqua La Masa a Venezia in occasione della 46^ Biennale d'Arte e poi nel Palazzo Reale di Napoliper la XIV Quadriennale di Roma.Dal 2003 sposta il suo studioa Roma,approfondendo la ricerca artistica e sperimentando nuove tecniche multimediali, spaziandodalle installazioni scultoree al disegno, dalla fotografia al video, alla videoperformance, fino a progetti d’interazione con il pubblico. Così avvia la collaborazione con la rivista Drome Magazine e prende parte a diversi eventi multimediali come Download.fr/ita Roma e a Parigi. Aderisce ai progetti degli artistiPablo Echaurren & Alexander Jakhnagiev e successivamentedi Casaluce-Geiger esponendo all’Atelier Augarten, Galerie Belvederedi Vienna e anni dopo, a Praga. Contemporaneamente si dedica a Laboratori Didattici sperimentali nell’ambito scolastico, e in rassegne e festival, sui temi del corpo e dell’identità. Nel 2007 si specializza all’Accademia delle Belle Arti di Macerata e sceglie di tornare in Puglia, a Taranto, contribuendo con la sua attività d’artista alla sensibilizzazione sociale riguardo ai problemi ambientali della città. Quinel 2009 progetta pergli scrittori Niccolò Ammaniti,Marco Mancassolae il fumettistaGipiinstallazioni scenografiche nel Teatro Bellarmino per la rassegna letteraria Penne a Sonagli. Tra il 2011 e il 2014 è presente a Edimburgoperl’Edinburgh Art Festival e le due collettive M&P + Apulian Aliens. Foreign Bodies e Italia Moderna – New Culture In The Flatpromosse dall’Istituto Italiano di Cultura. Negli stessi anni attiva le collaborazioni con la Festa del Cinema del Reale di Specchia e con diverse gallerie della rete pugliese, continuando a realizzare importanti esposizioni. Nel 2015 e 2016 è presente in fiere d’arte a BolognaeTorino ed espone presso il Museo Archeologico MArTache le dedica un focus sul suo lavoro. Nel 2016 inoltre entra a far partedell’Archivio Italiano dell’Autoritratto FotograficoMusinf di Senigallia. Oltre ad altre numerose partecipazioni, nel 2017allestisce due personali e torna ad Edimburgo per Italia Moderna - Reload 017. Nel 2018 firma un’opera in permanenza al MAAM-Museo dell'Altro e dell'Altrove di Metropoliza Roma, ed espone presso la Biblioteca Vallicelliana e nelle Scuderie Aldobrandini e Mura del Valadier di Frascati. Nel dicembre del 2018 pubblica il suo primo libro di poesie e disegni in edizione limitata a 100 esemplari con interventi dell’autrice FRANGE.disegni parlati, nel 2019, è pubblicata la seconda edizione di FRANGE.disegni parlati ed è ospitata a Los Angeles, Santa Monica nell’Arena 1 Gallery per la collettiva Between Two Seas, Italian Contemporary Artist from Apulia, un progetto del MAAAC, Museo Archeologico Medievaledi Cisternino. Rientrata in Puglia attualmente lavora nel suo studio-archivio di Taranto. Ha pubblicato disegni, fotografie e contributi, tra gli altri, per il Collage de ‘Pataphysique, le edizioni Pulcinoelefantee in altre riviste e libri: Il cadavere squisito beve vino novello,omaggio a Edoardo Sanguineti, a cura di Tania Lorandi,Ediland Edizioni, 2010; Dal museum theatre al digital storytelling. Nuove forme della comunicazione museale fra teatro, multimedialità e narrazione, a cura di Lucia Cataldo, ed. Franco Angeli, 2011; UT - Rivista bimestrale d'arte e fatti culturali,Ediland Edizioni, 2012; Il corpo solitario. L’autoscatto nella fotografia contemporanea, a cura di Giorgio Bonomi, Rubbettino Editore, 2016.  Sue poesie sono contenute nelle due antologiche Amori liquidie Le due facce della lunadi Edita Casa Editrice & Libraria. 



