mercoledì 29 febbraio 2012

Alberto Zanchetta. CRANIOSCOPIA


21 February 2012 - 04 March 2012
Opening reception February 21 2012, 7.00 p.m.

Martedì 21 febbraio si inaugurerà alla galleria Rubin di Milano un progetto curatoriale di Alberto Zanchetta che si propone di indagare la genesi e le derivazioni del libro “Frenologia della vanitas” pubblicato lo scorso aprile dalla casa editrice Johan&Levi. Non quindi una semplice mostra di opere, bensì un approfondimento e un “accanimento terapeutico” che intende sondare la mente dell’autore, o più precisamente: il suo cranio.

«La verità è nuda; ma sotto il nudo c’è lo scorticato».

Prestando fede alle parole di Valéry, Alberto Zanchetta ha inteso emanciparsi dalla carne per ridursi a “corpo secco”, ossia all’eso-scheletro sul quale ha costruito il suo libro “Frenologia della vanitas”. Intorno al proprio saggio critico è andato elaborando un progetto che non ha un carattere meramente informativo o espositivo, bensì intende sviscerare l’optima pars dello scheletro, quel teschio che l’ha tenuto impegnato negli ultimi dieci anni della sua vita.

Critico d’arte e curatore indipendente, Zanchetta è stato definito un «architetto del linguaggio curatoriale», lui però preferisce essere chiamato un «analogo patologo» (terminologia che ibrida le scienze forensi con il rapsodismo critico) come a voler testimoniare quel modus operandi con cui cercherà di refertare la propria “Frenologia”.

Attraverso accostamenti inusuali, connessioni tra contemporaneità e tradizione, così come tra stili ed epoche, l’autore creerà dei tavoli di lavoro – sull’esempio dei tavoli d’obitorio – in cui saranno presentati al pubblico reperti, documenti e oggetti che integreranno l’opera saggistica; tra le varie curiosità troveranno posto una testa frenologica, il volume “Atlas of Bones and Ligaments” di Cathcart & Caird pubblicato a Londra nel 1885, cartoline o radiografie di diversa provenienza, alcune vertebre e frammenti di crani umani.

Per la prima volta saranno esposti tutti i diciotto Taccuini tanatologici composti da immagini che Zanchetta ha collezionato, ritagliato e incollato su dei quaderni (realizzati durante la stesura di “Frenologia della vanitas”, ciascun taccuino ha una struttura autonoma e un’identità specifica, quasi fossero una propaggine del saggio critico, ma a differenza di quest’ultimo ogni quaderno è stato pensato come un liber mortuorum cum figures, ovvero senza parole).

Appese a parete o distribuite su dei basamenti ci saranno delle opere d’arte provenienti dalla sua collezione privata, quelle stesse che gli hanno tenuto compagnia durante la lavorazione della “Frenologia”.

Incisioni, xilografie e calcografie di artisti del passato (tra cui quelle di Max Klinger, Alphonse Legros, Karl Hänny, Etienne Villequin, Lorenzo Metalli e Tommaso Raggio) si mescoleranno a una selezione di autori ignoti o di artisti contemporanei (Yang Jiechang, Massimo Pulini, Andrea Chiesi, Jean-Pierre Raynaud, Nicola Samorì, Marco Fantini, Frédéric Coché, Beatrice Pasquali, Stefan Lundgren, Maurizio Carriero, Giorgio Rubbio, Juan Carlos Ceci, Vanni Cuoghi, Verter Turroni, Gionata Gesi-Ozmo, Carl Jurisković e altri ancora).

Sempre attingendo alla sua collezione, Zanchetta si servirà di alcuni oggetti di design per ricreare una “vanitas contemporanea” sulla falsariga delle nature morte del XVII secolo in cui un teschio era sovente attorniato da vasi, candele e insetti che alludevano alla fugacità dell’esistenza.

Nella seconda sala della galleria saranno invece esposte le opere che Luca Coser, Alex Pinna, Tommaso Ottieri, Matteo Pagani e gli Affiliati Peducci/Savini hanno espressamente realizzato per l’occasione. Mantenendosi in bilico tra la nuda documentazione e una libera [re]invenzione del materiale a sua disposizione, Alberto Zanchetta intende compiere un’indagine necroscopica – quasi una “cranioscopia sul vivente” – che possa mettere in evidenza uno stile di vita, di lavoro e di ricerca non limitabile alla lettura del libro, ma che ne sia semmai un valido complemento.


Fonte: http://www.galleriarubin.com

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Amalia Di Lanno

Nunzio, pentagramma. Opere su carta 2005-2011


La dialettica fra scultura e piano che sovrasta, affianca o sostiene l’opera ha contraddistinto il linguaggio di Nunzio sin dagli esordi. Le istallazioni dei primi anni ‘80, realizzate in gesso dipinto per immersione, erano concepite per essere collocate a parete in quanto “sculture che […] negano la forza di gravità pur non nascondendo la sostanza fisica”, come afferma Giuliano Briganti nel catalogo della personale all’Attico, a Roma nel 1984.

Se già allora la scelta dei materiali rispondeva all’intenzione di assegnare ai volumi precise valenze cromatiche e luministiche, la predilezione per una tridimensionalità schiacciata di matrice donatelliana nonché l’uso del colore, finalizzato a segnare un nuovo approccio nel superamento del tradizionale rapporto con la pittura, ritornano costantemente anche in epoca successiva.

