Giovedì 23 marzo dalle ore 19:00 alle ore 23
Via de Cristoforis, centro storico, 70038 Terlizzi (Ba)
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INFINITO SPAZIO DI UNA CELLA. Le «discipline umanistiche – è quanto evidenziava Gombrich nella relazione al simposio organizzato dalla Fondazione Praemium Erasmianum nel 1988 – devono dipendere da un sistema di valori» cifra peculiare e dialettica che «le distingue dalle scienze naturali». È un punto fermo che, dagli inquieti anni di avvio del nuovo millennio, torna a proporsi quale elemento centrale, quasi nodo scottante, del dibattito sull’arte, segnando un confine, se pur precario, fra le più accreditate tendenze della storia e della critica. Il valore presuppone una scala senza misura ne rapporti: i valori sono ciò che ci destinano al futuro; è quanto di ciò che il presente ha conservato per essere present...e. Lo spazio della nostra realtà endless, infinita e fluida sarà il luogo di micro-macro accadimenti, di eventi, di creatività che daranno ossigeno ai valori, rigenerandone i lieviti.
Nello spazio di una cella confinante con il mondo attraverso un vetro, i linguaggi degli artisti invitati a realizzare un intervento site specific, cadenzeranno la narrazione di giorni che, uno
nell’ altro, racconteranno le emozioni, i sorrisi, le contrarietà: tutto ci aiuterà, perché tutto filtrerà dal vetro e andrà a riporsi nell’ infinito spazio della cella. Ho voluto condividere con Paolo De Santoli e gli amici della RA contemporanea art il desiderio di costruire una trance di tempo che verrà, ma anche l’energia che li spinge all’ incontro, a guardare all’arte come viatico alla ‘stanchezza’ che non è quella fisica.
«Esiste – scriveva Pessoa – una stanchezza dell’intelligenza astratta ed è la più terribile delle stanchezze. Non è pesante come la stanchezza del corpo, e non è inquieta come la dell’emozione. È un peso della consapevolezza del mondo, una impossibilità di con l’anima».
Nell’opera di Giuseppe Rescigno il segno assume un ruolo di primaria importanza, come vettore di una effettiva partecipazione sociale dell’attività estetica. È un segno che si fa comunicazione diretta, dialogo con quanto attira la sua attenzione e il suo interesse. Un vettore dunque portante che, per la sua essenzialità ed immediatezza, si dispone quale “segnale”; cioè si fa evidenza di una precisa ed univoca comunicazione, grazie alla quale Rescigno prova a mettere in contatto luoghi della contemporaneità, con memorie ancestrali, con lontane ritualità arcaiche.
Tali segnali come è nel caso dell’installazione proposta per l’edicola-RARA, fondano sull’alternarsi, in misura tridimensionale, di forme-sagome che, talora realizzate con colori accesi e squillanti talaltra riportate all’originario colore del ferro, danno vita a giochi di pieni e di vuoti. È così per Segni celtici, concepiti dall’artista come veri e propri complessi scultorei, che aggregano più forme,
istituendo con il fondo un gioco di relazioni dettato dalle ombre.
Il richiamo al dizionario dei ‘segnali’ urbani, a quei segni attinti al codice dei ‘movimenti’ di una città consente all’artista di ideare il complesso plastico come variabile, vale a dire disposto a confrontarsi con i luoghi, come avviene per questa esperienza messa su a Terlizzi nel quadrilatero di una ‘cella’. L’artista torna nuovamente su un tema che da oltre quarant’anni sollecita domande alla sua immaginazione: ossia torna ad interrogarsi riguardo alla città, ai suoi luoghi, alla sua anima che rende viva e pulsante di storia il presente. Massimo Bignardi
RA contemporaryArt · Museo FRaC Baronissi SA · Pro Loco Terlizzi
il Sito dell’Arte · Ceramica, Liceo Artistico Corato · Studio ADF, consulting
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Nello spazio di una cella confinante con il mondo attraverso un vetro, i linguaggi degli artisti invitati a realizzare un intervento site specific, cadenzeranno la narrazione di giorni che, uno
nell’ altro, racconteranno le emozioni, i sorrisi, le contrarietà: tutto ci aiuterà, perché tutto filtrerà dal vetro e andrà a riporsi nell’ infinito spazio della cella. Ho voluto condividere con Paolo De Santoli e gli amici della RA contemporanea art il desiderio di costruire una trance di tempo che verrà, ma anche l’energia che li spinge all’ incontro, a guardare all’arte come viatico alla ‘stanchezza’ che non è quella fisica.
«Esiste – scriveva Pessoa – una stanchezza dell’intelligenza astratta ed è la più terribile delle stanchezze. Non è pesante come la stanchezza del corpo, e non è inquieta come la dell’emozione. È un peso della consapevolezza del mondo, una impossibilità di con l’anima».
Nell’opera di Giuseppe Rescigno il segno assume un ruolo di primaria importanza, come vettore di una effettiva partecipazione sociale dell’attività estetica. È un segno che si fa comunicazione diretta, dialogo con quanto attira la sua attenzione e il suo interesse. Un vettore dunque portante che, per la sua essenzialità ed immediatezza, si dispone quale “segnale”; cioè si fa evidenza di una precisa ed univoca comunicazione, grazie alla quale Rescigno prova a mettere in contatto luoghi della contemporaneità, con memorie ancestrali, con lontane ritualità arcaiche.
Tali segnali come è nel caso dell’installazione proposta per l’edicola-RARA, fondano sull’alternarsi, in misura tridimensionale, di forme-sagome che, talora realizzate con colori accesi e squillanti talaltra riportate all’originario colore del ferro, danno vita a giochi di pieni e di vuoti. È così per Segni celtici, concepiti dall’artista come veri e propri complessi scultorei, che aggregano più forme,
istituendo con il fondo un gioco di relazioni dettato dalle ombre.
Il richiamo al dizionario dei ‘segnali’ urbani, a quei segni attinti al codice dei ‘movimenti’ di una città consente all’artista di ideare il complesso plastico come variabile, vale a dire disposto a confrontarsi con i luoghi, come avviene per questa esperienza messa su a Terlizzi nel quadrilatero di una ‘cella’. L’artista torna nuovamente su un tema che da oltre quarant’anni sollecita domande alla sua immaginazione: ossia torna ad interrogarsi riguardo alla città, ai suoi luoghi, alla sua anima che rende viva e pulsante di storia il presente. Massimo Bignardi
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