giovedì 29 ottobre 2020

Daniele Puppi | 2020


Magazzino è lieta di annunciare l'inaugurazione della terza mostra personale di Daniele Puppi in galleria, dopo FATICA N.17 (2002) e BLAST (2013), accompagnata da un contributo critico di Valentino Catricalà e Barbara London. 

In 2020, Puppi presenta due videoinstallazioni inedite. 

La video installazione THEY LIVE (2019) parte da un frammento dell’omonimo film di John Carpenter del 1988. L’iconica scena di combattimento (una delle più lunghe della storia del cinema) è trasformata radicalmente dall’artista mediante il movimento cinematico, il suono innestato incalzante e minaccioso e la dimensione monumentale della proiezione. Questa rianimazione rende l’opera carica di energia ostile ed avversa, trascinando lo spettatore in un ipnotico cortocircuito tra l’esterno del cortile e l’interno sbarrato della galleria. Un interno liberato dalla sua funzione “espositiva”. Un expanded cinema che si proietta in uno spazio totale.

NOTTURNO (2020), per contrasto ha l’immobilità di un’immagine costruita in laboratorio che fissa l’esterno. L’opera cattura ciò che si vede fuori dallo studio dell’artista: una tempesta elettromagnetica di fine estate. Per un lasso di tempo prolungato si susseguono nel cielo una serie di scariche elettriche, la cui percezione è amplificata dal lavoro in post-produzione; questo paesaggio, carico di mistero, emana forze ambigue e non precisamente definibili.

2020 è un’attonita trascrizione che cerca, con rispetto, di non imporre un significato né di affidarsi alla suggestione simbolica dell’immagine. Puppi ricerca piuttosto una oggettività paziente, in grado di arrivare al fondo. Scuotendolo. 

Per consentire una più facile partecipazione, l'inaugurazione avverrà dalle ore 17.00 alle 21.00 del 12 Novembre.

AVVISO IMPORTANTE: in merito alle nuove misure di sicurezza legate all'emergenza epidemiologica da Covid-19, Magazzino predisporrà un limite di presenza fisica all'interno degli spazi espositivi durante l'inaugurazione, di 10 persone. All'interno dei locali della galleria, così come all'esterno, sarà obbligatorio l'uso dei dispositivi di protezione individuale. Per salvaguardare la vostra salute e quella degli altri partecipanti all'evento, vi invitiamo a rispettare queste indicazioni di sicurezza, e vi ringraziamo sin d'ora per la comprensione.

Daniele Puppi (1970) vive e lavora tra Pordenone e Roma. Fin dagli esordi alla metà degli anni Novanta, lavora a scardinare quell'idea di spazio che ancora si percepisce e ruota all'interno delle coordinate euclidee. Privilegiando la video installazione, ha manifestato una nuova attitudine al mezzo enfatizzando e rovesciando radicalmente l'utilizzo del suono e della riconfigurazione visivo-architettonica. Puppi concepisce il lavoro come un vero e proprio work in regress, che nasce dopo un periodo di gestazione trascorso all’interno degli spazi, durante il quale l’artista sperimenta l’ambiente e stabilisce con esso una relazione quasi carnale, valutandone limiti e potenzialità. Le tecnologie utilizzate sono funzionali all’attivazione e all’amplificazione multisensoriale delle facoltà percettive, visive e uditive dello spettatore, come parte integrante dell’opera stessa. Lo spettatore è chiamato a entrare in una nuova e straniante dimensione spazio-sensoriale. Tra le principali mostre personali: RESPIRA (Galleria Borghese, Roma 2017); Gotham Prize (Istituto italiano di cultura, New York 2015); 432 HERTZ, (Australian Experimental Art Foundation, Adelaide 2013); HAPPY MOMS (MAXXI, Roma 2013); FATICA N..23 (Galleria Nazionale, Roma 2010); FATICA N..16 (HangarBicocca, Milano 2008); FATICA N.27 (Melbourne International Arts Festival. Melbourne 2005). Tra le principali mostre collettive a cui ha partecipato: 18° Festival Internacional de la imagen(Manizales, CO, 2019); The Raft - Art Is (Not) Lonely (Mu.ZEE - Oostende, 2017); 17 New Artists Integration (Jan Fabre Troubleyn/ Laboratorium, Antwerp, 2015); EL TOPO (Nuit Blanche, Paris, 2013); Digitalife – Human Connections (Ex-Gil/ Macro Museum, Rome, 2012); Spheres 4 (Galeria Continua/ La Moulin, France, 2011/12); Taking Time (M.A.R.C.O. Museum, Vigo, Spain, 2007); Tupper und Video (Marta Herford Museum, Germany, 2006). 

Daniele Puppi | 2020
A cura di Valentino Catricalà
12 Novembre - 12 Dicembre 2020

Inaugurazione Giovedì 12 Novembre 2020
Ore 17.00 - 21.00


Via dei Prefetti, 17 - 00186 Roma - Italy | T +39066875951 | info@magazzinoartemoderna.com
www.magazzinoartemoderna.com | fb /magazzinogallery | ig @magazzinogallery

Max Renkel | Score, Form, Two Heads



Mario Iannelli ha il piacere di presentare una mostra di Max Renkel dal titolo “Score, Form, Two Heads” dal 10 novembre al 31 dicembre 2020.

Il titolo della mostra è un gioco linguistico che, nonostante sembri apparentemente avere un senso compiuto, è ottenuto invece mediante l’accostamento di termini provenienti da contesti diversi. 
Con la narrativa tipica del cut-up, Renkel presenta un gruppo di tre opere: “Score” che consiste in una composizione di frammenti di rami inseriti in una cornice vuota, “Form” ovvero il dipinto di una forma astratta e “Two Heads”, due sculture dalle fattezze primitive. “Score, Form, Two Heads” rimanda quindi ad un significato logico che va oltre la comprensibilità letterale, aspirando a sottolinearne principalmente il processo creativo. Una mappa concettuale che, partendo da un diagramma, passa attraverso un’immagine e termina nel volume. Ciò che ne emerge è sia la centralità del processo percettivo sia quella metodologica dell’opera d’arte.

In quest’ottica si inquadra la scelta di includere un insieme di opere di artisti con cui la galleria collabora, condividendone così una prossimità d’indagine e con lo scopo di estendere la riflessione attraverso ulteriori connessioni.

Fa parte della mostra un'edizione con testi di Max Renkel e Giuseppe Garrera.

Max Renkel (1966, Monaco, Germania) vive e lavora a Roma.
Mostre (selezione): Galleria Ugo Ferranti, Roma: 2002, 2003, 2006, 2007; Galleria Lorcan O'Neill, Roma: 2004, 2007, 2012; Galerie Thomas Flor, Düsseldorf: 2005; Schirmer/Mosel Showroom, Monaco: 2009, 2010, 2012, 2017; Una Vetrina, Roma: 2014, 2015, 2016, 2017, 2019; Marco Gietmann, Berlin: 2014, 2019.

La mostra è aperta dal mercoledì al venerdì dalle 16 alle 19 o su appuntamento.

ENG____

Mario Iannelli is pleased to present an exhibition by Max Renkel entitled “Score, Form, Two Heads" from 10 November to 31 December 2020.

The title of the exhibition is a linguistic game that seems to have full sense, but it is obtained by combining terms from different contexts.
With the typical narrative of the cut-up, Renkel presents a group of three works: "Score" which consists of a composition of branches inserted in an empty frame, "Form" the painting of an abstract form and, "Two Heads", two sculptures with primitive features.
”Score, Form, Two Heads" therefore refers to a logical meaning that goes beyond our literal comprehensibility, aspiring to emphasize mainly the creative process.
A conceptual map that it starts from a diagram passes through an image, and it ends in a volume.

What comes to light it is either the centrality of the perceptual process and the methodological one of the work of art.

In this perspective, the choice of including a set of artists works with whom the gallery cooperates, thus sharing proximity of investigation and aiming to extend the reflection through further connections.

An edition featuring texts by Max Renkel and Giuseppe Garrera is part of the exhibition.

