giovedì 5 giugno 2014

Frida y Diego - Fotografie di Leo Matiz


GALLERIA PHOTOLOGY

​ Via Della Moscova 25
+39 026595285


Leo Matiz © Alejandra Matiz / Courtesy Photology, Milano. L'esposizione è una congiunzione ideale tra la mostra su Frida Kalho presso le Scuderie del Quirinale a Roma e quella quella di Frida Khalo e Diego Rivera a Palazzo Ducale a Genova.

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Orario:
(chiusura estiva: 19 luglio - 24 agosto) LUNEDÌ - VENERDÌ H 11.00 – 19.00

Vernissage:
05/06/2014 - ore 19

Genere:
fotografia, personale

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Dopo la mostra Frida.Portraits of an icon, realizzata nel 2003, dal 6 giugno al 19 settembre Photology presenta Frida y Diego. Fotografie di Leo Matiz, congiunzione ideale tra la mostra su Frida Kalho presso le Scuderie del Quirinale a Roma e quella quella di Frida Khalo e Diego Rivera a Palazzo Ducale a Genova.
La mostra è costituita da una selezione di circa 30 fotografie –Gelatin Silver Prints, Platinum Prints- realizzate da Leo Matiz a Coyoacan tra il 1940 e il 1943, tutte firmate dall’autore e certificate dalla Fondazione Leo Matiz di Città del Messico. Quando Matiz arrivò in Messico nel 1940, Frida Kahlo e Diego Rivera avevano già consolidato quell’aura di fascino e suggestione che accompagna ancora oggi i loro personaggi. Matiz strinse con i due artisti un sincero rapporto d’amicizia, tanto da essere invitato più volte nella loro residenza. Il fotografo, con occhio acuto e sensibile, munito della sua inseparabile Rolleiflex, ha immortalato scene semplici ma indimenticabili di Frida e Diego nella loro “casa blu” e in altri momenti della loro quotidianità. Le immagini di Leo Matiz ci restituiscono l’idillio d’amore tra vita e disperazione, tra bellezza e legame con il folckore popolare della propria terra.

“L’unione di un elefante e una colomba”

Nel 1940, Frida Kalho acquistò due orologi di ceramica, nei quali la posizione delle lancette variava in misura minima a significare che le ore tra la separazione da Rivera, segnata su uno degli orologi, e il nuovo matrimonio, segnato sull’altro orologio, erano ore perdute. Gli orologi delle esistenze di Frida e Diego sono partiti con venti anni di distanza l’uno dall’altra.
Frida nacque nel 1907, anche se amava dire di essere nata nel 1910, poiché si sentiva profondamente figlia della rivoluzione messicana di quell’anno e della nascita del Messico moderno. A Coyoacan trascorse la sua infanzia con le sorelle e i genitori Guillermo Kahlo (1871-1941), un fotografo nato in Germania, e Matilde Calderón y González, una benestante messicana di origini ispanico – amerinde. Diego invece nacque a Guanajuato l’8 dicembre 1886. A partire dal 1896 iniziò a prendere lezioni notturne nell’Accademia di San Carlos a Città del Messico; nel 1905 ricevette una borsa di studio del Ministro dell’educazione, Justo Sierra, e nel 1907 un’altra del governatore di Veracruz che gli permisero di recarsi in Spagna e di entrare nella scuola di Eduardo Chicharro a Madrid. Le loro vite scorsero parallele fino a quando si incrociarono per la prima volta nella scuola di Frida, in occasione dell’esecuzione del murale Creazione di Diego, realizzato tra il 1921 e il 1923. Frida, per quanto già improntata dal padre verso l’arte, fu inizialmente spinta dalla volontà di diventare medico, e si iscrisse alla Scuola di preparazione, dove si aggregò al gruppo ribelle dei Los Cachuchas, studenti sostenitori del nazional-socialismo che dovevano il nome al berretto usato come segno distintivo.
Frida amava ribellarsi alle convenzioni sociali insieme ai sui amici; si tagliò i capelli corti e rifiutò di portare il corsetto. La determinazione e la vivacità che la caratterizzavano vennero scalfite, ma non distrutte, il 17 settembre 1925, quando l’autobus su cui viaggiava si scontrò con un tram. Per Frida fu quasi la fine. La colonna vertebrale le si spezzò in tre punti. Due costole, una spalle e la gamba sinistra si fratturarono. “Ho perso la verginità in quell’incidente” dirà con ironia Frida, riferendosi al corrimano dell’autobus conficcatosi nel suo bacino. Ne conseguirono un’estenuante serie di operazioni e una lunghissima degenza nel letto a baldacchino, al quale i genitori decisero di applicare uno specchio che rappresentò per Frida l’incipit a fare della pittura la ragione della sua esistenza. Il suo corpo riflesso e immobile divenne il primo modello per quella che sarà poi la corposa serie di autoritratti che caratterizza la sua produzione artistica.

