Palazzo Ducale ospita dal 5 ottobre 2012 al 7 aprile 2013 una rassegna esaustiva dellʼopera di Joan Miró (1893-1983), il grande artista catalano che lasciò un segno inconfondibile nellʼambito delle avanguardie europee.
La mostra presenta oltre 80 lavori mai giunti prima nel nostro Paese,
tra cui 50 olii di sorprendente bellezza e di grande formato, ma anche
terrecotte, bronzi e acquerelli. Si potranno ammirare tra i capolavori,
gli olii Donna nella via (1973) e Senza titolo (1978); i bronzi come
Donna (1967); gli schizzi tra cui quello per la decorazione murale per
la Harkness Commons-Harvard University, tutti provenienti da Palma di
Maiorca dove la Fundació Pilar i Joan Miró detiene molte opere
dellʼartista, concesse in via del tutto straordinaria per questa
esposizione.
Promossa dal Comune di Genova e dal Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura, la mostra Miró! Poesia e luce
è prodotta e organizzata da Arthemisia Group e 24 ORE Cultura – Gruppo
24 ORE, in collaborazione con Fundació Pilar i Joan Miró e Ajuntamento
De Palma De Mallorca. La curatrice è María Luisa Lax Cacho, ritenuta a
livello internazionale tra i maggiori esperti dellʼopera di Miró, la
quale ha voluto illustrare lʼultima fase della produzione della lunga
vita dellʼartista, quando finalmente concretizzò a Maiorca nel 1956 un
suo grande sogno: un ampio spazio tutto suo, dove lavorare protetto dal
silenzio e dalla pace che solo la natura poteva offrirgli. In occasione
della mostra, lo studio che Miró aveva tanto desiderato è stato
ricostruito scenograficamente allʼinterno degli spazi espositivi.
Lʼartista
Nato e cresciuto a Barcellona, Miró frequenta la Scuola di Belle Arti della Llotja dove studia con Modest Urgell e Josep Pascó. Inizia a disegnare piccolissimo e il suo primo olio che si è conservato è un paesaggio del 1908. A 18 anni espone alla VI Mostra Internazionale dʼArte di Barcellona e lʼanno successivo inizia a studiare alla Scuola dʼArte di Francesc di Galí (1912-1915), il quale gli insegna a disegnare dopo aver tastato il modello a occhi chiusi. Successivamente studia al Círcol Artístic di Sant Lluc dove disegna nudi, personaggi del circo, scene di strada o del porto. Le sue prime opere si rifanno a stili presi dallʼimpressionismo, dal fauvismo, dal futurismo e dal cubismo.
Nato e cresciuto a Barcellona, Miró frequenta la Scuola di Belle Arti della Llotja dove studia con Modest Urgell e Josep Pascó. Inizia a disegnare piccolissimo e il suo primo olio che si è conservato è un paesaggio del 1908. A 18 anni espone alla VI Mostra Internazionale dʼArte di Barcellona e lʼanno successivo inizia a studiare alla Scuola dʼArte di Francesc di Galí (1912-1915), il quale gli insegna a disegnare dopo aver tastato il modello a occhi chiusi. Successivamente studia al Círcol Artístic di Sant Lluc dove disegna nudi, personaggi del circo, scene di strada o del porto. Le sue prime opere si rifanno a stili presi dallʼimpressionismo, dal fauvismo, dal futurismo e dal cubismo.
Il suo primo viaggio a Parigi, nel 1920, tuttavia, lo farà avvicinare
al dadaismo e, in seguito, al surrealismo. Nel 1929 Miró sposa a Palma
di Maiorca Pilar Juncosa da cui avrà una figlia. In questi stessi anni
inizia la sua sperimentazione artistica, cimentandosi con la litografia,
lʼacquaforte e la scultura, la pittura su carta catramata e il vetro.
Desidera sempre di più la stimolante tranquillità della campagna, di un
posto dove potersi dedicare liberamente al suo lavoro. Per questo, allo
scoppio della guerra civile, dopo un esilio in Francia fino al ʻ42,
trova rifugio a Maiorca, terra dʼorigine di sua madre.
Nel 1954 Miró lascia la sua residenza abituale a Barcellona e nel
1956 si trasferisce definitivamente a Son Abrines, dove aveva
predisposto di costruire lo studio tanto desiderato, facendolo
progettare dallʼintimo amico e architetto Josep Lluí Sert (Barcellona,
1902 – 1983). Per preservare la proprietà tanto voluta e amata, per lui
luogo creativo per eccellenza, Miró nel 1980 donerà parte di questa alla
cittadinanza, e nel 1981 sarà creata la Fundació Pilar e Joan Miró.