Nel 1986 Nunzio inizia a intervenire sul legno con cera, pece, carbone, pigmenti o piombo, presentando il frutto di questa sua nuova ricerca alla XLII Biennale di Venezia nella sezione “Aperto 86”, quando vince il Premio 2000 quale migliore artista. Dopo di allora numerose sono le tappe di un percorso segnato dall’impulso di sperimentare tecniche diverse: del legno l’artista rinnega l’intrinseca piacevolezza, sottoponendolo a combustione per conferire ad esso una profonda colorazione nera; sceglie il piombo per la sua duttilità e per la peculiare caratteristica di assorbire e riflettere la luce; dei metalli predilige le ossidazioni, testimonianza di un vissuto che ne viola la purezza e la perfezione primigenia.

Nell’ambito di una ricerca che nel corso dei decenni si riconferma alquanto variegata per ricchezza di soluzioni, il disegno non viene mai concepito come studio preliminare o collaterale alla scultura. Al contrario nel linguaggio di Nunzio ha sempre rivestito un ruolo del tutto autonomo e comprimario rispetto alla sua tradizionale indagine sui materiali.

In passato solo due furono le mostre interamente incentrate su questa particolare forma di espressione artistica. La prima fu la personale Confini tenutasi nel 1991 alla Galleria dell’Oca a Roma, accompagnata in catalogo un testo di Ersi Sotiropoulos, che riuniva lavori in cui sagome dai contorni nitidi si alternavano ad altre evanescenti, campite ora a carbone ora con interventi a pastello. La seconda fu l’esposizione del 2006, itinerante negli Istituti Italiani di Cultura a Los Angeles, San Francisco e Vancouver, in cui la dimensione fuori scala e l’accostamento inusuale di grandi fogli dai diversi formati creavano singolari effetti di illusione ottica, come se i larghi tracciati neri potessero dilatarsi e proseguire oltre i limiti del supporto cartaceo.

Con un inedito progetto interamente rivolto proprio all’opera su carta la Galleria dello Scudo torna ora a dedicare una mostra all’artista, a sei anni di distanza dalla personale Ombre allestita nell’inverno 2005-2006, curata da Lea Vergine e accompagnata in catalogo da un’intervista di Hans Ulrich Obrist. Negli spazi della Galleria, dal 10 dicembre 2011, sarà proposto un nucleo di lavori recenti in cui per la prima volta Nunzio concepisce l’intervento grafico in stretta simbiosi con la scultura. Volumi tridimensionali in materiali diversi si disporranno sulla carta divenendo, insieme ai tracciati e alle partiture nere campite a carbone, parte integrante dello stesso componimento.

La rassegna si apre con alcune opere del 2005, in parte già esposte nella personale di Nunzio allestita alla Galleria dello Scudo nello stesso anno, a segnare l’intento di tracciare una linea di continuità tra le sperimentazioni di allora e quanto realizzato in seguito.

Del 2006 è la carta di quasi tre metri di lunghezza, già presente nella rassegna itinerante negli Stati Uniti, in cui l’artista ripartisce la composizione in una fitta tassellatura. Le scansioni ortogonali addensate nella parte superiore della composizione riprendono la struttura tipica delle pedane lignee su cui l’artista è solito disporre le sue installazioni in legno combusto. La griglia non si attiene a una prevedibile scansione ortogonale ma sembra a scivolare verso il basso, generando un senso di straniamento dovuto all’equilibrio in apparenza precario del disegno.

In un’opera di due anni dopo la verticalità dei segni sembra alludere a una selva di sottili aste annerite dal fuoco calate dall’alto, unite da un’ampia fascia che prelude alle larghe campiture nere che connotano i lavori successivi.

Si giunge quindi agli esiti più recenti, che sul piano stilistico testimoniano un’evoluzione ulteriore rispetto al passato, azzerando l’uso dello sfumato e definendo con maggiore nitidezza i contorni. Le ampie forme geometriche enfatizzano un processo di sintesi formale imperniato sulla dilatazione e sull’addensarsi delle campiture. L’immagine viene ora messa a nudo, scarnificata, concentrata in nuclei più compatti, meno imperniata sulla traccia o sull’idea di fuga prospettica suggerita dalla linea curva e dal ricorso a zone d’ombra.

Alcune opere sono integrate da elementi in legno bruciato, a ribadire la volontà di azzerare qualsiasi distanza fra scultura e superficie bidimensionale. Imprimere un segno sulla carta o realizzare un oggetto possono quindi coincidere in un’azione comune in cui si annulla ogni rapporto di alterità. In questo gioco di contrapposizioni l’intervento grafico accoglie la forma tridimensionale e la trasforma in elemento funzionale alla struttura definita sulla carta. In altri lavori lame di piombo, ricoperte da uno strato di carbone o di vernice scura, appaiono incise in modo tale da lasciar intravedere il metallo sottostante, come graffiti nati per sottrazione e non per applicazione di materia.