Diego, intanto, aveva già un matrimonio e due figlie alle spalle. Due anni dopo l’incidente e quattro dopo il loro primo incontro, Frida si presentò all’artista per avere un’opinione in merito al buon numero di quadri che aveva prodotto nel corso dei mesi di degenza.
Il rapporto di stima reciproco si trasformò ben presto in quella che è considerata una delle storie d’amore più passionali e controverse del secolo. Si sposarono nel 1929, non senza polemiche; la madre di Frida paragonò la loro unione a quella di una colomba e un elefante. Lui aveva il doppio dei suoi anni, del suo peso, e delle sue esperienze sentimentali.
Frida fece di Rivera il fulcro della sua esistenza, venendo ricambiata con la medesima passione ma al tempo stesso con una serie interminabile di tradimenti.

“Ho avuto due gravi incidenti nella mia vita. Il primo fu un tram, il secondo fu Diego”

“L’arte di Frida è come un nastro attorno a una bomba”

Leo Matiz © Alejandra Matiz

Scoprirono insieme l’America, viaggiando da San Francisco a New York per il lavoro di lui, alimentando così l’identità artistica di lei. A Detroit Frida fu vittima dell’ennesimo aborto che le fece partorire il dipinto autobiografico Henry Ford Hospital, in cui una Frida sanguinante esprime tutto il suo dolore per l’impossibilità d’avere figli. I continui tradimenti di Diego, commessi addirittura con la sorella minore di Frida, logorarono il rapporto fino al divorzio avvenuto nel 1939. Anche Frida intraprese lo stesso gioco del marito, attorniandosi di molte personalità di spicco sulla scena artistica e politica, come Tina Modotti, Emmy Lou Packard, Giorgia O’Keeffe, Nickolas Muray, Lev Trockij, con cui instaurò rapporti di amicizia che spesso si intrecciavano con quelli amorosi.

Rivera tornò da Frida un anno dopo: malgrado i tradimenti non aveva smesso di amarla. Le fece una nuova proposta di matrimonio che lei accettò con riserve, in quanto era rimasta pesantemente delusa dall’infedeltà del coniuge. Si risposarono nel 1940 a San Francisco. Da lui aveva assimilato uno stile naïf, che la portò a dipingere piccoli autoritratti ispirati all’arte popolare ed alle tradizioni precolombiane. La sua intenzione era, ricorrendo a soggetti tratti dalle civiltà native, di affermare la propria identità messicana. Nell’autoritratto Diego e io (1949) Frida piange, incorniciata da una criniera di capelli neri. In testa, al di sopra delle folte sopracciglia che caratterizzano la sua immagine nota a tutti, c’è Diego, il suo pensiero fisso, il suo amore e il suo carnefice. Il dolore di Frida, divenuto insopportabile, spinse i medici all’amputazione di una gamba; fu l’ennesimo trauma che gettò la pittrice in una profonda depressione. La vita di Frida si concluse nel 1954, a seguito di una polmonite. Diego, un anno dopo, si risposò con Hemma Hurtado, suo agente; ma quando a sua volta morì, tre anni dopo, espresse il desiderio che le sue ceneri riposassero a fianco di quelle dell’unico vero amore della sua vita. Non fu esaudito. Venne sepolto come gli uomini illustri nella Rotonda di Città del Messico. Le ceneri di Frida invece riposano nella loro “casa blu”, teatro del loro passionale e conflittuale amore, oggi diventata Museo Frida Kalho.

