giovedì 31 agosto 2023

Quarta operazione del programma OMAR

 


OMAR è un programma estetico fondato sulla coesione di artistə che vogliono sperimentare una pratica basata sull’ibridazione e l'alterità, mantenendo l’eterogeneità delle singole ricerche. Nasce nel 2021 durante la residenza artistica RAMO di Giulianova (TE). La prima operazione nel 2022 "OMAR da Mauro" è stato un instant show a cura di Elisa Cescon Tedesco nell'iconica trattoria di Roma, a cui sono seguiti "OMAR al Trullo" a cura di MIXTA, residenza e mostra collettiva in un trullo di Francavilla Fontana (BR) e “PRIVATE DANCE” a cura di Francesca Rossi Minelli, una viewing room direttamente sul profilo di Onlyfans.

Oggi, la presentazione della quarta operazione. Una nuova residenza artistica con mostra collettiva presso il Victor Country Hotel di Alberobello (BA). Il programma OMAR è lieto di accettare l’invito da parte dei soci della struttura ospitante per tornare in Puglia, rinnovando un'esperienza positiva con il territorio e i suoi abitanti.

Confermando la sua natura partecipativa, OMAR attraverso una nuova OPENCALL, ha selezionato per questa operazione il curatore Francesco Buonerba (Poggiardo,1984) e glə artistə Alessandra Cecchini (Rieti,1990) Serena Grassi (Lecce,1993) Roberto Orlando (Palermo,1996) che vanno ad unirsi ai fondatori del programma: Sebastian Contreras (Buenos Aires,1972), Matteo Costanzo (Roma,1985), Devin Kovach (Arizona,1987), Flavia Carolina D'Alessandro (Caracas,1977), Tamara Marino (Ragusa,1983), Giorgia Mascitti (San Benedetto del Tronto,1995), Giuseppe Mongiello (Vallo della Lucania,1981).

La residenza artistica avrà luogo dal 02 al 11 Settembre 2023 con la seguente mostra collettiva che inaugurerà il 09 Settembre e resterà fruibile al pubblico fino al 30 Settembre 2023.

 

mercoledì 30 agosto 2023

A Ostuni la bipersonale di Rossana Borzelli e Vania Elettra Tam


L’ultima mostra della stagione estiva che la Galleria Orizzonti Arte Contemporanea di Ostuni presenta all’interno della Project Room, sabato 9 settembre 2023 alle ore 19,00, è una bipersonale al femminile dal titolo Silenzi. L’esposizione, a cura di Francesca Romana Marino, pone in dialogo le opere di Rossana Borzelli e Vania Elettra Tam che indagano differentemente tematiche intime inerenti profondità e stati emozionali. Silenzi ovattati in cui la bellezza della fragilità umana viene immediatamente recepita. 

"Only in the silence you can hear the whisper of my soul" è il nome dell'opera che ha dato il via a questa ultima serie di Rossana Borzelli in un silenzioso dialogo con le opere di Vania Elettra Tam.

Da sempre Rossana Borzelli realizza "ritratti" sui più diversi supporti, il legno, le porte antiche, il ferro, la tela, la carta; ritrae volti, mani, persone, che con i loro sguardi e le loro espressioni così intensi, la gestualità, le movenze, gli abbracci, l'interazione, a volte anche solo accennati con un tratto, oscillando tra verismo e astrazione, accolgono lo spettatore, che inizia a interrogarsi in silenzio su quelle persone, sulla loro interiorità, sulle emozioni e i sentimenti che hanno portato l'artista a dipingere quell'opera; in silenzio perché è nel silenzio che prendono vita i pensieri. 


Una pausa di silenzio, un filo che riannoda i frammenti scomposti.
Ritrovo me stessa nel blu solitario della notte
o alla luce di una lampada
che mi protegge come un nido dal buio circostante
a volte assorta nel fumo di una sigaretta.
Come la pausa è lo sfondo vitale dell'azione,
così il silenzio è il vuoto fecondo da cui emerge il suono.
Ho bisogno di pause per assaporare i miei giorni,
come del sogno per dare voce alla notte.
R. Borzelli

La ricerca dell'artista Vania Elettra Tam invece, verte come sempre intorno al mondo femminile mettendo a nudo alcune tematiche ormai a lei tanto care, come il disagio e la difficoltà di inserimento delle donne in un mondo che non è concepito per loro. Questa volta però l'artista rinuncia parzialmente all’ironia giocosa che contraddistingue la sua cifra pittorica e ci regala opere ritraenti donne silenti immerse in bocce di vetro che, circondate da pesci e isolate dal mondo, fluttuano in una loro realtà interna, protetta da quella esterna. Queste donne infatti vivono vite parallele, surreali, in compagnia di effimeri surrogati, compensativi di una vita che soddisfacente non è. Ma la propensione è quella dell'evoluzione per cui queste donne, fluide e silenti come pesci, trovano il coraggio di ascoltarsi, di mettersi in discussione e di affrontare se stesse, percorrendo il difficile cammino dell'autenticità e diventano, attraverso delicate e vitree nuances dai toni marini, un tutt'uno con i pesci stessi. E così quei pesci, da spettatori, risultano co-protagonisti dell’opera, simboli di un percorso evolutivo unico. Imperanti sono i Silenzi, da cui il titolo della mostra e la via d'uscita è l'Evasione come suggerisce il titolo dell'opera che chiude l'esposizione. Pittoricamente la Tam in questi lavori finemente dipinti, raggiunge una leggerezza cromatica che conferma la sua maturità pittorica e segnica.

Rossana Borzelli e Vania Elettra Tam
Silenzi
a cura di Francesca Romana Marino

Inaugurazione 9 settembre ore 19,00

Dal 9 al 30 settembre 2023


GALLERIA ORIZZONTI ARTE CONTEMPORANEA
Piazzetta Cattedrale (centro storico)
72017 Ostuni (Br)
Tel. 0831.335373 – Cell. 348.8032506
info@orizzontiarte.it- www.orizzontiarte.it
F: Orizzontiartecontemporanea

