Fondazione San Domenico inaugura
Il parco rupestre "Lama
d'Antico"
di Antonio V. Gelormini
lama dantico
L’affidamento in comodato
gratuito alla Fondazione San Domenico (vincitrice di apposito bando del Comune
di Fasano), per nove anni rinnovabili, del parco rupestre di Lama d’Antico, e
delle chiese rupestri di San Lorenzo e San Giovanni, per il servizio di
custodia e gestione, non è solo un’oculata soluzione d’emergenza nel percorso
virtuosamente sinergico tra pubblico e privato.
E’ un modello che dal territorio
di Fasano (Br), detentore di un patrimonio archeologico-monumentale tra i più
ricchi della regione - dove un primario interesse lo rivestono gli insediamenti
rupestri, con le loro cripte affrescate ed il loro habitat naturale - si
propone all’intero ambito regionale.
Ma soprattutto è l’indicazione
della possibile creazione di un polo archeologico-museale, capace di stimolare
un processo coinvolgente, per le comunità locali, della responsabilità di
essere custodi gelosi di tesori e valori, costituenti il proprio patrimonio di
identità. La cui valorizzazione riunisce il valore della memoria con quello
dell’Amor loci. Massimo Bray
Ad inaugurare il Parco Rupestre
“Lama d’Antico” sarà il Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del
Turismo, Massimo Bray, a Savelletri di Fasano venerdì 2 agosto alle ore 19,00.
Nel parco sarà allestita una mostra dell’artista tarantino Giovanni Carpignano.
Che l'attività della Fondazione
San Domenico, costituita nel 2001 per volontà di Vita Marisa Lisi Melpignano,
si concentri in particolare sulle case-grotta e sulle chiese-grotta con il loro
contenuto (i preziosi cicli pittorici bizantini), sulla natura circostante e la
salvaguardia della vegetazione autoctona, non fa che rinforzare le ragioni di
una scelta dalle premesse decisamente lungimiranti.
Fonseca Melpignano
La Fondazione si avvale di un
comitato scientifico presieduto da monsignor Cosimo Damiano Fonseca, accademico
dei Lincei già rettore dell’università della Basilicata. Essa collabora con
Università, Sovrintendenze, Regione, Enti locali e conta sul supporto di
esperti nazionali e internazionali in materia di antropologia, archeologia,
geologia.
Essa ha sede nella Masseria San
Domenico a Savelletri di Fasano, e si occupa di promuovere lo studio, il
recupero degli insediamenti rupestri nei territori di Fasano e Monopoli, ed
anche di tutelare l’ambiente ad esse circostante. Un capitolo mirabile e poco
conosciuto della storia europea, che fonde essenzialità e raffinatezza,
misticismo orientale e sobrietà pratica, nella sintesi materiale di un
paesaggio segnato da: pietra, luce, colore.
Dove, però, resta forte la
consapevolezza che la vera risorsa inespressa del nostro patrimonio resta
ancora nelle “persone”. Convinti che il valore aggiunto, infatti, non risiede
solo nelle pietre dei monumenti, nei tesori dei musei o nei colori del nostro
paesaggio, ma esso è intimamente conservato nelle persone che lo abitano, ne
custodiscono i tesori e ne valorizzano la storia.
lamadantic01
Per questo, sarà la risorsa umana
locale ad essere protagonista nel modello che punta ad unire tradizione e
modernità, qualità della vita e sviluppo economico, per fare della Fondazione
San Domenico un tassello dell'odierno Rinascimento pugliese. Un considerevole
impegno che vuol mettere a frutto i beni storico-ambientali con l'intento di non
snaturarli, di non fare della regione un luna-park archeologico, tanto meno
gastronomico o balneare. Ma anche un modello in cui la capacità di mettere in
rete risorse pubbliche e private diventi la chiave del successo, che possa
conseguentemente fare scuola.
