giovedì 31 maggio 2018

Davies Zambotti. Scomodi Dialoghi


La Fusion Art Gallery - Inaudita presenta la mostra Scomodi Dialoghi di Davies Zambotti, regista/fotografa che ha lavorato in molti set cinematografici, tra cui "Sorelle Mai" di Marco Bellocchio, "I Galantuomini" di Edoardo Winspeare, "The International" di Tomy Tykwer. La mostra è un'installazione fotografica e video nella quale l’oscuro dibattito tra la corsa del tempo e la frenesia atarassica della stasi innescano un’epopea notturna dove le dimensioni s’incrociano creando paesaggi polivalenti e alieni.

La mostra rientra nell'ambito della prima edizione di Fo.To. Fotografi a Torino, che si svolge dal 3 maggio al 29 luglio 2018 ed è promossa e realizzata dal MEF - Museo Ettore Ficoin collaborazione con le realtà aderenti all'iniziativa, la kermesse è stata ideata dal direttore del MEF, Andrea Busto.

Fusion/Inaudita è parte dei circuiti NEsxT – Indepentent Art Festival,COLLAe di ContemporaryArt Torino e Piemonte.


L’intrigo dello spostamento lineare
di Barbara Fragogna


"Io baso tutte le mie decisioni sull'intuizione. Io tiro un dardo nell'oscurità. Quella è intuizione. Poi devo mandare un esercito nell'oscurità per cercare il dardo. Quello è intelletto." – Ingmar Bergman

L’oscuro dibattito tra la corsa del tempo e la frenesia atarassica della stasi innescano un’epopea notturna dove le dimensioni s’incrociano creando paesaggi polivalenti e alieni. Il tempo è una distanza tra il passato e il futuro, una massa. Il tempo è la sintesi del momento presente, lo scatto, il frame, lo still. Anche quando la pellicola corre (perché le fotografie, i progetti di Davies Zambotti sono cinema) tutto è fermo sospeso ma in moto, l’immobile saetta sul tapis roulant, lo schermo totem, l’ologramma 3D dell’illusione 2D, la caduta nel pozzo nero che, precipitando, rimpicciolisce (slow motion) l’oggetto centrale (sempre biancastro) fino al click, la vibrazione che è l’imprescindibile sostanza della materia. Non siamo mai fermi, neanche quando siamo immobili, la mente elabora, il sangue scorre, l’infinitesimamente piccolo ribolle e scalpita. Il lavoro di Davies è così. L’apparentemente minimale che sotto la lente è ornato guazzabuglio. Si sente il rumore. Si vede il “rumore” come una cellula al microscopio, come la macro di una cartolina d’epoca.

Scomodi dialoghi si svolgono tra Sé e Sé. Due identità distinte dello stesso individuo, due momenti, un confronto anacronistico, un tentativo fallimentare che si risolve nonostante tutto. Un viaggio proteso in avanti che cerca soluzioni circolari dentro e fuori, che evolve per svolgersi in due passaggi, prima e dopo, avanti e indietro, spazio e distanza, meta e bersaglio, nostalgia asfissiante, ricordi ricostruiti dalle macerie dell’esperienza e dell’esasperazione, tragedia dell’entropia. Il ricordo è imperfetto, falso ma onesto. Comunque.

Luce propria nel buio. Lume che ad ogni passo spegne e accende, spegne e accende. Dice e tace. “Quanto dista l’alba?”, l’orizzonte è un parametro, una necessità intellettuale che giustifica un giudizio. Il sole non sorge. La gravità s’impone. Le leggi naturali sono troppo semplici per le necessità dell’Ego che desidera piuttosto onnipotenza e miseria. Che grida miseria. Che reclama onnipotenza. L’incedere brucia le tappe della percezione e la ragione viene meno davanti alle mille possibilità comandate dall’esigenza sociale. La ragione, tutto sommato, è esistenziale.

Quelle cremose e sgargianti scie, quelle meravigliose strisciate di campi che si sovrappongono e permeano sono gli strati sedimentari del pensiero vigile, sono le storie di tutte le vite che compongono il paesaggio sovrapponendosi, sono il passaggio/portale verso un riflesso più chiaro del paradosso privato. Le bulbose e raggianti entità sospese nel nero sono mostri degli abissi, navicelle aliene, chimere mitiche, divinità recondite, fulcri di opportunità manifeste, conclamazioni di dignità nell’essere, grumi di magma energetico, poli d’attrazione sensoriale e critica, dichiarazioni di presenza concreta. Navigo e volo, corro e scivolo. Interpretazioni di “fondo”.

I dialoghi scomodamente c’interrogano sul senso dell’impostazione di default.

Davies ci offre delle possibilità, degli spunti di vista, calibra il navigatore sul “vai-dove-vuoi-ma-seguimi” e nel buio ci lascia immaginare l’unica e temporaneamente assoluta, sua personale verità.

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Davies Zambotti (Torino, 1980)
E’ una Regista/Fotografa che ha lavorato in molti set cinematografici, tra cui "Sorelle Mai" di Marco Bellocchio, "I Galantuomini" di Edoardo Winspeare, "The International" di Tomy Tykwer.
Attraverso i suoi lavori personali, ricerca e analizza l impossibilità della certezza umana, utilizzando il video e la fotografia come un microscopio, una lente con cui poter osservare le ombre fra gli interstizi del quotidiano. Dopo il Liceo Artistico ha studiato Pittura presso l'accademia "Albertina" di Torino, Regia e Produzione Audio/Video a Milano e partecipato ad unaMasterclass tenuta da Marco Bellocchio. Vive e lavora tra Torino, Milano e Venezia.


Selezionata da Malamegi Lab arts laboratoryper la mostra a cura di SvevaManfredi Zavagliaallo Spazio MATER- Loft Gallery , Roma Selected for CIVILIZATION EDITORS' PICK Life Framer | LINK. Official Selection for HopeFilmAwards . Semifinalista Cortosplash IV edizioneCondensa, collettiva @ Fusion Art Gallery, Torino a cura di Barbara Fragogna . Partecipazione ad Legami-Vincoli Familiari Palazzetto Widmann, Padova . Pubblicazione nel volume ii "Il corpo solitario. L'autoscatto nella fotografia contemporanea" di Giorgio Bonomi . Semi-finalist @ LosAngeles CineFest . Partecipazione ad OUT of PLACE in Berlin. Partecipazione a mostra collettiva “Il Salottino Irrilevante” , Fusion Art Gallery Torino . “INTERSTIZI” Mostra Personale, cccTo EX BIRRIFICIO METZGER, Torino. “THE BIG SHOW” cccTo EX BIRRIFICIO METZGER, Torino. Partecipazione mostra collettiva “Nuovi Yorkers” NOoSPHERE Arts, New York City . Partecipazione mostra collettiva “Planete Amoureuse", spazio Oxygen Milano. Partecipazione mostra collettiva “Planete Amoureuse” spazio Pomezia 1-Milano. Partecipazione alla mostra collettiva “Nuove Impressioni 09”. TP



Mostra
Titolo: Scomodi Dialoghi
Artisti: Davies Zambotti
Luogo: Piazza Peyron, 9g, 10143 Torino
A cura di: Barbara Fragogna
Inaugurazione: sabato 9 giugno 2018 ore 19
Orari di apertura: dal giovedì al sabato, dalle 16 alle 19.30 e su appuntamento
Info:+39 3493644287 | www.fusionartgallery.net| info.fusionartgallery@gmail.com

mercoledì 30 maggio 2018

Bottega d'arte Lacast, nuovo progetto culturale a Casamassima (Ba)




Nuova sede per la "Bottega d'arte Lacast",
innovativo progetto culturale a Casamassima (Ba)