Max Renkel (1966, Munich, Germany) lives and works in Rome.
Selected exhibitions: Galleria Ugo Ferranti, Rome: 2002, 2003, 2006, 2007; Galleria Lorcan O'Neill, Rome: 2004, 2007, 2012; Galerie Thomas Flor, Düsseldorf: 2005; Schirmer/Mosel Showroom, Munich: 2009, 2010, 2012, 2017; Una Vetrina, Rome: 2014, 2015, 2016, 2017, 2019; Marco Gietmann, Berlin: 2014, 2019.

The exhibition is open from Wednesday to Friday 4-7pm or by appointment.

Max Renkel
Score, Form, Two Heads

Inaugurazione 10.11 ore 16-20
10.11 - 31.12.2020


Via Flaminia 380
00196 Roma
+39 06 92958668

Performative Habitats, il progetto di Egle Oddo

Egle Oddo, Growing a Language

Inaugura il 12 novembre 2020 Performative Habitats, il progetto di Egle Oddo realizzato grazie al sostegno della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo nell’ambito del programma Italian Council. Primo appuntamento la mostra Cinque Storie Brevi presso la galleria GMK accompagnata da una serie di performances.

In programma una serie di mostre, azioni, eventi, dibattiti e lectures tra Zagabria, Palermo, Roma, Vienna, Tunisi, Mänttä e Helsinki, che culmineranno in una installazione en plein air pensata per il XXV Mänttä Festival di Arte Visiva in Finlandia, a giugno 2021 e che sarà attivata durante l’estate attraverso un calendario di performances.
Il progetto Performative Habitats è a cura di Lori Adragna e si articola in più momenti creativi: il tutto sarà raccontato da una pubblicazione monografica realizzata in collaborazione con postmediabooks.

L’artista creerà sculture viventi e installerà dei giardini evolutivi (così chiamati per indicare la loro continua evoluzione e mutazione), vere e proprie opere d’arte accessibili al pubblico. Per realizzarli Egle Oddo pianta semi di cultivar (varietà coltivate) congiuntamente a semi di specie selvatiche, annullando così la linea di demarcazione che separa il design dei siti per l’agricoltura, dal design dei parchi urbani destinati al tempo libero e dall’apparenza caotica delle lande selvatiche. Sono insoliti assemblaggi di piante, che si distinguono nettamente dall’ambiente circostante grazie alla loro singolare identità biotica. Questi giardini diventano zone protette per la biodiversità, permettendo alle specie più vulnerabili di prosperare. Nel corso del progetto l’artista li attiverà attraverso un programma di performance collettive, osservando il modo in cui diverse forme di vita si relazionano tra loro.

Con Performative Habitats biologia, botanica e scienze naturali incontrano i molteplici linguaggi delle discipline artistiche. In un momento storico come questo che vede il cambiamento climatico tra le emergenze primarie, l’artista, nata in Italia e residente in Finlandia, si prefigge l’obiettivo di riconvertire le pratiche quotidiane e stabilire nuove modalità di produzione che siano sostenibili per l’ambiente.
Prima di concludersi al Mänttä Festival, la serie di azioni performative avrà luogo in Croazia, Austria, Italia, e Tunisia. Il progetto si avvale della collaborazione dei seguenti partners: galleria GMK, galleria Myymälä2, Mänttä Festival, Pixelache Helsinki, Dipartimento STEBICEF e Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Universitá di Palermo, CBBC - Centro di Biotecnologia di Borj Cedria. Nelle sedi specifiche il progetto si avvale della collaborazione con le seguenti curatrici: Lea Vene alla galleria GMK, Croazia; Basak Senova all’Università delle Arti Applicate di Vienna; Anna Ruth al Mänttä Festival, Finlandia.

Supportano il progetto: l’Italian Council (VIII edizione, 2020), programma di promozione dell’arte contemporanea italiana nel mondo della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo; the Arts Promotion Centre Finland; the Finnish Cultural Foundation; l’Istituto Italiano di Cultura di Helsinki; l’Istituto Italiano di Cultura di Tunisi.

Contatti e informazioni
Ufficio stampa Santa Nastro, snastro@gmail.com, Tel: +39 3201122513
Per interviste in Italiano e Francese: curatrice Lori Adragna, adragnalori@gmail.com, Tel +39 3342880999
Fotografia Antti Ahonen

mercoledì 28 ottobre 2020

Roberta Meldini - Plastica linearità e sinuosa tridimensionalità

Roberta Meldini nel 1951 presso l'Accademia di Belle Arti di Roma


In occasione del novantesimo anniversario dalla nascita, dal 3 febbraio al 5 marzo 20121 sarà fruibile al pubblico di Palazzo Merulana la prima mostra retrospettiva dedicata all’artista Roberta Meldini, scultrice e disegnatrice protagonista di rilievo nel panorama artistico della seconda metà del Novecento.

La mostra è a cura di Brigida Mascitti ed è organizzata da “Associazione Culturale Roberta Meldini per l’Arte Contemporanea” con i patrocini del Comune di Roma e della Regione Lazio.

In esposizione una selezione di oltre 50 opere – 16 tra sculture in bronzo, cemento, e terracotta e 36 tra dipinti, grafica incisoria e disegni a linea continua – rappresentativa della produzione artistica che, partendo dai primi anni ’70, giunge alla fine degli anni ’90 del Novecento, sebbene l’opera omnia dell’artista abbia coperto l’arco cronologico di cinque decenni, dagli anni ’50 ai primi anni 2000.

I soggetti scolpiti e dipinti, tutti di carattere figurativo, sono incentrati su tre delle tematiche predilette dall’artista. Le donne, sinuose figure monolitiche raffigurate isolate, nelle pose più disparate – distese, sedute, in piedi – o in contesti naturalistici incontaminati dal carattere fiabesco; i ritratti di persone vicine all’artista o personaggi sconosciuti, appartenenti ai più disparati ceti sociali; infine gli animali, soggetto “umanizzato e tipizzato”, molto caro a Roberta Meldini: i suoi bronzi, come lo Chant Clair, il Pavone, la Tartaruga, il Camaleontee il Cormorano morente, sono tanto eloquenti e a sé stanti quanto lo sono gli animali che vivono nella natura incontaminata nella quale la Meldini ambienta la sua produzione grafica, incisoria e a linea continua.

Le anime dell’artista, come sottolinea la curatrice Brigida Mascitti, sono presenti in mostra attraverso il comun denominatore dell’“elogio alla vita”, in qualsiasi forma di espressione – umana, animale e naturale dunque – e mediante la peculiare cifra stilistica di Roberta Meldini, nella sua costante ricerca di un segno originale e distinto, ma al contempo memore della produzione scultorea figurativa nazionale – Giacomo Manzù, Marino Marini, Emilio Greco, Venanzo Crocetti – e internazionale – Henry Moore e Constantin Brancusi – del primo Novecento.

“Le opere della Meldini, siano esse scultoree o dipinte, incise o disegnate a linea continua, mostrano tutte la medesima ieraticità plastica, la forza espressiva del gesto, del pensiero, del sentimento, la sinuosità viva della carne – scrive la curatrice nel testo in catalogo edito da Palombi Editore – sono figure sorprendentemente umane e vitali, memori della grande tradizione della scultura classica e novecentesca ma sempre reinterpretate alla luce di una personalissima cifra stilistica che le rende uniche nel loro genere e senza tempo”.

Allieva dei grandi della tradizione figurativa novecentesca, Roberta Meldini infonde nella sua produzione artistica le tracce dell’arcaico e dell’antico, del Quattrocento e del Rinascimento, dell’innovazione di Auguste Rodin e dell’espressionismo di Medardo Rosso, reinterpretandole costantemente alla luce della contempo- raneità e dell’innovazione. Le sue opere sono senza tempo poiché, come scriveva Adolfo Wildt, “l’arte, come la vita, non è né avanti né indietro [...] non è istintività, ma esercizio, un modo di declinare un linguaggio che ha leggi eterne” (L’arte del marmo, 1921).

Ma se “un discorso critico sull’opera di Roberta Meldini non può prescindere dall’esercizio grafico, in particolare disegnativo, che affianca la scultura e ne integra i significati” – notava Carlo Fabrizio Carli nell’ultimo catalogo di mostra “Roberta Meldini, l’astrazione del reale” (2008) – e se è sostanzialmente impossibile che l’attività di un vero scultore possa attuarsi senza l’ausilio del disegno, a ben vedere, attraverso il corposo nucleo di opere grafiche esposte in mostra, nella nostra “artista a tutto tondo” lo studio finalizzato alla scultura raggiunge vertici di autonomia e liricità senza eguali.