Le analisi turistiche vedono in
crescita le richieste di nicchia legate all’originalità di un’offerta a la
carte, tagliata su misura e fuori dagli schemi tradizionali di cataloghi e
guide di settore. Gli esempi degli incontri letterari nelle masserie di Puglia,
dei soggiorni negli eremi Tibetani, dei laboratori d’arte nei siti rupestri e
archeologici, ma anche delle notti bianche o delle cosiddette destinazioni
estreme, sono la conferma tangibile di un’attenzione più insistente dei mercati
verso la sfera dell’emozione e dell’incontro, oltre quella accertata del
comfort e della qualità.
I cambiamenti intervenuti in
questi anni, nei modelli di consumo turistico e culturale, fanno registrare una
tendenza all’abbandono progressivo delle destinazioni tradizionali, delle
offerte standardizzate, dei periodi di vacanza definiti e circoscritti. Essi
testimoniano una scelta attenta non solo a nuove destinazioni, ma anche a
prodotti più ricchi di significati e di contenuti, di autenticità e soprattutto
di identità locali.
Melpignano Marisa
Puntare, per esempio, sulla
creazione di un distretto culturale, destinato ad interagire con altri
distretti simili, potrebbe favorire la nascita di piccoli sistemi di offerta
territorialmente circoscritti, coincidenti con un’area ad alta densità di
risorse culturali e ambientali di pregio, caratterizzati da un elevato livello
di articolazione, qualità e integrazione dei servizi rivolti all’utenza, sia
culturali che turistici, e da un marcato sviluppo delle filiere produttive collegate.
In pratica, il distretto
culturale come area di comuni e di comunità. Quale nucleo aggregante di un
sistema più articolato e non solo locale (Egnatia, i Villaggi Rupestri, la
Murgia messapica), integrato e funzionale al più grande rilancio della destinazione
Puglia. Capace, in definitiva, di creare una rete di attrattori
turistico-culturali, per essere in grado di attrarre e trattenere domanda.
Nel tempo è rimasto immutato il
fascino del viaggio come momento di crescita e di conoscenza, come occasione di
sfida e di confronto, come attività di evasione per ritrovare comunione con
natura, cultura e realtà territoriali. In una Puglia: “regione per gente dal
palato fino” (P. Belli D’Elia). la Fondazione San Domenico vuole contribuire a
stimolare istituzioni, imprenditori e operatori ad esserne più consapevoli.
Bisogna crederci fino in fondo e fare in modo che un’azione programmatica
definita, incisiva e coinvolgente accenda l’orgoglio di tutti e stimoli
l’impegno di ognuno.
lamadantico03
Guarda la gallery
CENNI STORICI
Si tratta di una delle lame più
suggestive del territorio e di un villaggio rupestre fra i più vasti ed
articolati della regione, al cui centro è scavata la chiesa, di grande
interesse sia per il disegno ‘architettonico’ sia per le pitture conservate.
Si è calcolato che il villaggio
potesse contenere circa settecento persone, un nucleo abitato formato forse
dalla diaspora dell'antica città romana altomedievale di Egnazia, distrutta a
partire dal VI-VII sec. e abbandonata del tutto fra X e XI secolo.
Il popolamento delle campagne
nell'età della bizantinocrazia è dato dalla presenza dei trappeti o frantoi
(produzione dell'olio) tuttora conservati; cantine (vino); mulini con macine
(grano). Una zona cimiteriale è raccolta intorno alla chiesa e nelle cripte prospicienti
sul lato opposto della lama. Le abitazioni, ampie o di dimensioni più modeste,
sono costituite da due o più vani (uno dei quali adibito a stalla), con
nicchie-rispostiglio scavate nelle pareti, maniglie reggi giaciglio e per
sospensione nel soffitto, lucernai, focolare, panche, pozzi e piccole cisterne.