Presentazione del libro di poesie FRANGE. Disegni parlati di Ezia Mitolo
Giovedì 18 luglio, ore 18,30
WESPACE, Vico del Vasto a Chiaja 52, Napoli



venerdì 12 luglio 2019

Mostra opere donate all'Archivio Biennale Disegno Rimini

opera in mostra di Riccardo Angelini


Sabato 27 luglio alle ore 17,30, nell’Ala Nuova del Museo della città di Rimini, inaugurerà la MOSTRA DELLE OPERE DONATE ALL’ARCHIVIO BIENNALE DISEGNO RIMINI, a cura di Alessandra Bigi Iotti e Franco Pozzi.

L’esposizione intende mostrare al pubblico, per la prima volta, le recentissime acquisizioni di disegni legate alla manifestazione BIENNALE DISEGNO RIMINI. Più di cento disegni contemporanei donati con grande liberalità da artisti provenienti da tutta Italia e in parte anche dall’estero e un piccolo nucleo di fogli antichi e del ‘900, per un valore di mercato che supera i duecentomila euro.

Queste opere vanno a costituire il primo nucleo della collezione di disegni dell’Archivio BiennaleDisegno,con l’auspicio che, grazie anche a questa intensa e appassionata attività, la collezione possa vivere e crescere negli anni futuri.

Moltissimi i nomi degli artisti legati alla Biennale che hanno generosamente deciso di donare una loro opera per la nascente collezione d’arte: da quelli più affermati come Davide Benati, Giovanni Frangi, Vittorio d’Augusta, Graziano Pompili e Massimo Pulini, ai giovani che si sono avvicendati a CANTIERE DISEGNO nel corso delle tre edizioni della biennale. 

Punto di partenza della collezione di disegni antichi e moderni è il grande bozzetto preparatorio del sipario del teatro Galli, realizzato da Francesco Coghetti nel 1857, ed entrato a far parte delle collezioni comunali grazie alla liberalità di Luigi e Adriana Valentini nel 2016. Recentissima è anche l’acquisizione di un importante fondo di xilografie e disegni di Giancarlo De Carolis, nipote del celebre xilografo Adolfo, decano degli artisti riminesi recentemente scomparso, che ha esposto le sue originali opere per l’ultima volta proprio nel corso della terza Biennale Disegno nel 2018.

La nascente collezione di disegni è stata organizzata in un ARCHIVIO BIENNALE DISEGNO (seguito da Alessandra Bigi Iotti e Franco Pozzi come volontari e da Piero Delucca e Annamaria Bernucci dell’Assessorato alla cultura del Comune di Rimini) che comprende, oltre alle opere d’arte donate, anche una fototeca e una biblioteca, arricchita non solo dai numerosi cataloghi prodotti nel corso delle tre edizioni della Biennale, ma anche dai cataloghi donati dagli artisti stessi insieme alle opere. L’obiettivo è quello di creare, in parallelo alla raccolta di disegni, una biblioteca specifica della Biennale, specializzata nel Disegno, antico, moderno e contemporaneo.

La grafica è stata seguita, come sempre, con passione e rigore da Stefano Tonti.

Il catalogo è stato reso possibile grazie alla generosità e attenzione di Oreste Ruggeridi KIA e di Amedeo Bartolini di NFC Edizioni Rimini. 

L’assistenza nell’allestimento e nella realizzazione delle cornici è stata sostenuta da Vagnini cornicie da Zamagni Galleria d’Arte.

Un ringraziamento a Neon Rimini per il supporto tecnico nell’installazione di Marotta & Russo al primo piano dell’Ala Nuova del Museo.


MOSTRA DELLE OPERE DONATE ALL’ARCHIVIO BIENNALE DISEGNO RIMINI
Rimini, Museo della città, Ala Nuova
27 luglio – 15 settembre 2019
Inaugurazione sabato 27 luglio, ore 17,30



Lo spazio del cielo

Alfredo Pirri


Quattro interventi di arte contemporanea su un percorso ad anello della Francigena tra Viterbo, Vetralla, Sutri e Caprarola