Communication Manager
Amalia Di Lanno
www.amaliadilanno.com- info@amaliadilanno.com

martedì 29 agosto 2023

Angolo Cottura: Nell’impalpabile abdico di Veronica Neri

Veronica Neri


La finitezza umana abita il castello kafkiano. Come insorti in cammino ci avvalliamo a un progresso che non è divenire, bensì mortificazione che allontana l’essere da sé stesso e da un suo naturale suono del respiro. Così, in una possibile voce dell’esistenza che cerca la sua identificazione nell’argine del limitato, si riscopre lo stato naturale che ci avvicina, tramite una ritualità tutta umana, alla gracile imperturbabilità delle altre specie. Nel desiderio di una protesi di un’esistenza, l’uomo rivendica un altro da sé che lo allontana dalle radici viscerali con la terra, membrana della sua stessa linfa. Nel velo di inconoscibilità incondizionata del tangibile, si insinua lo spasimo umano. Condannati a un riciclo di un nonnulla, la nostra oppone una lirica e respinta confutazione: Nell’impalpabile abdico. Una zona di intimità in contrasto all’artificio e alla sproporzione del soffio del creato. Nel quotidiano si apre una zona sacra. Il sacro è condizione mai languidamente fioca ma inflessibilmente possente. In una materia che richiama la penombra e il finire è conservata la natura delle entità nella loro consistenza, al di là dello scorrere terreno. Inoltrandoci idealmente nell’aurea di un soffio disincantato, scopriamo un’ammissione volontaria dell’artista che riconosce un distaccamento parziale di ciò che era, per ammettere il proprio ionell’oggi. Come un perno, le espressioni denunciate dall’io si dilatano invisibili, dense nella loro estetica visiva, lateralmente nel dittico che aggiunge, alla ferita, la sua autorialità fino ad arrivare agli antipodi di una stretta che accoglie l’osservatore, revocando la possibilità di riappropriarsi del proprio danno originario, sedimentazione più pura e tutelare dell’essere, non intaccata dalla conoscenza del mondo fenomenico e dalla scienza che vaglia il susseguirsi indomabile di accadimenti. Emergono, tra le trasparenze del materiale che ha tratto origine dal processo di riesumazione e logoro per avere assorbito il prima e il dopo di una presenza, fronde vegetali, come piccole geografie di resistenza. Il contenuto si salda, severamente leggiadro, con il suo carico seducente, nel contenitore. Nella quiete di un luogo domestico si attua un ritorno al sensibile, al proprio vissuto e alle relazioni essenziali. Rileggere la scrittura del passato è atto di un trasporto condiviso, in cui il microcosmo e la sua appropriazione temporale dialogano con le profondità raggiunte da uno scorrere subterrestre della sostanza acquosa e con una materialità eterea da stringere nel flusso sanguigno. Il moto si distende da un concluso andamento orizzontale a una verticalità che veste una richiesta di apertura e di iniziazione. Il simulacro dell’essere è liberato. L’essere si pone in un presente e autonomo divenire. 

Laura Catini



Angolo Cottura - Un lavoro per una sera
Nell’impalpabile abdico di Veronica Neri
a cura e con testo critico di Laura Catini
giovedì 7 settembre 2023, ore 18.00

Studio di Iginio De Luca
via Giuseppe Ravizza, 22/a, 00149-Roma
tel. 3428076850

venerdì 25 agosto 2023

A Bari IL MATTINO HA LORY IN BOCCA. Successo bis

Il Mattino ha Lory in bocca, installation view, Bari, 2023


Conferma il suo potenziale di festa e di pubblico la mostra da balcone curata da Francesco Paolo Del Re, visitabile fino a domenica 27 agosto. E gli abitanti del quartiere Madonnella a Bari mettono già a disposizione altri balconi per l’anno prossimo.

Non passano inosservate le opere d’arte appese dal 19 al 27 agosto 2023 ai quattro cantoni di un incrocio di Bari, tra via Dalmazia e via Spalato, nel popolare e vivace quartiere di Madonnella, a due passi dalla casa natale di Pino Pascali e dalla pinacoteca metropolitana intitolata a Corrado Giaquinto. Anzi sono numerosi i visitatori accorsi, sia in occasione dell’inaugurazione che nei giorni successivi, a vedere la seconda edizione della mostra-evento “Il mattino ha Lory in bocca”, nata da un’idea del curatore Francesco Paolo Del Re e da lui organizzata insieme ai collezionisti Loredana Savino e Matteo De Napoli, che abitano proprio in via Dalmazia.

“Centinaia di persone – commenta Francesco Paolo Del Re – vengono a trovarci, attratte dalla curiosità dell’iniziativa. Senza contare gli innumerevoli passanti che, anche senza volerlo, diventano attori di un’operazione artistica che non si limita a essere un’esposizione di opere, ma diventa un più elaborato dispositivo di comunicazione. È il quartiere stesso a mostrarsi ed è proprio l’interazione con gli abitanti del luogo ad attivare e vivificare gli interventi degli artisti. La popolazione di Madonnella non si trova a essere un soggetto passivo, ma il vero motore dell’evento, che è allo stesso tempo una festa di quartiere e un’occupazione giocosa e insurrezionale che risignifica gli spazi e mette in subbuglio abitudini, aspettative, desideri, immaginario e sogni”.

“Amplificando tutto il suo potenziale fantasmagorico e persino sovversivo – prosegue il curatore – l’arte dunque si ritrova in mezzo alla strada e qui si mostra, fuori dai tradizionali contesti espositivi che segnano inevitabilmente barriere e limiti. ‘Stare fuori come un balcone’ è il motto ironico che accompagna la mostra: non solo un invito a rompere le regole, ma anche un modo concreto di dimostrare agli artisti che non bisogna aspettare che qualcuno dall’alto dica loro cosa fare. In assenza di spazi e di progettualità specifiche per l’arte contemporanea, gli artisti hanno il compito di organizzarsi e appropriarsi di spazi non convenzionalmente attribuiti all’arte, trasformandoli per il tempo necessario in inusitati territori di liberazione e aggregazione e ripensando, nell’esperienza di una condivisione, il modo di essere parte di una comunità”.

“È stata una bellissima festa!”, dichiara Loredana Savino, organizzatrice dell’evento. “Mi rende felice – spiega – la curiosità degli abitanti del quartiere, il loro interesse per le opere esposte e la volontà di essere protagonisti nelle prossime edizioni”. A fare un bilancio della manifestazione e un confronto con la prima edizione è Matteo De Napoli. “È un’esperienza – dice – che diventa sempre più intensa con persone sempre più amiche e con artisti sempre più bravi a cui offrire piacevolmente la nostra ospitalità”.

Se l’anno scorso il balcone era uno, quest’anno sono stati una decina gli appartamenti “abitati” dagli artisti, con balconi “parlanti”. Sono stati gli stessi abitanti delle palazzine affacciate sull’incrocio a proporsi e offrire le loro ringhiere. La voglia di prendere parte all’iniziativa e di far crescere la mostra, nella prospettiva di un terzo appuntamento espositivo da organizzare nel 2024, è contagiosa e stanno arrivando numerose nuove adesioni da parte della popolazione di Madonnella, che si riconosce in questa festa d’arte e vuole sostenerla e promuoverla. Accessibile liberamente da chiunque passi per strada e in qualunque momento della giornata, la mostra presenta le opere di diciannove artisti, che si mostrano con la leggerezza del bucato steso al sole. Non ci sono solo dipinti, ma anche sculture, fotografie, video, installazioni: tutti interventi costruiti su misura o ripensati per l’occasione da Natascia Abbattista, Mariantonietta Bagliato, Pierluca Cetera, Guido Corazziari, Marika D’Ernest, Sabino de Nichilo, Elisa Filomena, Nunzio Fucci, Simona Anna Gentile, Iginio Iurilli, Pierpaolo Miccolis, Ezia Mitolo, Mario Nardulli, Patrizia Piarulli, Stefania Pellegrini, Fabrizio Provinciali e Fabrizio Riccardi. Accanto alle loro opere, due citazioni di Cristiano De Gaetano e Jolanda Spagno, due bravissimi artisti pugliesi che non ci sono più.

