Nata a Bari e vissuta in un ambiente
familiare incline all’arte a tuttotondo, Irene
PETRAFESA interrompe il suo incarico al Ministero delle Finanze e, per
passione, dal 2000 intensifica la propria attività artistica. Partecipa a
numerose rassegne in Italia e all’estero, riscuotendo numerosi riconoscimenti e
grande successo di critica e pubblico.
La mostra, curata da Mina TARANTINO, sarà inaugurata sabato 9 marzo 2013 alle ore
19.00.
La presentazione critica è affidata allo Storico
dell’arte Giuliana SCHIAVONE che, in
catalogo, scrive: «Soffio, vento, respiro. Questa l’etimologia del termine
greco ànemos, a lungo adoperato
per designare quel principio vitale, elemento vivificatore di tutto ciò che
esiste nel mondo, che permea di essenza identitaria quanto è già dotato di
realtà biologica, e di cui l’essere può intuire l’impercettibile e assidua
presenza nel corso della sua storia individuale.
All’origine
dei pensieri e delle passioni, alla base della stessa attività cognitiva
dell’uomo si colloca, dunque, un respiro, fruscio dell’anima. Condizione
primaria dell’esistenza fisica e psichica, che conferisce unitarietà a una
serie infinita di frammenti di spazio e tempo, esso può contenere la memoria
fluida delle cose, storicizzarla, contraendola in una sintesi momentanea, per
condurci alle soglie di una consapevolezza profonda del nostro rapporto
indissolubile col mondo.
Un
simile principio dinamico sembra così invadere i lavori di Irene Petrafesa, al
punto che ogni opera è materia pulsante e vibratile, unità poetica di forma e
sostanza, al cui interno si snoda il racconto di una storia personalissima,
narrata attraverso il temperamento del colore, la cui fibra energetica è
attivata da un ànemos che vaga indisturbato nell’universo, trasportando
in ogni luogo la lieve memoria delle origini. Il processo creativo, più simile
a una trasfigurazione inversa che a una rappresentazione strictu
sensu, scava nella litosfera del reale, giungendo al nucleo primordiale, intervallo
di potenziale libertà e riscatto, in cui persino il dolore più aspro può essere
ricondotto alla natura indefinita che appartiene ai suoi albori, abbandonando
la sua forma accidentale. Un approccio creativo contestualmente istintivo e
analitico, dunque, porta l’artista a intercettare i materiali primari
dell’esistenza, in uno spazio fluido e di passaggio, di sospensione temporale,
in cui il pensiero, il dato emozionale e simbolico, sono ancora fermi a uno
stadio evolutivo prelinguistico, antecedente a qualsiasi determinazione finita.
Non sapremo mai, forse, se nei grigi, rossi, aranciati, o bruni delle opere si
conservi un dato, reale o psichico, colto nel principio della sua attività
esistenziale, o nella disgregazione che appartiene all’atto finale di ogni storia
contingente.
Una
medesima sostanza accomuna, infatti, l’origine e l’epilogo di ogni cosa, e
necessariamente una è la visione estetica che traduce all’esterno i due
poli di questo procedere universale. I riferimenti alla realtà, evocati quasi
unicamente dai titoli dei suoi lavori, sono sottoposti così al vaglio
dell’intuito, umanizzati per il tramite di una gestualità rapida, viscerale,
fatta di ripetuti interventi sulla tela, di passaggi sovrapposti, e di volute
corruzioni epidermiche che incidono la preesistente morbidezza tonale,
sfaldandola. La superficie appare ora densa, segnata da ferite ancora pulsanti,
ora più eterea, impalpabile e incorporea come gli elementi naturali o concreti
suggeriti dalla composizione, perché il mondo è generato, in fondo, da un respiro
continuo ma straordinariamente imperfetto e mutevole, che alle volte placa,
altre invece è sintomo, voce dell’anima, accelerazione del suo ritmo, sotto l’urto
improvviso degli eventi».
La
mostra resterà aperta dal 09 al 30 marzo 2013.
Orario:
da martedì a sabato, dalle ore 17.30 alle 20.30
Info:
spaziosei@alice.it - tel. 080.802.903 - cell.
339.61.62.515
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