CoopCulture presenta il progetto Lo spazio del cielo, progetto di arte contemporanea sul cammino della Via Francigena nel tratto compreso tra Viterbo, Vetralla e Caprarola, risultato tra i 7 progetti selezionati dalla Regione Lazio nell’ambito dell’Avviso Pubblico Arte sui Cammini. CoopCulture è la più grande cooperativa operante nel settore dei beni e delle attività culturali in Italia e opera attualmente in oltre 250 siti in Italia, tra musei, biblioteche, luoghi d’arte e di cultura. Il progetto Lo spazio del cielo rientra nelle attività di valorizzazione e divulgazione del patrimonio paesaggistico e storico-artistico promosse da CoopCulture con l’obiettivo di avvicinare i diversi pubblici all’arte. CoopCulture è impegnata da tempo sul fronte della sostenibilità. I cammini e la Francigena in particolare, sono l’occasione per una promozione del territorio e delle sue bellezze e per una idea di un turismo che sia il contrario di quello “mordi e fuggi”: una esperienza personale e lenta dei luoghi, della loro storia e delle loro qualità a cui anche gli interventi contemporanei contribuiscono.
Il 12 luglio verranno inaugurate tre delle quattro opere previste dal progetto attraverso un evento itinerante tra Viterbo, Vetralla e Caprarola. Il titolo del progetto deriva dalla radice del termine contemplazione ovvero dal latino cum templum (nel mezzo dello spazio del cielo). Si tratta dello spazio identificato dal lituo degli aùguri, uno spazio tracciato che veniva suddiviso poi in regioni faste e nefaste allo scopo di trarne presagi dal volo degli uccelli e riprodotto sul terreno per identificare dei luoghi dove compiere sacrifici per gli dei. Dunque, il templum è la geografia sacra che, proprio nel territorio dell’antica Etruria, ha suggerito l’identificazione delle prime aree in cui fondare i luoghi di culto. Le opere, lungo un percorso ad anello intorno alla caldera del lago di Vico, orientano il passo, illuminano il percorso come lanterne, risuonano nel paesaggio, sono stazioni che segnano sempre un confine, l’arrivo in un centro abitato, il varco di un limite, l’inizio di una nuova fase del cammino. Il percorso parte dalla zona termale di Viterbo, dove Alfredo Pirri ha individuato nella guardiola delle Ex Terme Inps, complesso che da anni versa in stato di abbandono, la possibilità di definire un segno tangibile per il camminatore in procinto di arrivare a Viterbo. Trasformare questa piccola costruzione, un casotto di pochi metri quadri, in una lanterna accesa. “Adesso la palazzina sta lì, spazio vuoto e abbandonato a controllare una confluenza di strade, cerniera simbolica fra pubblico e privato, campagna e città. È lì come una sentinella immobile, invecchiata e stanca che attende il cambio. La palazzina può diventare una scultura. Una lanterna luminosa dalla forma solitaria e solida. Brillante di notte, come un faro che orienta i passanti e che di giorno torna muta con occhi e bocca tappati dal fremito di ali di uccelli in transito” (Alfredo Pirri). A Vetralla l’intervento artistico di Elena Mazzi si inserisce all’interno dell’area naturalistica di Fossato Callo, nei pressi del Foro Cassio, nella quale è in corso di realizzazione la sistemazione paesaggistica e il recupero dei lavatoi in peperino. 300.000 anni in 344 centimetri, scultura di Elena Mazzi, realizzata in collaborazione con Regula Zwicky, è una lunga lastra di peperino elevata tramite un piedistallo in corten all’altezza della mano, sulla quale è scolpita una sorta di mappa sensibile delle trasformazioni geologiche del paesaggio vetrallese, dovute in gran parte all'eruzione del vulcano vicano, a partire proprio da circa 300.000 anni fa. La scultura è l’esito di un percorso di ricerca condotto dall’artista sul territorio in collaborazione con geologi e naturalisti ed è di fatto un palinsesto di superfici e forme scaturite dai diversi fenomeni di pietrificazione delle lave. I camminatori toccheranno la pietra, ripetendo il gesto di devozione dei pellegrini verso le icone sacre e la scultura si modificherà nel tempo. Infine Campo sintonico di Matteo Nasini, gruppo di quattro installazioni in corten posizionate nei pressi dell’area di lancio dei deltaplani all’interno della Riserva del Lago di Vico, intercetta i venti e produce un canto del paesaggio, un’armonia naturale che amplifica le suggestioni del paesaggio. L’installazione, composta da quattro sculture che delimitano un perimetro acustico, è un progetto eco-compatibile che non produce alcun impatto ambientale e che produce un suono continuo, autonomo e indeterminato. La direzione, la tipologia e l'intensità degli elementi atmosferici determinano un suono non catalogabile come musica, irriproducibile e unico, creando le condizioni per un’esperienza umana specifica e imprevedibile. Dopo l’inaugurazione di queste tre opere, Lo spazio del cielo ha in programma di concludere i lavori di realizzazione di Torre Tuscia di Teodosio Magnoni entro Ottobre 2019. L’opera rielabora le architetture del territorio e le bucature delle necropoli in versione contemporanea attraverso una scultura in corten alta sei metri che si integra col paesaggio in corrispondenza di Sutri, importante tappa per i pellegrini prima di arrivare a Roma. Lo spazio del cielo è realizzato con il patrocinio e il sostegno dei comuni di Viterbo, Vetralla, Sutri e Caprarola e della Riserva naturale del Lago di Vico. Il progetto è diretto da Arci Viterbo /Cantieri d’Arte e curato da Marco Trulli, con la collaborazione di Saverio Verini e con la supervisione un comitato scientifico composto da alcuni docenti dell’Università degli Studi della Tuscia. Dirigono i quattro cantieri gli architetti Roberta Postiglioni e Stefania Fieno. Aderiscono al progetto diversi partner territoriali e realtà italiane dell’arte contemporanea. 