S'inaugura venerdì 1° giugno alle 19 in via Sammichele 87/89 a Casamassima, la nuova sede della "Bottega d'arte Lacast", uno spazio di circa 100 mq2che si propone, non solo come galleria con esposizioni permanenti di opere, ma anche come scuola di pittura per giovani talenti e laboratorio artistico. La bottega, fondata nel 2013 da Laura Castellano- pittrice autodidatta pugliese che, con il suo eclettico estro creativo, riproduce su tela paesaggi, ritratti, still life, figurativi e non solo - si trasferisce in una location multifunzionale completamente rinnovatadove anche semplici appassionati dilettanti potranno cimentarsi nella pittura e in tutte quelle forme d'arte che esprimono creatività e ricerca della bellezza in opere uniche e irripetibili. Concepito come “project space”, la "Bottega d'arte Lacast" sarà un luogo dove artisti nuovi e affermati potranno nutrire la propria arte, crescere ed emergere, e dove fruitori, pittori e aspiranti tali potranno esporre e ammirare le proprie e le creazioni completate da altri colleghi, e apprendere e partecipare alle diverse fasi di progettazione e realizzazione del quadro stesso. Aiuole decorative e funzionali faranno da cornice all'area aperta della bottega e saranno fonte di ispirazione per coloro che vorranno dedicarsi alla pittura en plein air. 
Per l'occasione saranno esposte alcune opere della linea "Metropolis" dell'artista Laura Castellano, che ha voluto rappresentare il tema della città metropolitana con la sua vitalità e ricchezza di luci e colori, dove "infiniti" grattacieli si innalzano nel cielo fino a dissolversi nell'atmosfera; e "iCastell", la nuova collezione classico-contemporanea di dipinti a quattro mani nata dalla collaborazione tra Castellano e Fabio Castellaneta- Maestro di origine milanese e trapiantato in Puglia, che curerà, con la fondatrice della bottega, i corsi per dilettanti e professionisti di pittura -. Ispirate dal tema dell'amore, le opere de "iCastell" raffigurano dettagli di statue greco-romane - da sempre simbolo di eterna bellezza e armonia - reinterpretate in chiave moderna. Le diverse tonalità del grigio sono riscaldate da delicate nuances di lilla, ocra e ciano. Energiche pennellate e il dripping bianco e nero, creano un vortice che spezza le linee dei corpi scultorei per avvolgerli in una spirale di movimento, forza, passione e fragilità.
«È un’iniziativa sfidante - dichiara Laura Castellano, artista e fondatrice della "Bottega d'Arte Lacast" - in un settore, quello culturale, che in Puglia stenta ancora a diventare elemento predominante dello sviluppo locale. Questo spazio intende essere non solo laboratorio e galleria per far emergere gli artisti locali, ma anche fucina di innumerevoli altri progetti culturali, tra i quali la realizzazione di mostre d'arte internazionali a Casamassima.»

Ingresso gratuito venerdì 1° giugno dalle ore 19 alle 23 per l'inaugurazione della nuova sede della "Bottega d'arte Lacast".


Laura Castellano nasce ad Acquaviva delle fonti nel 1975. Comincia a disegnare e dipingere ad olio sin dall'età di 7 anni, mostrando un naturale talento per il disegno e la pittura. Predilige inizialmente il realismo e l'iperrealismo o fotorealismo, riproducendo perfettamente su tela la realtà scattata in una fotografia, ma raggiunta la perfezione assoluta, nasce in lei l'esigenza di sperimentare sempre soggetti nuovi e di andare oltre la mera perfezione stilistica ed esecutiva. Da qui, la scelta di enfatizzare le imperfezioni per trasmettere emozioni e lasciare spazio alla creatività e all'immaginazione di colui che contempla i suoi dipinti, con la sua recente collezione "Metropolis". Le opere di questa collezione rivendicano la voglia di modernità, di aprirsi al mondo intero e alle grandi città metropolitane, la voglia di sentirsi parte di una realtà non solo locale, l'aspirazione di fare un'arte apprezzata e vista a livello mondo. Ed è proprio la Città Metropolitana, il soggetto che ricorre in "Metropolis" dando la possibilità all'osservatore di catapultarsi in una atmosfera di fermento e di luci, lì dove l'incontro di tante menti che coesistono a stretto contatto, creano connessioni uniche in grado di superare l'intelligenza umana con l'intelligenza collettiva. L'osservatore si ritrova, quindi, tra i vari piani sovrapposti che lo portano ad entrare con lo sguardo e l'immaginazione tra i tanti grattacieli maestosi, enfatizzati da lunghe linee verticali, non sempre definite, che si stagliano nel cielo fino a svanire nell'atmosfera che li avvolge. La sua formazione artistica inizia come autodidatta e prosegue frequentando diverse botteghe d'arte consentendole di accrescere la sua sensibilità artistica insieme al suo talento. Acquisisce le competenze tecniche durante gli studi di disegno tecnico e prospettico presso la facoltà di ingegneria edile al Politecnico di Bari, a seguito della maturità scientifica. Realizza numerose esposizioni personali e collettive, e partecipa a diversi concorsi di pittura internazionali e spesso estemporanei, ottenendo primi premi e riconoscimenti di rilievo. Le sue opere arricchiscono diverse collezioni pubbliche e private in Italia, come Roma e Milano, e all’estero, come in Gran Bretagna (Londra) e Stati Uniti (New York e Baltimora). 



Ufficio stampa: Giusy Loglisci - Email: pressword4@gmail.com- Cell: +39.334.2588877
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martedì 29 maggio 2018

Massimo Luccioli e Nuria Torres. Dualismo convergente


“… tacevano entrambi e prendendosi sotto braccio arrivarono, non senza qualche fatica, fino alla cima del monte che sovrastava l’eremo. Ora entrambi sembravano appagati. Avevano capito che l’universo della vita e del pensiero va oltre i limiti strutturali o soggettivi delle persone. L’arte non si racchiude nella mia arte.”

Juan Carlos García Alía, Piccola storia di un incontro magico

Mercoledì 6 giugno 2018, alle ore 19.00, la Galleria Honos Artpresenta “Dualismo convergente”, la nuova doppia personale degli artisti Massimo Lucciolie Nuria Torres, a cura di Juan Carlos García Alía.

Honos Art conferma il tradizionale appuntamento annuale con il mondo della scultura ceramica contemporanea mettendo a confronto due artisti, così come nell’edizione precedente, provenienti da percorsi culturali e generazioni differenti. Nella dialettica generata da tale raffronto, pur mantenendo ognuno la propria autonomia stilistica, prendono vita alcune opere realizzate a quattro mani dove ciascun artista si apre all’altro mantenendo nel contempo i propri connnotati linguistici. Questo è certamente uno dei punti più salienti della mostra dove tutte le opere sono state create e concepite per questa sede romana.

La dialettica viene generata tra la visione prevalentemente concettuale di Massimo Luccioli e quella per lo più figurativa di Nuria Torres. Il primo accetta, per la prima volta nella sua amplia carriera, che la sua allocuzione artistica prenda sembianze quasi umane (Tarahumara I, II, III). La seconda inserisce volentieri il discorso della narrazione vitale ed ironica nelle proprie creazioni (La siesta). Luccioli e Torres testimoniano questa apertura intellettuale verso l’altro con due significative opere: Linae Il Bacio, dove ognuno è se stesso ma non più come prima.

Massimo Luccioli(Tarquinia, 1952), diplomato in pittura all’Accademia di Belle Arti di Roma si avvicina al mondo della scultura collaborando con Giovanni Calandrini. Spinto dalla necessità di acquisire nuove modalità espressive, sperimenta diversi linguaggi artistici attraverso il disegno, la pittura, la grafica, la scultura in terracotta, bronzo e ceramica. Tra le mostre più significative come scultore vanno segnalate l’installazione “Studiolo di San Girolamo” (San Salvatore in Lauro, Roma 2010), la mostra “Spazio tempo dell’Evocazione” (Avigliano Umbro 2011), la partecipazione nella Biennale di Ceramica Contemporanea (Frascati 2012), “Vaselle d’autore” (Museo Arte Ceramica Contemporanea, Torgiano 2014) e “Scultura ceramica contemporanea in Italia” presso la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma (2015).

