martedì 20 novembre 2012

Due mostre di Giancarlo Vitali a Ferrara



1 dicembre 2012 – 31 gennaio 2013
A FERRARA LE CARTE DI GIANCARLO VITALI IN DUE MOSTRE
Giancarlo Vitali  torna a Ferrara con due mostre declinate in due spazi: Attorno al Tavolo ovvero la Natura Morta, i Cuochi, il Desco nello Spazio Frau Ferrara di corso Porta a Mare 8/A e le Forme del Tempo, i fogli che indagano l’origine del mondo, i fossili, la stratificazione della storia nell’hotel Annunziata in Piazza della Repubblica 5.


ATTORNO AL TAVOLO
Opere su carta e incisioni
CENTRO FRAU FERRARA
Corso Porta a Mare 8/A
Martedì/sabato 
h. 9.30-12.30 15.30-19.30

LE FORME DEL TEMPO
Opere su carta
HOTEL ANNUNZIATA
Piazza della Repubblica 5
Tutti i giorni 
h. 10-20Inaugurazione sabato 1 dicembre
CENTRO FRU FERRARA - ATTORNO AL TAVOLO ore 17
HOTEL ANNUNZIATA - LE FORME DEL TEMPO ore 18In collaborazione con lo Studio d’Arte Dolcetti


ATTORNO AL TAVOLO
Un trittico su fogli di carta da pacco - uomini famelici in una prospettiva irreale, si abbuffano e al centro, quello che resta dell’affollato convivio: piatti, bicchieri, caraffe e il giallo dorato e ‘secco’ della polenta avanzata – introduce la mostra Attorno al Tavolo, visitabile per due mesi nel Centro Frau di Ferrara. 
Una trentina di fogli, tecniche miste e incisioni, affrontano i temi della tavola e della fame. Gli agoni, ovvero le aringhe di lago, l’uva e i fichi che annunciano l’approssimarsi dell’autunno, ma anche le carni, tutti protagonisti delle nature morte dell’ottantatreenne maestro lombardo. E ancora i cuochi, trattati di nuovo su grande formato con le matite e la biacca o in una puntasecca cruda ed essenziale com’è la fame. E poi, di nuovo il tema del convivio consumato tra vecchi amici o in occasione di una “cena benefica”. Il tratto sempre lì a sottolineare a volte con ironia, a volte con oggettiva verità, l’atto quotidiano di cibarsi, con tutte le implicazioni e i significati che ne conseguono. 
Attorno al tavolo è anche un libro, sfogliabile in mostra, che contiene 9 poesie di Franco Loi ispirate a 11 lastre di Vitali, edito da Albicocco-Udine e interamente stampato al torchio.
Sempre in mostra saranno presenti alcune tirature limitate della collana iVitali, i libri che nascano dalla collaborazione del Maestro con lo scrittore Andrea Vitali.
In particolare il titolo La Carne, presentato in occasione della scorsa Biennale d’Arte di Venezia (editore.cinquesensi.it).

LE FORME DEL TEMPO
Era il 1991. Si celebravano i 100 anni dalla morte dell’Abate Antonio Stoppani, unanimemente riconosciuto come il padre della geologia italiana, per l’importanza dei suoi studi e per la preziosa vocazione divulgativa. La sua opera, Il Bel Paese, è stato un testo basilare di geologia e geografia fisica d’Italia. È questo lo spunto che spinge Vitali per lunghi mesi nel 1991 a indagare dentro viscere della terra e all’origine della nostra vita.  Il risultato è un ripensamento e una rilettura segnica delle prime tracce di vita: grafie, segni, figure fossili, bucrani che si palesano in opere cariche di valore simbolico e di mistero e che, nella loro valenza formale sembrano alludere a una sorta di figurazione informale. 
Le forme del tempo è il titolo di un lavoro che si svilupperà in una grande mostra di tecniche miste su carta, di dipinti e darà corpo a una cartella di incisioni, considerata una vetta nel percorso dell’artista.
A Ferrara, una trentina di queste opere saranno esposte accanto a piccoli collage dell’edizione limitata di Stralunario, il quinto titolo della collana iVitali.