Roberta Meldini (Rimini, 1930 – Roma, 2011)
Dalla città natale l’artista si trasferisce giovanissima a Roma dove consegue i diplomi di Liceo Artistico e Accademia di Belle Arti. Negli anni di studio è allieva di Michele Guerrisi, Domenico Purificato e Giuseppe Capogrossi. In seguito perfeziona la lavorazione del marmo presso lo studio dello scultore Giovanni Ardini e approfondisce la tecnica del cesello con Lorenzo Guerrini. Dai primi anni Cinquanta al 2008 espone in mostre personali e collettive e per oltre trent’anni insegna Discipline Plastiche presso Licei Artistici e Istituti d’Arte di Roma. Le sue sculture, i disegni, gli olii, le incisioni e i rami sbalzati sono presenti in collezioni pubbliche e private, italiane e straniere.

Opere presenti in collezioni pubbliche
Sculture d’Arte Sacra di Roberta Meldini sono presenti in luoghi di culto italiani e stranieri e presso il Museo Diocesano di Caltanissetta. Sue opere di grafica sono conservate presso: Museo d’Arte Moderna Vittoria Colonna, Pescara; Civica Raccolta di Stampe Bertarelli, Milano; Raccolta delle Stampe Adalberto Sartori, Mantova; Gabinetto di Stampe Antiche e Moderne, Bagnacavallo. Documentazione della sua attività artistica è presente presso l’Archivio Storico della Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma.


Modalità di partecipazione:
Piano Terra – Sala delle Sculture: ingresso libero Secondo, terzo e quarto Piano (collezione + mostra): Intero 10,00 Euro
Ridotto 8,00 Euro

Orari:
da mercoledì a domenica dalle ore 11 alle ore 18 (ultimo ingresso alle 17) lunedì e martedì chiuso

Ufficio stampa Palazzo Merulana
Leeloo srl – informazione e comunicazione | tel. 331 6176325 - 331 6158303 - 388 1066358 | ufficiostampa.leeloo@gmail.com




Palazzo Merulana
ROBERTA MELDINI
plastica linearità e sinuosa tridimensionalità

Mostra Retrospettiva
a cura di Brigida Mascitti

organizzata da
Associazione Culturale Roberta Meldini per l’Arte Contemporanea
Via Merulana 121, Roma

Apertura al pubblico dal 3 febbraio al 5 marzo 2021
secondo le disposizioni anti-Covid del DPCM del 25 ottobre 2020




QUADRIENNALE D'ARTE 2020 | FUORI


Sarà aperta al pubblico dal 30 ottobre 2020 al 17 gennaio 2021, al Palazzo delle Esposizioni a Roma, la prossima edizione della Quadriennale d’arte, dal titolo FUORI, a cura di Sarah Cosulich e Stefano Collicelli Cagol, organizzata dalla Fondazione La Quadriennale di Roma, presieduta da Umberto Croppi, e da Azienda Speciale Palaexpo, presieduta da Cesare Pietroiusti. La pre-apertura avrà luogo il 29 ottobre 2020.

Principale partner istituzionale della mostra è il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, che attraverso la Direzione Generale Creatività Contemporanea ha confermato un importante contributo ad hoc, facendosi anche promotore del progetto speciale Premio AccadeMibact.

La Quadriennale d’arte 2020 è la grande mostra che vuole restituire un’immagine inedita dell’arte contemporanea italiana anche a livello internazionale, proponendo un percorso intergenerazionale e multidisciplinare innovativo.

Indagando le relazioni che intercorrono tra le arti visive, la danza, la musica, il teatro, la cinematografia, la moda, l’architettura e il design, i curatori hanno selezionato 43 artisti presentati attraverso sale monografiche, riallestimenti di lavori già esistenti o nuovi progetti, con l’intento di delineare un percorso alternativo nella lettura dell’arte italiana dagli anni Sessanta a oggi.

Il titolo, FUORI, è un invito a uscire dagli schemi, ad assumere una posizione eccentrica – fuori dal centro – ad adottare uno sguardo obliquo, di mutua relazione con l’altro da sé. FUORI è la liberazione da qualsiasi costrizione o categoria abbia imbrigliato nel passato l’arte come gli individui: FUORI di testa, FUORI moda, FUORI tempo, FUORI scala, FUORI gioco, FUORI tutto, FUORI luogo è ciò che la Quadriennale d’arte 2020 vuole essere attraverso le opere e le ricerche degli artisti presentati.

Gli artisti selezionati sono: Alessandro Agudio, Micol Assaël, Irma Blank, Monica Bonvicini, Benni Bosetto, Sylvano Bussotti, Chiara Camoni, Lisetta Carmi, Guglielmo Castelli, Giuseppe Chiari, Isabella Costabile, Giulia Crispiani, Cuoghi Corsello, DAAR - Sandi Hilal - Alessandro Petti, Tomaso De Luca, Caterina De Nicola, Bruna Esposito, Simone Forti, Anna Franceschini, Giuseppe Gabellone, Francesco Gennari, Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi, Diego Gualandris, Petrit Halilaj e Alvaro Urbano, Norma Jeane, Luisa Lambri, Lorenza Longhi, Diego Marcon, Raffaela Naldi Rossano, Valerio Nicolai, Alessandro Pessoli, Amedeo Polazzo, Cloti Ricciardi, Michele Rizzo, Cinzia Ruggeri, Salvo, Lydia Silvestri, Romeo Castellucci - Socìetas, Davide Stucchi, TOMBOYS DON’T CRY, Maurizio Vetrugno, Nanda Vigo, Zapruder.

La Banca d’Italia, in occasione della Quadriennale d’arte 2020, effettuerà un’apertura straordinaria della sala che ospitava l’ingresso al Bal Tic-Tac, il locale futurista decorato da Giacomo Balla e inaugurato nel 1921 in via Milano, proprio accanto al Palazzo delle Esposizioni. 
Nella sala è visibile il dipinto murale di Balla, scoperto nel 2017 e restaurato con la supervisione della Soprintendenza Speciale di Roma. L’accesso sarà consentito esclusivamente su prenotazione ai visitatori della Quadriennale www.baltictacquadriennale.it e, considerate le norme di sicurezza e la ridotta capienza del locale, potrà avvenire solo per piccoli gruppi di persone. In futuro le decorazioni di Balla per il Bal Tic-Tac saranno pienamente valorizzate e visitabili dal pubblico all’interno dello spazio espositivo permanente sulla moneta e sulla finanza in corso di progettazione nell’ambito del Centro per l’educazione monetaria e finanziaria intitolato a Carlo Azeglio Ciampi. 
Con questa iniziativa speciale dedicata a Balla, grande protagonista anche di tante Quadriennali, la Banca d’Italia conferma, in una prospettiva di responsabilità sociale, il suo impegno per la valorizzazione del proprio patrimonio storico-artistico.



INFORMAZIONI

www.quadriennalediroma.org 
Facebook: @Quadriennalediroma 
Instagram: @Quadriennalediroma 
Twitter: @la_Quadriennale

UFFICIO COMUNICAZIONE E RELAZIONI ESTERNE
Paola Mondini relazioniesterne@quadriennalediroma.org + 39 327 0505900

UFFICIO STAMPA QUADRIENNALE D’ARTE 2020 PER L’ITALIA
Maria Bonmassar 
ufficiostampa@mariabonmassar.com 
+ 39 06 4825370
+ 39 335 490311

UFFICIO STAMPA QUADRIENNALE D’ARTE 2020 PER L’ESTERO
Pickles PR
Maria Cristina Giusti cristina@picklespr.com + 39 339 8090604
Zeynep Seyhun zeynep@picklespr.com + 39 349 00343597

venerdì 23 ottobre 2020

Il Cuscino è il Confessore, poesie di Giulia Parin Zecchin

Il Cuscino è il Confessore Photo@Laura Zarrelli, 2020


Traccia di metamorfosi, peregrinazioni, ascese e cadute dell’anima romantica e decadente che vive nel corpo di chi scrive. L’opera contiene scenari d’acqua e sangue, qualche miracolo, diversi misfatti, molte visioni di gamme di blu. 


La fine dell'esistenzialismo
è il tuo collo sanguinante.