LE OPERE DELLA SECONDA EDIZIONE DELLA MOSTRA DA BALCONE
Passando in rassegna le opere della seconda edizione mostra, è dall’imbrunire in poi che si può apprezzare “Morbus sacer” (2014-2023), la videoinstallazione Natascia Abbattista che proietta una grande figura ieratica e dolente sul margine destro della parete di via Dalmazia, con il mare e la torre del palazzo della provincia a fare da sfondo. Si interroga Abbattista (facendo sue le parole di Roberto Lacarbonara che aveva presentato per la prima volta il video in mostra): “Chi è che decide del buon senso, del giusto e dell'inopportuno, del folle e del santo? Se occorre individuare un grado zero della follia bisogna rintracciare il momento in cui essa viene separata dalla non-follia, mettendo in discussione le unità interamente date: date dalla storia come oggetto di verità conoscitiva, date come assolute. Operando un’aggressiva decostruzione della mia immagine e agendo tra ironica stravaganza e drammatica deformazione, rievoco il percorso analitico tracciato da Jean-Martin Charcot nel trattamento delle malattie mentali. Charcot, uno tra i maggiori neuropsichiatri del XIX secolo, operò nell'istituto parigino Salpêtrière dove condusse i suoi studi sull’isteria epilettiforme, definendola come una nevrosi che si manifesta con attacchi di estremo parossismo. Attraverso una accuratissima ricerca fotografica il medico documentò fasi e anatomie isteriche, soffermandosi in particolare sulle impressionanti forme di ‘attitudes passionelles’ legata alle strazianti fasi allucinatorie”. Proprio queste fotografie sono il punto di partenza delle deformazioni che Abbattista imprime sul suo viso e sul suo corpo.

Sono sculture morbide e imbottite, realizzate con stoffe, scampoli di pizzi e paillettes, i quattro “Colombi” di Mariantonietta Bagliato, realizzati appositamente per la mostra e collocate in bilico su una ringhiera in modo da comporre un’installazione. “L’idea di ‘Colombi’ – spiega la scultrice barese – nasce dall’invito alla partecipazione alla mostra dai balconi ‘Il mattino ha Lory in bocca’. L’installazione site specific riprende la funzionalità del balcone come riparo cittadino per i piccioni, colombi e vari uccelli. La lotta tra gli abitanti delle case e questi volatili che occupano gli spazi umani avviene spesso con strambi rimedi da parte dell’uomo”.

Pierluca Cetera occupa interamente il primo piano affacciato su via Spalato di una palazzina ad angolo, con un’imponente e suggestiva tela di sei metri di lunghezza e quattro di altezza: è l’intervento più grande dell’intera mostra. “Date il pane al pazzo cane, date il pane al cane pazzo”, questo è il titolo dell’opera, è un dipinto a olio e acrilico su tela del 2010, ripensato nel 2023 nella forma di un’installazione ambientale. “La scena si divide in due parti”, racconta Cetera. “A sinistra un gruppo di figure nude, con un uomo di spalle, una donna seduta con in grembo un cane e una ragazza inginocchiata. Queste figure appaiono illuminate come da un riflettore ad “occhio di bue” teatrale e guardano lateralmente nel vuoto della tela. A destra, in piedi, vi è un’altra figura nuda di un uomo albino che guarda in avanti. Il soggetto vuol rappresentare un gruppo familiare in cui sono messe a nudo comportamenti sconvenienti e bestiali. Il personaggio a destra è come un voyeur che spia i comportamenti peccaminosi e li censura, infatti è rappresentato impassibile mentre guarda in avanti, mentre i personaggi del gruppo familiare guardano lateralmente nel vuoto capendo di essere stati spiati. L’intera scena è concepita con un intento narrativo che invita gli spettatori a ricomporre la vicenda. Come uno scioglilingua ci ripete che tra le mura domestiche possono nascondersi bestialità”.

Proprio accanto all’opera di Cetera trova posto sulla ringhiera di un balcone un trittico pittorico di Guido Corazziari, un artista residente proprio a Madonnella, che presenta la serie “Porn Food” del 2021, tre acrilici su tele misuranti rispettivamente di centimetri 80 per 80. Ecco come Corazziari racconta dal suo punto di vista l’opera e la ricerca all’interno della quale essa si inserisce: “‘Porn Food’ è il dettaglio, il particolare, che diventa feticcio. Il cibo, come il sesso, vivono la dimensione del ‘troppo’, propria del piacere mai del tutto soddisfatto. La ‘gola profonda’ scambia e confonde il cibo con la vita stessa”.

Di grande impatto sul pubblico è l’installazione di Marika D’Ernest “Un’altra cena rovinata”, da lei pensata appositamente per la mostra sui balconi. Su una ringhiera vengono stesi tovaglioli ricamati del corredo della nonna, su ciascuno dei quali l’artista scrive con colore per serigrafia una lettera per comporre un messaggio che colpisce per il suo messaggio politico e sociale. “La mia installazione – argomenta – prende il nome dal libro di Sara Ahmed ‘Un’altra cena rovinata’. La frase dipinta con colore da serigrafia è presa da ‘Parole d’amore’ di quel simpaticone misogino di Guy de Maupassant. Dipinta sui tovaglioli da tavola del corredo che mia nonna ha destinato a mia madre, mia sorella e a me: la dote. Crescere in un contesto patriarcale significa (tra le altre cose) tenere la bocca chiusa soprattutto a tavola, zittite in continuazione per non rovinare la cena con le nostre idee di libertà e autodeterminazione. Interiorizza il limite. È davvero un guaio il fatto che noi finalmente parliamo: un guaio per voi! È un invito a parlare, a denunciare, a disordinare”.

Nel decennale della sua prematura dipartita all’età di 37 anni, viene omaggiato l’artista Cristiano De Gaetano con la proiezione su un muro del video “Incubo” del 2003, da lui realizzato in occasione di una mostra dedicata a Erik Satie e allestita nella casa natale del compositore Niccolò Piccinni a Bari. È lo stesso artista tarantino il protagonista della visione onirico-musicale raccolta nel video, nel quale si incontra appunto con Satie, Adolf Hitler e Pablo Picasso.

