venerdì 12 febbraio 2010

DIGITAL LIFE

3 marzo 2 maggio 2010
DIGITAL LIFE
Roma, La Pelanda
MACRO (ex Macelli)
Ingresso piazza Orazio Giustiniani 4

Anteprima per la stampa: martedì 2 marzo 2010 ore 12
Inaugurazione: martedì 2 marzo 2010 ore 19.30


Roma, 10 febbraio 2010 – Si intitola DIGITAL LIFE la grande rassegna dedicata al futuro digitale e alle contaminazioni fra tecnologia, nuovi media ed espressioni artistiche contemporanee, con cui prende avvio il prossimo 3 marzo 2010 la programmazione del nuovo spazio pubblico per l'arte e la produzione culturale contemporanea La Pelanda, restaurato per la città dal Comune di Roma nell’area dell’ex Mattatoio a Testaccio.

DIGITAL LIFE nasce da un’iniziativa della Camera di Commercio di Roma nell’ambito di un più articolato progetto focalizzato sull’innovazione tecnologica come fattore cruciale di sviluppo economico e dedicato al sostegno delle attività culturali. L’ideazione e l’organizzazione di DIGITAL LIFE è a cura della Fondazione Romaeuropa, istituzione di respiro internazionale, che proietta -in stretta continuità con i progetti Romaeuropa Webfactory e Capitale digitale, entrambi in partnership con Telecom Italia- la sua costante ricerca e monitoraggio delle diverse forme di creatività italiana ed internazionale nel nuovo orizzonte digitale, in cui trova piena realizzazione l’incontro fra tecnologia e arte. DIGITAL LIFE è realizzata con il sostegno dell’Assessorato alle politiche culturali del Comune di Roma e del Macro.

La direzione artistica di Digital Life è affidata a Richard Castelli che ha selezionato per l’evento espositivo alcuni fra gli artisti più innovativi del panorama mondiale contemporaneo: Ryuichi Sakamoto, Shiro Takatani, Jeffrey Shaw, Ulf Langheinrich, Michel Bruyère, Erwin Redl, Thomas McIntosh, Emmanuel Madan, Mikko Hynninen, Julien Maire, Christian Partos, Li Hui.

Gli artisti invitati danno vita con i loro lavori a un percorso esperienziale inedito e unitario, scandito dal susseguirsi di installazioni e proiezioni video realizzate con strumenti tecnologici di ultima generazione, capace di mettere in luce una concezione avveniristica e multisensoriale dell’opera d’arte e di suggerire nuove modalità di coinvolgimento e partecipazione del pubblico. Le opere in mostra sono tutte presentate per la prima volta in Italia, se non in anteprima europea o mondiale, o concepite site specific per lo spazio della Pelanda.

Obiettivo della mostra: accendere i riflettori sulle frontiere verso cui dirige la contemporaneità, dove tecnologia, interdisciplinarietà, polisensorialità si intersecano dando origine a nuovi modi di fruizione dell’arte.
Nell’epoca del “real time”, ovvero della simultaneità, della diretta assoluta, il futuro delle arti è indissociabile dall’uso delle nuove tecnologie, invenzioni e formati che sono destinati a modificare radicalmente il nostro rapporto con l’opera e a creare nuove esperienze partecipative e sensibili. L’uso del web, i nuovi sistemi di audiovideo in 3D e gli sviluppi in ambito cinematografico prefigurano modalità del tutto innovative nella realizzazione artistica e nella loro fruizione sempre più indirizzata verso l’immersione multisensoriale. Ricerca scientifica e tecnologia costruiscono la base per la creatività di domani, rendendo possibile un più ampio rapporto tra aziende, università, centri di ricerca e artisti. Ciò che caratterizzerà l’arte del futuro sarà la capacità di produrre una vertigine nei punti di riferimento comuni o spostamenti inaspettati rispetto alla nostra presenza nel mondo e al nostro sguardo sulle cose.

