F4
UN’IDEA DI FOTOGRAFIA
Sguardi sul tempo. Percorsi nella fotografia d’autore
Francesco Jodice. Venezia / L’eredità dei precursori
A cura di Carlo Sala
Casa dei Carraresi, Treviso - Via Palestro, 33/35
15 giugno – 11 agosto
Inaugurazione: venerdì 14 giugno, ore 18.30
Evento promosso da Fondazione Francesco Fabbri e Fondazione Cassamarca.
Con il patrocinio di FIAF, Landscape Stories, TRA e Enzimi, con il
supporto di Associazione Amici Fondazione Fabbri, FAST e Galleria
Michela Rizzo, Venezia. Rassegna inserita in RetEventi Cultura Veneto
realizzata da Provincia di Treviso e Regione del Veneto.
Orari di apertura: da lunedì a domenica, 10.00 – 21.00.
Ingresso: Intero euro 7,00. Ridotto euro 5,00 dai 12 ai 25 anni; over
65; studenti universitari; aderenti FIAF; gruppi di almeno 15 persone.
Gratuito minori di 12; portatori di handicap con accompagnatore;
giornalisti con tesserino.
Info mostra e prenotazioni:
segreteria@fondazionefranc escofabbri.it - www.fondazionefrancescofab bri.it
tel. 0422.513150 - casadeicarraresi@fondazion ecassamarca.it
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F4
UN’IDEA DI FOTOGRAFIA
Sguardi sul tempo. Percorsi nella fotografia d’autore
Francesco Jodice. Venezia / L’eredità dei precursori
Parte la terza edizione di F4 / un’idea di Fotografia, il festival
promosso da Fondazione Francesco Fabbri con un ampio programma di
esposizioni, workshop e incontri con l’autore a Casa dei Carraresi a
Treviso. Ad aprire il festival saranno le esposizioni Sguardi sul tempo.
Percorsi nella fotografia d’autore e Venezia / L’eredità dei
precursori, mostra personale di Francesco Jodice.
La prima
rassegna, curata da Carlo Sala, proporrà oltre duecento lavori dalle
origini del mezzo fino ai nostri giorni provenienti dalla collezione
privata di Dionisio Gavagnin, finora rimasta inedita al pubblico. La
selezione qui proposta è un percorso volto a raffigurare i cambiamenti
culturali e sociali della storia tramite l’occhio privilegiato della
fotografia con opere tra gli altri di Henri Cartier Bresson, Robert
Capa, Candida Höfer, Robert Mapplethorpe, Félix Nadar, Man Ray, Thomas
Ruff e Sebastião Salgado.
Ad aprire la prima esposizione un intenso
dialogo tra alcuni dei maestri delle fotografia che in momenti
differenti hanno raffigurato la condizione sociale dell’uomo: i ritratti
l’alta borghesia di Félix Nadar si confronta con la volontà
classificatoria che emerge nei volti della gente comune del tedesco
August Sander, ma anche con le immagini patinate uscite dalle riviste di
moda di Robert Mapplethorpe e Irving Penn.
Il novecento si apre con
la carica dirompente e sovversiva della avanguardie storiche:
l’inconscio surrealista è testimoniato dalle distorsioni di André
Kertész, i graffiti di Brassaï, le bambole di Hans Bellmer o i celebri
ritratti “solarizzati” di Man Ray; ma anche l’antiaccademismo del
movimento Dada con i collage di Raoul Hausmann o le visioni razionali
del Bauhaus.
A continuare questo ideale percorso un’ampia sezione è
dedicata alla fotografia sociale e documentaria con alcuni dei grandi
maestri europei e americani. Autori che hanno lavorato in contesti al
limite, dalle scene del Bronx a New York di Weegee ai vari fronti di
guerra come lo sbarco dei tanks in Cina raccontato da Robert Capa negli
anni Trenta o la Cipro descritta da Donald McCullin.
La fotografia è
anche specchio del proprio tempo che narra eventi epocali: ecco
apparire gli scatti realizzati dalla NASA l’11 luglio 1969 per celebrare
lo sbarco sulla luna; ma anche fatti che hanno segnato le coscienze
collettive come l’attentato al presidente Ronald Reagan colto da
Sebastião Salgado e le scene di mafia della palermitana Letizia
Battaglia. Un nucleo di lavori che sanno anche tracciare i tratti
identitari dei luoghi e delle genti che li popolano, dall’America di
Walker Evans, all’Italia di Mario Giacomelli fino alla Francia narrata
da Robert Doisneau e Henri Cartier-Bresson.