Le tue vene - traboccando -
pulsavano come a dire:

"Finiscila di volgere il mento al cielo
e riempiti le labbra di vita".

Scoprii che il morso era la vera fame.

Giulia Parin Zecchin è nata a Castelfranco Veneto nel 1989. Per diversi anni ha abitato a Venezia e successivamente a Praga; attualmente vive nei boschi del trevigiano. Dal 2015 contribuisce alla scena musicale underground con lo pseudonimo di Julinko. Il Cuscino è il Confessore è la sua prima raccolta di poesie.


 
Il Cuscino + il Confessore sequenza photo@Laura Zarrelli 2020



Giulia Parin Zecchin http://julinko.com
Il cuscino è il confessore, EreticaEdizioni, 2020



Design! Oggetti, processi, esperienze

Brunetta, Inviti strani,1967


Apre al pubblico sabato 7 novembre a Parma, contemporaneamente in due sedi, l’Abbazia di Valserena e Palazzo Pigorini, la mostra Design! Oggetti, processi, esperienze a cura di Francesca Zanella, prodotta da CSAC - Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell’Università di Parma con il sostegno del Comune di Parma in occasione di Parma Capitale Italiana della Cultura 2020+21, e in collaborazione con GIA - Gruppo Imprese Artigiane Parma.

Gli archivi dello CSAC dell’Università di Parma custodiscono un immenso patrimonio di conoscenze sviluppate dalle generazioni di designer che hanno definito la cultura del progetto italiano nel Novecento. Tali conoscenze consentono di raccontare, attraverso una selezione di progetti emblematici, i temi centrali del design. La mostra, articolata in due sezioni, traccia un percorso in cui il designer – nelle sue tante vesti di bricoleur, artigiano, antropologo, filosofo, scienziato, tecnologo – riflette sui temi del progetto e della produzione, delle politiche di intervento sul territorio e sul patrimonio culturale, e sui differenti linguaggi e pratiche all’interno di una società multiculturale. 

La prima sezione mette in mostra, all’interno dell’Abbazia di Valserena, sede dell’Archivio-Museo CSAC, i progetti di designer italiani quali Archizoom Associati, Mario Bellini, Cini Boeri, Achille e Piergiacomo Castiglioni, Enzo Mari, Alessandro Mendini, Roberto Menghi, Bruno Munari, Alberto Rosselli, Roberto Sambonet, Ettore Sottsass jr.. L’esposizione si articola attraverso tre parole chiave: oggetto, dimensione funzionale e simbolica del progetto ma allo stesso tempo strumento di rappresentazione delle culture; processo, inteso come momento autoriflessivo di analisi e definizione del progetto negli ambiti dell’innovazione, dell’impegno sociale, delle emergenze e della prefigurazione del futuro, ma anche come interpretazione da parte del designer dei processi dell’industria o della produzione; esperienza, ovvero il design come disciplina orientata allo studio delle interazioni tra le persone e tra queste e gli oggetti o gli ambienti. 

La seconda sezione a Palazzo Pigorini, intitolata Corpi e processi, co-curata da Valentina Rossi, presenta, attraverso le stesse tre parole chiave, gli esiti della prima fase del progetto Storie di fili, condotto dallo CSAC in partenariato con il Sistema Museale dell’Università di Parma, Cooperativa Eidè, Fondazione Museo Glauco Lombardi e con il contributo della Fondazione Cariparma. Tre nuoviabiti sculturadell’artista Sissi, ideati attraverso un processo di confronto con il patrimonio dello CSAC (in particolare con i figurini di Cinzia Ruggeri, Kriziae Brunetta, presenti in mostra) e realizzati con le aziende del territorio Equipage Srl, Maglificio Nuova Ester e Parmamoda Srl, dialogheranno con i costumi della Sartoria Farani, anch’essi conservati allo CSAC, dando origine a una riflessione sul corpo, sull'abito e sul suo processo creativo e sartoriale. 




Design! Oggetti, processi, esperienze
7 novembre 2020 – 14 febbraio 2021

Abbazia di Valserena
Strada Viazza di Paradigna 1, Parma
7 novembre 2020 – 17 gennaio 2021
Palazzo Pigorini

Strada della Repubblica 29/a, Parma

Mostra a cura di Francesca Zanella

Prodotta da CSAC – Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell’Università di Parma
Con il sostegno di Comune di Parma

In collaborazione con
GIA - Gruppo Imprese Artigiane Parma
Equipage Srl
Maglificio Nuova Ester
Parmamoda Srl
Centro Studi Poltronova per il Design
Archivio Alessandro Mendini Milano
Muse Factory of Projects

In occasione di Parma Capitale Italiana della Cultura 2020+21

Il progetto Storie di fili è realizzato con il contributo di Fondazione Cariparma

In collaborazione con  Sistema Museale dell’Università di Parma
Equipage Srl
Maglificio Nuova Ester
Parmamoda Srl
Cooperativa Eidè
Fondazione Museo Glauco Lombardi

Orari
Mercoledì, giovedì e venerdì 15.00-19.00
Sabato e domenica 10.00-19.00

Ingresso
Abbazia di Valserena: 10 euro intero | 8 euro ridotto
Palazzo Pigorini: ingresso libero
Per tutte le riduzioni e informazioni aggiornate: csacparma.it/visita

Per informazioni e prenotazioni
info@csacparma.it|www.csacparma.it

Ufficio stampa CSAC
Irene Guzman
+39 349 1250956| press@csacparma.it

Lo CSAC dell’Università di Parma
Lo CSAC - Centro Studi e Archivio della Comunicazione inizia a raccogliere il suo primo nucleo di opere nel 1968 grazie ad Arturo Carlo Quintavalle, in occasione dell’esposizione dedicata a Concetto Pozzati organizzata dall’Istituto di Storia dell’Arte dell’Università di Parma. Situato oggi nell’Abbazia cistercense di Valserena, conserva materiali originali della comunicazione visiva, della ricerca artistica e progettuale italiana a partire dai primi decenni del XX secolo. Un patrimonio di oltre 12 milioni di pezzi suddivisi in cinque sezioni: Arte (oltre 1.700 dipinti, 300 sculture, 17.000 disegni), Fotografia (con oltre 300 fondi e più di 9 milioni di immagini), Media (7.000 bozzetti di manifesti, 2.000 manifesti cinematografici, 11.000 disegni di satira e fumetto e 3.000 disegni per illustrazione), Progetto (1.500.000 disegni, 800 maquette, 2000 oggetti e circa 70.000 pezzi tra figurini, disegni, schizzi, abiti e riviste di Moda) e Spettacolo (100 film originali, 4.000 video-tape e numerosi apparecchi cinematografici antichi).Lo CSAC oggi è uno spazio multifunzionale, dove si integrano un Archivio, un Museo e un Centro di Ricerca e Didattica. Una formula unica in Italia, che mantiene e potenzia le attività sino ad ora condotte di consulenza e collaborazione all’istruzione universitaria con seminari, workshop e tirocini, di organizzazione di mostre e pubblicazione dei rispettivi cataloghi (oltre 120 dal 1969 ad oggi), e di prestito e supporto ad esposizioni in altri musei tra cui la Triennale di Milano, il MAXXI di Roma, il MoMA di New York, il Centre Pompidou di Parigi, il Tokyo Design Center, il Design Museum di Londra, il Folkwang Museum di Essen e il Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofia di Madrid.

pubblica: 

giovedì 22 ottobre 2020

INSIEME


Dopo il duro periodo pandemico, per Gianni Politi - curatore della mostra “Insieme” - è diventato necessario esprimere la forza della città di Roma e del suo fermento culturale. Per questo, ha immaginato di “appropriarsi” delle Mura Aureliane, sulla porzione su via di Porta Labicana, per esporre dal 22 ottobre al 30 novembre le opere di 19 artisti, costruendo un dialogo tra monumento e contemporaneo.

Le Mura diventano mura, sono una perfetta metafora dell’atteggiamento necessario da assumere in tempi incerti e complessi come questi, dove gli artisti sono moralmente chiamati a parlare. Su queste Mura le opere raccontano il presente: compongono un’unica grande Opera, come un mosaico per Roma, Insieme.