APPARATI 
1. ATTORNO AL TAVOLO
Il senso è nella cornice
di Armando Massarenti 
(da Attorno al Tavolo, Galleria Jannone)

Che cosa fa un quadro? Quasi sempre - al di là, e prima ancora, di ogni concettualizzazione e di ogni riflessione - fa una cosa molto semplice: ci racconta una storia. A volte addirittura una storia vera. Anzi, la incornicia.
Raccontare e incorniciare possono essere due attività molto simili tra loro. A volte bastano poche parole ben composte, o poche pennellate ben incorniciate, e si dischiudono interi mondi.
Anche le ricette, in un certo qual modo, sono storie. Prendiamo per esempio una definizione culinaria: «I missoltini (o misultit) sono pesci, gli agoni, salati ed essiccati, tipici nel lago di Como». Questa ricetta contiene un microracconto. (…)
Ed è lì che li ritroviamo nei quadri di Giancarlo Vitali. In un quadro con missoltini in barattolo non è possibile, certo, cogliere tutti i dettagli della storia. Ma poco importa.
Vitali infatti, volutamente, per puro istinto poetico, ci mostra solo la fine di una storia. I particolari li immagineremo noi, e assai vividamente. (…)
Proprio perché Vitali ce ne mostra, con grande efficacia visiva, l'epilogo, i soggetti dei suoi quadri sembrano volerci urlare a gran voce che cosa è loro successo. Raccontarci storie di reti e di essiccatoi, di macelli e squartamenti. Tutte varianti dell'infinita vicenda "umana troppo umana" che - direbbe René Girard - lega indissolubilmente «la violenza e il sacro». Cos'altro evocano infatti queste teste di coniglio o di porco - sia pure talvolta con deliziose sottolineature ironiche, come accade con il maiale intitolato «Preoccupato» - se non la violenza come sinonimo di esistenza individuale o collettiva, con i suoi riti sacrificali e le sue vittime innocenti? Violenza che però, nei quadri di Vitali, si consuma sotto i nostri occhi, nelle pieghe di ciò che ci appare più naturale e quotidiano: una semplice pietanza, una tovaglia piena di resti, una tavola imbandita.
(…) René Magritte aveva moltiplicato la possibilità di tali confini dipingendo cornici dentro cornici all'infinito. Ma non c'è bisogno di dipingere una vera e propria cornice per percepire l'effetto che questa crea all'interno di un quadro. Nei dipinti di Vitali sono le tovaglie, o i piatti, o i barattoli, a fungere da cornici interne. Unitamente alla forza espressiva del colore e del tratto sicuro e coltissimo - vi si colgono innumerevoli illuminanti citazioni da pittori del passato - tali cornici isolano le figure dal resto del dipinto che, a sua volta, è isolato dalla realtà. (…)


Una portata
di Marco Vallora 
(da Attorno al Tavolo, Galleria Jannone)