Una installazione al centro del crocevia, leggera e surreale, è stata pensata da Sabino de Nichilo, che la realizza assembla dei coloratissimi scovoli per le pulizie, facendo assumere a essi la forma di una freccia vagamente zoomorfa, che intitola “Via Dalmazia 58”. Cos’è questo indirizzo? Spiega de Nichilo: “Il mio è un omaggio a Pino Pascali, collocato al centro dell’incrocio tra via Dalmazia e via Spalato a cinquanta metri dalla casa natale dell’artista. Una freccia, realizzata con i materiali da lui impiegati per i celebri ‘Bachi da setola’, indica la direzione precisa della sua abitazione, dove una targa ricorda ai passanti l’importanza del luogo. Sospesa in aria e ancorata ai cavi elettrici mai dismessi del vecchio filobus, è un monito ironico a non dimenticare e insieme una decorazione temporanea per una festa di quartiere, che oscilla al vento come uno strano pesce volante, fluttuante contro il cielo azzurro di agosto”.

È una grande tela dipinta nel 2022 con pennellate leggere e ritmiche il “Satiro” di Elisa Filomena, un’artista che vive e opera a Torino. “L’opera – racconta Filomena – è stata dipinta dopo una resistenza tenuta presso la Fondazione Lac o Le Mon a San Cesario di Lecce. Le forze telluriche e lo spirito ancestrale della terra si sono rivelate in me in una interpretazione della figura mitologica greca. La Puglia è la mia terra d’origine, viverla e dipingere un omaggio alla sua natura e alla sua storia è stato un atto spontaneo. Probabilmente, in modo inconscio, ho elaborato le mie origini più profonde, confrontandomi con il mondo e con la cultura da cui deriva il sangue che mi scorre, di generazione in generazione, nelle vene e nella pittura”.

Pugliese di nascita ma residente in Piemonte è Nunzio Fucci, che sceglie di dipingere su un lenzuolo della nonna un’opera “Senza titolo”. “Chi di noi non ha mai inseguito una faraona?”, si domanda. “Questo uccello galliforme con una livrea di un grigio ipnotico e una testa azzurrognola e glabra, mia nonna con rispetto lo chiamava ‘la jaddina faraon’. La simbologia qui non c’entra e nemmeno l’allegoria: quest’opera è un fermo-immagine ripescato dai cassetti della mia memoria, delle giornate passate a inseguire il pennuto, quando da bambini ‘si andava a caccia’ della faraona scappata dal pollaio. Nel mio bestiario personale, la faraona ha un posto di eccellenza e non perché simboleggia la resilienza dell’essere vivente o la sua adattabilità all’ambiente ma perché, quando corre, sembra avere le ruote”.

Si presenta stesa su una ringhiera anche “Babushka’s Dream”, l’opera di Simona Anna Gentile, datata 2019, che mette insieme pittura e collage di tessuti. “La base del mio lavoro – spiega la giovane artista tarantina – è l’utilizzo dei tessuti, siano scampoli o lunghi rotoli, che accolgono racconti e suggestioni visive”. L’opera è presa da un ciclo più ampio di lavori. “In ‘Babushka’s Dream’ – prosegue – riprendo la funzione di un polittico rinascimentale”. L’intervento si caratterizza, secondo l’artista “per i suoi contenuti onirici e altamente significativi per il luogo in cui sono allestite queste opere”. “La sfida– conclude – è focalizzarsi sul linguaggio non verbale, prestare l’attenzione a ciò che non è esplicito visivamente e concedersi per pochi istanti all'analisi necessaria per controbattere la velocità delle informazioni, delle relazioni, delle esperienze che la contemporaneità continua ansiosamente a imporci”.

Ha festeggiato il suo ottantesimo compleanno proprio nei giorni della mostra l’artista Iginio Iurilli, che su uno dei balconi presenta il dipinto “Senza luce”, una variazione sull’idea della cerbottana e dei giochi infantili, temi sui quali da tempo la sua ricerca si concentra. “Il mio mare bianco alla finestra – racconta Iurilli – sciorina il colore e la forma conica dei tanti cartocci scaturiti dalla memoria di un'infanzia felice fatta di semplici giochi e di pure emozioni”.

Pierpaolo Miccolis riprende un’antica coperta di lana e su di essa sembrano manifestarsi due figure in tela di cotone nell’opera “Revealed (talk to me)”, realizzata appositamente per la mostra e fatta sciorinare dal secondo piano di via Dalmazia dall’artista, che racconta: “Una vecchia coperta realizzata a telaio intorno agli anni 50/60 fa da sfondo a due sagome che sembrano riposare poggiate sopra di essa. Le due figure teriomorfe, come suggerisce il titolo dell’opera, sono riprese nell’atto intimo del confidarsi (rivelati, parlami), rappresentate prive di caratteri distintivi, come ombre del passato o spiriti. Rifletto spesso su quanto gli oggetti di uso comune siano coprotagonisti di tanta vita. Immagino questa coperta ascoltare pensieri, confidenze, litigi e vivere l’amore per mezzo di chi l’ha vissuto sotto di essa, i maltrattamenti della cenere nel bucato e delle striglie dalle setole dure. La nostra idea di affezione ad un oggetto si traduce in molte religioni, tra cui lo shintoismo, nella creazione di un’anima all’interno di esso. Appropriandomi liberamente di questo concetto, mediante l’idea di spiritualità libera, mi piace affermare che ‘Revealed’ sia non solo un’opera, ma un oggetto che reca in sé un’anima”.

Una serie di singoli elementi scultorei, solidi eppure leggerissimi perché ricavati lavorando vecchie lenzuola con la resina, compongono l’articolato andamento site specific dell’installazione “Forse c'è scampo” della tarantina Ezia Mitolo. “L’installazione – spiega l’artista – è composta da un insieme di sculture bianche di diverse dimensioni realizzate con lenzuoli irrigiditi dalla resina che fuoriescono dalla finestra della casa dirigendosi verso l’esterno come nell’atto di voler volare liberi. Lenzuola come metafora di intimità, di sogno, di libertà e leggerezza. Ogni scultura è diversa dall’altra ed ha una sua plasticità, un suo movimento. Sono come vive, hanno bocche come a voler respirare, comunicare. Alcune sono forme leggere pronte a liberarsi nell’aria, altre tendono a restare incastrate tra le sbarre. Un progetto sul tema della difficile ma possibile (e a volte necessaria) evasione dalle dinamiche ‘domestiche, da condizionamenti e legami con le proprie radici”. 