Il 1954 è anche lʼanno in cui Miró vince il premio per la grafica
alla Biennale di Venezia e nel 1958 il Premio Internazionale Guggenheim,
mentre per i riconoscimenti in patria dovrà attendere gli anni della
vecchiaia e la caduta del franchismo. Così nel 1978 riceve la Medalla
dʼOr de la Generalitat de Cataluna; nel 1979 lʼUniversità di Barcellona
gliconferisce la laurea honoris causa (lʼUniversità di Harvard aveva già
provveduto nel 1968); nel 1980 riceve la Medaglia dʼOro delle Belle
Arti dal re di Spagna Juan Carlos; nel 1983 anche la Spagna gli rende un
omaggio, organizzato congiuntamente dal Comune di Barcellona, dalla
Generalitat de Cataluna, dal Ministero della Cultura e dalla Fundació
Joan Miró di Barcellona. Morirà poco dopo a Maiorca e sarà sepolto a
Barcellona, nel cimitero di Montjuïc.
La mostra
Il percorso dellʼesposizione cronologico e tematico presenta la produzione di Joan Miró degli ultimi trentʼanni della sua vita a Maiorca. La storia del maestro è indissolubilmente legata a questo luogo che, come si esplica dalle sue stesse parole, rappresentava per lui poesia e luce.
Il percorso dellʼesposizione cronologico e tematico presenta la produzione di Joan Miró degli ultimi trentʼanni della sua vita a Maiorca. La storia del maestro è indissolubilmente legata a questo luogo che, come si esplica dalle sue stesse parole, rappresentava per lui poesia e luce.
Sin dal principio della sua attività Miró riteneva che lʼobiettivo
dellʼartista dovesse concernere progetti di grande portata, come i
murali e altri lavori dʼarte pubblica che offrivano anche lʼopportunità
di collaborare con architetti e artigiani, lasciando alla pittura da
cavalletto una posizione secondaria.
I progetti dʼarte pubblica di Miró, caratterizzati da una sintesi tra
architettura e arti plastiche, derivata anche dalla sua profonda
ammirazione per Antoni Gaudí, sono esemplificati in mostra da opere come
Schizzo per la pittura murale del Terrace Plaza Hotel de Cincinnati
(1947) e Schizzo per la pittura murale di Harkness Commons, Graduate
Center, Università di Harvard (1949-1951), e disegni del Progetto per un
murale per la sede delle Nazioni Unite a New York (1952-1953).
Dal 1956 Miró vive a Palma e comincia un intenso periodo di lavoro
che lo vede anche riprendere in mano vecchi schizzi e ridipingerci sopra
dopo una dura autocritica.
Tra questi dipinti e disegni, in mostra possiamo ammirare il già citato olio del 1908, il primo di Miró che si sia conservato, e che lʼartista aveva coperto seguendo questo processo di purificazione. Lʼopera Senza titolo è diventata così il recto di un olio del 1960.
Sempre appartenente a questo periodo è lʼopera Senza titolo, un bellissimo olio e acrilico su tela con un personaggio, una specie di pupazzo, in cui si inizia a percepire la sparizione dello stile figurativo dellʼartista. Negli anni Sessanta e Settanta, immagini e titoli dei lavori ci rimandano ai suoi temi prediletti come donne, paesaggi e uccelli. Ma lʼiconografia si fa astratta e le figure si amplificano. La convivenza di stili e modi di esecuzione diversi dà vita a opere statiche come Mosaico (1966) e a opere dalle pennellate confuse come Poesia (1966).
Tra questi dipinti e disegni, in mostra possiamo ammirare il già citato olio del 1908, il primo di Miró che si sia conservato, e che lʼartista aveva coperto seguendo questo processo di purificazione. Lʼopera Senza titolo è diventata così il recto di un olio del 1960.
Sempre appartenente a questo periodo è lʼopera Senza titolo, un bellissimo olio e acrilico su tela con un personaggio, una specie di pupazzo, in cui si inizia a percepire la sparizione dello stile figurativo dellʼartista. Negli anni Sessanta e Settanta, immagini e titoli dei lavori ci rimandano ai suoi temi prediletti come donne, paesaggi e uccelli. Ma lʼiconografia si fa astratta e le figure si amplificano. La convivenza di stili e modi di esecuzione diversi dà vita a opere statiche come Mosaico (1966) e a opere dalle pennellate confuse come Poesia (1966).
È questo anche il momento in cui, messo da parte il cavalletto, Miró
dipinge a terra, cammina sulle proprie tele, vi si stende sopra
producendo spruzzi e gocciolamenti come nel Senza titolo, sempre del
1966, dove si combinano olio, acrilico e carboncino nero con segni di
colore rosso e blu.