La carta, dunque, sempre di qualità pregiata e di considerevole consistenza, è la vera protagonista dell’esposizione, prediletta da Nunzio per le particolari valenze tonali e per l’intrinseca piacevolezza alla vista e al tatto. Nel disporsi in successione sulle pareti della galleria, darà corpo a una sequenza di spartiti monocromi, scanditi da volumi estroflessi o incisi, da cui prende vita una sinfonia accordata su accenti imperiosi. Grandi fogli bianchi accolgono il carbone e lo assorbono quasi a inglobarlo nella loro stessa materia, partecipi entrambi di una comune origine naturale: dal legno bruciato deriva il carbone, così come dal legno trae origine la carta. Larghe campiture di un nero profondo si aprono come finestre su un oscuro inconoscibile, come costante metafora delle forti contrapposizioni (luce-ombra, bianco-nero, giorno-notte) su cui si fonda la ricerca dell’artista.

Info:

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Amalia Di Lanno

IO, TU, LUI, LEI. Una mostra eterosessuale


La Fondazione Bevilacqua La Masa vi invita all'inaugurazione della mostra

IO, TU, LUI, LEI. Una mostra eterosessuale
a cura di Francesco Ragazzi e Francesco Urbano

martedì 6 marzo 2012
ore 18.30
Palazzetto Tito

Io, tu, lui, lei, nelle sale della Fondazione Bevilacqua La Masa mette in mostra il racconto di un incontro straordinario: quello tra una decina di gay e lesbiche veneziani nati tra gli anni '30 e '40; sei giovani artisti italiani hanno avuto il compito di tradurne in opera i ricordi di ieri, ma anche i desideri, le tenerezze, le difficoltà e i pensieri sul mondo d'oggi. Con questa mostra la Fondazione prosegue la sua ricognizione sull’identità di Venezia e sui suoi aspetti meno prevedibili. In quella che tutti considerano “la città dell’amore”, l’amore si presenta con tutte le sue sfumature e la sua carica di libertà.
Delicate storie personali, realtà e fantasie sono state la materia con cui hanno lavorato Antonio Bigini e Rachele Maistrello, Tomaso De Luca, Sabina Grasso, Andrea Romano e Annatina Caprez. Ne è emerso il ritratto di una Venezia inedita e spesso trascurata, quella vera, che la sua storia di mare e di scambi ha reso capace di accogliere, più di altre città italiane, ogni forma di diversità. Chi la sappia guardare senza fermarsi alla sua cornice turistica, può riconoscerla come uno specchio dei cambiamenti sociali, delle tensioni, dei sentimenti che riguardano la vita di tutti.

A cura di Francesco Ragazzi e Francesco Urbano, Io, tu, lui, lei è un progetto espositivo frutto di un laboratorio artistico sulle memorie e culture queer che da circa un anno è attivo nella città di Venezia grazie all’Osservatorio lgbt (acronimo utilizzato come termine collettivo per riferirsi a persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender) - Assessorato alle Politiche Giovanili del Comune di Venezia e all’UNAR - Ufficio Nazionale Antidiscriminazione Razziali del Dipartimento per le Pari Opportunità.

Nel foyer della BLM saranno esposte sei affiche di film realmente esistenti, ma rivisitate da altrettanti giovani artisti italiani: Antonio Barletta, Dafne Boggeri, Chiara Fumai, Margherita Morgantin, Daniele Pezzi, Claudia Rossini, i quali – da angolazioni e percorsi artistici differenti - hanno lavorato su una rilettura critica del concetto di identità. Chiuderà la mostra un piccolo archivio di oggetti e memorabilia scelti in stretta collaborazione con il gruppo degli otto veneziani.

La mostra sarà corredata da un catalogo con i contributi di alcuni dei partecipanti a A special Day: i curatori Pier Luigi Tazzi, Filipa Ramos e Camilla Seibezzi, l’artista Chiara Fumai, il sociologo Luca Trappolin. Il catalogo è edito in collaborazione con Fondazione March e Signaletic srl. Tra i partner l’Istituto Svizzero di Roma per il sostegno alla produzione e la Facoltà di Arti e Design dell’Università Iuav di Venezia come parte attiva delle fasi laboratoriali.

Programma proiezioni
8 Marzo: "Je, tu, il, elle" di Chantal Akerman
22 Marzo: "Senso" di luchino visconti
29 Marzo "Goodbye Dragon Inn" di Tsai Ming-liang
12 Aprile:"Zéro de conduit" di Jean Vigo


La mostra rimarrà aperta al pubblico fino a domenica 15 aprile 2012, dal mercoledì alla domenica dalle 10.30 alle 17.30

Enti promotori UNAR – Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali – Dipartimento per le Pari Opportunità; Assessorato alle politiche giovanili e pace - Osservatorio Queer
Mostra realizzata da: Associazione E
In collaborazione con Fondazione March, Signaletic Srl, Associazione Ottava Traversa, Università Iuav di Venezia – Facoltà di Design e Arti Visive, Istituto Svizzero di Roma.