Programma
Ore 17.00 Area lancio deltaplani, Loc. Poggio Nibbio, Caprarola
Matteo Nasini, Campo sintonico

ore 18.30 Fossato Callo, Strada Foro Cassio, Vetralla
Elena Mazzi, 300.000 anni in 344 centimetri

ore 20.00 Ex Terme Inps, Strada Bagni, Viterbo
Alfredo Pirri, Lanterna termale

Saranno presenti: gli artisti, i curatori del progetto, gli amministratori locali,
i rappresentanti della Regione Lazio, i partner del progetto
Per informazioni

Per informazioni
393.90.97.166

Informazioni Navette
Da Viterbo
Ufficio Turistico di Viterbo tel. 0761.22.64.27
Da Roma
tour@coopculture.it


Un progetto promosso dalla Regione Lazio - Avviso pubblico regionale Arte Sui Cammini 
ideato da Coopculture
e diretto da Arci Viterbo/Cantieri d’Arte
con il patrocinio e il sostegno di
Comune di Viterbo
Comune di Caprarola
Comune di Vetralla
Comune di Sutri
Unindustria Viterbo

In collaborazione con
AIR - Artinresidence
Albumarte, Roma
BJCEM – Biennale dei giovani artisti d’Europa e del Mediterraneo
Clima Gallery, Milano
DISUCOM (Unitus)
DISTU (Unitus
Ex Elettrofonica, Roma
Legambiente Lago di Vico
Le città invisibili – Associazione culturale
Orto botanico dell’Università della Tuscia
Promotuscia
Sistema Museale d’Ateneo
Media Partner
Artribune

Si ringraziano le aziende e i collaboratori: Oikos group, Ricci Illuminotecnica, Edil3D, Pietro Pigliavento, L.A.M. di Benedetti S.r.l., Vetreria Preneste srl, Vimet srl, G.e.s.a. srl, Ice Beem, Massimo De Giovanni e Regula Zwicky.



pubblica:

giovedì 11 luglio 2019

"Il cavallo di sabbia” di Mimmo Paladino nell’area archeologica di Paestum


Giovedì 11 luglio 2019, torna a Paestum “Il cavallo di sabbia”, l’opera di Mimmo Paladino realizzata nel 1999.

L’opera troverà nuova collocazione nell’area archeologica di Paestum, nello spazio libero tra i due templi del santuario meridionale, la c.d. Basilica e il tempio di Nettuno, a creare un nuovo dialogo tra antico e presente.

All’inaugurazione sarà presente l’artista Mimmo Paladino, il direttore del Parco Archeologico di Paestum Gabriel Zuchtriegel e il curatore del Museo MMMAC Nuvola Lista.


PROGRAMMA
ore 11:00: Preview stampa. Sarà presente il direttore del Parco Archeologico di Paestum Gabriel Zuchtriegel e il curatore del Museo MMMAC Nuvola Lista
ore 11:30: Visita in anteprima al Cavallo di sabbia di Mimmo Paladino nell'area archeologica di Paestum
ore 19:30: Inaugurazione dell'opera.