Nuria Torres(Barcellona, 1976) è una artista spagnola che dopo una laurea in ingegneria si innamora della scultura e si specializza nella Scuola di Arti e Mestieri La Llonja. La sua tecnica, affinata negli anni, le permette di realizzare pezzi in marmo e porcellana con un chiaro marchio personale che mescola l’influenza della scultura classica ad un’estetica ludica e simbolica più contemporanea. Lungo il suo significativo percorso ha ricevuto la Menzione d’Onore nel Premio Bellas Artes Sant Jordi Paises Catalanes (2015) ed oggi le sue opere sono presenti in numerose collezioni pubbliche tra le quali: Gyeonggi Ceramic Museum (Gwangju, Corea del Sud); Museu de Aveiro (Portogallo); Ariana Museum (Ginevra, Svizzera) e Museu d’art contemporani Vicente Aguilera Cerni (Spagna).

Massimo Luccioli e Nuria Torres. Dualismo convergente
a cura di Juan Carlos García Alía
dal 6 giugno al 20 luglio 2018

Via dei Delfini 35 00186 Roma

Tel. 0631058440 | info@honosart.com 
orari Martedì-Sabato dalle 11.00 alle 19.30

BIENNALE ARCHITETTURA 2018 FREESPACE



Sarà aperta al pubblico da sabato 26 maggio a domenica 25 novembre 2018, ai Giardini e all’Arsenale, la 16. Mostra Internazionale di Architettura dal titolo FREESPACE, a cura di Yvonne Farrell e Shelley McNamara, organizzata dalla Biennale di Venezia presieduta da Paolo Baratta. 

«Con l'obiettivo di promuovere il "desiderio" di architettura» il Presidente Baratta ha spiegato che questa edizione diretta da Yvonne Farrell e Shelley McNamara pone al centro dell'attenzione la questione dello spazio, della qualità dello spazio, dello spazio libero e gratuito. Con grande chiarezza si indica il parametro di riferimento fondamentale.
«La volontà di creare FREESPACE può risultare in modo specifico come caratteristica propria di singoli progetti.
Ma Space, free space, public space possono anche rivelare la presenza o l'assenza in genere dell’architettura, se intendiamo come architettura il pensiero applicato allo spazio nel quale viviamo e abitiamo.
E la Mostra ci darà esempi, insegnamenti e motivi di discussione. E noi siamo grati a Farrell e McNamara per avere accettato il nostro invito e per la loro coraggiosa scelta che arricchisce con un anello importante la catena delle Mostre tenute in questi anni.»

Yvonne Farrell e Shelley McNamara hanno utilizzato il Manifesto FREESPACE, diffuso a giugno del 2017, come punto di riferimento per la realizzazione della Mostra. «Si è dimostrato uno strumento solido» hanno dichiarato. «Ci è servito come misura e come guida per trovare una coesione nella complessità di una Mostra di enormi dimensioni.»

La Mostra FREESPACE si articolerà tra il Padiglione Centrale ai Giardini e l’Arsenale, includendo 71 partecipanti.

Ai 71 partecipanti saranno affiancati quelli raccolti in due sezioni speciali: la prima, nel numero di 16 partecipanti, si intitola Close Encounter, meetings with remarkable projects e presenterà lavori che nascono da una riflessione su progetti noti del passato; la seconda, nel numero di 13 partecipanti, dal titolo The Practice of Teaching, raccoglierà lavori sviluppati nell’ambito dell’insegnamento.

A proposito di queste sezioni le Curatrici hanno spiegato di aver scoperto «invenzione e creatività alla micro e alla macro scala: edifici storici rigenerati dall'intelligenza degli architetti; edifici dimenticati rivisitati e riportati alla vita; tipologie trasformative dell'abitare; necessità infrastrutturali tradotte in strutture pubbliche e civiche.» Inoltre, «una componente essenziale per assicurare la continuità della tradizione in architettura è la pratica dell'insegnamento. Molti dei professionisti invitati sono attivi nel campo della didattica. Il mondo del fare e del costruire si fonde con il mondo dell'immaginazione che viene così valorizzato in Mostra.»

«Apprezziamo enormemente l’impegno e la passione dei partecipanti» hanno dichiarato le Curatrici. Ed infine, per quanto riguarda il significato della parola FREESPACE, le Curatrici si sono dette «felicissime dell'impegno globale degli architetti invitati e dei Paesi partecipanti al suo processo di traduzione. Quando abbiamo scritto il Manifesto, volevamo che contenesse soprattutto la parola spazio. Volevamo scovare anche nuovi modi di utilizzare le parole di ogni giorno, che potessero in qualche modo portarci tutti a ripensare il contributo aggiuntivo che noi, come professionisti, possiamo fornire all'umanità. Per noi l'architettura è la traduzione di necessità – nel significato più ampio della parola – in spazio significativo. Nel tentativo di tradurre FREESPACE in uno dei tanti splendidi linguaggi del mondo, speriamo che possa dischiudere il 'dono' che l'invenzione architettonica ha la potenzialità di elargire con ogni progetto. La traduzione ci permette di mappare e di rinominare il territorio intellettuale e quello vero. La nostra speranza è che la parola FREESPACEci permetta di sondare le aspirazioni, le ambizioni e la generosità dell'architettura. »


lunedì 28 maggio 2018

BEYOND THE BOOK

opera di Giovanni Fava



Comunemente, quando parliamo di libro d'artista tendiamo a pensare a un libro illustrato, nel quale l'intervento dell'artista avviene direttamente sulle pagine bianche che divengono supporto dell'opera, come una tela o una qualunque superficie. Tuttavia, il mondo del libro d'artista è molto più complesso e aperto a infinite possibilità, che molto spesso abbracciano più pratiche legate non solo al disegno e alla pittura, ma anche alla scultura e all'installazione. Il libro in quel caso diviene oggetto-volume, cancella la sua vecchia identità e la sua funzione per reinventarne di nuove.


Con Beyond the Book, la LM Gallery Arte Contemporanea presenta un progetto corale che vede la partecipazione di molteplici artisti: Alfredo Pirri, Enzo Cucchi, Mimmo Paladino, Giuseppe Caccavale, David Tremlett, Giovanni Fava, Ivano Troisi, Antonello Viola, Raffaele Cioffi, Gemis Luciani, Ak2deru, Angelo Tozzi e Luca Grechi. Il leitmotiv è l'indagine su diversi modus operandi di questi artisti, che nel tempo si sono cimentati con questo tema in maniere totalmente personali e molto differenti tra loro. Dalla più tradizionale concezione di libro come supporto, in cui ogni pagina è una piccola, preziosa opera d'arte, alla manipolazione di libri esistenti, maneggiati e plasmati come materiale grezzo da scolpire, la galleria vuole tracciare un itinerario attraverso la sperimentazione di questo tema, di cui già i grandi maestri del Novecento hanno regalato esempi straordinari, e che ancora oggi continua a essere una sfida alla creatività dell'artista.

In mostra saranno presenti lavori in cui del libro quasi non resta traccia. Le forme sono state accartocciate, ripiegate, trattate in modo da omettere immagini e parole che esso conteneva. Queste opere ci pongono davanti a delle domande, spingono la nostra curiosità a chiederci cosa sia raccontato in quei fogli ormai stropicciati, incollati, impossibili da consultare. In altre opere invece è l'artista stesso a creare ex novo il libro: la copertina e le pagine si possono ora sfogliare, osservando trame e segni grafici che costruiscono immagini intime e raffinate.

In mostra, infine, anche un omaggio al libro d'artista: una scultura lignea che raffigura fedelmente un libro aperto dalle pagine bianche, quasi a rappresentare quell'attimo che precede la creazione, in cui la superficie è ancora aperta a un universo di possibilità.