Per maggiori info:
www.bevilacqualamasa.it/iotuluilei
www.e-ven.net
queervenice.blogspot.com

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Amalia Di Lanno

Roma. Mostra Evgen Bavcar “Il buio è uno spazio”



Mercoledì 18 gennaio 2012 alle ore 18, inaugura a Roma presso il Museo di Roma in Trastevere, la mostra “Il buio è uno spazio” di Evgen Bavcar che rimarrà aperta al pubblico dal 19 gennaio al 25 marzo 2012.
La mostra, promossa da Roma Capitale, Assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico – Sovraintendenza ai Beni Culturali, è curata da Enrica Viganò. La produzione è organizzata da Admira in collaborazione con Galerie Esther Woerdehoff, Parigi. Supporto organizzativo e servizi museali Zètema Progetto Cultura.
Le immagini di Evgen Bavcar sono una vera e propria sfida al limite fisico della sua cecità. Ognuna di esse, nella sua poeticità, rimarca una volta di più quanto guardare e vedere siano due concetti estremamente diversi, e sottolinea la profonda sensibilità di questo incredibile fotografo che riesce a mostrarci aspetti del visibile a noi ignoti. Le opere prendono forma dai suoi ricordi e dalle suggestioni evocate dal mondo circostante, che Bavcar rielabora con grande profondità, creando “visioni dell’anima” oniriche ed emozionanti.
Evgen Bavcar è uno degli autori più apprezzati del mondo della fotografia ma è anche non vedente dall’età di dodici anni, quando due terribili incidenti hanno gettato nel buio la sua vita. Costretto a fuggire dall’oscurità esteriore trova rifugio nei luoghi più nascosti della propria anima, percorrendo territori inesplorati ed indefinibili e restituisce il frutto della sua ricerca attraverso una serie di immagini mentali che attinge da un “presepe di ricordi”. Dall’archivio della memoria estrae immagini che svelano un mondo interiore ricco e circondato di misteri. Le sue fotografie hanno il profumo della Slovenia ed esprimono il ricordo di spazi, luci e forme della sua infanzia. Molti gli chiedono come fa a fotografare. Risponde: “Mi dovete chiedere non come, ma perché fotografo. Scatto in rapporto ai rumori, ai profumi e soprattutto in relazione alla mia esperienza della luce. Poi scelgo le mie foto facendomi consigliare da amici con lo sguardo libero da ossessioni personali”.
La mostra in esposizione a Roma presenta una selezione delle sue famose stampe in bianco e nero e – in anteprima assoluta per l’Italia – alcuni dei suoi scatti a colori.
Biografia Nasce nel 1946 in Slovenia. All’età di 12 anni, dopo due incidenti a distanza di un anno, perde completamente la vista. Studia a Parigi dove si laurea in filosofia. Ha condotto trasmissioni radiofoniche per France Culture. Nel 1988 è stato fotografo ufficiale del Mois de la Photographie a Parigi. Dall’inizio degli anni Novanta, è tra i fotografi più richiesti d’Europa e nel 1992 l’editore francese Seuil ha pubblicato un suo volume con fotografie e saggi. Evgen Bavcar ha esposto il suo lavoro in molte mostre personali e collettive. Tra le prime ricordiamo Evgen Bavcar, Palazzo Bagatti Valsecchi, Milano, 1995; Evgen Bavcar, Galerie Susanne Zander, Colonia, 1995; Evgen Bavcar – Fotografie, Villa Oppenheim, Berlino, 2003; Evgen Bavcar – Wagen meiner Kindheit, Villa Oppenheim, Berlino, 2004. Tra le seconde, Face cachée, Galerie Esther Woerdehoff, Parigi, 2005;XIV Encuentros Abiertos de Fotografía-Festival de la Luz 2006 Argentina, Fundación Luz Austral, Buenos Aires, 2006.

L’artista vive tra Parigi e la Slovenia.
19 gennaio – 25 marzo 2012, chiuso il lunedì
Orari: Martedì-domenica 10.00-20.00
Biglietti€ 6,50 intero, € 5,50 ridotto; gratuito per le categorie previste dalla tariffazione vigente
Informazioni: Museo di Roma in TrasteverePiazza S.Egidio 1B
Tel. 060608 (tutti i giorni ore 9.00 – 21.00)

Foto: © Evgen Bavčar / Courtesy Esther Woerdehoff 2011




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Amalia Di Lanno

Galleria Arianna Sartori - mostra di Anna Moccia


ARIANNA SARTORI

ARTE & OBJECT DESIGN

Via Ippolito Nievo, 10 - 46100 MANTOVA - tel 0376.324260 - info@sartoriarianna.191.it

ANNA MOCCIA

Ceramiche

4 - 15 marzo 2012

Nome della Galleria: Galleria "Arianna Sartori"

Indirizzo: Mantova - via Ippolito Nievo, 10 - tel. 0376.324260

Titolo mostra: Anna Moccia. Ceramiche

Date: dal 4 al 15 marzo 2012

Inaugurazione: Domenica 4 marzo, ore 17.00.

Patrocinio: Comune di Mantova.

Orario di apertura: lunedì-sabato 10.00-12.30 / 16.00-19.30, chiuso festivi.

Domenica 4 marzo, alle ore 17.00, la Galleria “Arianna Sartori - Arte” di Mantova, in via Ippolito Nievo 10, inaugura la mostra retrospettiva dell’artista ANNA MOCCIA.

La personale, gode del patrocinio del Comune di Mantova, e resterà aperta al pubblico fino al 15 marzo.

Anna Moccia è stata presentata nel corso degli anni più volte dalla Galleria Sartori: nel 1980, presso la galleria Studio Sartori di Mantova, allestisce una mostra personale di ceramica (che espone al pubblico per la prima volta), nel 1981, nella stessa Galleria, allestisce una mostra personale di acquerelli recenti e nel 1984 ritorna con una personale di acquerelli e ceramiche. Nel 2000, presso la Galleria Arianna Sartori - Arte, ordina la personale “Anna Moccia. I colori del silenzio”, nel 2001, nella stessa Galleria, allestisce la personale “Mantova appena ieri. Acquerelli di Anna Moccia” e nel 2005 partecipa sempre alla Galleria Arianna Sartori - Arte alla “1a Rassegna d’Arte Contemporanea Mantovana”.