La chiesa è composta da una sola
navata longitudinale voltata a botte, tagliata al centro da un quadrato a cielo
aperto, ma chiuso in origine da una cupola-tholos impostata su muretti in
funzione di tamburo e coperta da chiancarelle di pietra come nei trulli. Lungo
il lato sinistro della navata, scandita da archeggiature su pilastri, corre un
ambiente destinato al clero (parecclesíon) nel quale è scolpita a parete verso
l'abside una cattedra (caso singolarissimo, analogo a quello della cripta di
san Marco a Massafra), riservata al vescovo itinerante o
"chorepiscopo", che periodicamente visitava la pieve e la chiesa
rurale per l'amministrazione dei sacramenti o altre incombenze (la ‘dedicatio’
o la concessione della ‘charta libertatis’ necessaria per l'espletamento del
culto).
L'ipotesi è confermata dalla
‘galleria’ dei vescovi dipinti entro le nicchiette scavate nella parete
(precedente illustre nella cattedrale di santa Sofia ad Ochrida – Macedonia, XI
sec. – decorata da una serie di ritratti di patriarchi e vescovi della chiesa
locale). Figure di padri della chiesa erano invece affrescate sulle pareti
dell'imbotte, fra cui riconoscibili probabilmente – fra gli altri - i santi
Cirillo di Gerusalemme, Basilio di Cesarea, Gregorio di Nissa.
lamadantico07
Il bema si trova in un'abside
piuttosto contratta rispetto alle dimensioni della navata, affiancata a
sinistra da un modesto vano ripostiglio in funzione di próthesis. L'iconostasi,
oggi perduta, doveva essere di legno, di grandi dimensioni. L'ingresso alla
chiesa, aperto sul lato lungo della parete meridionale, è sottolineato dal un
grande portale a ghiera arcuata con cornici retrogradienti, stipiti e lunetta
in origine dipinti (tracce di colore superstite).
Alla funzionalità liturgica si
accompagnava un corredo di affreschi che, nonostante le gravi lacune, è di
grande interesse per contenuto iconografico e stilistico: una scena di Deesis
(supplica dell'Ultimo Giorno) fra Angeli (frammenti minuti) nell'abside
centrale; una seconda Teofania di Cristo sul setto murario soprastante
l'abside, che combina la scena dell'Ascensione al cielo entro una mandorla di
luce fra i simboli dei quattro evangelisti (soggetto comune nella decorazione
di una cupola) con quella di una Deesis fra la Vergine orante a destra e san
Giovanni il precursore a sinistra; un trittico composto dalla Vergine Odegitria
fra i santi Lorenzo e Teodoro Stratilate sull'imbotte del presbiterio a
sinistra; i vescovi orientali e occidentali accennati, molti dei quali anonimi;
una figuretta evanida a ridosso della próthesis, forse san Giovanni apostolo,
con una contigua iscrizione greca di fondazione del tempio a lui dedicato, in
gran parte incompleta (attestato nei documenti d'archivio il culto di San
Giovanni nei casali rurali intorno a Fasano).
La scena di Teofania, di stile
severo, richiama tratti della pittura dell'oriente cristiano (Cappadocia e
Siria-Palestina) e insieme ai frammenti della Deesis può essere datata al X-XI
secolo, mentre le figure dei santi vescovi, nel consueto panneggio e impianto
monumentale, all'XI-XII secolo.
L'accurato scavo della chiesa, la
sua monumentalità e il rilievo all'interno della lama e del territorio, il
richiamo della decorazione parietale e della sua iconografia all'ambito
bizantino, la suggestione della continuità del culto dalle basiliche
paleocristiane di Egnazia all'antro medievale, la cattedra episcopale scolpita
nel tufo, fanno di Lama d'Antico un ‘unicum’ fra gli insediamenti rupestri
della Puglia, aperto al fascino di un Oriente assai prossimo, innervato e
trasposto nell'impianto della chiesa e soprattutto nei colori e nelle immagini
della sua fragile parata di santi.
PUGLIAITALIA