venerdì 3 settembre 2010

TRAPOS Mario Arlati


Dal 16 settembre al 24 ottobre 2010
Personale di Mario Arlati
Testo Critico di Matteo Galbiati


Inaugurazione alla presenza dell'Artista

GIOVEDI 16 SETTEMBRE 2010

Ore 18.00 -22.00

"Apericena"





Nato a Milano 1947 Mario Arlati è uno degli artisti della nostra epoca più ricercati. Il suo percorso artistico iniziato con un pacato figurativo subisce un forte cambiamento negli anni '70, anni in cui Arlati trova "rifugio" a Ibiza isola delle Baleari, dove ancora tutt'oggi trascorre una parte dell' annualità, nascono qui i primi lavori informali e nel 1985 le prime esposizioni importanti.

Arlati prende confidenza con la materia del colore, le tele prendono spessore, sostanza, corpo, e nel frattempo la sua popolarità si espande nelle maggiori città italiane ed estere, le opere acquisiscono la denominazione di Muri, poiché al primo sguardo questo appare, bellissimi agglomerati di colore fusi l'uno con l'altro, stratificati l'uno sopra l'altro.

Ma poiché di Artista pa! rliamo non vi è da stupirsi se dopo anni di produzione la ricerca non termina, nascono così i TRAPOS, i colori assumono dimensione più libere e meno composte, persino il supporto, gli stacci da cui il nome, è quasi impalpabile.

Gesti istintivi ma non casuali permettono al colore di depositarsi su questa "tela" così personale, dando voce al turbinio di emozioni, di ricordi, di pensieri, che l'artista vive, e saranno proprio questi i capolavori esposti a Prato nel corso della personale che inaugurerà il 16 settembre 2010.





Testo Critico

Potrebbe essere fuorviante limitarsi a leggere le opere di Mario Arlati - soprattutto questa serie di Trapos, gli stracci - secondo quelle ovvie categorie che cercano di inquadrare ad ogni costo un artista entro i confini di contesti ed ambiti artistici sconosciuti e storicizzati. Le sue tinte forti, e non s'intende solo come scelta a livello cromatico, ma anche o forse soprattutto, l'indubbio vigore caratteriale dei suoi lavori, troppo facilmente ci potrebbero spingere ad accostarlo, con una certa semplice facilità alle tendenze più intense della grande stagione dell'Informale. Resta vero che un artista, la cui preparazione e conoscenza non vengono messe certo in dubbio, viva delle parentele e della affinità elettive - e Arlati non ne è immune - con taluni antecedenti storici, ma i modelli - non meno della scelta linguistica - non devono in alcun modo distogliere l'attenzione dal vero contenuto generante il processo artistico nella peculiarità unica dell'artista che lo muove.<...>

<...> Nei Trapos, gli stracci - significativo il richiamo ad un oggetto liso e consunto dal tempo - Arlati cerca di tracciare quasi degli appunti di viaggio con una scrittura di getto, la cui rapidità d'esecuzione denuncia inequivocabilmente la voglia di concedersi all'immediatezza del racconto. Il gesto svelto e risoluto, e di questa sveltezza lascia indelebile e percepibile traccia proprio nei solchi e nei segni che fendono le condensazioni del colore e della materia spessa e concreta con cui si palesa.

La sua pittura non vuole farsi in alcun modo descrittiva ma, come avviene in letteratura con i versi di talune poesie, cerca di essere , generata pur sempre dai presupposti personali e particolari, universalmente evocativa.<...>

<...> La materia, così carica di anima e sentimento, diventa un codice, una chiave di letteratura, una parola segreta con cui accedere, per svelarlo, al processo visivo. Sciolto questo mistero - mai troppo celato e semplificato da quelle sue urgenze che sono ripetuti suggerimenti e inviti ad approfondire l'involucro esterno della sua pittura - si arriva al carattere più profondo e meno superficiale delle sue opere: si esaudisce allora la sua ferma convinzione nel voler condividere una memoria collettiva. La pittura tellurica e scomposta, emotivamente segnica e disgregante ogni possibilità di soggetto univoco, si lascia corrispondere, nonostante la presenza forte dell'anima del suo esecutore, ad un'assoluta compartecipazione. Le opere non sono un fatto intimo e privato, né una riflessione e speculazione mentale, ricusano l'esclusività, per farsi segno di passioni condivisibili.<...>

<...> La sensibilità forte di Arlati diventa inconfondibile nella concitazione del voler svelare o lasciar apparire il segreto di ciò che si nasconde nel cuore delle sue opere: stratifica il colore, impasta la materia, aggruma corpose sostanze che vengono miscelate una sull'altra e una dentro l'altra, repertorio, in altri termini, del lento flusso di un tempo che ripropone i frammenti di storie più vaste ed estese.<...>

<...>Una pittura che oltre ad essere segno mnemonico si riscopre cosmopolita e interculturale; una pittura i! ndice di una reciprocità che attraversa le culture e le identità con una vocazione all'integrazione e che non si limita mai a farsi fenomeno di se stessa. I colori di questi stracci si sovraccaricano di esperienze e svelano echi con la storia, la letteratura, la musica e la poesia. Magari non con una forma del tutto corretta e puntuale, appagante l'estetica di sguardi immediati, ma certamente saturi di ricordi che, benché resi sfumati e imprecisi proprio dall'usura profondità, resteranno sempre preziosi e indelebili.

Testo di Matteo Galbiati


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Segnala- Eleonora D'Andrea Contemporanea