A cura di Arianna Sartori, allestisce una importante mostra antologica a Mantova in Palazzo Bonoris sede della Banca Fideuram nel 2004.

Nel 2007, a cura di Arianna Sartori, al Museo Diocesano Francesco Gonzaga di Mantova, viene realizzata la sua prima mostra postuma intitolata “Anna Moccia. Inediti”.

“Se volessimo intraprendere un piccolo riassunto del copioso materiale prodotto da Anna - frutto di una felicità inventiva e di una abilità manuale innata (stendeva le forme di argilla delle targhe con la cannella, come si trattasse della pasta di un dolce!) nel modellare - si dovrebbe iniziare dallo studio degli stampi e dei materiali impiegati, dai colori, dalle svariate forme aperte, quali piatti da parata e scodellati, ciotole e catini, targhe, formelle da camino e da pavimento, cornici.

È praticamente impossibile reperire tutti i pezzi da lei prodotti, contrassegnati però dalla sua firma in corsivo o meglio in uno stampatello personalizzato, siano essi stati venduti o donati.

Una volta preparato il manufatto, ecco che la fantasia si scatena nella rielaborazione personale: ad esempio il tema antico del rametto con le tre mele diviene il simbolo della famiglia che nasce dalla coppia; oppure l’albero lussureggiante della graffita padovana rinascimentale diviene la sua immagine stessa, si intenda un albero ricco di fronde, ma dal tronco contorto e dalle radici profondamente immerse nel terreno per non soccombere.

Molti simboli geometrici (il rombo tagliato in croce per scongiurare la morte, la girandola generatrice di vita, la stella, i monticelli) come altri attinti dalla tradizione iconologica (nodi, frutti, fiori, foglie, animali rappresentanti le virtù dell’amore fecondo e fedele, quali cani, conigli, unicorni, colombi) vengono utilizzati in contesti isolati, sviluppati in forme opulente, come il vaso con frutta, talvolta inseriti in scene complesse, nel caso della dama che raccoglie da un albero abitato da uccelli i tondi melograni allusivi alla fecondità.

A molti di noi Anna ha regalato tenere immagini di Madonne con Bambino su sfondi di verzura da mettere sulla porta di casa per invocare la protezione mariana. Rare invece le figure di santi che aveva trattato in pittura (S. Carlo, S. Francesco, S. Giorgio, S. Antonio), tradotti in targhe devozionali, espressione di una fede profonda ma pudicamente nascosta, come era nella tradizione popolare del passato”.

Mariarosa

“Avendo trascorso più anni con i miei genitori, mi reputo insieme a Caterina adatto a raccontare come sono nate le opere di mia madre, quali erano i suoi stati d’animo, le preoccupazioni, le gioie, e come si svolse lo studio perseverante teso alla sperimentazione di innovazioni e trucchi diversi. L’ho vista dipingere su qualsiasi materiale con varie tecniche sempre più difficili, come l’acquerello, dove la carta assorbe il colore in un attimo, rendendo subito impossibile ogni correzione.

Lo stesso avviene per la terracotta che, avida di umidità come una spugna, permette l’incisione della sgorbia, ma assorbe subito il colore della pennellata, il quale va quindi attentamente dosato per non sparire nella cottura e restare sigillato per sempre dalla invetriatura.

La ceramica fu per la mamma solo l’ultima delle sue sfide di pittrice in ordine di tempo; si dedicò in particolare a ripercorrere i processi produttivi della “graffita” e della “mezza maiolica” rinascimentale, in passato completamente sconosciute, almeno in territorio mantovano. Ogni pezzo nasceva dalle sue mani: l’argilla umida era plasmata, fatta aderire ad una forma, immersa nel bagno di ingobbio, incisa con vari tipi di sgorbia o di spatola, e, una volta asciutta, dipinta nei classici colori verde ramina e giallo ferraccia, invetriata e infine cotta nel forno elettrico alla temperatura sorvegliata attentamente da papà.

Sembrerebbe una tecnologia semplice e raffinata, ma ognuno di questi risultati, la mamma lo ha verificato e mutato ad ogni passo, prima di adottare un suo linguaggio espressivo, ispirato e filtrato dall’analisi diretta di piccoli cocci antichi”.

Antonio

“Ho trovato un’immagine che rappresenta la sua energia.

L’ “Albero della Vita” trova inizialmente forza dalle radici per poi offrire agli altri bellezza, fiori e frutti.

In questi giorni godremo tutti insieme delle sue opere per essere in armonia con lei”.

Caterina

Anna Moccia (17.12.1928 - 10.06.2006) è vissuta a Mantova. Dopo un’infanzia e una adolescenza segnata dai duri tempi della guerra, si iscrive ad una scuola che potenzia la sua precoce disposizione al disegno, il Magistero della Donna. Dopo un esame integrativo, viene ammessa come allieva all’ultimo anno dell’Istituto Statale d’Arte di Modena; infine frequenta, pur insegnando in varie scuole, l’Accademia di Belle Arti di Bologna dove ha per insegnanti nomi assai noti, quali Giorgio Morandi e Virgilio Guidi che al termine dei quattro anni di corso le conferiscono il primo premio per la pittura, augurandole una promettente carriera artistica che si arena nell’insegnamento, nel matrimonio, nella maternità.