Ufficio Stampa
Rossella Anna Tedesco
pae.promozione@beniculturali.it, tel. 0828811023 – www.paestum.museum
Facebook: Parco Archeologico Paestum
Twitter: @paestumparco
Instagram:parcoarcheologicopaestum


mercoledì 10 luglio 2019

Guido Pajetta. Miti e figure tra forma e colore


Fino al 1° settembre 2019, a Palazzo Reale di Milano aperta al pubblico la mostra Guido Pajetta. Miti e figure tra forma e colore, promossa e prodotta dal Comune di Milano - Cultura, Palazzo Reale e dalla Fondazione Guido Pajetta.

La rassegna, curata da Paolo Biscottini, Paolo Campiglio e Giorgio Pajetta, ripercorre attraverso 90 opere, suddivise in 8 sezioni espositive, oltre sessant’anni di lavoro dell’artista milanese che ha avuto unaposizione di primissimo piano nel panorama artistico del ‘900.

Nella sua lunga carriera Pajetta ha attraversato quasi interamente il secolo scorso, incontrandone gli stili e i personaggi più importanti ma, nonostante i numerosi sodalizi artistici e le innegabili influenze, rimane una figura anomala all’interno di questo contesto. Non gli interessa infatti legarsi e identificarsi con uno stile, tanto che si allontana da qualunque movimento artistico riconosciuto per non essere limitato nel proprio fare arte. È piuttosto un artista che dipinge spinto dal proprio inconscio, dalle proprie inquietudini, dal proprio istinto e dai propri demoni. Nella vasta fortuna espositiva di Pajetta, questa mostra risponde all’esigenza di riscoprirne la storia dalle origini alla morte. Divisa per ambiti tematici, l’esposizione pone attenzione tanto ai rapporti di Pajetta con il panorama artistico milanese legato a Novecento e soprattutto a Sironi, quanto al suo successivo desiderio di entrare in rapporto con la produzione europea, e in particolar modo francese, con uno specifico interesse per il Cubismo e il Surrealismo. È proprio in questo ambito che Pajetta sviluppa una precisa attenzione per un realismo di marca introspettiva che lo accompagnerà nel tempo, facilitato da uno stile corsivo e antimimetico, a cui certamente giova l’adozione del colore acrilico a partire dal 1967.

Nel suo lavoro– afferma Paolo Biscottini – Pajetta pare sempre più impegnato nella ricerca di una verità recondita e forse anche di una nuova coscienza di sé. Affiora il senso di un’angosciosa solitudine a cui non pongono rimedio né il successo di critica e di mercato, né la tenacia nel lavoro o la vasta cultura letteraria. Tormentato dalle proprie ossessioni, l’artista si affida all’immagine come a una sorta di travestimento o di alter ego. Nel suo percorso Pajetta è attento a tutto e a tutti: nulla dei linguaggi artistici gli sfugge, tanto che spesso nella sua pittura si notano affinità con i numerosi autori con cui viene in contatto. È consapevole che l’arte si nutre di un continuo confronto ma anche che non esistono uno stile e un linguaggio unici capaci di esprimere il suo vagabondaggio psicologico, in cui fantasia e ossessioni si mescolano al senso tragico della vita e all’incessante e tormentata ricerca della propria verità. L’inquietudine è il tema generale di questo pittore affannato, che cerca nella tela e soprattutto nel colore il senso della propria vita.

Mio padre– dice Giorgio Pajetta – in realtà è un amante dell’avventura a trecentosessanta gradi. Lui ha sempre sperimentato nuovi linguaggi, nuove tematiche ma anche nuove tecniche pittoriche. Per Pajetta artista lo stile è il mezzo e non il fine della carriera pittorica e l’arte è lo strumento per indagare il proprio mondo interiore, analizzando gli aspetti universali della vita dell’uomo e la sua condizione esistenziale. Il gesto pittorico di Pajetta, a volte leggero e veloce, altre volte graffiante e marcato, muta in continuazione.Ma se nel corso della sua carriera l’artista cambia la forma della sua pittura e si mantiene sempre in bilico tra figurativo e astratto, non è così per i contenuti, tutti riconducibili alla ricerca di sé e di sé nella storia. Pajetta ha saputo adoperare tanti linguaggi in funzione di quello che era il suo obiettivo di analisi interiore. Pajetta è stato, fino alla fine, un artista spinto da impulsi che l’hanno portato a trattare motivi, a volte lirici a volte drammatici, generati da emozioni e da esperienze autentiche perché frutto delle sue passioni e delle sue ansie. Personalità tanto affascinante quanto complessa, Pajetta può essere riscoperto e apprezzato solamente partendo dal suo essere altro e unico rispetto al contesto in cui ha vissuto e lavorato. Attraversando verticalmente quasi tutto il Novecento può essere affiancato ai grandi nomi con cui ha collaborato ed essere preso come punto di partenza per indagare gli ambienti artistici e sociali che hanno generato e influenzato il panorama sia milanese sia italiano del secolo scorso. Nonostante ciò resta una figura eccentrica e libera nella propria indagine artistica.