INFO:
Beyond the book
inaugurazione: venerdì 25 maggio, ore 18.30
fino al 29 giugno

presso
via Vincenzo Monti 8, Latina
info@lmgallery.it
3334056596
3349110163

Lucia Rotundo. Germinazioni



In corso alla galleria d’arte contemporanea SPAZIOSEI di Monopoli (BA) la mostra personale dell’artista Lucia Rotundo / “Germinazioni”, promossa ed organizzata dalla direzione artistica della galleria e patrocinata dall’Amministrazione Comunale di Monopoli, nell’ambito della programmazione culturale per la stagione artistica 2017/2018.

La mostra personale dell’artista è curata dal critico e storico dell’arte Maria Vinella, docente all’Accademia di Belle Arti di Bari. 

L’artista presenta una significativa selezione di opere scultoree (altorilievi, bassorilievi e in-stallazioni) della sua recente ricerca, che invadono lo spazio della galleria e lo modificano in un ambiente plasmato dalla bianca luce, luce naturale e artificiale che definisce una svariata serie di ombre, riverberi, riflessi e rifrazioni, e svela intrecci fortemente empatici tra la materia e l’immaterialità.

Scrive, Maria Vinella, nella presentazione in catalogo, «… Lucia Rotundo, sperimenta immaginari chimerici dove un’anomala figurazione è investita da particolari attenzioni estetiche».
«…Le installazioni scultoree di Lucia Rotundo celano la volontà di mistica immersione nel flusso della vita. Evocando con leggerezza “il respiro della terra”, esse coniugano forme naturalistiche e nitide geometrie. Se nel reperto naturalistico l’artista cerca le pulsazioni dell’energia germinativa, le strutture della crescita, la forza della transitorietà, la tensione dinamica, nelle superfici e nei volumi scultorei persegue la ricerca del luogo utopico e perfetto -il luogo dell’arte ‒ dove il pensiero può ritrovarsi.»
«…Qui l’opera non cerca risposte definitive, e l’arte vale come esperienza ma anche come relazione, perché non si allontana dalla vita ma ci è vicina sempre. E dove lo spazio, come il tempo, è quello essenziale della visione interiore.»
«…il lavoro di Lucia Rotundo è scandito da un ritmo quasi metafisico. Esso è corpo sensibile da proteggere, corpo provvisorio eppure stabile, disponibile a mille possibilità e a mille soluzioni, sempre sul punto di diventare altro o di dissolversi e svanire. Solitarie, silenziose, le opere appaiono completamente appartenenti ad uno spazio vero eppure impossibile. Per interpretarlo è indispensabile entrare in punta di piedi nel luogo dell’opera, dove la materia è indistintamente lontana dalla sequenzialità cronologica di un prima e di un dopo, dove la vita -non solo quella vissuta ma anche quella pensata o desiderata – si dilata infinita occupando tutti gli interstizi di ogni possibile narrazione.»
«…in tutti gli interventi scultorei ritroviamo alcuni elementi che hanno già avuto una loro vita e che sono carichi della propria aura di vissuto. Non solo. Rendendo visibile il risvolto interiore delle cose, lo spazio fisico dell’opera è assunto come campo d’esperienza totale. Pur sensuali nella presentazione calda della vita che è passata lasciando tracce visibili, le opere appaiono celate nel bianco della pittura e nella lucentezza dell’oro. In un rimando continuo di re-interpretazioni immobilizzano la memoria e occupano il tempo del presente colmo di un passato scomparso. Così queste Germinazioni di Lucia Rotundo solidificano il respiro della vita».
L’intervento artistico, il dialogo intrapreso negli spazi della Galleria Spaziosei, si trasforma in un itinerario cognitivo scandito da forme purificate, frammenti preziosi, lucori inaspettati. Per l’occasione è stato realizzato un significativo catalogo per l’Edizioni Favia di Bari, contente il testo critico della curatrice, apparato iconografico e nota bio-bibliografica sull’artista.

La mostra resterà aperta sino al 9 giugno 2018



Lucia Rotundo ha compiuto studi artistici che ha completato all’Accademia di Belle Arti. È docente di Disegnoall’Accademia di Belle Arti. Opera nel campo della ricerca e della sperimentazione visiva con il linguaggio della scultura e dell’installazione ambientale. La sua ricerca si pone, nell’ambito artistico contemporaneo, con il segno delle proprie origini, dove materia e spirito, uso appropriato di elementi naturali e di nuove tecnologie si fondono tra spiritualità e processo con una pratica essenziale iconica-aniconica che sottende rigore e concettualità. È stata invitata a rassegne nazionali ed internazionali. Ha esposto in mostre personali, collettive e di gruppo, tra le più recenti segnaliamo:  La Iglesias de los Angeles, Serrone della Villa Reale, Monza (MI); Small Art VII^.Rassegna Nazionale del piccolo formato, Galleria ADSUM Arte Contemporanea, Terlizzi (Ba); Lumina - La luce dell’arte, collezione permanente d’arte contemporanea, Hospice “Casa di Betania”, Tricase (LE); Lucia Rotundo/Frammenti di una storia, Museo Civico Mons. Domenico Mambrini ex convento dei Padri Minori Conventuali, Galeata (F.C.); Olio d’artista, Pinacoteca e Museo del Fuoco, Novoli (LE);Segni di luce, rassegna di Arte Sacra Contemporanea, nell’ambito della terza edizione del “Natale nell’ Isola...”, MuDi - Museo Diocesano di Arte Sacra, Taranto;Shekinah. Giubileo straordinario degli artisti, Complesso Monumentale del San Giovanni, Catanzaro; Mater dei. Da Mistero rivelato a maternità come essenza,Palazzo Leonesio, Puegnano del Garda, Brescia;Contaminazioni Identitarie, Circuiti Dinamici, Milano;Artedonna IX, Galleria “Spaziosei”, Monopoli (BA);Iside e la Wunderkammer della fertilità,Palazzo “Vernazza”, Lecce;Premio Internazionale Limen Arte 2015 VII ed., sez. “Maestri di Calabria”, Complesso “Valentianum”, Vibo Valentia (CZ);The light of my life, Istituto statale“Galileo Galilei”, Bitonto (BA);Avanguardia.Olio per il futuro, “Palazzo delle Stelline”, Expo, Milano;Abitare la natura, personale, Museo Civico, Taverna (CZ), Mater Terra, Museo del Presente, Rende (CS); Memoria, Identità, Futuro, Chiesa Sant’Andrea degli Armeni, Taranto; Ibridi & Simili, Biblioteca Provinciale, Salerno; Premio “Carlo Levi”,Museo Archeologico, Eboli (SA);Stone, Masseria Torre di Nebbia, Corato (BA); Acqua, Museo MUST, Lecce.



Galleria SPAZIOSEI
Via Sant'anna, 6 (70043)Monopoli (Bari)
Italia +39 080802903 - 3396162515
spazioseimonopoli@gmail.com
Orario: (lunedì chiuso)
da martedì a sabato ore 17.30 - 20.30




Francesca Romana Pinzari. Ouroboros



Fino al 9 giugno alla galleria Riccardo Costantini Contemporary in mostra Ouroboros, personale di Francesca Romana Pinzari. Tale mostra è conseguenza dello Special Prize Arteam Cup 2016 che prevedeva una mostra presso la sede della galleria torinese. L’artista romana nata a Perth (Australia) nel 1976, alla sua prima personale a Torino, ha realizzato un progetto site-specific in cui opere della sua produzione più recente saranno affiancate a lavori inediti realizzati appositamente per la mostra. La Pinzari ha da sempre un approccio al lavoro di stampo performativo e la sua ricerca parte dal corpo per parlare d’identità fisica, culturale, politica e religiosa. Partendo da una indagine su se stessa e sulle proprie esperienze l’artista realizza opere che sono intimi ritratti, lavori che raccontano concetti universalmente noti in cui gli spettatori possono immedesimarsi. Nella tradizione alchemica l’Ouroboros è un simbolo palingenetico (dal greco πάλιν, palin, “di nuovo” e γένεσις, génesis, “creazione, nascita”, ovvero “che nasce di nuovo”) che rappresenta il processo alchemico, il ciclico susseguirsi di distillazioni e condensazioni necessarie a purificare e portare a perfezione la “Materia Prima”. Proprio da natura e alchimia nasce il nuovo ciclo di opere della Pinzari che in mostra presenterà una grande e suggestiva installazione di corde e cristalli di solfato di rame, che penderanno dal soffitto. In esposizione anche alcuni lavori realizzati con capelli di vari donatori con i quali l’artista ha creato mandala racchiusi in teche di plexiglas trasparenti; infine parte importante della mostra saranno due lavori della serie “Chimere” in cui sculture leggerissime ma imponenti come esoscheletri di creature dalle sembianze “mostruose”, sono installate in sospensione, fluttuando al minimo spostamento d’aria proiettando ombre fluide sulle pareti.
Francesca Romana Pinzari