“Gonfalone” è il titolo di un grande stendardo verticale, lungo tre metri e mezzo, dipinto con colori acrilici su cotone da Mario Nardulli nel 2017 per decorare originariamente il Castello di Copertino e ricollocato in via Dalmazia per questa mostra. “Considerato il mio background nel graffitismo e nell’arte urbana – afferma Nardulli – ho impostato il lavoro come se fosse un murales destinato ad essere visibile da grande distanza. In questi casi abbandono sia le lettere, che ogni riferimento figurativo, puntando ad una ricerca cromatica fra spazio e forme che subisce il fascino dell’arte visiva degli anni ’70, dell’estetica Ultras italiana e della vivacità del mondo del fumetto Disney”.

Su un piccolo balcone che guarda il mare, Patrizia Piarulli ripensa la sua installazione del 2008 intitolata “Misspia”, preziosa nella minuziosità dei suoi interventi costituiti da cuciture, ricami e concrezioni di paillettes, che vanno a impreziosire un corredo di indumenti intimi femminili carichi di erotismo e non privi di ironia nella loro sfacciata esibizione. Spiega Piarulli: “I miei sono feticci appartenenti a un mondo che oscilla tra trasgressioni soft e qualcosa che ricorda l’infanzia”.

Un po’ supereroina e un po’ evocazione di un tempo ancestrale, la “Vitruvian Arachne” di Stefania Pellegrini, del 2023, è stata realizzata lavorando all’uncinetto fili colorati di lana e cotone, per ottenere una sorta di enorme centrino circolare nel quale si iscrive una figura femminile dai molti arti. L’artista spiega che la sua “Vitruvian Arachne” “è un ibrido che mette in contatto l’Uomo di Vitruvio con il mito greco di Aracne, una trasformazione del maschile in femminile e poi, con la moltiplicazione degli arti, dell’umano in animale; un cocktail tra Leonardo da Vinci, Louise Bourgeois e Spider Woman”.

Fabrizio Provinciali presenta invece una sua fotografia scattata a Bari nel 2022 e intitolata “La famiglia felice”. “È un’anticipazione – racconta Provinciali – della serie fotografica “La bella stagione”. La nascita del progetto, ancora inedito, coincide con la mia scoperta della città di Bari. Durante le passeggiate nella spiaggia di Pane e Pomodoro sono stato attratto dalla spensieratezza emanata dai corpi al sole di persone intente in attività ricreative. Ma in questi scatti di vita quotidiana non cerco di ritrarre tanto il folklore, quanto sensazioni universali come la leggerezza, ricorrendo spesso ad una composizione di tipo teatrale, senza interazione con i soggetti né manipolazione della scena fotografata, perché quello che mi affascina maggiormente è la messa in scena che offre la realtà”.

Sono figure delineate con l’utilizzo della fiamma ossidrica su un multistrato di legno sagomato le “Testacce” di Fabrizio Riccardi, create appositamente per la mostra come altre opere sposte. Con particolari equilibrismi di allestimento, l’artista le sospende a dei vecchi ganci già presenti sul muro dell’angolo fra le due strade, lasciando a questa preesistenza il compito di combinarle fra loro in una sorta di dialogo intrecciato. “Il mio intervento – spiega Riccardi – si propone di raccontare le voci di quartiere su alcuni fantomatici abitanti dei luoghi, i quartieri che diventano accumulo di personalità diverse che diventano autoctone dello stesso. Il matto, chi pensa alla morte come sollievo, chi guarda con diffidenza tutti i passanti, il curioso, il pettegolo. Abitanti che contribuiscono a rendere questo luogo unico”.

Ultima artista presente in mostra è Jolanda Spagno. Venuta a mancare a 51 anni nel 2018, è stata citata con l’esposizione di “Heima”, una sua opera del 2014: si tratta di un delicato disegno a grafite su carta che viene animato, nel modo tipico dell’artista, dall’apposizione di una lente Olof in grado di modificarne la visione. L’opera è statacollocata nell’enoteca affacciata sull’incrocio ed è stata visibile soltanto il giorno dell’inaugurazione.

LA PERFORMANCE DI NATASCIA ABBATTISTA PER L’INAUGURAZIONE
Replicando la fortunata formula del 2022, anche nella serata di inaugurazione della seconda edizione di “Il mattino ha Lory in bocca” Natascia Abbattista ha presentato una sua performance intitolata “Amami”. Se quella dello scorso anno si era svolta sul balcone, quest’anno l’artista la lavorato direttamente in strada, interagendo con il pubblico e fermando le macchine che passavano. “La mia performance parla di amore”, racconta Abbattista. “Sulle note di una scanzonata ‘24.000 baci’ di Adriano Celentano, corro tra la gente per strada marchiandola di baci, colorati dal mio rossetto rosso. Il mio amore è libero e vuole raggiungere non solo i passanti ma anche i muri, i palazzi, le macchine: ogni cosa. Il mio gesto simboleggia la voglia di invadere l’altro e di rompere i limiti imposti. I miei baci sono liberi, emancipati e arrivano a tutti, indiscriminatamente. Durano però il tempo di una canzone e, alla fine del brano, restano solo impronte rosse delle labbra su facce, macchine e palazzi. Nella fase finale della performance, che il mio gesto diventa anche una richiesta. Prendo del sale, tanto sale e spargendolo per strada scrivo AMAMI sull’asfalto, al centro dell’incrocio che un attimo prima mi ha vista protagonista ironica e spregiudicata. Non mi interessa se le macchine si fermano, suonano o mi schivano. Il mio corpo diventa penna e il sale diventa inchiostro. AMAMI è la necessità, in quanto donna, di essere amata e rispettata. AMAMI è l’amore ridotto alla sua essenza, è l’amore inteso nelle sue mille sfumature. L’amore, come il sale, deve anche saper curare. I miei baci ora assumono un significato diverso: sono baci salati, salati come il mare, come Bari, come l’amore, come le ferite che portiamo dentro. Prima di andarmene mi butto alle spalle tre manciate di sale, un gesto scaramantico ereditato dalla mia terra, con l’auspicio che il mio messaggio sia arrivato”.



IL MATTINO HA LORY IN BOCCA
a cura di Francesco Paolo Del Re 
Bari, balconi al primo piano di via Dalmazia angolo via Spalato
19 – 27 agosto 2023

In Abruzzo Superomàntico, il nuovo progetto di Spaziolepre

Andréa Spartà, Senza Titolo, plastica, ferro e cavi elettrici, 70 x 100 cm (2023) 
Andréa Spartà, Senza Titolo, plastica, ferro e cavi elettrici, 50 x 130 cm (2023) 
Thomas Berra, Con Titolo, acrilico su tela, 30 x 20 cm (2023)
ph. Pierluigi Fabrizio

