30 ottobre – 14 dicembre 2014, Castello di Barletta
Giovedì 30 ottobre 2014 al Castello di Barletta si inaugura, nell’ambito della XII edizione di Avvistamenti, organizzata dal Cineclub Canudo con il patrocinio dell’Assessorato alle Politiche dell’Identità Culturale del Comune di Barletta e dell’Assessorato al Mediterraneo, alla Cultura e al Turismo della Regione Puglia, la mostra (Di)sfide contemporanee, concepita e realizzata da Daniela Di Niso e Antonio Musci e curata da Bruno Di Marino. La mostra è inserito nella programmazione di RIEVOCAZIONE IN MOSTRA, un articolato progetto di mostre e convegni dedicato alla Disfida, organizzato dal Comune di Barletta e si articola in due momenti, di cui il primo è composto da tre rielaborazioni audiovisive allestite in occasione delle celebrazioni della Disfida. Le installazioni site specific sono: The Warriors of Beauty del filmmaker e artista francese Pierre Coulibeuf, From Milk to Z del duo di artisti italo-spagnoli Elastic Group (formato da Alexandro Ladaga e Silvia Manteiga) e l’installazione in animazione 3D Idle Status di Raffaele Fiorella e Igor Imhoff, proiettata sulle mura esterne del castello.
A questa prima esposizione, che resterà visibile un mese, farà seguito una seconda che si inaugurerà sabato 15 novembre, sempre della durata di un mese, intitolata De Bello Naturae, della natura le sfide, con nuove opere video dell’artista americano Peter Campus, considerato uno dei pionieri della videoarte, mostrate in anteprima a Barletta, affianco ad opere fotografiche, la maggior parte inedite, della fotografa americana Kathleen J. Graves e ai paesaggi elettronici di Antonio Trimani.
Il titolo (Di)sfide contemporanee allude sia al tema del conflitto al centro delle due esposizioni, sia alla sfida che – attraverso un uso creativo e innovativo delle nuove tecnologie – l’Arte vuole lanciare alla Storia, ripensando e aggiornando un evento come quello della celebre Disfida barlettana. La contemporaneità è insita anche nella natura dei lavori che, ubicati in luoghi diversi del castello, intendono dialogare tra loro simultaneamente, secondo una logica intermediale, per cui il cinema, il video, la fotografia e l’animazione grafico-digitale si fondono perfettamente.
Il tema del conflitto è affrontato nelle opere in mostra secondo modalità differenti. Pierre Coulibeuf nell'installazione The Warriors of Beauty ci presenta, articolata su due schermi, gran parte del suo film Les Guerriers de la beauté (2002), incentrato sull’immaginario di un altro artista, Jan Fabre, di cui viene rivisitato l’universo teatrale, attraverso un’operazione simulacrale e non puramente imitativa che Coulibeuf compie da sempre confrontandosi con l’estetica di personaggi provenienti dalla danza, dalle arti visive e da altri ambiti espressivi. In The Warriors of Beauty le figure e le azioni si susseguono secondo una logica di ripetizione/differenza nelle sale di una fortezza di Anversa (città natia di Fabre) che sembra prolungarsi all’interno del castello di Barletta in un’ideale continuità/contiguità spazio-temporale. All’installazione sono collegate alcune fotografie tratte sempre dallo stesso film.
La trasposizione coreografica del conflitto, secondo una storicità senza tempo nell’opera di Coulibeuf, diventa invece nel lavoro di Elastic Group, From Milk to Z, un combattimento tra arte e natura, tra forma e materia: in questa suggestiva installazione monocanale assistiamo infatti alla materializzazione dell’immagine che produce una sorta di scultura video, un’architettura magmatica in divenire. Lo studio del dettaglio come rivelatore di universi, anticipato con i primi esperimenti del microscopio ed evolutosi nel recente avvento delle nano-tecnologie, ha scandito l’inizio dell’era post-digitale, quando una nuova natura prende forma, una «Natura II», come la descrive il teorico Roy Ascott, che nasce in «un mondo che non sia più soltanto né digitalmente asciutto né biologicamente bagnato, né virtuale né attuale; in sintesi un “mondo umido”».
Il figurativo/performativo di The Warriors of Beauty e l’astratto/cinetico di From Milk to Z trovano in qualche modo una sintesi nel lavoro degli artisti pugliesi Fiorella e Imhoff, Idle Status, che, pur presentandosi in alcuni punti come un mapping, poiché secondo precisi parametri smaterializzano l’architettura reale del castello in immagini di grande impatto spettacolare, di fatto è un potente racconto grafico costruito su una commistione di elementi geometrico-simbolici: la disfida diventa anche in questo caso un pretesto per un discorso più ampio: la texture caotica e volutamente instabile coniugata alle continue interferenze delle/nelle immagini che disturbano a tratti la proiezione rimandano a un conflitto non solo narrativo (l’evento storico in sé) ma anche ludico e tecnologico (il linguaggio dei videogiochi, analogico vs digitale). Nelle sale interne altri lavori di Fiorella su cornici digitali rappresentano una continuazione ideale dell’affresco cinetico esterno: le delicate silhouette dell’artista di Barletta che ripetono a loop gli stessi gesti popolano micromondi fortemente evocativi e poetici che discendono direttamente dalle ombre cinesi o dalle lanterne magiche, quindi da quell’affascinante universo pre-cinematografico che oggi, nell’era digitale, viene recuperato e attualizzato. I due video di Imhoff, Planets e Kurgan, invece, visibili su monitor, costituiscono l’apice dell’estetica di questo artista animatore che dopo la suggestiva serie dei Percorsi approda a risultati più astratti, ma anche più complessi tecnologicamente, continuando tuttavia a coniugare l’animazione al computer 2D e 3D in direzione decisamente sperimentale. In Kurgan, ad esempio, in una ambientazione volutamente iperrealistica, si materializzano i personaggi, due fantasmi o piuttosto dei simulacri, che subito si contrappongono in una lotta all’ultima particella.