In esposizione opere di: Maurizio Altieri, José Angelino, Micol Assaël, Elisabetta Benassi, Joanne Burke, Alessandro Cicoria, Stanislao Di Giugno, Rä di Martino, Giuseppe Gallo, Vostok Lake, Emiliano Maggi, Marta Mancini, Andrea Mauti, Nunzio, Lulù Nuti, Alessandro Piangiamore, Gianni Politi, Pietro Ruffo, Delfina Scarpa.

La mostra Insieme è un progetto espositivo ideato da Gianni Politi e realizzato con il sostegno di Ghella SpA, in collaborazione con Roma Capitale - Assessorato alla Crescita culturale e con la Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali. 


INSIEME
22/10/2020 - 30/11/2020
Mura Aureliane su via di Porta Labicana

Ingresso libero, per informazioni: bit.ly/MostraInsieme


mercoledì 21 ottobre 2020

<=/SPAC3

Christophe Constantin, Non-Finito, 2018




Spazio In Situ presenta: <=/SPAC3 _a cura di Porter Ducrist

Dal 24 ottobre al 7 novembre 2020

#1 inaugurazione: 24 Ottobre - 13:00/21:00
#2 inaugurazione: 31 Ottobre - 13:00/21:00

Artisti in Mostra
Sveva Angeletti, Alessandra Cecchini, Christophe Constantin, Francesca Cornacchini, Marco De Rosa, Federica Di Pietrantonio, Chiara Fantaccione , Rorberta Folliero, Andrea Frosolini, Guendalina Urbani

La digitalizzazione intensiva inserita nel sistema Arte impone grandi cambiamenti organizzativi e concettuali che modificano a fondo il dispositivo di esposizione. Fino a poco fa la tecnologia numerica era un appoggio, come una protesi che offriva una maggior visibilità di un oggetto concreto. Mese dopo mese, anno dopo anno, ha preso più importanza che mai ed è diventata la finalità stessa dell’opera, ossia una smaterializzazione dell’oggetto con un potenziale riproduttivo infinito, con un costo pari al nulla. Un tale processo annulla completamente l’Aura di un’opera, riducendo il confronto con lo spettatore alla mera rappresentazione dell’opera stessa. La digitalizzazione è riuscita ad imporre al sistema arte una perdita totale di legittimità, il tutto con il consenso dell’ambiente nella sua quasi totalità. Questa corsa sfrenata alla visibilità ha annichilito una caratteristica profonda del ruolo dell’artista, requisendogli il monopolio sulla produzione d’immagini, capovolgendo, anzi, la situazione in una forma di grande “copia/incolla” nella quale non si capisce più chi è l’originale e chi il falso. Il più grande problema è l’omogeneizzazione del discorso in questo “gran teatro di pazzi” che è diventata la vita contemporanea. L’opera dematerializzata è traslocata in un non-luogo, sommando un calco sul piano della raffigurazione del reale, come se l’arte dovesse illustrare la copia della copia di se stessa, essendo, quest’ultima, una rappresentazione del reale, una sorta di superamento ascendente della realtà. Un’azione che la distacca completamente da qualsiasi critica, essendo diventata essa stessa il risultato di una trascendenza semiologica; L’Arte È! Tale statuto la protegge tramite un auto-legittimazione, priva di dialogo e di confronto, priva anche di una possibile via di uscita. L’arte con la digitalizzazione ha perso la sua ragion d’essere, in un processo analogo a quello che ha interessato il mondo della pittura nell’ottocento, sopraffatta dalla fotografia. Diventa interessante vederne gli effetti, quello che rimane dopo aver rimosso ciò che era ancora tangibile nell’apparato di esposizione. <=/SPAC3 è quindi pensata nell’ottica di un capovolgimento dell’oggetto mostra, integrato al non-luogo che ha sostituito lo spazio espositivo; sottolineandone le caratteristiche come una lunga descrizione, la mostra racconta lo spazio nella sua immaterialità e, insieme, la sua concretezza semantica all’epoca della sua riproducibilità digitale. Sottraendo allo spazio lo statuto di veicolo di arte, è l’arte stessa che ne giustifica l’utilità. Un tale cambiamento di postura, ne rivela una totale illeggibilità del senso, rendendone astratta persino la sua definizione. È nella ricerca di un senso che il pubblico è invitato a spostarsi tra le opere. Queste dialogano tra di loro fluttuando nell’ambiente, immergendo lo spettatore in un grande limbo, alla ricerca ossessiva di un filo logico. Ma nella destrutturazione del discorso, le opere esistono da sole, obbligando il fruitore a navigare nell’incognito.
Porter Ducrist



ENG
The intensive digitization inserted in the Art system requires major organizational and conceptual changes that fundamentally modify the display device. Until recently, numerical technology was a support, like a prosthesis that offered greater visibility of a concrete object. Month after month, year after year, it has taken on more importance than ever and has become the very purpose of the work, that is, a dematerialization of the object with an infinite reproductive potential, with a cost equal to nothing. Such a process completely cancels the Aura of a work, reducing the confrontation with the viewer to the mere representation of the work itself. Digitization has managed to impose a total loss of legitimacy on the art system, all with the consent of the environment in its almost totality. This unbridled rush to visibility has annihilated a profound characteristic of the artist's role, requisitioning him the monopoly on the production of images, turning the situation upside down in a form of great "copy / paste" in which it is no longer understood who the artist is. 'original and who the fake. The biggest problem is the homogenization of discourse in this "great theater of madmen" that has become contemporary life. The dematerialized work is moved to a non-place, adding a cast on the level of the representation of the real, as if art were to illustrate the copy of the copy of itself, the latter being a representation of the real, a sort of ascending overcoming of reality. An action that completely detaches it from any criticism, having itself become the result of a semiological transcendence; Art IS! This statute protects it through a self-legitimation, without dialogue and confrontation, also without a possible way out. With digitization, art has lost its raison d'etre, in a process similar to the one that affected the world of painting in the nineteenth century, overwhelmed by photography. It becomes interesting to see the effects, what remains after removing what was still tangible in the display apparatus. <= / SPAC3 is therefore conceived from the perspective of an overturning of the exhibition object, integrated with the non-place that has replaced the exhibition space; Underlining its characteristics like a long description, the exhibition tells the space in its immateriality and, at the same time, its semantic concreteness at the time of its digital reproducibility. By subtracting the status of vehicle of art from space, it is art itself that justifies its usefulness. Such a change of posture reveals a total illegibility of its meaning, making even its definition abstract. It is in the search for meaning that the public is invited to move between the works. These interact with each other floating in the environment, plunging the viewer into a great limbo, obsessively searching for a logical thread. But in the deconstruction of the discourse, the works exist by themselves, forcing the viewer to navigate the unknown.
Porter Ducrist




+plus

Denis Roueche // INSIDE THE FRAME_winner 

DENIS ROUECHE

INSIDE THE FRAME_winner
sabato 24.10 e 31.10 dalle 13:00 alle 21:00 / durante l'inaugurazione di <=/SPAC3 by Spazio In Situ

In case of emergency
Beak glass
Of course !
But how ?
The hammer is behind the glass. If I understand correctly, you have to sacrifice my hand for my life.
Do I also have to sacrifice my money to buy a piece of art ?
The game is worth the candle, I guess.
The screenprint reveals simple, geometric and minimal shapes. A black horizontal line and a longer beige vertical line touch to form a cross.
Is it sacred in this Roman city ?
This combination seems abstract. However, the evocation of a hammer becomes more and more obvious, to become a figurative representation of it.
The installation of this object in a frame and behind a window easily recalls the emergency hammers that are found in most public transport. A box that preserves something precious, by its value or by its function, or simply
so as not to be touched or stolen.
But how can I expect this hammer ?
Do I have to sacrifice my hand again ?
Or should I buy a hammer screen print to free the exposed one ?


<=/SPAC3 _a cura di Porter Ducrist

Dal 24 ottobre al 7 novembre 2020

#1 inaugurazione: 24 Ottobre - 13:00/21:00
#2 inaugurazione: 31 Ottobre - 13:00/21:00

Artisti in Mostra
Sveva Angeletti, Alessandra Cecchini, Christophe Constantin, Francesca Cornacchini, Marco De Rosa, Federica Di Pietrantonio, Chiara Fantaccione , Rorberta Folliero, Andrea Frosolini, Guendalina Urbani

- per mantenere le norme di sicurezza consigliamo ai visitatori di contattarci per organizzare al meglio gli orari e non creare assembramenti.