Selezione di mostre personali:
2017: SuperNatural, Gilda Contemporary Art, Milano a cura di Cristina Gilda Artese
2016: Memorie Apocrife, Mondrian Suite Roma a cura di Lori Adragna
2015: Passione Residuale, Int 14 AIAC associazione Italiana di Architettura e Critica, a cura di Francesco Paolo Del Re
2014: Cavalli, Gallery Zak, Siena a cura di Gaia Pasi
2013: Soul Preservation, Sponge living space, Pergola (PU) a cura di Francesco Paolo del Re
2009: I ain’t superstitiuos installazione e performance , Arte Moderna e Contemporanea dell’Associazione Dimore Storiche Italiane, LeTorri di Bagnara (Perugia) a cura di Luce Monachesi
2008: M+F la complementarietà degli opposti Gallery 091 Artsinergy, Palermo a cura di Gianluca Marziani Invisibile/Indelebile Gallery 196, Rome, a cura di Micol Di Veroli
2006: Paper Boundaries, a The Sydney Artworld Gallery, Sydney a cura di Paula Lowndes
2005: Paper Boundaries, a Gadfly Gallery, Perth, a cura di Joy Legge

Selezione di mostre collettive:
2017: Transition od Energy al Kotka Museum e al Kokkola contemporary art Museum in Finlandia a cura di Lorella Scacco
2016 : Transition of Energy Kajaani Art Museum, Finlandia a cura di Lorella Scacco
2015: #nuovicodici #aroomofherown Biennale di Soncino a Marco, Palazzo Stanga Trecco, Cremona a cura di Milena Becci e Valeria Carnevali
Transition of Energy Kunsthalle Bratislava, a cura di Lorella Scacco Performance Night Galeria Miejska Museum BWA Bydgoszcz, Polonia
2014: Among Us, Olive Tjaden Gallery, Cornell University, Ithaca New York a cura di Shara Wasserman Privata, Travelling show Mole Vanvitelliana di Ancona, Art Hotel Sorrento, Archivio di Stato Cosenza, a cura di Federica Mariani
2013: IN Natura, Zack Gallery, Siena a cura di Gaia Pasi, XXX Fuorifestival, Pesaro a cura di Stefano Verri Nonostante Tutto, a cura di Raffaele Gavarro, Galleria + Oltredimore, Bologna Sing Sweet Songs of Conviction travelling show at MC Gallery, New York, White spider Mexico City a cura di Karen Huber, Shau Fenster Gallery, Berlin a cura di: Perennial Art, Label 201, Rome a cura di Laura Barreca, Core@Nolias gallery, London a cura di Enrico Centoze Selezioni aeffettive, studio Angeletti, Rome, a cura di Peter Benson Miller
2012: Stipendy artist, project room 24h all’interno della mostra show RE-Kollekt at Bethanien Museum, Berlin a cura di Jan Kage Catarifrangenze, a cura di Achille Bonito Oliva e LUISS master of art at La Pelanda, MACRO Testaccio Museum, Rome Portonaccio artisti in condominio, a cura di Achille Bonito Oliva, ex magazzini di Portonaccio, Rome
2011: Yes Foundation, performance session a cura di Cecilia Freschini, Olanda Voci dalla Periferia, Museo delle Mura, Rome, a cura di Costantino D’Orazio Open studios at the SVA residency program, Chelsea, New York a cura di Keren Moscovich Short Video Show a cura di Cecilia Freschini, Space A gallery, Kathmandu – Nepal Via Arimondi, a cura di Shara Wasserman, Temple Gallery Rome
2010: ADD Festival, Video art Festival at Palazzo Incontro, Roma a cura di Giorgia Terrinoni Celeste prize, finalist a Catania, Brodbeck Foundation, a cura di Gabi Scardi e Giulia Draganovich Expectations, The No Longer Empty @ The Invisible Dog Gallery , New York, a cura di Manon Slome SPAZIO MONITOR Festarte, MACRO Future, La Pelanda.


via Giolitti, 51 - Torino - Piemonte
fino al 09 giugno 2018

Francesca Romana Pinzari. Ouroborus

Info:
Tel. +39 011 8141099
Orari: da martedì a venerdì ore 11.00 – 19.30. Lunedì e domenica chiuso

domenica 27 maggio 2018

Alberto Zamboni. VISTA MARE


Il terzo evento previsto nel calendario delle mostre della galleria Orizzonti Arte Contemporanea di Ostuni per questo inizio estate è affidato all'artista bolognese Alberto Zamboni con la sua mostra "Vista Mare".
Un omaggio ed un atto d'amore verso quel mondo sommerso che per noi umani risulta da sempre più remoto ed irraggiungibile; Zamboni, andando oltre le sue origini, imprime sulle sue tele il fascino di quei profondi abissi custodi di misteri mai svelati lasciati correre al vento nel ritorno di una eco appena udita da lontano.
Ecco come lo stesso artista descrive la mostra:
C'è un mondo immaginario da scoprire e svelare, la luce coglie e avvolge particolari che emergono e appaiono come visioni, sogni. Nella serie intitolata Deep-vista mare, si indagano pittoricamente fondali marini dove emergono meduse, pesci e forme non identificate. Sono sovrapposizioni di colori, che conferiscono un tono astratto omogeneo alla tela inizialmente grezza, che viene appoggiata parzialmente a un supporto, per dare maggiormente un'idea di leggerezza. Il tutto diviene testimonianza del passaggio dell'acqua marina, come sindone antica, come fossile di un mare remoto, tele imbevute e fatte asciugare al sole e al vento del mare.
Alberto Zamboni è nato nel 1971 a Bologna dove si è diplomato presso l'accademia di belle arti con una tesi sui viaggi di Magellano, realizzando una serie di tele immaginarie ispirate al diario di bordo di Antonio Pigafetta. Collabora con diverse gallerie d'arte in Italia e all'estero, ha inoltre realizzato diverse illustrazioni per libri e manifesti.

VISTA MARE
MOSTRA PERSONALE di ALBERTO ZAMBONI
a cura di Gabriella Damiani
INAUGURAZIONE IN GALLERIA VENERDI' 1 GIUGNO 2018 ore 19,00
Dal 1 al 15 giugno 2018

Piazzetta Cattedrale (centro storico)
72017 Ostuni (Br)
Tel. 0831.335373 – Cell. 348.8032506
info@orizzontiarte.it
F: Orizzontiartecontemporanea

Communication Manager
info@amaliadilanno.com


mercoledì 23 maggio 2018

Carlo Garzia. Per prossimità


Le immagini di Carlo Garzia nella sua personale al Museo Nuova Era dal titolo Per prossimità, rappresentano una parte essenziale di un progetto più ampio dedicato allo spazio dell’abitare, inteso non come status o dimensione della cura e dell’arredo, ma piuttosto connesso al costruire e al pensarlo poeticamente, secondo il famoso verso di Hörderlin: 'Pieno di merito ma poeticamente abita l’uomo sulla terra'.

In questa mostra, l’autore articola alcune forme possibili di testualità visiva che rendano conto di un habitat in atto attraverso varie declinazioni dello spazio fisico.