Degli anni ʼ70 sono i paesaggi monocromi, come Senza titolo del 1973,
e altri dipinti sostanzialmente monocromatici come le tele di grande
formato e unʼaltra serie di cinque olii più tardi, del 1978, sfumati,
visionari, minimalisti, evanescenti e movimentati, che evocano la
predilezione di Miró per il nero degli espressionisti astratti americani
e la calligrafia orientale.
Gli ultimi anni dellʼartista – quando dipingeva con le dita stendendo il colore con i pugni e si cimentava nella pittura materica, spalmando gli impasti su compensato, cartone e materiali di riciclo -, sono illustrati da opere quali Personaggio, uccello del 1976, un olio su carta vetrata, legno e chiodi. Sempre in questa fase ricorrono nella sua produzione i fondi blu, eterei e modulati, di cui in mostra alcuni esempi, come lʼintenso Senza titolo del 1978.
Infine sono esposte alcune sculture, frutto delle sperimentazioni che lʼartista fece nellʼarco della sua vita con diversi materiali e tecniche, come collage, “dipinti-oggetto” e altre opere che col passare degli anni traevano ispirazione da ciò che lʼartista collezionava che altrimenti – come egli stesso scrisse – “sarebbero cose morte, da museo”.
In mostra si possono ammirare anche bronzi quale Donna (1966) e LʼEquilibrista (1969), assemblaggi quale Personaggi (post 1973) che riunisce pittura e scultura e discende direttamente dai “dipinti-oggetto” degli anni Trenta, e terrecotte come la maschera (Senza titolo, 1981) e la testa di ceramica (Senza titolo, 1981) che fanno parte di un insieme di pezzi che Miró realizzò in collaborazione con Hans Spinner, a Saint-Paul-de-Vence.
Si è già detto dellʼimportanza del luogo di lavoro per Miró; per questo motivo sono stati ricostruiti negli spazi espositivi gli interni dello Studio Sert nel quale lʼartista catalano creò i suoi capolavori. Sono esposti anche tutti gli oggetti, i pennelli e gli strumenti che Miró usava nella sua attività artistica e che si sono conservati grazie allʼattività della Fundació Pilar i Joan Miró.
“Lʼincontro di fantasia e di controllo, di oculatezza e di generosità, che forse si può considerare una caratteristica della mentalità catalana, può spiegare, in parte almeno, la base fondamentale dellʼarte e della personalità di Joan Miró”. Così ha scritto Gillo Dorfles in un suo saggio sullʼartista catalano.
Gli ultimi anni dellʼartista – quando dipingeva con le dita stendendo il colore con i pugni e si cimentava nella pittura materica, spalmando gli impasti su compensato, cartone e materiali di riciclo -, sono illustrati da opere quali Personaggio, uccello del 1976, un olio su carta vetrata, legno e chiodi. Sempre in questa fase ricorrono nella sua produzione i fondi blu, eterei e modulati, di cui in mostra alcuni esempi, come lʼintenso Senza titolo del 1978.
Infine sono esposte alcune sculture, frutto delle sperimentazioni che lʼartista fece nellʼarco della sua vita con diversi materiali e tecniche, come collage, “dipinti-oggetto” e altre opere che col passare degli anni traevano ispirazione da ciò che lʼartista collezionava che altrimenti – come egli stesso scrisse – “sarebbero cose morte, da museo”.
In mostra si possono ammirare anche bronzi quale Donna (1966) e LʼEquilibrista (1969), assemblaggi quale Personaggi (post 1973) che riunisce pittura e scultura e discende direttamente dai “dipinti-oggetto” degli anni Trenta, e terrecotte come la maschera (Senza titolo, 1981) e la testa di ceramica (Senza titolo, 1981) che fanno parte di un insieme di pezzi che Miró realizzò in collaborazione con Hans Spinner, a Saint-Paul-de-Vence.
Si è già detto dellʼimportanza del luogo di lavoro per Miró; per questo motivo sono stati ricostruiti negli spazi espositivi gli interni dello Studio Sert nel quale lʼartista catalano creò i suoi capolavori. Sono esposti anche tutti gli oggetti, i pennelli e gli strumenti che Miró usava nella sua attività artistica e che si sono conservati grazie allʼattività della Fundació Pilar i Joan Miró.
“Lʼincontro di fantasia e di controllo, di oculatezza e di generosità, che forse si può considerare una caratteristica della mentalità catalana, può spiegare, in parte almeno, la base fondamentale dellʼarte e della personalità di Joan Miró”. Così ha scritto Gillo Dorfles in un suo saggio sullʼartista catalano.
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Fonte: www.tafter.it
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Amalia Di Lanno