Ma nel tempo riemerge la sua passione inarrestabile per il disegno, l’incisione, la ceramica (dal 1977), la pittura in varie tecniche, una attività ricca di conferme e soddisfazioni colte in innumerevoli mostre d’arte personali o collettive, che hanno dato lustro anche all’estero alla città di Mantova per i numerosi premi attribuitile e per le onorificenze che ne hanno sempre segnalato la disponibilità offerta con generosità a coloro che frequentarono i suoi corsi prima alla galleria “La Torre”, poi all’Università della Terza Età, lasciando grande rimpianto e un segno pittorico distintivo negli allievi.

In pensione dalla scuola, apre infine una sua galleria d’arte in via Principe Amedeo per ospitare tutti gli artisti che desiderano fare mostre; stimola ed incoraggia la creatività di ciascuno scrivendone la critica quale presentazione dell’evento.

Nulla arresta la sua forza generosa, anzi il lavoro e la creatività si approfondiscono nella serie assai meditativa dei “Colori del silenzio” esposta presso la Banca Fideuram nel 2004 con una presentazione di Renata Casarin alla quale si fa riferimento per la bibliografia.

Scompare con discrezione, secondo il suo stile, ma la chiesa di San Barnaba e l’antistante piazzetta non riescono a contenere la folla di allievi, artisti ed amici che le rendono un commovente omaggio d’affetto ricordando il suo retaggio: la ricerca di qualcosa che renda la vita degna di essere vissuta.

PRESENTAZIONE DEL LIBRO "DOPO DI LUI.



Venerdì 2 marzo, ore 18.00

Il Circolo PD Japigia-Torre a Mare

presenta il libro "DOPO DI LUI. Cosa sarà dell'Italia dopo Silvio Berlusconi" di Leonardo Palmisano (CaratteriMobili Editore)

Cosa sarà l’Italia dopo Silvio Berlusconi? A rispondere a questa domanda, un centinaio di italiani e italiane, dal Sud al Nord, incontrati nei luoghi e nelle situazioni più diverse: dai bar agli aeroporti, dai taxi alle spiagge, dai centri commerciali ai calzolai… In un viaggio etnografico di incontri si delinea una mappa composita dei “tipi” dell’italiano di fronte al berlusconismo, alla sua crisi, e alla crisi generale di un Paese.

Dopo i saluti del Segretario Yari Castellana

con l'autore ne discutono:

Prof.ssa Carmela Montagnuolo
Maurizio Brunialti (Componente Segreteria PD Puglia)
Wanda Lograno (Direttivo Prov. PD e Delegata Conf. Donne
Democratiche)
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Leonardo Palmisano, sociologo ed etnografo, assegnista di ricerca, è autore di numerose inchieste e pubblicazioni. Collabora con la cattedra di Sociologia della Facoltà di Lettere dell’Università di Bari e, come consulente, con la Cgil Puglia.

martedì 28 febbraio 2012

Milano. Mostra “Visioni impossibili. Botticelli, Leonardo e Raffaello: nuove tecnologie per vivere l’arte”