Gli ingressi, i varchi, i muri e finestre, i bunker, i cubicola del riposo e del piacere, le camere dei motel, rocce e teloni sono soltanto alcune verifiche di questa mappatura che dovrà essere organizzata poi in una scomposta e asimmetrica struttura a raggiera. Il rapporto di prossimità, perciò, non è tanto adesione o complicità con l’abitare stanziale, quanto il tentativo di avvicinarsi e allontanarsi continuamente dai limiti e dai confini segnati del già visto e del già costruito. Ma in uno spazio già saturo di simulacri dove sarà possibile praticare la poiesis?.


Carlo Garzia è nato a Bari nel 1944. Laureato in Lingua e Letteratura Francese, è stato docente di Francese presso il Liceo Orazio Flacco di Bari. Sin dagli anni '70, ha maturato un interesse per la fotografia, sia come autore che come operatore culturale, fondando la galleria Spazio-Immagine, la prima in Puglia ad occuparsi dei nuovi linguaggi che maturavano in Italia, soprattutto in relazione alla rappresentazione del paesaggio e lo spazio “La Corte, Fotografia e Ricerca”, nel Castello Svevo di Bari.

Ha tenuto incontri, seminari, workshop e mostre personali in varie città italiane, alcune di queste fondamentali per definire l’Identità della nuova fotografia italiana: 'L’insistenza dello sguardo, fotografia italiana 1839-1989”, Venezia, 1989; Atlante 007, MAXXI Roma, 2007; Vice versa, a cura di D. Pietromarchi Biennale di Venezia, Padiglione Italia, 2013 e TerrAntica, a cura di Roberta Valtorta, Fornici del Colosseo, Roma 2015.


Carlo Garzia | 'Per prossimità'
Opening 26 maggio, ore 19.00 |
Fino al 30 giugno 2018.

Strada dei Gesuiti 13, 70122 Bari.
Orari di apertura
Martedì - Sabato ore 17.00 / 20.00

martedì 22 maggio 2018

L'ALTRO SGUARDO. FOTOGRAFE ITALIANE 1965-2018

© Anna Di Prospero |  Anna Di Prospero, Central Park #2, 2015

La mostra propone una selezione di oltre duecento fotografie e libri fotografici provenienti dalla Collezione Donata Pizzi, costituita con lo scopo di promuovere la conoscenza delle più originali interpreti nel panorama fotografico italiano dalla metà degli anni Sessanta a oggi. 

La collezione – unica nel suo genere in Italia – è composta da opere fotografiche realizzate da circa settanta autrici appartenenti a generazioni ed ambiti espressivi diversi: dai lavori pionieristici di Paola Agosti, Letizia Battaglia, Lisetta Carmi, Elisabetta Catalano, Carla Cerati, Paola Mattioli, Marialba Russo, sino alle ultime sperimentazioni condotte tra gli anni Novanta e il 2018 da Marina Ballo Charmet, Silvia Camporesi, Monica Carocci, Gea Casolaro, Paola Di Bello, Luisa Lambri, Raffaella Mariniello, Marzia Migliora, Moira Ricci, Alessandra Spranzi e numerose altre.
La collezione di Donata Pizzi è stata presentata per la prima volta alla Triennale di Milano nel 2016 nell’ambito di un progetto nato in collaborazione con Mufoco – Museo di Fotografia Contemporanea di Milano-Cinisello Balsamo e viene ora proposta al Palazzo delle Esposizioni arricchita delle nuove acquisizioni.

In Italia l’ingresso massiccio di fotografe, fotoreporter e artiste nel circuito culturale risale agli anni Sessanta: in questo momento l'accesso delle donne al sistema dell’arte e del fotogiornalismo – ambiti rimasti a lungo appannaggio quasi esclusivo di presenze maschili – è favorita dai repentini cambiamenti socio-politici e dalle nuove istanze sollevate dal femminismo. Grazie anche alle conquiste di quella generazione oggi fotografe e artiste hanno acquisito posizioni di primo piano nella scena italiana e internazionale: il loro lavoro è presente in musei, gallerie, festival, riviste e pubblicazioni specializzate, nel nostro Paese e all'estero. Nonostante la decisa inversione di rotta, la disparità di genere è a tutt’oggi un problema esistente e la storia di molte fotografe è ancora da riscoprire e valorizzare. La consapevolezza di questa carenza nella cultura fotografica italiana, il riconoscimento della disattenzione delle istituzioni, del collezionismo e della critica hanno spinto Donata Pizzi a dare inizio alla raccolta esposta oggi al Palazzo delle Esposizioni di Roma e presentata nell'ottobre del 2016 alla Triennale di Milano. Le opere della collezione testimoniano momenti significativi della storia della fotografia italiana dell'ultimo cinquantennio: da esse affiorano i mutamenti concettuali, estetici e tecnologici che la hanno caratterizzata. La centralità del corpo e delle sue trasformazioni, la necessità di dare voce a esperienze personali e al vissuto quotidiano e familiare, il rapporto tra la memoria privata e quella collettiva sono i temi nevralgici che emergono dalla mostra e legano tra loro immagini appartenenti a vari decenni e generi, dalle foto di reportage a quelle più spiccatamente sperimentali.

L'esposizione si articola in quattro sezioni, dedicate, rispettivamente, alla fotografia di reportage e di denuncia sociale (Dentro le storie); ai rapporti tra immagine fotografica e pensiero femminista (Cosa ne pensi tu del femminismo?); ai temi legati all’identità e alla rappresentazione delle relazioni affettive (Identità e relazione); e, infine, alle ricerche contemporanee basate sull’esplorazione delle potenzialità espressive del mezzo (Vedere oltre).

In mostra verrà proposto inoltre il documentario PARLANDO CON VOI, con interviste a molte delle fotografe in mostra, tratto dal libro omonimo di Giovanna Chiti e Lucia Covi (Danilo Montanari Editore), prodotto su idea di Giovanni Gastel da AFIP International – Associazione Fotografi Professionisti e Metamorphosi Editrice.

FOTOGRAFE:
Paola Agosti, Martina Bacigalupo, Isabella Balena, Marina Ballo Charmet, Liliana Barchiesi, Letizia Battaglia, Betty Bee, Tomaso Binga (Bianca Menna), Giovanna Borgese, Giulia Caira, Marcella Campagnano, Silvia Camporesi, Monica Carocci, Lisetta Carmi, Gea Casolaro, Elisabetta Catalano, Carla Cerati, Augusta Conchiglia, Daniela Comani, Marilisa Cosello, Paola De Pietri, Agnese De Donato, Paola Di Bello, Rä di Martino, Anna Di Prospero, Bruna Esposito, Irene Fenara, Eva Frapiccini, Vittoria Gerardi, Simona Ghizzoni, Bruna Ginammi, Elena Givone, Nicole Gravier, Gruppo del mercoledì (Bundi Alberti, Diane Bond, Mercedes Cuman, Adriana Monti, Paola Mattioli, Silvia Truppi), Adelita Husni-Bey, Irene Fenara, Luisa Lambri, Lisa Magri, Lucia Marcucci, Raffaela Mariniello, Allegra Martin, Paola Mattioli, Malena Mazza, Libera Mazzoleni, Gabriella Mercadini, Marzia Migliora, Ottonella Mocellin, Verita Monselles, Maria Mulas, Brigitte Niedermair, Cristina Omenetto, Michela Palermo, Lina Pallotta, Beatrice Pediconi, Claudia Petraroli, Agnese Purgatorio, Luisa Rabbia, Moira Ricci, Giada Ripa, Francesca Rivetti, Sara Rossi, Marialba Russo, Lori Sammartino, Chiara Samugheo, Marinella Senatore, Shobha, Alessandra Spranzi, Grazia Toderi, Francesca Volpi, Alba Zari.





