Sorgente
Sorgente è la storia del congelamento dello scorrere del tempo. Il liquido – acqua? petrolio? – ha improvvisamente interrotto il suo movimento ed è diventato strati di truciolato. Fine. La sorgente si è prosciugata. Il “presente scorrevole” di un individuo privo di fede nel progresso, un progresso aperto ai flussi di informazioni, è divenuto una fonte secca. Nel lavoro dell’artista l’alienazione ha rimpiazzato l’esperienza sovietica e la nostalgia della modellatura commemorativa (La Biblioteca di Pinocchio, Galleria PACK, 2007). Sorgente si trova sul ciglio della transizione dalla critica di un ordine socialmente riconoscibile a una linea più astratta, come se l’artista avesse rivolto uno sguardo nuovo alle forme usuali, come un viaggiatore senza alcuna conoscenza pregressa della finalità degli artefatti di una qualche cultura materiale estranea.
Sorgente
La globalizzazione – la creazione di un’unica società internazionale, la negazione degli stati e delle differenze nazionali – non appare più come un sogno utopico. L’abbattimento delle barriere, la perdita dell’identità, le strategie coloniali – la globalizzazione si è rapidamente diffusa nel mondo, trasformando la vita quotidiana in una pozzanghera di compensato, strati di truciolato sgocciolati sul pavimento. Sorgente è una metafora della modernità, in cui l’universalizzazione a scorrimento veloce è stata arrestata dalla durezza del materiale, dal riconoscimento della crisi. La salvezza dal diluvio ha portato tuttavia a una nuova catastrofe, a una siccità che mette fine a tutti i movimenti. Distratta dall’idea di una società globale, l’umanità ha ignorato l’esaurimento delle risorse della terra e il danno ecologico provocato all’ambiente. Fuoriuscendo dai barili di petrolio, questa massa manca del dinamismo del liquido: stiamo guardando un paesaggio anti-utopico dell’era post-globale.
Peter Belyi: “Sorgente presenta sempre il carattere site-specific, assumendo la conformazione della galleria, e sembra conservare alcuni rimasugli di forma liquida, che scorrono verso il basso, si raccolgono negli angoli, cambiano forma in base allo spazio. Il truciolato di cui è fatto è essenzialmente spazzatura, di second’ordine, post-industriale. Lo spreco derivante da un tipo di produzione che rappresenta lo spreco di un altro, come se riflettesse all’infinito il mondo dei surrogati cui siamo così abituati.”
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Source
Source is the story of freezing the flowing of time. Liquid water? oil? – has suddenly stopped its movement and become sheets of chipboard. The end. The source has run dry. The ‘flowing present’ of an individual without faith in progress, one open to streams of information, has become a dried-up source. In the artist’s work alienation has replaced the Soviet experience and the nostalgia of memorial modelling (La Biblioteca di Pinocchio,Galleria PACK, 2007). Source stands on the edge of transition from criticism of a socially-recognisable order to a more abstracted stance, as if the artist had taken a new look at usual forms, like a traveller with no previous knowledge of the purpose of the artefacts of some alien material culture.
Source
Globalisation – the creation of a single international society, the negation of states and national differences – no longer seems a utopian dream. The breaking down of barriers, the loss of identity, colonial strategies – globalisation swept across the world, turning daily life into a plywood puddle, sheets of chipboard that have dribbled across the floor. Source is a metaphor for modernity, in which fast-flowing universalisation has been stopped by the hardness of the material, by the recognition of crisis. Salvation from the deluge has led to a new catastrophe, however, to a drought that puts an end to all movement. Taken with the idea of a global society, mankind ignored the exhaustion of the earth’s resources and the ecological damage wrought to the environment. Flowing from oil barrels, this mass lacks the dynamism of liquid: we see here an anti-utopian landscape of the post-global age.
Peter Belyi: “Source is always site-specific, taking on the form of the gallery, seeming to preserve some remnants of liquid form, flowing down stairs, gathering in corners, changing form according to the space. The chipboard from which it is made is basically rubbish, second-rate, post-industrial. The waste from one kind of production depicting the waste of another, as if endlessly reflecting the world of surrogates to which we are so used.”
Viale Sabotino 22
20135 Milan, Italy