“Aspetto felice la partenza, spero di non tornare mai più”

LEO MATIZ-BIOGRAFIA

Leo Matiz è considerato uno dei più versatili e originali fotografi della generazione dei fotoreporter che rinnovò la scena artistica dei primi sessant’anni del XX secolo in America Latina, Stati Uniti e Europa.

Nato nel 1917 in Colombia, nel villaggio di Aracataca -la magica Macondo di Cent’anni di solitudine di Gabriel García Márquez- dove la rigogliosità del paesaggio tropicale si scontrava con il vivere modesto degli abitanti coltivatori di banani, Matiz trascorse la sua adolescenza a Bogotà, nella quale si recò per lavorare nel giornale El Tiempo. Qui cominciò ben presto a frequentare l’ambiente dei caffè bohemiène, luogo d’incontro di fumettisti e pittori. Sotto consiglio di Enrique Santos Molano “Calibano” -nonno dell’attuale presidente di Colombia- Matiz si avvicinò alla fotografia e col tempo si costruì una reputazione di fotoreporter appassionato e sensibile nell’immortalare i personaggi catturati con l’obiettivo della sua Rolleiflex. Fotografo appassionato e instancabile, quasi ossessionato nel raggiungere la perfezione nella sua missione di giornalista, Matiz viaggiò per i cinque continenti e riuscì a portare il suo talento di fotografo impegnato sul campo anche nel cinema e nella fotografia pubblicitaria. Fu caricaturista, editore e gallerista; esibì per la prima volta nel 1951 il pittore Fernando Botero presso la Galleria d’Arte Leo Matiz.

Durante il suo soggiorno in Messico tra il ’40 e il ’48, conobbe e fotografò la pittrice Frida Kahlo e il marito Diego Rivera a Coyoacan, quartiere di Città del Messico dove la pittrice abitava fin da bambina. Matiz ha realizzato molti ritratti di celebrità nel campo nell’arte e del cinema del tempo; ritratti da cui trapela sincerità, fascino e profonda penetrazione sociologica. Per citarne alcuni: Ester Williams, Janice Logan, David Alfaro Siqueiros, Agustín Lara, Gabriel Figueroa, José Clemente Orozco, Mario Moreno, Marc Chagall, Dolores del Rio e Pablo Neruda. La storia lo portò anche a Parigi, per documentare la liberazione dal regime nazista il 24 agosto 1944; Matiz si immerse nelle atmosfere notturne e vibranti della città liberata, sulla scia di fotografi come Doisneau e Brassai, narratori indimenticabili dell’Europa tra le due guerre.
Così, viaggiando da un paese all’altro, la vita avventurosa di Leo Matiz ha ricevuto il riconoscimento di Chevalier des Arts et des Lettres nel 1995 da parte del governo francese, e nel 1997 quello del Filo d’Argento a Firenze.

Nel 1997 è stata fondata la Fondazione Leo Matiz a Santa Fe di Bogotà, con la volontà di portare avanti l’eredità artistica del fotografo in collaborazione con la figlia Alejandra, specializzata in restauro dell’arte e che ha vissuto a Milano per più di vent’anni. Matiz si spense a Bogotà il 24 ottobre 1998, venendo riconosciuto come una delle figure più importanti della fotografia del XX secolo.

Fonte: www.artribune.com

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