Alcune delle opere in mostra sfruttano l’innovativo sistema di proiezione e sonorizzazione AVIE: un ambiente di visualizzazione interattivo e immersivo a 360 gradi, appositamente sviluppato dall’artista Jeffrey Shaw per l’Università del South Welles (Australia), attualmente in funzione presso il cinema della stessa facoltà, alla ZKM – Zentrum für Kunst und Medientechnologie di Karlruhe e nel 2010 sarà allestita anche presso l’Università di Hong Kong. AVIE consente di mettere le più recenti tecnologie al servizio dell’ideazione artistica, esplorando un principio non solo interattivo, ma anche immersivo di partecipazione del pubblico all’evento artistico. Attraverso AVIE vengono create esperienze audiovisive tridimensionali, combinando immagini da più proiettori e suoni da diverse fonti. Inoltre, grazie a un sistema di cineprese a infrarossi, in tempo reale un software genera modelli di movimenti e posture del pubblico all’interno dell’ambiente, interagendo con esso.

Con l’opera La Dispersion du Fils, che sarà presentata a Roma in prima mondiale nella versione definitiva, Jean Michel Bruyère esplora tutte le potenzialità del sistema AVIE, proiettando su una architettura tridimensionale le immagini di oltre 500 film, per lo più inediti, messi a disposizione dagli archivi de La Fabriks, gruppo pioneristico dell’azione multimediale internazionale,fondato dallo stesso Bruyère. La Dispersion du Fils sfrutta e trasforma quasi tutto il materiale video realizzato dal gruppo performativo teatrale LFKs negli ultimi dieci anni, regalando allo spettatore la duplice possibilità di una percezione complessiva oppure scomposta dello spazio virtuale proiettato.

Nell’installazione realizzata dal musicista e compositore giapponese Ryuichi Sakamoto e dal video artista Shiro Takatani, leader del gruppo artistico Dumb Type, lo spettatore si trova in uno spazio completamente buio nel quale nove vasche di vetro contenenti acqua e nebbie artificiali sono sospese sopra la sua testa. Filmati d’archivio, spezzoni di film, immagini, effetti di luce, suoni e parole si muovono all’interno di ciascun cubo e pervadono l’ambiente. Le nove composizioni stereofoniche di Sakamoto, una per ciascun cubo, si intrecciano con il lavoro video artistico di Takatani, mentre un sofisticato sistema di sincronizzazione impedisce che una data combinazione di suoni e immagini possa ripetersi esattamente identica a se stessa.

Sempre basato sulla tecnologia AVIE, il lavoro di Ulf Langheinrich, a Roma in anteprima mondiale, immerge il visitatore in un’esperienza acquatica polisensoriale sfruttando le contaminazioni sonore e visive.

Erwin Redl coinvolge lo spettatore in una delle sue architetture ambientali costruite con la luce e gli allestimenti luminosi della serie Matrix. Il lavoro di Redl crea nello spettatore una sorta di seconda pelle, pensata come “il corrispettivo sociale dello strato ultimo del nostro corpo”.

Thomas McIntosh, Emmanuel Madan, Mikko Hynninen collaborano alla realizzazione di un’installazione scultorea, Ondulation, che utilizza il suono per produrre immagini tramite l’acqua e la luce: in una vasca rettangolare l’acqua, immobile, viene lasciata progressivamente muoversi per effetto della rifrazione delle onde sonore prodotta da una partitura musicale riprodotta da casse molto potenti direttamente sulla superficie del liquido. Ne esita una sorta di scultura onirica, in continuo divenire, realizzata con acqua, suoni ed immagini riflesse.

Julien Maire, sfruttando un sistema di proiezione sperimentale a bassissima risoluzione, presenta tre installazioni sospese tra video, fotografia e macchine come sculture.

Christian Partos utilizza per creare un’immagine i riflessi prodotti da cinquemila specchi rifrangenti opportunamente illuminati. M.O.M., titolo dell’opera, è la composizione su una parete vuota del volto della madre e alludendo anche alla tecnica utilizzata (Multi Oriented Mirror), nasconde e al contempo rivela l’oggetto al centro della rappresentazione.

Con l’utilizzo di laser rossi e specchi, Li Hui disegna un corridoio luminoso che conduce a una porta illuminata. Attraverso questa installazione spaziale, l’artista propone una riflessione concettuale attorno esperienze esistenziali di libertà e costrizione, quasi a suggerirci l’idea che molti degli obblighi che sentiamo di dover rispettare siano solo autoimposti e percepiti, quindi non reali.


La mostra è corredata da catalogo multimediale realizzato da SPQR network con testi firmati dagli artisti, consultabile su romaeuropa.net/fondazione/digitallife.