A Milano dal 29 febbraio all’11 marzo l’arte classica incontra le più recenti evoluzioni della tecnica e va in scena in veste inedita con la mostra “Visioni impossibili – Botticelli, Leonardo e Raffaello: nuove tecnologie per vivere l’arte” realizzata dalla Casa Editrice UTET in collaborazione con Haltadefinizione® e con il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia “Leonardo da Vinci”. Ospitata nella Sala delle Colonne del Museo, l’esposizione offre per la prima volta la possibilità di accostarsi a grandi opere d’arte attraverso un’esperienza sospesa fra il “reale” e il “virtuale”: la visita ad una pinacoteca in cui le tele lasciano posto, in modo pressoché impercettibile, a riproduzioni perfette, stampate a dimensioni reali, tratte da immagini digitali ad altissima risoluzione frutto di moderne tecniche di acquisizione fotografica.
La mostra propone quindi dei veri e propri cloni dall’assoluta fedeltà cromatica di sette capolavori: la “Primavera”, la “Nascita di Venere” e la “Madonna del Magnificat” di Botticelli, la “Annunciazione”, il “Battesimo di Cristo” e il “Musico” di Leonardo, lo “Sposalizio della Vergine” di Raffaello. Un percorso espositivo suggestivo, reso inoltre unico dagli innovativi strumenti a disposizione del pubblico, la cui fruizione sarà arricchita dal supporto di video HD e strumenti multimediali interattivi capaci di svelare straordinari dettagli pittorici altrimenti invisibili all’occhio umano.
I visitatori potranno così “viaggiare” all’interno dell’Ultima Cena di Leonardo, proiettata in HD su maxischermo con multitouch adibito alla navigazione realtime ed effettuare, grazie a dei tablet, una visita guidata del dipinto. Saranno poi disponibili postazioni touch screen per addentrarsi nel ciclo delle storie francescane affrescate da Giotto nella Basilica Superiore di Assisi – di cui sarà visibile anche la riproduzione della scena “San Francesco in estasi” – e verrà mostrato un video sul Musico di Leonardo nelle effettive dimensioni del quadro. A chiudere, un breve percorso lungo la storia della tecnologia applicata all’arte e alla sua riproducibilità, con una cronologia essenziale illustrata sull’evoluzione della disciplina e reperti storici, fra cui, dalla collezione di Fotocinematografia del Museo, un grande banco ottico professionale di inizio ’900 che fu utilizzato, tra gli altri scopi, per la riproduzione di opere d’arte.
Se la componente emozionale del confronto diretto con l’opera d’arte, con la tela solcata dalla mano dell’artista, non può ovviamente essere replicata, il “clone” offre invece la possibilità non tanto di sostituire, quanto di completare e ampliare l’approccio al dipinto, attraverso opportunità d’interazione precluse con l’originale. Esso non richiede speciali misure di sicurezza e può essere posizionato ovunque, illuminato in modo ottimale, avvicinato, fotografato. Un’occasione pertanto eccezionale di confronto con l’arte, dalle grandi potenzialità non soltanto in termini culturali o didattici, ma anche in relazione alle attività di conservazione, restauro e catalogazione.
I cloni vengono realizzati applicando sofisticati sistemi di acquisizione ed elaborazione di immagini digitali HD, grazie a cui UTET da alcuni anni sta caratterizzando in esclusiva parte della propria produzione di volumi di pregio. Completano l’intervento di clonazione la particolare tecnica di “stampa a pigmenti” su carte speciali e l’intervento manuale di artigiani per l’applicazione delle dorature presenti nell’opera originale.
Sviluppato da Haltadefinizione® – marchio della società novarese Hal9000 a cui si devono anche le installazioni multimediali in mostra – il procedimento di digitalizzazione impiegato prevede la ricomposizione di centinaia di singoli scatti fotografici in una unica immagine. Quella della “Primavera” di Botticelli, per esempio, ottenuta riunendo 1519 fotogrammi di altrettante porzioni del quadro, ha una risoluzione totale di ben 28 miliardi di pixel e permette la visione di dettagli con dimensioni fino a 15 millesimi di millimetro, per un “peso” del file di quasi 300 gigabyte.
Si tratta di tecnologie esclusive, nate nei laboratori di Haltadefinizione® e collaudate dall’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro di Roma, i cui accorgimenti preservano l’opera durante tutte le fasi della lavorazione. Il procedimento è già stato adottato con numerosi enti museali nazionali, fra cui la Pinacoteca di Brera, la Pinacoteca Ambrosiana e gli Uffizi, che ad esso hanno affidato alcune delle opere più importanti delle proprie collezioni. Analoghi interventi sono stati compiuti in passato dall’equipe novarese con il Cenacolo di Leonardo a Milano, con gli affreschi di Giotto nella Cappella degli Scrovegni a Padova e con la Sacra Sindone a Torino.
Proprio dal lavoro compiuto nei mesi scorsi a Firenze, oltre a ricavare tre delle riproduzioni esposte, UTET ha dato alle stampe il prezioso volume a tiratura limitata e numerata “Botticelli agli Uffizi” – curato dalla Soprintendente del Polo Museale Fiorentino Cristina Acidini – che contiene le immagini dei 21 dipinti di Botticelli presenti agli Uffizi, fra cui due capolavori “nascosti”: l’Adorazione dei Magi e la Madonna della Loggia. Si tratta dell’ultima creazione della collana intitolata, come la mostra, Visioni Impossibili e dedicata dalla storica casa editrice torinese alla valorizzazione del patrimonio artistico italiano. Un progetto editoriale di assoluta modernità, completato dalla realizzazione di esclusive riproduzioni artistiche in scala 1:1, l’ultima delle quali è la Madonna del Magnificat di Botticelli.
Saranno la stessa Cristina Acidini, insieme a Fiorenzo Galli, direttore generale del Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia, al sociologo Alberto Abruzzese, direttore dell’Istituto di Comunicazione dello IULM, e al giornalista Renato Parascandolo, già direttore di RAI Educational e autore del progetto Mostre Impossibili, ad inaugurare la mostra alle ore 18 di mercoledì 29 febbraio con la tavola rotonda “Nuove tecnologie per vivere l’arte”, a cui parteciperanno anche il direttore editoriale UTET Enrico Cravetto e Mauro Gavinelli responsabile ricerca e sviluppo di HALTADEFINIZIONE®, mentre ad aprire l’appuntamento sarà un saluto del presidente di UTET Gian Luca Pulvirenti.
Da giovedì 1 marzo la visita alla mostra è inclusa nel biglietto del Museo

(intero 10 €, ridotto 7 €, speciale 4 €)
Orari: da martedì a venerdì 9,30/17 – Sabato e domenica 9,30/18,30
Consulta il sito
Informazioni:Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia

Sala delle ColonneVia San Vittore, 21 Milano

Tel: 02 48 5551





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Amalia Di Lanno

Concorso fotografico “Una donna e il suo bambino”



Il Concorso di Fotografia 2012 “Una donna e il suo bambino” è organizzato dall’UGI – Unione Genitori Italiani contro il tumore dei bambini – ONLUS.


L’UGI è un’associazione di volontariato nata nel 1980 all’Ospedale Infantile Regina Margherita di Torino per iniziativa di un gruppo di genitori che stavano affrontando la malattia di un loro figlio. Scopo dell’associazione è promuovere e sostenere ogni iniziativa volta a migliorare l’assistenza medica e sociale dei bambini e adolescenti affetti da tumore e stimolare e potenziare la ricerca scientifica in tale campo.