La mostra è realizzata con la sponsorizzazione di Topjet Executive.
Il catalogo della mostra è pubblicato da Skira.


Guido Pajetta – Note biografiche
Guido Paolo Azzone Pajetta nasce a Monza nel 1898 da un’antica famiglia di pittori veneti. Il nonno Paolo fonda una bottega di frescanti che conduce dapprima con dei collaboratori e in seguito con i figli Pietro e Mariano, che alla morte del padre professano autonomamente e si affermano come eminenti pittori del secondo Ottocento. Il cugino Mario Paolo è anch’egli un noto pittore veronese. Nel 1915 Pajetta inizia la propria formazione artistica presso la Regia Accademia di Belle Arti di Breraa Milano dove, in seguito, sarà allievo diAmbrogio Alciati. Nel 1917 si arruola volontario nelle truppe d’assalto per il Primo Conflitto Bellico Mondiale e si congeda nel 1920. L’esperienza bellica avrà su di lui un’influenza devastante. Termina gli studi all’Accademia di Brera nel 1922 con menzione onorevole e inizia la propria carriera nell’ambito dell’ambiente artistico milanese, coniugando la scuola tardo ottocentesca del maestro Alciati con la tradizione familiare. Fa la conoscenza di due artisti che segneranno la sua svolta dall’accademismo alla modernità: Anselmo Buccie Mario Sironi, fondatoridi Novecento e unici portatori a Milano di una vera e solida cultura europea.Partecipa alle Biennali di Venezia del 1928, 1930 e 1932 e alla quadriennale di arte di Roma del 1931 e 1935. In parallelo alla carriera espositiva si afferma nelle principali gallerie private del tempo: Galleria Milano, il Milionee Gian Ferrari. In questi anni conosce anche Lucio Fontana, rientrato dall’Argentina, con il quale stringe un’amicizia che li legherà a lungo. La svolta che l’incontro con Sironi e con Novecentogenera in Pajetta è di grande importanza. L’ago della bilancia culturale si sposta dal colorismo veneto al sintetismo volumetrico di Masaccio e Piero della Francesca, pittori centrali nel dibattito all’interno di Novecento Italiano. Nel ciclo di dipinti in cui l’influenza di Sironi è palese, non mancano tuttavia esperienze del tutto personali che riguardano sia un colorismo più acceso- spesso fantastico e irreale - sia una forma che, apparentemente di sintesi volumetrica, a un’attenta osservazione si rivela generata dal colore, come da tradizione veneta. Nel 1934 compie il primo viaggio a Parigialla ricerca di contatti culturali e di eventuali sedi espositive. Nei successivi lunghi soggiorni francesi, fino al 1939, Pajetta ha esperienze culturali che daranno una svolta al suo lavoro. Per la prima volta osserva con stupore la luce degli impressionisti e studia con attenzione i dipinti delle prime avanguardie europee, in particolare il cubismo di Picasso e Braque e la pittura fauve di Matisse e Dufy. Guarda inoltre con acceso interesse alle opere di Max Ernst, Dalì e De Chirico. Rientrato a Milano nel 1938 si sposa con Maria Panizzutti, sua modella. Da questa unione nasceranno tre figli maschi. Dal 1942 - anno del primo bombardamento su Milano - Pajetta si trasferisce con la moglie e i figli a Tremezzo sul lago di Como, in una piccola casa con giardino adiacente alla villa Fontana, di proprietà di Tito, fratellastro di Lucio. Nel 1946 fa ritorno con la famiglia a Milano in via Cadore 43. Dal mondo idilliaco del lago di Como Pajetta si ritrova in una città affamata e distrutta dai bombardamenti, con scenari animati da un’umanità disperata. Da questo momento la sua pittura cambia violentemente registro, perde ogni leggerezza edenica. Il colore si fa cupo, nella riscoperta del nero, mentre il linguaggio si fa elementare, primitivo. Tra la fine deli anni ’40 e i primi ’60 espone a Milano, Parigi e anche a Londra, dove entra in contatto con la figurazione inglese espressa da artisti come Henry Moore, Francis Bacon e Graham Sutherland. Queste esperienze europee durano fino al 1963, quando decide di esporre unicamente alla Galleria del Lauro a Milano. Il 1967 segna un’importante svolta nella sua vita e nella sua pittura: abbandona il grande studio di via Cadore e si “rintana” in una piccola casa-studio nell’amato quartiere di Brera, in via Tessa 1, dove inizia una nuova sperimentazione con la tecnica dei colori acrilici.Questo sistema gli consente di esprimere, in maniera “innocente”, la propria dinamica psichica e gestualità interpretativa. Nel 1981 contrae una grave malattia articolare che lo costringe a lunghi periodi di inattività con conseguente aggravamento della depressione. Da questo momento il suo lavoro subisce l’ultima svolta. Le opere diventano per il pittore lo specchio per leggere la propria condizione intima e vi si alternano, in maniera antitetica, esplosioni vitalistiche e sentimenti di sofferenza e dolore.
Pajetta muore nel 1987 a Milano nell’abitazione di via Tessa.

