Museo Orto Botanico di Roma 16 maggio - 24 maggio 2015
Con Pirjo Eronen, Evandro Gabrieli, Pietro Matarese, Sabine Pagliarulo
A cura di Domenico Iaracà
Ritornare alla terra
Chiunque senta l’espressione “en plein air” torna immediatamente con il ricordo alla grande stagione della pittura impressionista e al tentativo dei pittori di fissare sulla tela gli effetti luministici presenti in natura, fossero questi suscitati dalla visione di uno stagno fiorito o dalle facciate di una cattedrale. Ma lo studio della luce condotto sul campo era lì destinato ad essere fissato poi sulla tela e, quindi, ad essere accolto nei Salon e nel chiuso di gallerie e collezioni.
È invece opposto il percorso compiuto dalle opere presentate alla Serra monumentale del Museo Orto Botanico di Roma. Fosse pure per un breve periodo, qui l’arte torna ad occupare i luoghi da cui questa stessa era partita. Animata da un sentimento animistico, fin dalle sue origini l’arte ha cercato di rendere lo spirito di quelle forze naturali che stupivano l’uomo con la loro potenza distruttrice o generatrice, dalle tempeste alla rugiada che bagnava i campi.
Ed ecco H2O di Evandro Gabrieli che propone, in scala ben maggiore al naturale, delle gocce d’acqua sparse sull’erba. Non è solo un intento mimetico quello che trasmette l'artista attraverso la sua opera ma anche il tentativo di ricostruire una natura primigenia e incontaminata, un rivolgersi a quell’archè, a quel principio generatore che fin nelle teorie dei filosofi più antichi trovava nell’acqua l'origine di tutte le cose. Disposto non solo sull'erba ma pure sospeso in aria, l'insieme dei componenti l'opera ci porta a rivolgere lo sguardo verso l'alto, in un cerchio simbolico che unisce terra, acqua e aria. Allora non sarà forse casuale il color terra che caratterizza la base delle diverse gocce più grandi.
E questa forza generatrice intravista e promessa nell'opera di Gabrieli trova un'ancora incompiuta realizzazione nelle opere che Pirjo Eronen presenta poco lontano da lì. Le trasparenze della porcellana della sua ricerca artistica sono affiancate in questa occasione ad altri materiali, tra quelli da lei frequentati, in particolare il gres e il metallo. Sospesi su alti steli in ferro, i suoi Boccioli promettono una nuova fioritura, rappresentano l'attesa del concretizzarsi della promessa che l'acqua ci lasciava intravedere. Il bianco dei boccioli, affiancato agli steli ossidati, risalta ancora di più e più che essere un non colore sembra lasciare aperte le mille possibilità cromatiche che si sveleranno al momento del loro schiudersi. Assiepati uno a fianco all'altro e non isolati sono già loro stessi più di un augurio, sono la prova di una Natura benigna, cara a chi come Pirjo Eronen ha fatto della sua vita un'occasione di contatto costante con la sua forza generatrice.
Diverso almeno in parte il materiale, ma simile l'impeto vitalistico dell'opera di Pietro Matarese: qui il vetro intrappolato da degli steli metallici dà vita a Natura viva, una fontana che rivolge verso l'alto i suoi getti. Questi sgorgano dal terreno e ritrovano nella trasparenza del materiale la purezza dell'acqua. Nell'opera è poi presente pure un capovolgimento tra contenuto e contenitore: quel vetro che noi usiamo nella nostra quotidianità per salvaguardarne la preziosità finisce per esserne immagine.
La promessa che intravedevamo nel lavoro di Pirjo trova infine compiuta realizzazione in Notonlypoppy, l’opera di Sabine Pagliarulo: boccioli lì, forme pronte a schiudersi in quest'ultima. Più limitati nelle dimensioni ma altrettanto numerosi, gli elementi della sua installazione hanno poi una forma del tutto particolare, più simile a frutti che non a fiori. Siano essi frutti o semi, di papavero in questa occasione, le sue forme richiamano immediatamente quella del melograno, simbolo di fertilità fin dall'epoca classica. Con la sua opera siamo quindi più lontani dalla resa mimetica della natura per arrivare ad opere di un carattere maggiormente simbolico. La generatività della Natura e degli esseri viventi è metafora della capacità di rinascere, non solo fisicamente, che trova espressione nelle forme presentate in questa sede. Racchiusi da una membrana sempre più sottile, i semi che immaginiamo contenuti in questi gusci sono pronti a dar vita a nuovi individui;in un’opera in cui forma e contenuto si influenzano vicendevolmente, anche lo spessore delle pareti concorre alla comunicazione del messaggio. Che siano in ceramica o in vetro, astratte o maggiormente figurative, le opere qui presentate hanno un saldo rapporto, un legame che le unisce: plasmate da materiali provenienti dalla natura, hanno offerto le loro capacità plastiche ed espressive alla creatività di artisti che, grazie ad esse, fanno affiorare sentimenti profondi che raggiungono la superficie della coscienza, quasi fosse il pelo dell’acqua. E alla natura, alla terra, tornano pure queste opere in una ambientazione tra le più affascinanti che si potesse immaginare.
Domenico Iaracà
Info evento: 0649917107
pubblica:
Massimo Nardi
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Massimo Nardi