L'ALTRO SGUARDO. FOTOGRAFE ITALIANE 1965-2018
8 giugno > 2 settembre 2018
a cura di Raffaella Perna

Via Nazionale, 194
00184 Roma

Call center tel. 06 39967500

promossa da Roma Capitale - Assessorato alla Crescita culturale


Francesca Manetta. Eternity is a state of mind


Fino al 18 giugno 2018, Gilda Contemporary Art di Milano (via San Maurilio 14) ospita la personale di Francesca Manetta (Bergamo, 1979) dal titolo Eternity is a state of mind.

La mostra, curata da Cristina Gilda Artese e Laura Luppi, propone una serie di lavori ineditiche, pur rimanendo fedeli al sofisticato linguaggio che contraddistingue la cifra stilistica dell’artista bergamasca, sono il risultato di una maturazione e di un’evoluzione progettuale di grande interesse.

Le opere fotografiche di Francesca Manetta, curate in ogni minimo dettaglio, dallo scatto alla post produzione, sono infatti caratterizzate da una forte componente onirica, un costante richiamo di simboli e di riferimento a miti e racconti del passato, alla letteratura e alla storia dell’arte. Fin dagli esordi, le ambientazioni realizzate da Francesca Manetta si presentano ricche di elementi naturali, in costante rapporto con i corpi umani. Nei lavori più recenti - qui esposti per la prima volta - queste suggestioni si sintetizzano nella rosa, il fiore che diventa simbolo e protagonista dell’intero ciclo. La rosa richiama la dimensione della memoria che a volte affiora e altre permane come sospesa, in uno spazio-tempo indeterminato, come sostrato della coscienza umana. La rosa dialoga con l’artista stessa, soggetto e oggetto di ogni creazione, nata da un intimo percorso introspettivo, non privo di rimandi allegorici. Per quanto realizzate digitalmente, le opere di Francesca Manetta, sono il risultato di un processo che nasce dal mondo reale, da oggetti e luoghi che si rapportano con una dimensione altra. Si tratta di una fotografia pittorica, sia per la sua costruzione, che per il suo risultato estetico, nonché per l’intenzione gestuale e per le atmosfere ricreate. Il percorso espositivo è arricchito da un’installazione site-specificposta al centro della seconda sala.

Catalogo in mostra con testi di Cristina Gilda Artese e Laura Luppi.


Francesca Manetta. Note biografiche
Francesca Manettanasce in provincia di Bergamo nel 1979.
Si diploma al Liceo Artistico di Bergamo (sezione sperimentale) e successivamente si laurea con lode nel corso di scenografia presso l’Accademia di Belle Arti di Brera con il prof. Enrico Mulazzani, di cui sarà assistente durante l’anno accademico 2006/2007. Dopo gli studi accademici, si specializza presso l’Ecole Internationale Jacques Lecoq di Parigi (corso LEM). All’attività scenografica affianca quella artistica, prediligendo la fotografia e l’installazione, spesso contaminando generi diversi. La ricerca di Francesca Manetta è radicata nella memoria, nelle storie d’infanzia; spesso attinge alle fiabe e alla letteratura per approdare a una personale narrazione, in cui si intrecciano elementi reali e onirici. La realizzazione della mise en scène, che l’artista cura personalmente in ogni suo aspetto, è una parte fondamentale del lavoro, caratterizzato da un uso “pittorico” della tecnica fotografica e da immagini in cui si fondono figure umane, luoghi e atmosfere di volta in volta ombrose o evanescenti. Fondamentale in tutto il suo percorso, oltre alla formazione in campo scenografico, sono gli studi di danza classica e contemporanea (ha fatto parte di un corpo di danza acrobatica) e la passione per il teatro.


FRANCESCA MANETTA. Eternity is a state of mind
Milano, Gilda Contemporary Art (via San Maurilio 14)
fino al 18 giugno 2018

Orari: dal martedì al venerdì dalle 10.30 alle 19.
Sabato dalle 10.30 alle 13 e il pomeriggio su appuntamento

Ingresso libero

Informazioni: tel.339.4760708
info@gilda.gallery

Ufficio stampa
CLP Relazioni Pubbliche
Anna Defrancesco, tel. 02 36 755 700 | anna.defrancesco@clponline.it| www.clp1968.it

Renata Rampazzi. CRUOR - sangue sparso di donne


Ferita, 1980, olio su tela, cm 110 x 100

Fino al 17 giugno 2018, la Sala Borges della Fondazione Giorgio Cini di Venezia accoglie la personale di Renata Rampazzi, CRUOR - sangue sparso di donne.

L’esposizione, accompagnata da un catalogo con uno scritto inedito di Dacia Marainie da un testo critico di Claudio Strinati,ruota attorno al tema della violenza nei confronti delle donne, argomento di urgente quotidianità e che riguarda tutti i paesi del mondo, da quelli economicamente più avanzati a quelli più arretrati. Renata Rampazzi, testimone del tempo in cui vive, rielabora la tematica della violenza, del sangue, del dolore che aveva segnato la sua produzione artistica degli anni settanta/ottanta, e lo affronta attraverso una serie di nuovi lavori, realizzati con materiali e forme nuove per comunicare in maniera più diretta e coinvolgente. “La Fondazione Giorgio Cini di Venezia - ricorda Dacia Maraininel suo testo in catalogo - ha scelto, per raccontare queste storie di violenze contro le donne una pittrice dal braccio robusto e dalle idee che camminano veloci. Con mano crudele ma nello stesso tempo pudica e delicata, Renata Rampazzi trasforma i corpi di carne in visioni fluttuanti, di tela e nuvole, tela e sogni. I cieli sembrano stillare dall’alto un sangue simbolico, più pesante e torbido di quello reale, per rivelare lo spessore sordo e terribile delle ferite. Mentre veli lavati nel sangue calano dall’alto nel tentativo pietoso di coprire le nudità forzate, violate, disarticolate”.
Dal canto suo, Renata Rampazzi ricorda come “molte delle mie opere portavano tracce del mio turbamento di fronte a quelle manifestazioni di sopraffazione maschile. Era un grido personale, un disagio che ruotava attorno al sesso, alla metafora della ferita, che rimandava ad azioni e comportamenti ancora generalmente tenuti nascosti, taciuti. Oggi per la loro diffusione, violenza e ostentazione, sono un fenomeno sociale che reclama una generale denuncia, rivolta e rifiuto di complicità. Tutte le espressioni individuali e collettive della cultura, del potere e della vita sociale sono chiamate a una presa di posizione e a intervenire”. Alla Fondazione Giorgio Cini, l’esposizione CRUOR, appositamente pensata per la Sala Borges dell’Isola di San Giorgio Maggiore, unisce il passato al presente. Un presente in cui le tele vengono sostituite da garze che si rifanno ai bendaggi per curare le ferite, i segni delle deturpazioni e in cui i pigmenti e gli spessori di colore che ruotano attorno alle gradazioni del rosso, rimandano alle lacerazioni, offese e sofferenze delle vittime. Il percorso espositivo parte da alcuni quadri storici degli anni ‘70/’80 per arrivare all’installazione realizzata da Renata Rampazzi per l’occasione, in collaborazione con la scenografa Leila Fteita, in cui, come scrive nel suo testo in catalogoClaudio Strinati, riferendosi all’opera della Rampazzi, “lo spazio-installazione è pensato come una sorta di opera d’arte globale costituita dalle singole opere, come se la mostra dovesse essere vista nelle sue singole componenti ma considerata un organismo unico vivente”. Per Renata Rampazzi che pensa “l’astrazione stessa come contenuto e significato, non come ornamento e edonistica composizione” il percorso non vuole essere un semplice momento di contemplazione ma di presa di coscienza. Un labirinto di teli e garze che dal soffitto arriveranno fino al pavimento rosso cupo avvolgendo fisicamente ed emotivamente il visitatore in modo da provocarne un coinvolgimento non solo estetico ma soprattutto emotivo e civile. Accompagna la rassegna un catalogo (Edizioni Sabinae, bilingue italiano, inglese) con testi di Dacia Maraini e Claudio Strinati. Il ricavato della vendita del volume sarà interamente devoluto a BE FREECooperativa Sociale contro tratta, violenze e discriminazioni. Durante il periodo di apertura della mostra, la Fondazione Giorgio Cini ospiterà il 18 maggiouna tavola rotonda sul tema della violenza sulle donne, coordinata dalla storica Francesca Medioli, cui parteciperanno, tra le altre, personalità quali Chiara Valentini, Dacia Maraini, Luciana Castellina, Chiara Saraceno, Guglielmo Gulotta, Linda Laura Sabbadini.