Pur nella loro autonomia, da queste installazioni scaturisce un’idea dell’arte che, mai come in quest’epoca, vive una fase di “passaggio”, e dunque di conflitto e rigenerazione, sospesa tra passato, presente e futuro, attuando un ripensamento ontologico dei suoi dispositivi.
De Bello Naturae non è semplicemente una mostra, ma un progetto artistico che vedrà il suo primo compimento nel castello di Barletta ed è frutto di un dialogo che da molti anni coinvolge Peter Campus, Kathleen Graves e Antonio Trimani. Anche se con tre diverse modalità espressive, legate allo stesso mezzo di registrazione del reale (la foto/cine camera), i tre artisti esporranno lavori che declinano in tre modi diversi il rapporto/conflitto tra l'uomo contemporaneo e la Natura.
Peter Campus, con i suoi paesaggi sempre più astratti, realizza un inno alla natura, grazie ai colori vivaci ottenuti con una brillante saturazione e pixelation che può essere raggiunta solo nell'era digitale. Interessato da sempre alla psicologia cognitiva e agli aspetti della percezione, Campus esplora il divario tra ciò che vediamo, ciò che la foto/cine camera registra e ciò che immaginiamo sia un paesaggio. I video in mostra fanno parte di una serie che Campus, formalista impenitente, ha iniziato nel 2008, lavori di sensibilità raffinata e chiarezza compositiva, ispirati a grandi maestri come Cézanne, Corot e Rothko.
Il lavoro di Kathleen J. Graves prende le mosse dal suo amore per la natura e la tecnologia. L’artista ha prodotto creature artificiali chiamate NanoBots, quasi delle nuove forme di vita che possono lavorare e vivere in paesaggi all'aperto per aiutare a preservare la natura. Il nuovo lavoro fotografico in mostra, chiamato Dark Garden, riflette il cambiamento dei modelli meteorologici, con le inondazioni nella zona di Long Island di New York, dove vive. In queste opere le "Bots" (creature artificiali) assumono forme immaginarie con la funzione di osservatori e controllori dell'ambiente.
I paesaggi elettronici di Antonio Trimani, infine, ci invitano alla contemplazione, rendendo questa funzione associata a ricordi antichi, ancestrali, ma allo stesso tempo, quanto mai vicini. Di lui scrive Marco Tonelli: «Se Magritte avesse avuto modo di utilizzare il video, di certo avrebbe rappresentato le sue rivelazioni del quotidiano nel modo in cui ha fatto Antonio Trimani, sospendendo, per esempio, come per improvvisa apparizione, un macigno nel mezzo del cielo (Rivelazione). I lavori di Trimani vivono spesso di queste sottili epifanie che modificano la loro essenza fisica secondo tempi e luoghi carichi di trascolorante attesa come il video in mostra Anlges&Curves. Qui il tempo si fa materia evanescente, non solo perché diluita nei tempi dell’immagine digitale, ma anche perché espansa lungo traiettorie cromatiche ipersensibili e cangianti, proprio come la sensibilità del soggetto e il nostro apparato percettivo. Visioni diurne nel flusso elettronico, le opere di Trimani fanno sembrare irreale e metafisico, grazie all'onirismo della composizione video, tutto ciò che di reale si può osservare nell'ordinarietà del quotidiano».
(Di)sfide contemporanee è collegata al progetto Avvistamenti Workshop, curato da Bruno Di Marino, Daniela Di Niso e Antonio Musci e realizzato dal Cineclub Canudo in collaborazione con Apulia Film Commission: ciclo di incontri con autori internazionali che si sta svolgendo dallo scorso luglio presso il Cineporto di Bari e che ha visto coinvolti finora i videomaker italiani Cosimo Terlizzi e Davide Pepe, nonché il premio oscar polacco Zbigniew Rybczinski.
Il prossimo a presentare i propri lavori audiovisivi nell’ambito di Avvistamenti, attraverso una conversazione in pubblico con Bruno Di Marino, sarà Peter Campus, di cui saranno proiettati: il 13 novembre, a partire dalle ore 20.00, Three Transitions, 1972, 4:53; Four Sided Tape, 1976, 3:20; East Ended Tape, 1976, 5:06; Third tape, 1976, 5:06; Death Threat, 2000, 11:22; divide, 2001, 3:39; edge of the ocean, 2003, 2:31; under the bridge, 2006, 3:24; lost days, 2006, 4:04; still wind, 2006, 3:39; in water, 2007, 4:32; cable crossing, 2007, 4:00; the blinds, 2007, 3:30; the pale, 2007, 3:05; the future of oil, 2007, 3:32; just outside, 2007, 4:03; without malice, 2007, 4:03; agenesis, 2007, 2:46; periphery, 2007, 4:00
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amalia di Lanno