Superomàntico è un termine generato da una fase storica ben precisa che vede il disincanto dei valori formativi del mondo conosciuto, e la consapevolezza di un futuro che ci si aspetti essere al suo meglio catastrofico. Come ogni super è straordinario e dunque puntualmente ricorda l’esistenza delle cose banali. Il concetto di romanticismo di per sé è, inoltre, forse tra i più mortificati nel discorso comune, in particolare quando affiancato al sentimento di amore. Così in questo conflitto sta la complessità del superomantico a cui si potrebbe guardare come ad una nuova categoria estetica. È in questa debolezza – o tensione - del romanticismo e del romantico che si può individuare l’origine delle pratiche di Andréa Spartà (Parigi, 1996) e Thomas Berra (Desio ,1986) la cui dimensione poetica ne determina l’estetica. I lavori dei due artisti parlano alle pigre divinità di Patrizia Cavalli, nella loro pigra sorte sono forme atemporali e si esprimono senza manierismi. Scandiscono un tempo stanco, dove la fatigue e la lassitude attivano uno stato di resistenza all'iper-performatività. È il tempo della malinconia. Se nella epoca capitalista sembra che il ritmo sia stabilito dal prefisso iper, la malinconia si manifesta come conseguenza e si fa attivatrice di sistemi reazionari. È una livella che appiana le gerarchie tra il lampadario di cristallo e la presa di corrente. Tutto nella malinconia condivide lo stesso sentire, una stanchezza che diviene cura. Nei lavori di Berra e Spartà la cura è declinabile come legittimazione dell’esistenza di elementi, forme di vita, che nel mondo dato vivono in maniera imperfetta. Inserirli in un contesto altro – come avviene con Spartà - o dedicare loro il tempo dell’osservazione – nel caso di Berra – avvia un doppio meccanismo di riconoscimento. Prima è riconosciuto loro lo status di parti integranti e costitutive di un sistema, poi la loro malinconia evade la forma di sentimento individuale e si afferma come condizione esistenziale. Se dunque la malinconia è condizione esistenziale, che la svogliatezza diventi metodo. Questa è la posizione delle opere di Spartà che – in linea con una tendenza generazionale che guarda più al recupero dell’esistente piuttosto che alla produzione dell’originale - colleziona oggetti, elementi propri del loro tempo. L’operazione di Spartà porta a immagini composte, insiemi di oggetti che si coricano in un elogio al niente-di-che, all’indolenza. Così le macchine giocattolo che girano insistentemente su loro stesse diventano simbolo di un performare senza aspirazione, irradiano lo spazio con il loro fallimento. I fiori citati dalle insegne sono una sintesi dei bouquet anonimi che capita di incontrare a terra.
A questo punto, è necessario considerare le diverse tensioni presenti in mostra, difatti visti da soli gli oggetti di Spartà appaiono quasi passivi, privati del loro contesto. Al contrario, quando considerati in relazione con gli altri si dichiarano compatti nel loro essere così comuni da prescindere un qualsiasi contesto specifico, facendosi archetipi di uno stato di esistenza. I muri di erbe vagabonde – conosciute anche come infestanti – determinano le dinamiche spaziali senza essere ostacolo, ma anzi agendo da architettura per i rapporti dialettici avviati in mostra. In questi termini le opere di Thomas Berra, come setacci, trattengono e lasciano passare luci e forme. Sono soglie e come tali contengono in potenza lo statuto del luogo che annunciano. Se ora si pensasse alla malinconia come luogo, non stupirebbe vedere una tenda a farne da porta. Un dispositivo che filtri quel che passa attraverso, non alla ricerca di scarti ma piuttosto come tentativo di introduzione-a. Andréa mi dice che il romanticismo è una possibile porta per il sentimento malinconico, allo stesso modo mi sembra che nei lavori di Berra si espliciti il fraintendimento del romantico. I suoi personaggi sono senza fissa dimora, alla ricerca di casa. S’incontrano, si mancano tra le erbacce che definiscono il perimetro dei loro corpi. Sono i romantici, non sublimati dal loro sentire ma piuttosto rivelati nel loro essere nient’altro oltre ciò che sono, senza fierezza ma con accettazione. Così la debolezza del romanticismo male interpretato - quindi associato a poteri nobilitanti o reso inconsistente - qui si comprende come indicazione verso sistemi di radicale opposizione allo stato di fatto. Come accennato al principio, si potrebbe individuare nel superomantico una possibile nuova categoria estetica. A questo proposito, va riconosciuto l’incontro-scontro tre le due facce di quella che è definibile come attitudine epocale all’esistenza. Le crisi della fase capitalista aprono a momenti di disillusione profonda che introducono processi evolutivi spontanei. Se infatti l’epoca corrente pone ancora le sue basi in strutture in cui la prestazione occupa una posizione focale nel sistema, avviene che ci siano risposte diametralmente opposte a questa richiesta. Inseguire una perfezione verso cui si è indirizzati, oppure scegliere di essere imprecisi, manchevoli. Nel superomantico sembrerebbe convivere la tensione verso ideali di compiutezza ad alto funzionamento e la loro delusione - forse da intendersi come parte formativa degli stessi. I sentimenti legati a questa categoria estetica saranno accomunabili ad una tenerezza nei confronti del fallimento, alla fatica dell’ordinario e alla condizione esistenziale della melanconia. Quest’ultima è spesso ridimensionata a stato che aleggia piuttosto che a corpo che agisce, venendo privata della sua componente fisica e strutturale. Così, per quanto i lavori di Andréa Spartà e Thomas Berra possano apparire come oggetti sparsi sul pavimento o immagini sfuggenti, sono coesi. Li troviamo schierati, determinati nella dichiarazione della loro presenza. Il superomantico si trova forse in questo determinarsi senza ambizione o nell’insistenza di esistere nonostante la flemme.Si figura così la densità del malinconico, ignorabile fino a quando non ci si inciampa.

Francesca Brugola

Spaziolalepre nasce nel Gennaio 2021, in Abruzzo, in un paese di 11.861 persone radicato nel più classico tradizionalismo artistico - e nella quasi totale assenza di musei e spazi espositivi - spaziolalepre ri-utilizza luoghi in origine pensati per un uso totalmente diverso. L’obiettivo è quello di colmare il vuoto lasciato dalle istituzioni nella diffusione dell'arte Contemporanea, in particolare nel territorio del teramano e nell'area nord della costa Adriatica. I primi progetti sono nati da un concetto che riprendeva un’idea di allestimento ben definito, che rimaneva al di fuori degli spazi espositivi e delle gallerie, e che coinvolgeva ogni centimetro del territorio in cui il progetto risiedeva. Da rimesse per biciclette a ex edicole, Spaziolalepre è ora tornato nello spazio in cui è nato e che in origine era lo studio dell'artista Matteo Capriotti. Considerando la natura vagabonda del progetto e la volontà di oltrepassare le barriere istituzionali che si impongono inutilmente nel mondo dell'arte contemporanea, non escludiamo la possibilità di tornare, comunque, a occupare spazi che non sono nati come luoghi artistici.