La mostra sarà visitabile ogni giorno <su appuntamento> dalle 10:00 alle 18:00, fino al 7 Novembre 2020
<insitu.roma@gmail.com - IG: @spazioinsitu FB: @insituroma>








IN HORA AMORIS - Performance di Samantha Stella

 


Se il più puro sogno d’amore fosse vero,
Allora, amore, dovremmo essere in paradiso,
Invece è solo la terra, mio caro,
Dove il vero amore non ci è concesso.
L’Amore finito (Dead Love), Elizabeth Eleanor Siddal

Venerdì 12 febbraio 2021 i Musei Civici di Imola in collaborazione con l’Associazione Il Pomo DaDamo Contemporary Art di Imola presentano nella casa museo di Palazzo Tozzoni la performance site specific In Hora Amoris dell’artista Samantha Stella.

Si tratta di un progetto performativo creato appositamente per palazzo Tozzoni, l’antica casa museo ricca di storie, memorie e suggestioni che hanno ispirato la performer Samantha Stella. L’artista è stata colpita dalla storia d’amore tra la contessa Orsola, l’eterna presenza del palazzo, e Giorgio Barbato Tozzoni e la rivede alla luce di un altro grande amore, quello tra il poeta e pittore preraffaellita Dante Gabriel Rossetti e la sua musa Elisabeth Eleanor Siddal.

Amore e morte segnano la vita tormentata di Orsola e di Elizabeth, l’Ofelia del celebre dipinto conservato alla Tate Gallery di Londra. Due donne vissute a trent’anni di distanza nel XIX secolo, due storie d’amore e odio con il proprio marito ambientate rispettivamente a Imola e a Londra, due vite segnate dalla prematura morte dei loro figli e dal dolore fisico e mentale che ne logora il corpo e il pensiero sino alla loro stessa morte che le coglie ancora giovani, e lo smisurato e malato amore dei loro coniugi in un desiderio di eternità. Sono le struggenti poesie scritte da Elizabeth a tessere la suggestione sonora di In Hora Amoris, parole che, attraverso la voce della performer Samantha Stella, bianca presenza nelle stanze che furono di Orsola e Giorgio Barbato, daranno corpo al destino drammatico e romantico delle due donne.

Samantha Stella indossa un abito della maison Romeo Gigli. Le musiche sono state composte da Matt Bordin e Nicola Manzan.

Dal 18 febbraio al 2 aprile 2021, presso Palazzo Tozzoni negli orari di apertura del museo, sarà visibile l’opera video In Hora Amoris realizzata dall’artista ed acquisita nelle collezioni permanenti del museo.

Orsola è una giovane donna faentina congiunta a nozze nel 1819 con il conte Giorgio Barbato Tozzoni. Dopo il dolore per la perdita dei due figli, uno ancora in grembo, uno a soli due anni di vita, e una lenta depressione che la consuma, dettata anche da un rapporto di amore e odio nei confronti del marito ritenuto responsabile della perdita prematura del primo figlio, trova la morte nel 1836 a 39 anni. Alla morte di lei, il conte ordina la creazione di un manichino con sembianze a grandezza naturale del corpo della moglie cui fa tagliare i capelli prima di far chiudere la bara, ricavandone una parrucca che viene riposta sul volto in stucco. La “bambola”, ad oggi in mostra nel palazzo dopo un sapiente restauro, accompagna la vita del conte, che la porta con sé nelle varie stanze dell’appartamento, e continua a parlarle come se nulla fosse accaduto, sino alla sua stessa morte.

Elizabeth è la splendida musa della Confraternita dei Preraffaelliti, movimento artistico sviluppatosi nella Londra dell’epoca Vittoriana, conosciuta in tutto il mondo per essere la modella del dipinto Ophelia(1852) di John Everett Millais, nonché di numerosi dipinti del marito Dante Gabriel Rossetti. La giovane donna si ammala gravemente dopo aver perso i sensi mentre posa per il dipinto di Millais all’interno di una vasca ricolma di acqua gelida, fatalità che la accosta al destino riservato all’Ofelia dell’Amleto shakespeariano. Segnata da un tormentato rapporto con in marito, che la avvia alla pratica del disegno, della pittura e della poesia, il suo gracile corpo si consuma con una lunga depressione, peggiorata dall’aver partorito una bambina morta. Alla sua morte, avvenuta nel 1862 a 32 anni in seguito all’assunzione di una forte dose di laudano, il marito fa seppellire insieme al corpo anche i suoi poemi d’amore dedicati a lei. Sette anni più tardi fa riaprire la tomba per recuperare il manoscritto e pubblicarlo insieme alle poesie composte dalla stessa Elizabeth, per consumarsi in una vita di malattia e tentati suicidi impazzito per la perdita della sua compagna. Si narra che quando la tomba fu riaperta, i rossi capelli di lei fossero cresciuti a dismisura.

Samantha Stella ha presentato le sue performances in numerosi spazi tra i quali l’Istituto Italiano di Cultura di Los Angeles, il Museo Madre a Napoli, la Basilica Santa Maria Maggiore a Bergamo, il Duomo di Molfetta, l’Auditorium Parco della Musica di Roma, il Castello Aragonese di Taranto, l’Ace Museum a Los Angeles, e NonostanteMarras a Milano. L’artista, che ha debuttato in contesti internazionali, è anche fotografa, filmmaker, set & costume designer, nonché musicista, cantante e autrice in collaborazione con il songwriter Nero Kane.



Modalità di visita
La fruizione della performance sarà possibile ad un numero limitato di spettatori nel rispetto delle attuali norme di sicurezza sanitaria. 
Ingresso gratuito con prenotazione al +39 0542 602609 dal lunedì al venerdì ore 9-13 o inviando una mail a musei@comune.imola.bo.itscrivendo nome e numero di telefono per ricevere conferma.
Palazzo Tozzoni - Via Garibaldi 18 Imola www.museiciviciimola.it

IN HORA AMORIS - Performance di Samantha Stella
Venerdi 12 febbraio 2021 – ore 17.30 con replica alle ore 19.30

Palazzo Tozzoni
Imola, via Garibaldi 18 – viale Rivalta 93

pubblica: 

lunedì 19 ottobre 2020

LIMEN - Una terra chiamata Orizzonte

Ana Opalic, Home, 2010-2013, fotografia, 60X40 cm


Sabato 24 ottobrealle ore 18 si inaugura, negli spazi del Conventino di Monteciccardo, LIMEN - Una terra chiamata orizzonte. La mostra rappresenta il terzo appuntamento del Festival internazionale Sponde ed è promossa dall’Associazione Anima Femina con il contributo della Regione Marche, il patrocinio del Comune di Pesaro e il sostegno dell’Assessorato alla Cultura e all’Ambiente del Comune di Pesaro. 

Sponde nasce da un’idea dell’Associazione AnimaFemina e trae origine dal continuo dialogo artistico tra le due coste dell’Adriatico. È un progetto biennale (2019-2020) tra Italia e Balcani: è proprio qui che scorre la grande storia del Novecento e da qui il secolo nuovo riparte per ridefinire l’Europa (le nuove rotte della migrazione). L’arte e i luoghi ne raccontano la nostra residenza sulla Terra. Ecco la scelta di aprirsi alla lentezza, alla poesia, ai piccoli borghi e ai luoghi dell’anima di questa provincia: il Castello di Mombaroccio, il Conventino di Monteciccardo, la Fonte dei poeti di Sant’Angelo in Lizzola, il Teatro di San Costanzo e tanti altri. Tra gli autori scelti, tutti di livello internazionale: Franca Mancinelli, Gëzim Hajdari, Giulia Bellucci, Davide Nota, Natasha Sardzoska, Aleš Šteger e Massimo Zamboni.

