sabato 25 febbraio 2012

I gioielli sostenibili di Riccardo Dalisi



Martedì - Domenica10.30 - 20.30

Giovedì e Venerdì10.30 - 23.00
IngressoGratuito

Triennale Design Museum presenta


I gioielli sostenibili di Riccardo Dalisi, cento gioielli autoprodotti e realizzati a mano da Dalisi nel suo laboratorio.

Afferma Silvana Annicchiarico, direttore del Triennale Design Museum: “Che siano fatti di ottone o di latta, di carta stagnola o di vetri colorati, questi gioielli – tutti rigorosamente realizzati a mano – confermano che Dalisi (il cui universo è già stato in parte esplorato dal Triennale Design Museum con le mostre Design Ultrapoverissimo nel dicembre del 2008 e Compasso di latta nell’aprile 2010) è l’ultimo esponente della tradizione animista del design italiano: a guardarli con attenzione, sembra respirino, pulsino, si muovano. Sembra abbiano in sé l’anima di chi li ha pensati, maneggiati, piegati, puntellinati, realizzati. Molto più che semplici ornamenti, lontanissimi dall’idea di sfarzo che spesso si accompagna alla tradizione orafa, ridisegnano in modo radicale la nozione stessa di valore, legandola non alla venale preziosità del materiale, ma all’originalità e all’unicità del trattamento creativo a cui il materiale stesso è sottoposto”.
Solo di recente il mondo orafo ha preso consapevolezza della necessità di una riflessione sulla sostenibilità, tema centrale del pensiero contemporaneo e dello sviluppo futuro.
Da qui l’omaggio ai gioielli di Riccardo Dalisi, il poeta-designer che ha teorizzato la decrescita istituendo il Compasso di Latta e che per primo ha sollevato nel gioiello la necessità di una maggiore responsabilità verso le risorse dell’ambiente e la valorizzazione del capitale territoriale. Riccardo Dalisi è una figura di spicco nel panorama internazionale dell’arte contemporanea. È un progettista che ha saputo coniugare il lavoro su scala industriale con quello artigianale, vincendo nel 1981 il Compasso d’Oro. Dalisi è stato tra i primi ad assemblare materiali poveri e di riciclo, come latta, carta, rame, ferro, lamierino, ceramica, vetro, legno, stoffa, trasformandoli, con pazienza e capacità artigianali, in opere d’arte.
Se il lavoro di Dalisi è ampiamente riconosciuto negli ambiti del design - dalle caffettiere per Alessi alle lampade per Oluce - e dell’arte - le sue sculture adornano numerose piazze e collezioni museali - quella dei gioielli è invece una produzione silenziosa, apparentemente casuale, poco nota sebbene straordinariamente intensa e suggestiva.
Questa mostra presenta per la prima volta l’opera omnia dei gioielli di Riccardo Dalisi, un riconoscimento del valore espressivo, della coerenza linguistica e dell’autonomia artistica dei suoi gioielli. Sono cento gioielli autoprodotti e realizzati a mano nel suo laboratorio, spesso con l’aiuto di bambini e giovani disoccupati cui ha insegnato un mestiere, dimostrando che, in una città come Napoli tormentata dall’emergenza rifiuti, il gioiello poteva anche avere una valenza sociale e di recupero.
Cento gioielli realizzati tra il 1990 e oggi, delicati e candidi, dai colori vivaci e dai materiali “ultrapoverissimi” nella definizione di Dalisi, come latta, ottone, stagnola che affiancano oro e argento e ci immergono dolcemente in una performance artistica giocata sulla metamorfosi e sul movimento.
Secondo la curatrice, Alba Cappellieri, professore di design del gioiello al Politecnico di Milano, “questi gioielli ben descrivono il mondo misterioso di Riccardo e le creature che lo abitano: alberi, fiori, stelle, comignoli su cui si posano placide colombe, porte e finestre che si aprono su foreste incantate popolate da giraffe, leoni ed elefanti, mani che accolgono, cuori che abbracciano, volti che sorridono dal balcone di un cammeo”.
Dalisi ha introdotto il tema del rifiuto, dello scarto nel gioiello, dimostrando che la preziosità non è quella dei materiali preziosi e che anche un piccolo pezzo di vetro o un coccio di ceramica possono avere una nuova vita, spesso migliore della precedente. Per il maestro napoletano, infatti, lo scarto non deriva da un’estetica artistica quanto piuttosto dall’esigenza di una visione etica del gioiello - e del progetto in generale - che rifugge la preziosità del materiale a vantaggio di materiali poveri, rifiuti e piccoli frammenti che per lui sono come “piccole anime da salvare”. “A volte mi dilungo a dipingere schegge di lavagna - scrive Dalisi - frammenti di lava del Vesuvio, di pietra calcare (…) ed ecco che quelle per me sono pietre preziose da incastonare, pronte a brillare…”.




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Amalia Di Lanno