Il Concorso è aperto a tutti i fotografi, professionisti e non, dell’area Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta.Per partecipare occorre:- scaricare la scheda di iscrizione dal sito stamparla e compilarla in ogni sua parte;-inviare a mezzo posta la scheda d’iscrizione cartacea firmata e la stampa delle foto al seguente indirizzo:UGI – Unione Genitori Italiani contro il tumore dei bambinic/o Casa UGI – Corso Unit{ d’Italia, 7010126 TorinoAll’interno della busta deve essere presente un cd su cui siano state precedentemente masterizzate le foto in alta risoluzione e la scheda di partecipazione.Il tema per l’edizione 2012 è “Una donna e il suo bambino” liberamente interpretato dalla sensibilità dell’autore. Si può partecipare inviando fino a 2 fotografie in formato 20×30 su carta lucida o opaca, non montate su cornici, passepartout o altro supporto. Le foto devono avere titolo e, se si desidera, una breve descrizione. Dietro ogni foto dovrà essere riportato nome e cognome dell’artista e il titolo dell’opera così come scritto sulla scheda di partecipazione. Le foto possono aver partecipato in precedenza ad altri concorsi fotografici.


La categoria comprende sia le opere in formato digitale che analogico. E’ ammessa l’elaborazione digitale della fotografia e lo sviluppo in camera chiara. Non è contemplata la digital art.L’organizzazione si riserva la facoltà di non accettare immagini la cui realizzazione si presume abbia arrecato danno e offesa al soggetto della stessa o comunque non in linea con lo spirito del Concorso. Le opere verranno esposte in una sala messa a disposizione dall’UGI e montate su griglie. Non è previsto nessun allestimento particolare di parco luci e questo verrà deciso in base al locale in cui si esporrà.
L’iscrizione e l’invio delle opere per l’edizione del 2012 è aperta dal 1° febbraio fino al 13 aprile 2012.La proclamazione dei vincitori verrà fatta entro il 13 maggio 2012.


E’ previsto un podio di per n. 4 opere scelte ad insindacabile giudizio dei giurati più due menzioni speciali.


1° premio: n.1 tessera prepagata del valore di 100 euro da utilizzare presso tutti i punti vendita Eataly d’Italia + esposizione personale di una settimana in uno spazio adatto e che verrà comunicato a tempo debito + profumo linea “Bolaffi” (uomo/donna)


2° premio: voucher per un week-end all’NH Lingotto di Torino + buono acquisto del valore di € 50,00 spendibile presso “Ottica Orla” di Torino + profumo linea “Bolaffi” (uomo/donna)


3° premio: abbonamento rivista fotografica “Zoom” della durata di 12 mesi + buono acquisto del valore di € 50,00 spendibile presso “Ottica Orla” di Torino + profumo linea “Bolaffi” (uomo/donna)


4° premio: n.1 tessera prepagata del valore di 50 euro da utilizzare presso tutti i punti vendita Eataly d’Italia + profumo linea “Bolaffi” (uomo/donna)Menzioni speciali:Premio della Giuria: voucher per un brunch per 2 persone all’NH Lingotto Tech di Torino + cravatta o foulard linea “Bolaffi”


Premio Espressività: corso di Photoshop in aula o corso base di fotografia in aula fruibile nei 12 mesi successivi alla premiazione + cravatta o foulard linea “Bolaffi”


Premio Tecnica Fotografica: n° 1 volume “Catalogo degli Architetti in Piemonte” (Bolaffi Editori) + profumo Linea “Bolaffi” (uomo/donna)Premio Qualità Emotiva del Ritratto: n° 1 volume “Catalogo della Musica in Piemonte dal XVI al XX secolo” (Bolaffi Editori) + profumo Linea “Bolaffi” (uomo/donna)


Premio Ambiente Urbano: n° 1 volume “Catalogo degli Architetti in Piemonte” (Bolaffi Editori) + profumo Linea “Bolaffi” (uomo/donna)Premio Mondi Lontani: n° 1 volume “Catalogo della Musica in Piemonte dal XVI al XX secolo” (Bolaffi Editori) + profumo Linea “Bolaffi” (uomo/donna)


“Premi Speciali del Pubblico”
E’ inoltre previsto un podio per n.3 opere che verranno votate da tutti i partecipanti alla giornata di premiazione (purché non iscritti al concorso) tra tutte le opere pervenute ad esclusione delle quattro già premiate. Le due menzioni speciali potranno, invece, partecipare a tale votazione.1° premio: macchina fotografica Pentax RS 1000 + buono acquisto del valore di € 50,00 spendibile presso “Ottica Orla” di Torino + profumo linea “Bolaffi” (uomo/donna)


2° premio: macchina fotografica Samsung ST 30 + profumo linea “Bolaffi” (uomo/donna)


3° premio: buono acquisto del valore di € 50,00 spendibile presso “Ottica Orla” di Torino + profumo linea “Bolaffi” (uomo/donna)7.


I nomi dei partecipanti verranno pubblicati sul sito.Verranno avvertiti soltanto i vincitori ed esclusivamente tramite e-mail, all’indirizzo segnalato sulla scheda di iscrizione (che perciò dovrà essere chiaro e leggibile).


Gli autori delle opere verranno avvisati tempestivamente sulla programmazione della loro esposizione. Consulta il sito : http://www.ugi-torino.it/


Fonte: http://www.tafter.it


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Amalia Di Lanno