LIMEN - Una terra chiamata orizzonte, a cura di Milena Becci, si lega alle tematiche del Festival dipanandosi tra fotografia e poesia, attivando uno stretto legame con la penisola balcanica. Quattro gli artisti in mostra – Maŝa Bajc, Alessandro Giampaoli, Ana Opaliće Luca Piovaccari– le cui opere entreranno in relazione con quattro componimenti poetici di Davide Nota, Stefano Sanchini, Natasha Sardzoskae Aleš Šteger. Le due arti permettono l’incontro tra due orizzonti, l’uno visto dal litorale marchigiano e l’altro scorto dai Balcani, per unire due terre. LIMEN è confine ma anche dimora, non è limite ma accoglienza. I quattro fotografi presenteranno lavori estremamente diversi tra loro, per tecniche e concezione, sottolineando le possibilità della demarcazione nel divenire ospitalità in un periodo storico che necessita di chi dà rilievo a questa tematica. Lo spazio è simbolico, annullato, interiore nella sofferenza o naturale. Tutto fa convergere l’io nell’altro senza divisioni. 

Maŝa Bajc registra, a prima vista, soggetti e paesaggi facilmente identificabili, quali i boschi incendiati della serie After Silence, presente in mostra, che divengono simbolo di un’esperienza sensoriale che va al di là dell’ordinarietà dell’ambientazione. Le sue immagini collegano il mondo esteriore a quello interiore, come essa stessa dichiara, in cui si sintonizza per presentare momenti che conducono alla consapevolezza su come ci relazioniamo con il mondo che ci circonda.

Alessandro Giampaoli presenta, all’interno della sala del Conventino che lo ospita, l’unica installazione site-specificdella mostra. Realizzata appositamente per LIMEN, porta con sé forti simbologie che si collegano all’idea di limite tra umano e divino, a come l’uno converga nell’altro e viceversa, e al concetto di accoglienza. La fotografia è anch’essa naturale protagonista e, oltre all’installazione, saranno presenti due lavori della serie del 2010 Deiwoin cui la luce, abbagliante, unifica la totalità dello spazio, cancellando quasi completamente la percezione della corporeità e dei confini.

La serie Homedi Ana Opalić rappresenta la sezione più intimista della mostra. Interni domestici, oggetti logori e apparentemente insignificanti, diventano simbolo del destino di qualcuno. Viaggiando per la Croazia e raccogliendo video testimonianze, tra il 2010 e il 2013, per un progetto avviato da Documenta Zagabria, è entrata in contatto diretto con le tragiche storie di chi ha vissuto la guerra. Queste persone le hanno aperto le porte delle loro case che, da spazio sicuro e luogo di appartenenza, son divenute luoghi di sofferenza e spesso morte.

Paesaggi sloveni, strade e centri abitati, sono invece i soggetti principali delle opere di Luca Piovaccari, dalla recente serie dal titolo Oltre, a est. Scatti realizzati tra Lubiana e Zagabria e presentati al pubblico con la consueta tecnica utilizzata dall’artista, la fotografia su pellicole sovrapposte, svelano un’atmosfera che trasforma il margine in centralità. Gli acetati trasparenti esaltano un ambiente in bianco e nero che non gli appartiene, non è sua dimora, ma che lo ha accolto e che vuole esaltare scovandone gli angoli più bui. 

Le opere dei quattro artisti si scorgeranno accompagnate dall’audio delle letture delle poesie di Davide Nota, Stefano Sanchini, Natasha Sardzoskae Aleš Štegernelle due lingue, in un binomio che accompagna soavemente lo spettatore nelle bellissime sale del Conventino, un vero e proprio luogo dell’anima.

In occasione del finissageè prevista la presentazione del catalogorealizzato da NFC edizioni. 
La mostra sarà visitabile, gratuitamente, dal giovedì alladomenica, ore 16 - 20. 
Per info e prenotazioni: animafeminassociazione@gmail.com / 333 3438122 / 388 4236456.


BIOGRAFIE ARTISTI

Maša Bajc
Maša Bajc è nata a Čakovec, Croatia nel 1980. Si è laureata alla Facoltà di Economia e Business di Zagabria. Nel 2010 si è aggiudicata il Master in Belle Arti, per il percorso Imaging Arts dell’Istituto di Tecnologia Rochester, NY. Lavora come fotografa freelanceed è insegnante di fotografia, tenendo diversi workshope collaborando con altri artisti. Ha esposto in mostre internazionali in solo e in gruppo, tra cui Primo Festival Internazionale di Arti Visive - ARTERIA, Museo Lapidarium, Cittanova; REFEST, Immagini e Parole sulle nuove rotte dei rifugiati, esponendo in Festival in Italia, Spagna, Croazia, Bosnia. And There Was Evening, And There Was Morning, UML Gallery, Università del Massachussets in Lowell; Un-common realities, Associazione Croata degli Artisti a Zagabria; After silence, Mala galerija, a Poreč; Maša’s Imaginarium, Galerija Makina, a Pola; Different worlds - Young Contemporary Photography From Western Balkans, Centro Fotografico per l’Arte Contemporanea a Ljubljana; Bronx Calling: The Second AIM Biennial, Bronx Museum, New York e Superposition, Centro d’Arte Contemporanea di Seattle. Nel 2010 ha ottenuto il Riconoscimento per la Fotogarfia a Parigi, Primo premio per la categoria Family Portrait. Mostre in solo: 2020 AK galerija, Koprivnica, Nature of Things; 2020 Galerija Spot, Zagabria, Nature of Things; 2017 Centar za kulturu Čakovec, Un-common realities; 2011 Riley Photography Gallery, Università di Notre Dame, Indiana, US. Scapes.

Alessandro Giampaoli
La ricerca di Alessandro Giampaoli (Pesaro, 1972) è un’avventura mistico-simbolica che esplora la Natura e la natura umana. Il disegno e la pittura caratterizzano la prima fase della sua formazione artistica. Diplomatosi all’Accademia di Belle Arti di Urbino, si perfeziona in fotografia all’Istituto Europeo di Design di Milano. Attraverso fotografia, video e installazione Giampaoli crea situazioni immersive con una struttura narrativa spesso dialogica. La tradizione figurativa del passato viene vivificata nella rappresentazione essenziale di simboli e archetipi, pilastri di un'architettura visiva unitaria e onnicomprensiva, multiculturale ed inclusiva. Le sue opere vivono di una costante tensione verso l’assoluto. Il lavoro di Giampaoli ha avuto riconoscimenti internazionali in importanti contest come Prix de la Photographie Paris(2009), Black and White Spider Awards(2009, 2010), London International Creative Competition(2013) e dal 2000 è stato esposto in mostre e fiere d'arte in Italia e all’estero: si ricordano Photo ltd Torino(2009), KunstArt Bolzano(2010), Lucca Digital Photo Fest(2010), Madrid Foto(2011), Shanghai Contemporary Art Fair(2011), Photo Vernissage St. Petersburg(2011), 54ª Esposizione Internazionale d’Arte - La Biennale di Venezia(2011), L'impénétrable simplicité de ce qui est (Paris, 2015-2016), Punctum (Roma, 2017), Symbolum(Genga, 2018). Nel 2014 vince la 64ª edizione della Rassegna Internazionale D'Arte/Premio "G.B. Salvi" di Sassoferrato. Nel 2017 la sua opera La Stagione del Silenzioviene utilizzata per l’immagine della 13ª edizione di TEATROLTRE, la rassegna di teatro sperimentale dell’AMAT (Associazione Marchigiana Attività Teatrali). Nel 2020 torna ad includere disegno e pittura nei suoi progetti artistici.

Ana Opalić
Ana Opalić è nata a Dubrovnik nel 1972. Nel 1997 si è laureata all'Accademia di Arte Drammatica di Zagabria in Tv e Cinematografia. I suoi lavoro riguardano fotografia, video e film documentari. Partecipa a mostre in solo fin dal 1991. Nel 2003 ha rappresentato la Croazia alla Biennale di Venezia (con Boris Cvjetanovic). Nel 2009 ha vinto il secondo Premio alla mostra in concorso T-HTnagrade@msu.hr. Nel 2016 ha vinto il terzo premio con l'artista co-autrice Vesna Markovic alla mostra in concorso T-HTnagrade@mu.hr. È stata regista e direttore della fotografia di due film documentari: Once more(Ana Opalic e Noah Pintaric, 2014) e The Cure, 2018, prima visione ai Film festival Zagabria Dox e Lipsia Dok. Ha pubblicato due libri di fotografie: Brsalje, 2017, e Home, 2018, e un progetto comune con l'architetto David Kabalin, il libro The Dubrovnik Caravan Route, 2019. Vive e lavora a Zagabria. 