Renata Rampazzi nasce a Torino da una famiglia di origine italo-francese. Diplomatasi al Liceo artistico completa gli studi presso la Facoltà di Architettura. A cavallo tra gli anni settanta e ottanta, partecipa alla vita culturale della città, frequentandone i protagonisti come Umberto Mastroianni, Antonio Carena, Adriano Parisot, Piero Ruggeri oltre a Marcello Levi, Paolo Fossati, Luigi Carluccio. I quadri di questi anni risentono ancora di una lontana ispirazione figurativa. Per approfondire ulteriormente la sua ricerca alla metà degli anni ’60 lavora all'Accademia di Salisburgo, con Emilio Vedova, avvicinandosi all'espressionismo astratto, poi con l’artista franco-cinese Zao-Wou-Ki. Del 1973 è la prima importante personale alla Galleria dello Scudo di Verona. Nel 1977 alla Galleria Vismara Arte Contemporanea di Milano per la prima volta Renata Rampazzi espone delle opere profondamente sofferte e percorse da larghe ferite, dalla marcata gestualità espressionista. Alla fine degli anni ’70 si trasferisce col regista Giorgio Treves a Roma. Le sue opere diventano soprattutto di grande formato e la pennellata si fa più distesa e ricca di trasparenze e cromatismi. Sono di questi anni i suoi primi lavori su carta con le tecniche della gouache e dei pastelli grassi. Entra in contatto con l'ambiente del cinema. Per Gruppo di famiglia in un interno, Luchino Visconti le chiede alcune tele dai toni blu e viola, che il grande regista chiama mannianamente“le mie montagne incantate”. Margarethe von Trotta diventa una tra i suoi più fedeli collezionisti e diversi suoi quadri sono inseriti nelle scenografie di L'Africana eIl lungo silenzio. In questi anni collabora con vari architetti e arredatori tra cui Marika Carniti Bollea per la quale dipinge un tulle di 80 metri.  Nel 1984 le viene dedicata una personale al Palazzo dei Diamanti di Ferrara. Nel 1989 espone al Petit Palais d’Art Moderne di Ginevra. Dopo un periodo segnato da problemi di salute, la sua pittura si sviluppa soprattutto attorno a composizioni plurime e a quadri di piccolo formato. Nel 2006 le viene dedicata una grande antologica all'Archivio di Stato di Torino. Nel 2010 si deve ricordare la personale curata da Vittorio Sgarbi all’ex Convento di S. Nicolò in occasione del Festival dei Due Mondi di Spoleto. Nel 2011 espone con la Galleria Marino ad Artparis 2011 al Grand Palais di Parigi ed è invitata alla 54. Biennale Internazionale d’Arte di Venezia, a Palazzo Venezia, Roma. Del 2013 è la personale all’Espace Culturel di Le Lavandou a cura di Olivier Kaeppelin, Direttore della Fondation Maeght.


RENATA RAMPAZZI
CRUOR - sangue sparso di donne
Venezia, Fondazione Giorgio Cini (Isola di San Giorgio Maggiore)
6 aprile - 17 giugno 2018
Orari: dalle 10 alle 18; chiuso il mercoledì
Ingresso libero
Catalogo: Edizioni Sabinae

Informazioni
mostrarenatarampazzi@gmail.com

Ufficio Stampa
CLP Relazioni Pubbliche| T. 02.36755700
Stefano Piedimonte | stefano.piedimonte@clponline.it| www.clp1968.it

VENEZIA - FONDAZIONE GIORGIO CINI
FINO AL 17 GIUGNO 2018

Francesco Clemente a CASAMADRE



Mentre riprende anzi addirittura raddoppia gli elementi più iconici del paesaggio napoletano, estraendoli per mano di un sapiente copista indiano dal repertorio delle gouaches ottocentesche, Francesco Clemente vi innesta di suo pugno una quantità di motivi altri, esotici e stranianti agli occhi di chi conosce a menadito i temi classici della cartolina partenopea. E’ una questione di principio, dunque etica ed originaria. Da una parte, l’idea del paesaggio che è sempre rappresentazione, replica, copia di una realtà che, ben riprodotta, penetra nell’immaginario; dall’altra, l’immagine in quanto tale così eterea e volatile, disposta ad andare in molte direzioni. Il pittore che è Clemente prende le gouaches dei Fergola (suoi avi di sangue e di mestiere) e ne fa fare copia, talmente copia che ogni immagine diventa il duplicato che si duplica a sua volta. Ogni paesaggio infatti è già il suo doppio: non il Vesuvio bensì due, così il San Carlo, il Castel dell’Ovo e via raddoppiando. Sembra un gioco di specchi, ma in effetti si tratta di una speculazione, anch’essa ambigua come ogni forma di rappresentazione, che apre lo spazio dell’opera a una moltitudine di altre possibili figure, le quali però non sono in se stesse l’essenziale. Confrontandosi intensamente con la tradizione iconografica partenopea, uno dei repertori più solidi e conservativi della storia artistica locale, la pittura di Clemente non smette infatti di raccontare un universo frammentato ma non insignificante, mostrando una fragilità che non si rassegna alla debolezza ma neanche pretende di elevarsi a visione del mondo. La moltitudine apparentemente infinita delle immagini che piovono dal cielo o emergono dalla terra o schizzano da un parte all’altra, la presunta erudizione di riferimenti difficili da individuare, spesso letterari o provenienti da iconologie lontanissime e oscure, la comparsa di timbri e sigilli esoterici, formano un complesso figurativo simile a una costruzione cosmologica di stampo neoplatonico. Non v’è dubbio che la città-mondo è Napoli, dove tutto si trasforma restando uguale e viceversa. L’essere che è mutamento. La ripetizione che è differenza. L’uno che è anche due. Nel suo viaggio di ritorno alla città natale Clemente ha rovistato nel doppiofondo di un baule di ricordi seppellito nella cantina di famiglia, manipolando tra le vecchie cose anche il suo destino d’artista e, alla fine, trovando quello che ha sempre saputo di avere e di volere. Le vecchie cose, come le gouaches degli avi Fergola, non sono che immagini remote di specchi; più che ricordi reali, metafore astratte del tempo passato. Anche Napoli non è che una metafora, una delle principali metafore del paesaggio dipinto. Questo ha affascinato l’artista cosmopolita. Il pensiero figurativo, che è il modo in cui ragiona Clemente, è mutevole e opera solo connessioni metaforiche. Le metafore possono dire molto, connettere mondi lontani ed esperienze diversissime tra loro, parlando un linguaggio che trattiene e comprende anche ciò che non c’è, che mai ci sarà o che non può essere nominato con chiarezza. Venuta dall’Ottocento dei vedutisti, sbarcata nell’India dei copisti e poi nella New York delle ultime avanguardie, ecco la città bella e antica, forse mai neanche esistita, che può essere rivista e ancora ammirata solo con pensieri e linguaggi moderni. Senza pretese di verità e senza cedere alle finzioni e alle mode, metafora delle metafore, Napoli è il nome dell’immagine metamorfica, catturata tra gli specchi e condannata a somigliare a se stessa fino all’eccesso e all’assurdo. Un paesaggio spaesato, come dice Clemente.


CASAMADRE
Francesco Clemente
opening 24 maggio 2018

PALAZZO PARTANNA
NAPOLI, PIAZZA DEI MARTIRI 58
PHONE: +39 081 193 60591