Guido Pajetta – Tematiche 
Nelle diverse fasi della sua opera, tra i temi più cari all’artista, troviamo ilritratto che,ereditato dalla tradizione familiare, nel secondo dopoguerra diventa decisamente più introspettivo e critico, fino a sfociare in una vera ossessione con l’autoritratto.È invece la natura mortaa dominare lafine degli anni trenta e l’inizio dei quaranta, diventando un tema che accompagnerà l’intera vicenda artistica di Pajetta. La varietà degli oggetti, dalla frutta ai vasi, dalla sedia al drappo, ha il compito di rappresentare la condizione umana in tutta la sua precarietà e permette all’artista di fuggire, almeno apparentemente, dalle sue ossessioni e di trovare spazi di ricerca stilistica sempre differenti. All’inizio degli anni trenta si intensificano anche i riferimenti alla classicità e al mito in una figurazione che da un lato denuncia affinità con la poetica di Carrà e Sironi e dall’altro esprime una tendenza a uscire dalla retorica conformista del tempo. È poi la maschera, come metafora della vita e di una sempre più sofferta condizione umana, a irrompere nell’arte come rappresentazione di guerra, sofferenza e inquietudine. L’altro grande tema pittorico del lavoro di Pajetta è la figura femminile che però non è mai oggetto di piatta idealizzazione ma piuttosto lo strumento per una lettura profonda della realtà quotidiana. Nella sua pittura l’ironia svolge un ruolo essenzialmente antiretorico, volto a esorcizzare le ferite dello spirito, per questo al nudo femminile sono spesso affiancati particolari animali domestici. È infine attraverso una singolare lettura poetica del paesaggioche Pajetta esprime in senso crescente la volontà di andare oltre il conformismo di questo genere per portarsi verso un mondo lontano e altro. È in questo tema che cerca uno spazio autenticamente libero e l’ingresso in luoghi fantastici e sovratemporali.

Scheda informativa
Titolo Guido Pajetta. Miti e figure tra forma e colore
Sede Milano, Palazzo Reale - Primo Piano Nobile
Apertura 5 luglio – 1° settembre 2019
A cura di Paolo Biscottini, Paolo Campiglio e Giorgio Pajetta
Una mostra Comune di Milano - Cultura

Palazzo Reale
Fondazione Guido Pajetta

Catalogo Skira
Progetto allestimento Proevent

Orari 
lunedì 14.30 - 19.30
martedì, mercoledì, venerdì e domenica 9.30 - 19.30 
giovedì e sabato 9.30 - 22.30
Ultimo ingresso un’ora prima della chiusura

Ingresso gratuito 

Informazioni
www.palazzorealemilano.it
www.guidopajetta.com

Ufficio stampa mostra 
Aragorn | Marcella Ubezio | T. 02 465 467 58 | marcellaubezio@aragorn.it | www.aragorn.it 

Ufficio stampa Comune di Milano 
Elena Conenna | elenamaria.conenna@comune.milano.it