 
Andréa Spartà, A Knife In The Sun, macchine giocattolo (2023)
Thomas Berra, Katso Merta (I), acrilico su tenda, 300 × 200 cm (2020)
Ph: Pierluigi Fabrizio

SUPEROMÀNTICO è il nome del progetto dell'estate 2023 che vedrà dialogare le opere di Thomas Berra (Desio, 1986) e Andréa Spartà (Parigi, 1996). Pur appartenendo a una generazione diversa - ma non distante - e pur utilizzando mezzi artistici differenti, le opere di entrambi sono pervase da una dimensione poetica molto forte, una sorta di estetica ben definita che, almeno in noi, ha provocato un sentimento simile alla malinconia.

“Se la malinconia fosse un luogo avrebbe una tenda a fare da porta. Un sipario verso ciò che nell'epoca post capitalista si fa condizione esistenziale e reazione alle dinamiche del sistema stesso. Lo spazio fisico della malinconia si potrebbe immaginare come una stanza dove degli oggetti dall'aspetto familiare sono stati lasciati sul pavimento e nei quadri alle pareti si vedono case sole, paesaggi vaghi. Tutto è affaticato la luce che filtra dalle finestre, le prese che escono dal muro. È il tempo stanco della malinconia, la fatigue, la lassitude, che attiva uno stato di resistenza all'iper-performatività. È qui che l'abbandono, la perdita di tempo, la banalità rivendicano il loro stato esistenziale e diritto ad esistere, innescando processi che possono portare a sistemi reazionari. Entrando nella malinconia non sarà difficile riconoscersi negli oggetti dimenticati, nelle erbacce dipinte nei quadri. Scoprirsi abbandonati ma non soli, potrebbe allora condurre verso un sentimento di tenerezza stanca nei confronti di tutto ciò che nella sua ordinarietà esiste ed occupa uno spazio e scandisce un tempo.” (estratto dal testo della mostra, F. Brugola)

La mostra sarà inaugurata l'11 agosto 2023 in via Gabriele D'Annunzio 34 a Tortoreto Lido e sarà visitabile fino al 1° Settembre 2023 su prenotazione.



giovedì 10 agosto 2023

TRACCE

 

 

TRACCE

Aria.

Acqua.

Fuoco.

Terra.

 

Nella prestigiosa Sala Templari di Molfetta, più di 40 opere di 4 artisti contemporanei

 

NATALE ADDAMIANO 

FERNANDO DE FILIPPI  

DOMENICO MINNITI 

VLADANA VUJOSEVIC 

Con il Patrocinio del Comune di Molfetta,  dal 26 agosto al 10 settembre 2023, presso la Sala Templari in P.zza Municipio, 32 a Molfetta.

 

Inaugurazione sabato 26 agosto 2023 alle ore 19.30 con la partecipazione degli artisti e la presentazione del critico e storico dell'arte  prof. Gaetano Mongelli.

 

La mostra fa parte del progetto espositivo itinerante “il Gusto dell’Arte” a cura di Vincenzo Scardigno.

info:347 253 6848

giovedì 3 agosto 2023

Alchimie di luce di Vincenzo Marsiglia


Le opere di Vincenzo Marsiglia in mostra a Seravezza nello Spazio Cappella Marchi dal 5 al 27 agosto 2023. Il giorno 5 agosto alle ore 19 allo lo Spazio Cappella Marchi – chiesa della Madonna del Carmine a Seravezza (Lu) ci sarà l’opening della mostra “Alchimia di Luce” di Vincenzo Marsiglia a cura di Lorenzo Belli con la collaborazione di Beatrice Audrito. Si tratta del terzo appuntamento della stagione artistica 2023 allo Spazio Cappella Marchi, gestito da Alkedo aps, che si contraddistingue per il dialogo tra ambientazione classica e nuovi linguaggi dell’arte contemporanea. Vincenzo Marsiglia ha ideato appositamente per questa esposizione una struttura luminosa costituita da un unico neon blu, realizzato in vetro soffiato di Murano, a forma di stella a quattro punte che si posiziona all'interno dell’architettura della chiesa. Vincenzo Marsiglia è un autore poliedrico: parte dall'unitarietà stilistica di un simbolo grafico semplice, quasi primitivo, che viene declinato per mezzo di tecniche sempre diverse, divenendo quasi un pretesto iconico per sperimentare il circostante e tutte le sue possibilità. A guidare la sua ricerca è la continua formulazione della stella a quattro punte, che si definisce come misura di tutte le cose, riprodotta su superfici o, come in questo caso, collocata sospesa nello spazio. Le opere di Marsiglia offrono la possibilità di isolare, per così dire, la luce nell'aria così da percepirne la profondità, terza dimensione nello spazio. La luce incide sull'ambiente come segno del presente, così l'opera Prospect dialoga con le tracce dinamiche della chiesa e gli effetti del tempo su questa, sugli antichi muri dell'architettura barocca, a ricordare l'inevitabile tramonto. L'ambiente come mezzo di ispirazione e valorizzazione dell'opera d'arte ripropone il problema della contestualizzazione dell'arte: un luogo dove architettura e luce possano fondersi e trasformarsi continuamente nel tempo, adattandosi al punto di vista dell'osservatore e al suo processo di cognizione.

Vincenzo Marsiglia (Belvedere Marittimo, Cosenza, 1972) Tra le principali mostre personali si ricordano: Il paradosso astratto, a cura di Luca Beatrice, Casa del Console Museo d'Arte Contemporanea di Calice Ligure (2003); Art numérique, Galerie Charlot, Parigi (2012); Stars in my mind a cura di Giorgia Cassini, Boesso Art Gallery, Bolzano (2012); Vincenzo Marsiglia. Interaction Shapes, a cura di Ilaria Bignotti e Walter Bonomi, Iaga - International Art Gallery Angels, Cluj Napoca, Romania (2014); Dopo-Logica/o, a cura di Matteo Galbiati, Palazzo Ducale e Teatro all'Antica Sabbioneta, Mantova (2016); Clopen, a cura di Roberto Lacarbonara, Ex Chiesetta, Polignano a Mare (2018); Digital Antica, a cura Mario Nardo, Abbazia Sant'Eustachio, Nervesa della Battaglia (2019); Back and Forth: Giulio Turcato /Vincenzo Marsiglia, a cura di Beatrice Audrito, Galleria Giovanni Bonelli, Pietrasanta, 2022. Nel 2020 l'artista partecipa a numerosi progetti e mostre collettive: Gesto Zero, a cura di Ilaria Bignotti e Matteo Galbiati, Museo del Violino, Cremona; Biennale Light Art, a cura di Vittorio Erlindo e Gisella Gellini, Casa del Mantegna, Mantova. Nel 2021 Marsiglia partecipa alla 17ma Mostra Internazionale di Architettura di Venezia, Comunità Resilienti, Padiglione Italia, a cura di Alessandro Melis. Tra i numerosi progetti, nello stesso anno: Unritrattoperunirci, a cura di Julie Fazio e Laetitia Florescu, Palazzo del Comune, Cremona; Wrap #9, a cura di Cartacarbone Festival, Loggia dei Cavalieri, Treviso; Star in Motion Nft, a cura di VarGroup, PalaRiccione, Riccione; Prospect - Works 2010-2021, a cura di Beatrice Audrito e Davide Sarchioni, galleria NM Contemporary del Principato di Monaco (2021). UNRITRATTOPERUNIRCI - CONNEXXION, a cura di Livia Savorelli in collaborazione con Julie Fazio e Laetitia Florescu, Palazzo Civico Comune di Savona (2022); Map Star -Rome- Videocittà, a cura di Davide Silvioli in collaborazione con NM Contemporary Principato di Montecarlo e Startit Prato (2023).

