L’immagine fotografica ruota il suo significato, il suo essere opera d’arte, intorno al concetto di temporalità: è stata descritta da Nietzsche come una ghigliottina dello stesso tempo, da Kracauer come il congelamento della presenza, come la fine della memoria da Thomas Bernhard, come la morte dell’immagine da Roland Barthes. Si è oscillati dal definire la fotografia come colei che incarna il momento decisivo del reale, a colei che rende lo stesso reale come un continuo divenire. Elger Esser, fotografo nato a Stoccarda, cresciuto a Roma e diplomatosi all’Accademia di Belle Arti di Dusseldorf, rappresenta attraverso il mezzo fotografico il vero e proprio concetto di durata bergsoniana. E’ nella durata, nel tempo distensio animi di Sant’Agostino, che Esser riesce a rappresentare attraverso le sue opere un presente in cui si vede ancora il passato e, lo stesso passato, sembri divenire un presente senza fine.
In mostra alla galleria Alessandra Bonomo di Roma troviamo, oltre ad opere precedenti, la sua nuova serie, Undine, nata nel 2012 grazie all’ultimo viaggio del fotografo attraverso l’Oceano Atlantico. Il soggetto, l’acqua, richiama echi della Subjective Fotografie tedesca, delle nuove visioni di Fotoform, degli esperimenti formali di Peter Keetman. Esser nasce però come allievo di Bern Becher, caposaldo della Scuola di Dusseldorf, indirizzo di ricerca per cui è centrale il provare a catturare con lo sguardo qualcosa, qualsiasi cosa, in maniera oggettiva; Elger Esser opera in maniera diversa, egli è interessato a catturare le memorie soggettive, non l’oggetto bensì il suo concetto. E’ per questo motivo, per la sua vicinanza al concepire le cose per quelle che possono (anche) essere e non solo per quello che sono, che lo si può avvicinare al credo di Otto Steinert ma, la sua perfezione ottica, il suo concetto di luogo, il rigore formale dello spazio e dei suoi componenti, l’utilizzo del grande formato, lo avvicinano, e lo vedono a suo modo figlio, dei lavori dei Becher e dei loro successori, come Candida Hofer. In sintesi, non è devoto all’oggetto di per sé, bensì a nulla che può essere tangibile; ciò che appare è solo il mezzo, tipicamente soggettivo e in questo modo steinertiano, di far emergere ciò che non appare subito ai nostri occhi.
L’acqua e la natura sono l’elemento principale, così in mostra scrutiamo in un lavoro come Marseille (2005), lo studio del fotografo delle vedute italiane, pensiamo al Canaletto, operando con un passo successivo l’intenzione di unire il colore come portatore di elementi dello stato d’animo: il riprodurre in tal modo il luogo, la natura, come fenomeno naturale e non come documento. Come Gustave Flaubert, autore a lungo studiato dal fotografo, affermava nell’Educazione Sentimentale, occorre far parlare le cose; Esser fa si che esse dicano la loro realtà, la loro verità.
L’immagine, che può apparire classica, diventa contemporanea e, nella sua composizione, che si muove tra la sfocatura e la nitidezza data dalla lunga esposizione, rende i soggetti della serie Undine inscritti nella luce e, grazie a quest’ultima, essi riescono ad emergere e a definire lo spazio. L’essenza del luogo, definito dall’aura luminosa, come in Palude dei laghi (2002), nel suo essere non definita nel tempo, riesce ad apparire nuova ad ogni istante. Nascono così immagini sature di temporalità, non sono stampe del presente, appaiono lontane dalla collocazione spaziale, sono qui, ora e dopo, determinano il momento del presente in continuo divenire. L’utilizzo delle cartoline d’inizio Novecento che rappresentano paesaggi, e la loro successiva rielaborazione, amplifica tutto ciò: sono immagini che appaiono come frammenti di memorie collettive.
Il sentimento che si realizza osservando le immagini di Esser è ben al di là del semplice spirito Romantico: si va oltre lo sguardo posto verso l’Infinito, ci si pone in simbiosi con l’elemento naturale, le onde, che comunicano con noi spettatori, in un rapporto di scambio di percezioni. Il sincretismo dei vari elementi che compongono l’opera ci portano a considerare lo spazio come vera e propria rappresentazione, dove vengono condensati gli elementi chiave di una poetica che lo rendono degno successore della Subjective Fotografie e della Scuola di Dusseldorf, ovvero dell’eredità della fotografia tedesca che si muove dal dopoguerra ad oggi; Esser ha saputo cogliere la capacità di rendere l’immagine attraverso l’immaginazione, che, come affermava Charles Boudelaire, crea il paesaggio.
© CultFrame 07/2012
IMMAGINI
1 © Elger Esser. Beg en Aud. Frankreich 2006. C-Print, DiaSec Face. 184 x 236 x 5 cm
INFORMAZIONI
Elger Esser – Undine
Galleria Alessandra Bonomo / Via del Gesù 62, Roma / Telefono: 06.69925858 / mail@bonomogallery.com
Dal 23 maggio fino a settembre 2012
Orario: martedì – venerdì 12.00 – 19.00
LINK
Il sito di Elger Esser
Galleria Alessandra Bonomo, Roma
Segnala:
Amalia Di Lanno