La fotografia italiana è
documentata come un mosaico di varie esperienze, partendo da una delle
immagini simbolo del dopoguerra, “Il Tuffatore” di Nino Migliori.
Un’Italia dai tanti volti che alterna immagini rurali alla Dolce Vita
colta dal “paparazzo” Tazio Secchiaroli. Ma anche la stagione della
mutata coscienza del paesaggio con Luigi Ghirri, Gabriele Basilico,
Vincenzo Castella, Guido Guidi, Franco Fontana e Walter Niedermayr.
Una parte cospicua della mostra racconta delle ricerche degli anni
settanta, con un rinnovato impegno linguistico che per alcuni si traduce
con l’uso delle immagini di archivio come per Franco Vaccari e Mario
Cresci, con i celebri “Ritratti reali”. Ma anche l’uso del corpo come
forma di emancipazione e scardinamento degli assetti sociali con Vito
Acconci, gli azionisti viennesi Hermann Nitsch, Günter Brus, e Arnulf
Rainer, l’intimità di Gina Pane, fino ai lavori di Cindy Sherman con uno
dei celebri camuffamenti della serie “Murder Mystery”.
Le tensioni
delle contemporaneità appaiono sotto una pluralità di declinazioni come
le analisi rigorose degli autori della scuola di Düsseldorf con i
lavori di Thomas Ruff e Candida Höfer; ma anche le tensioni grottesche
di Joel Peter Witkin e la forza simbolica di Andres Serrano. A
concludere, le prospettive più attuali sull’arte italiana, specchio di
un ibridazione culturale e sociale, testimoniata tra gli altri dai
lavori di Vanessa Beecroft, Stefano Cagol, Silvia Camporesi e Alessadra
Tesi.
A concludere il percorso a Casa dei Carraresi è la mostra
personale di Francesco Jodice. L’esposizione, presenta un corpus di
lavori inediti legati al quarto film del ciclo Citytellers che l’autore
sta realizzando proprio sulla città lagunare.
Francesco Jodice, ricognitore dei fenomeni sociali e urbanistici, non si è confrontato con l’aspetto esteriore della città, ma ha mosso la sua indagine da un peculiare interrogativo: perché oltre mille anni fa è stata edificata una città proprio in un luogo così ostile? L’autore non ha potuto non lasciarsi attrarre da questa impresa costruttiva e politica che sembra infrangere le normali logiche e cautele.
Le immagini che ne
emergono parlano dell’essenza attuale della città attraverso i suoi
caratteri archetipali negandone una iconicità strettamente contemporanea
del presente. Con un giro di parole potrebbero essere definite un “film
in costume”, per porre una analisi profonda senza alcun intento
celebrativo o nostalgico.
Stupisce una fotografia sospesa tra
realtà e finzione che mostra la facciata di un palazzo veneziano. E’ il
ritratto di un modellino trovato al Museo Fortuny che diviene imponente e
nella sua “pesante” monumentalità esalta la perizia di averlo costruito
sopra una serie di palafitte in legno. Un atto di ingegno, ma anche una
dimostrazione di potere e forza per un’impresa che appare quasi
impossibile: riuscire dal nulla ad edificare una città che in alcuni
secoli diverrà una delle più popolose d’Europa e uno dei centri
culturali ed economici più floridi del continente.
Ogni immagine esposta costituisce una narrazione corale, quasi costituisse singolarmente uno storytelling complesso. Se dal punto di vista compositivo ha una apparente semplicità semiotica, dischiude in realtà una complessità narrativa che volutamente viene appena accennata. L’intento è di stimolare lo spettatore a rapportarsi con le opere quasi per completarne l’indagine. Il fruitore posto di fronte all’immagine e agli spunti che la accompagnano è quasi costretto ad assumere una presa di posizione e completarla così con le proprie risposte.
A concludere la rassegna i tre film precedenti del progetto Citytellers: Sao Paulo_Citytellers (2006), Aral_Citytellers, Dubai_Citytellers (2010). I tre lavori costituiscono un vero e proprio ciclo di indagine sulle città del presente sotto una lente geopolitica.
Segnala:
Amalia di Lanno