Luca Piovaccari
Luca Piovaccari (Cesena, 1965) fotografo. Ha esposto in mostre collettive e personali: 8 artisti, 8 critici, 8 stanze, curata da D. Auregli e P. Weiermair, Galleria d’Arte Moderna, Villa delle Rose, Bologna 2001; XIV Quadriennale d’ Arte ANTEPRIMA, Palazzo della Promotrice, Torino 2005; 55° Premio Michetti, Francavilla al Mare 2005. 54° Esposizione d’arte di Venezia, Padiglione Regionale dell’Emilia Romagna, Chiostri di San Pietro, Reggio Emilia 2011; Close – UP– il primo piano sulla pittura Italianaa cura di G. Marziani, Palazzo Collicola, Spoleto 2015. Casabianca – Disseminazioni, progetto di G. Gianuizzi, Casabianca, Zola Predosa, Bologna; Fragilitas mortalis, centenario dalla morte di Renato Serra, a cura di M. Zattini 2015. Il progetto è stato ospitato nel 2016 alla Maison de l’Union Européenne in Lussemburgo; Five years, galleria Montoro 12, Roma; Ascolta il tuo respiro, MAC, Lissone, personale a cura di A. Zanchetta 2018; Ixion Esposizione, MAC, Lissone, nuove acquisizioni del Museo; Fragile levità, personale in Slovenia, durante il Festival Art Stays; Terza edizione della Biennale del Disegno, Rimini, a cura di M. Pulini; ViePeriferiche, Corte Zavattini, Cesena, a cura di R. Bertozzi; Assonances, curata da G. Sarti, Alliance Française, Bologna. Personali: Rivoluzioni, Palazzo Ducale di Massa, con la presentazione di A. Zanchetta 2017; La stagione del disincanto, a cura di G. Papi, Far, Palazzo del Podestà di Rimini 2017; Nulla che non sia ovunque, a cura di M. Becci, Tomav, Torre di Moresco 2019; Variazioni sulla natura, a cura di F. Bertoni, Museo Civico Giuseppe Ugonia, Brisighella; Selvatico, Atlante dei margini…a cura di M. Fabbri, Cotignola. 

BIOGRAFIE POETI
Davide Nota
Davide Nota è nato nel 1981 a Cassano d’Adda (in provincia di Milano). È cresciuto ad Ascoli Piceno, ha studiato a Perugia e ha vissuto a Roma per alcuni anni. Nel 2015 si è trasferito a Macerata. Ha pubblicato i libri di poesia Battesimo(LietoColle, 2005), Il non potere(Zona, 2007) e La rimozione(Sigismundus, 2011). Nel 2019, Luca Sossella Editore ha pubblicato il suo primo romanzo Lilith. Un mosaico.

Stefano Sanchini
Stefano Sanchini (1976) è stato uno dei redattori delle rivista di letteratura << La Gru >>, 2005-2012, prendendo parte al progetto Calpestare l’oblio, 2008-2010. Ha pubblicato i libri di poesia: Interrail, Fara, 2007; Via del Carnocchio, Thauma, 2010; Corrispondenze ai margini dell’Occidente, Effigie, 2011 un poema dialogico con Loris Ferri e Nota al testo di Roberto Roversi. La casa del filo di paglia, Sigismundus, 2013; Il villaggio, Sigismundus, 2016. Le sue poesie sono apparse in riviste e antologie, tra cui L’arcano fascino dell’amore tradito, tributo a Dario Bellezza, Perrone, 2006; Mario Giacomelli Giacomo Leopardi, L’Infinito, A Silvia, Silvana Editoriale, 2019.

Natasha Sardzoska
Natasha Sardzoska (Skopje, 1979) è poetessa, scrittrice, antropologa, traduttrice poliglotta e saggista macedone, ha vissuto e creato a Parigi, Brussels, Milano, Stoccarda, Barcellona e Lisbona. Si è dottorata in antropologia all’Università degli Studi di Bergamo, alla Karls Eberhard Universität a Tübingen, alla Sorbonne Nouvelle Paris 3. Ha insegnato alla Schiller International University a Heidelberg. Attualmente lavora come ricercatrice presso il Centro di Studi Avanzati di Fiume. Dirige l’edizione di poesia della rivista canadese Borders in Globalizatione collabora con la Radio Capodistria. Si occupa di traduzioni letterarie dall’italiano, dal portoghese, dallo spagnolo, dal francese e dal catalano. È l’unica traduttrice in lingua macedone di molti scrittori, tra cui Pasolini e Saramago. Ha collaborato con l’Ambasciata italiana a Skopje organizzando la serata Il vino è la poesia della terrae con l’Ambasciata francese e l’Istituto francese a Skopje organizzando le serate poetiche La soirée aux jardinse Les rivages de l’exil. Scrive le sue poesie in lingua italiana, francese e inglese e si auto-traduce. Pubblica poesie (La camera azzurra(1999), Pelle(2013), Lui mi ha tirata con corda invisibile(2014), Acqua vivente(2017), Osso sacro(2019)), collane, saggi e racconti. Ha pubblicato raccolte di poesie negli Stati Uniti, nel Kosovo e in Italia. La sua poesia Marionettaè stata pubblicata nell’Antologia internazionale in spagnolo e in inglese contro l’abuso di minori. La sua poesia è tradotta in molte lingue e pubblicata in diverse antologie e riviste internazionali. È stata selezionata come finalista per il Premio a Napoli della Casa Editrice Guida di Napoli e ha ricevuto la Menzione speciale di merito dal Premio Internazionale di Poesia Don Liegro. I suoi readingssono dei recitalsdi interpretazione vocale, musicale, teatrale e danza. Con le sue performancesi è esibita al Palazzo Ducale al Festival Parole Spalancatea Genova, al Teatro arabo-giudeo, al Festival Sha’ara Tel Aviv, nell’Accademia delle Belle Arti al Poesiefestivala Berlino, nella Galleria d’arte moderna al Festival Ars Poeticaa Bratislava, nella Galleria d’arte nazionale al ModoarsFestival a Skopje, nella Biblioteca nazionale della città di Sofia, nel Centro Culturale Città Vecchia a Belgrado e nel Museo Revoltella a Trieste.

Aleš Šteger
Aleš Šteger (1973) è un poeta, scrittore, editore e critico letterario sloveno. Appartiene alla generazione di scrittori che ha iniziato a pubblicare dopo lo scioglimento della Jugoslavia. La sua prima raccolta di poesie Šahovnice ur(1995) è andata esaurita in sole tre settimane dopo la pubblicazione. I suoi libri sono stati tradotti in 16 lingue e le sue poesie sono apparse in riviste e giornali internazionali quali The New Yorker, Die Zeit, Neue Zürcher Zeitung, TLSe molti altri. Tra i vari riconoscimenti, la sua traduzione in inglese di Knjiga reči(The Book of Things, BOA Editions, 2010) ha vinto dei premi (BTBA e AATSEL). Ha ricevuto il riconoscimento di Cavaliere dell’ordine delle Arti e delle Letteredallo Stato Francese. È un membro dell’Accademia delle Arti di Berlino. Dal 1995 al 2004 e dal 2008 ad oggi, è stato l’ideatore e direttore del festival internazionale di poesia Days of Poetry and Wine. Nel 1998 ha vinto il Premio Veronikaper il suo libro di poesie Kašmire nel 2008 il Premio Rožanc, il riconoscimento più importante per saggi scritti in sloveno, con l’opera Berlin.




Titolo: LIMEN - Una terra chiamata orizzonte
Artisti: Maŝa Bajc, Alessandro Giampaoli, Ana Opalić e Luca Piovaccari
Poeti: Davide Nota, Stefano Sanchini, Natasha Sardzoska e Aleš Šteger
A cura di: Milena Becci
Inaugurazione: sabato 24 ottobre, ore 18
Durata: 24 ottobre / 22 novembre 2020
Luogo: Conventino di Monteciccardo (PU)
Promossa da: AnimaFemina
In collaborazione con: Regione Marche, Assessorato all’Ambiente del Comune di Pesaro, Assessorato alla Cultura del Comune di Pesaro
Patrocinio: Comune di Pesaro
Sponsor tecnico:
Azienda Agricola Biologica “Conventino Monteciccardo”Info e contatti: animafeminassociazione@gmail.com / 333 3438122 / 388 4236456