La mostra, organizzata da Alkedo aps in collaborazione con Galleria Giovanni Bonelli, con il supporto della Fondazione Terre Medicee e con il patrocinio del Comune di Seravezza.

Si può visitare ad ingresso libero 
dal giovedì alla domenica in orario 18.00-22.00

Spazio Cappella Marchi presso Chiesa della Madonna del Carmine
via G. Lombardi 38, Seravezza (Lu).

Info e contatti: www.vincenzomarsiglia.it – info@vincenzomarsiglia.it 
Galleria Giovanni Bonelli: Piazza Duomo 1, Pietrasanta | tel. 347 1574479 pietrasanta@galleriagiovannibonelli.it | www.galleriagiovannibonelli.com



martedì 1 agosto 2023

ONIRICA, 2023 | Opera audiovisiva di fuse*

Onirica, credit fuse*


Fondazione Alberto Peruzzo riapre dopo l’estate la sede espositiva dell’ex Chiesa di Sant’Agnese a Padova con una mostra che vede protagonista fuse*, studio artistico multidisciplinare che fonda la sua ricerca estetica sull’uso espressivo di tecnologie digitali, con l'obiettivo di interpretare la complessità dei fenomeni umani, sociali e naturali.

Fulcro della mostra, l’opera audiovisiva Onirica, 2023 che esplora la dimensione dei sogni, interpretando la capacità creativa della mente umana durante il sonno. L’installazione abiterà l’intera navata dell’ex chiesa attraverso un sistema di proiezioni e audio diffusi: un’esperienza immersiva e polifonica che, grazie all’utilizzo di algoritmi di apprendimento automatico capaci di tradurre in immagini contenuti testuali, riunisce le visioni notturne in un flusso continuo di immagini in movimento, mettendo in luce riflessioni inedite sul rapporto tra essere umano e macchina, tra strumento e creatore.

Grazie alla collaborazione con le Banche dei Sogni dell’Università di Bologna e dell’Università della California Santa Cruz, è nata la possibilità di trasformare i dati in elementi narrativi, i racconti in visioni, elaborando un progetto che mette in relazione metodo scientifico e fluidità creativa dell’attività onirica.

Il sistema alla base di Onirica traduce il racconto dei sogni in una serie di allucinazioni che confluiscono una nell’altra e che danno vita ai personaggi, agli oggetti e ai passaggi descritti. Questo continuo flusso sintetico di coscienza trova la propria estetica finale grazie alla stretta collaborazione tra essere umano e intelligenza artificiale generativa: mentre la macchina propone infinite traduzioni dei racconti in immagini e voci, tutte le scelte estetiche e di significato rimangono in mano all’artista. La tecnologia assume quindi il ruolo di assistente creativo che interpreta indicazioni registiche proponendo possibili idee e soluzioni, in una relazione paragonabile a quella che si sviluppa all’interno di una troupe cinematografica composta, in questo caso, da esseri umani e macchine intelligenti.

Il progetto fornisce, quindi, elementi molto attuali di riflessione sulle modalità di collaborazione tra uomo creativo e intelligenza artificiale, in un’ottica sinergica e non sostitutiva, in un ambito molto “umano” e difficilmente incasellabile come quello della narrazione dei sogni.

Fondato nel 2007, fuse* è uno studio artistico multidisciplinare con sede a Campogalliano (Modena) che indaga le possibilità espressive delle tecnologie digitali, con l'obiettivo di interpretare la complessità dei fenomeni umani, sociali e naturali. Fin dalle sue origini, la ricerca si concentra sulla creazione di installazioni e performance multimediali, realizzate con l'intento di esplorare i confini tra le diverse discipline alla ricerca di nuove connessioni tra luce, spazio, suono e movimento. Diretto dai fondatori Luca Camellini e Mattia Carretti, lo studio si è evoluto negli anni e oggi affronta la creazione di nuovi progetti con un approccio sempre più olistico, affidandosi a un modus operandi che valorizza la pura sperimentazione e la creatività collettiva. L'intento è quello di creare opere che possano ispirare, sospendere l'ordinario e stimolare il pensiero, la sensibilità e l'immaginazione.

fuse* ha sempre legato il proprio sviluppo a quello della comunità in cui opera, sostenendo, promuovendo e ideando progetti che mirano a diffondere cultura e conoscenza. Con questo intento, dal 2016 co-produce il festival di musica elettronica e arti digitali NODE. Nel corso degli anni, fuse* ha presentato le sue opere e produzioni a livello internazionale in istituzioni e festival d'arte tra cui Mutek, TodaysArt, Sónar, Artechouse, National Museum of China, STRP Biennial, RomaEuropa, Kikk, Scopitone, Inota, Hong Kong Design Institute, National Centre for the Performing Arts of China, Marignana Arte, CUBO, Videocittà e Palazzo Cipolla.


 

ONIRICA, 2023
venerdì 15 settembre 2023 | press preview e opening
Nella navata dell’ex chiesa di Sant’Agnese di Padova

la Fondazione Alberto Peruzzo presenta un’installazione audiovisiva di fuse*
che rielabora in suono e immagini le testimonianze oniriche delle
Banche dei Sogni delle Università di Bologna e Santa Cruz California
16 settembre – 15 ottobre 2023

Fondazione Alberto Peruzzo
Nuova Sant’Agnese, via Dante Alighieri, 63 – Padova
www.fondazionealbertoperuzzo.it | @fondazionealbertoperuzzo

Onirica, 2023
Opera audiovisiva di fuse*
dal 16 settembre al 15 ottobre 2023
martedì – domenica, dalle 17.00 alle 23.00
INGRESSO LIBERO (su prenotazione)

UFFICIO STAMPA
Lara Facco P&C T. +39 02 36565133 | E. press@larafacco.com
Lara Facco | M. +39 349 2529989 | E. lara@larafacco.com
Martina Fornasaro | M. +39 338 6233915 | E. martina@larafacco.com
Marianita Santarossa | M. +39 333 4224032| E. marianita@larafacco.com