(…) Queste icone propiziatorie e fragranti, golose, sono già qui di fronte a te e - come sempre, in Vitali -  vitali e invitanti e più che gustose, succose, vive di'umori e sentori  - basterebbe, per citarne una, emblematica, quell'incisione argentosa del piatto di agoni di lago, credo si chiamino proprio così, e già il nome è bellissimo, predestinato, goyesco  - i caprichos della cucina -  con quelle squame, umiliate ma non dome, ritte e riottose, nella loro funerea regale bellezza di quella viscida pellicolala da micro-sirene arpionate, sotto gli occhi d'un ulisse trasformato dalla circe del contemporaneo in un lumpenproletario aiuto-cuoco, col suo pollo sgozzato di tra il grembiule sozzo, quella pellicola vibrante, che riverbera meravigliosamente nel crepuscolo della pagina inchiostrata, quasi fosse il tagliere d'un lugubre pescivendolo. E non è che acquaforte, numinosa. Basterebbe, lei sola, a trascinare la penna - non più penna, elettronica - all'amo della sua somma perizia di morsura (perchè nemmeno Bartolini e Fattori ed Ensor son riusciti forse a comunicarci quella stessa felicità estrema del cibo redento, commestibile, e mangiato, nell'alchimia moderna dell'acquaforte, morsicata d'acquatinte). 
(…) E poi uova, fichi, uve e tranci, che debordano dal limite pitocchesco della loro fiasella, intrecciata di umile paglia. Il fico spaccato, che ha qualcosa di carnoso e di osceno, di aperto ed esposto nelle sue femminee interiora, anatomia troppo umana e promiscua (e quando si  vede un fico procace così, difficile non ricordare quello del tema in lingua greca, che il sedicenne Roland Barthes immaginò, imitando un dialogo platonico, riscrivendo la Morte di Socrate e l'intera storia della nostra filosofia, del Mondo (forse sarebbe andato tutto in modo diverso). 
(…)E tutto è davvero 'carne', sempre, in Vitali, e non redenzione comoda; che dipinga un girasole o una prospettiva di lago, un'uva od un fico, il suo sindaco democristiano o il fumigante ciabattino, impiastrato di peci. Carne pesta comunque, promiscua, malsana, vizza, bacata, morente, battuta, non mai salvata, però, altro che dal miracolo della pittura. Unica carne sana, nuda, soda, forse, quella dei pesci accomodati come in un dolce letto di sonnolenza, lo dimostra quel bellissino vassoio di Salome, ove guazzano, macchie perfette di  pittura informale, le teste spiccate di neri oranti orate, o di pesce spada che non hanno più armi, fioretti, agonismo. O quell'ulteriore ittica incisione, da cui pare come salire il filofumo rosso d'una croce di spine, un nastro di sangue: ma non c'è mai vera liturgia di fede, in Vitali. Semmai terrestre verità, non 'cibo celeste'.  Guardate quella sprezzante slavina di piatti, bicchieri, fiaschi, scodelle, orci, boccali, stoviglie, tovaglie, macchie, resti d'uova e di molliche, e quella manzoniana cacata finale di gialla polenta, che dà come una scossa cromatica all'insieme, evocato magistralmente dal niente, come da grande prestigiatore-demiurgo. Da un tocco di nero-niente, che tutto crea, in un istante di vertiginosa sapienza grafica: d'applaudito toreador del tratto dipinto. Tutto: realtà atmosfera ombre racconto. Con l'astutissima morsura creante del vuoto sagomato intorno, che genera una degna suspance, quasi una danza pittorica, un'acrobazia verticale del vuoto. (…)

2. LE FORME DEL TEMPO
I segni di una memoria catastale
di Alberto Longatti
(Da Le Forme del Tempo, Ed. Bellinzona)

Se ne controlliamo la successione cronologica, sia pure di ridotte proporzioni - tutto il ciclo è stato portato a termine in pochi mesi - ci accorgiamo che dapprima l'impulso a tramutare la fisica compattezza degli organismi fossili illustrati dallo Stoppani in una più vaga sembianza di congegni metafisici è timidamente accennato: un impulso, appunto, che ancora non è diventato certezza. Poi, con una progressione sempre più accelerata e convinta, all'interno di queste nature morte s'insinuano pulsioni di vita. I cieli sopra i relitti pietrificati di un'epoca lontanissima, da livellati e immobili che erano, si animano, lasciano trapelare barbagli di luce, schierano squarci d'azzurro accanto a fiocchi di nuvole, s'impongono come un sensibile suggello del presente sul richiamo del passato. E i reperti geologici, dal canto loro, perdono la rigidezza del modello originario per abbandonarsi alle libere associazioni di colori e linee della pittura, sciogliendo i volumi, stendendo sulle superfIci miriadi di tracce leggere, una ragnatela fitta e vibrante.
L'indole catalogatoria di Vitali, qui del resto perfettamente allineata con il metodo scientifico dello Stoppani, si conferma nell'abbinare le immagini dei due temi dominanti, il cielo e il sottosuolo, 1'alto e il basso, ponendoli direttamente a confronto in una disposizione parallela. E così si precisano i contorni di una "Wast Land" eliotiana proiettata nell'immaginario, nella quale la relatività dell'oggetto rappresentato assume 1'assolutezza di una metafora onirica sul perenne riproporsi del mondo, malgrado e anche contro la presenza umana: un mondo nel quale sassi, piante e animali dimostrano una resistenza all'eternità che l'uomo non possiede.

Nella sagrestia dell’incisore
di Michele Tavola, 
(156 incisioni originali, Casa dei Costruttori)

Giancarlo Vitali è tra i grandi incisori dei nostri tempi. La grafica non è arte minore. Una strana forma di feticismo per il pezzo unico attanaglia buona parte del mercato, del collezionismo e della critica. Di conseguenza, specialmente in italia, la grafica d’arte viene troppo spesso considerata di secondaria importanza.  
(…) Vitali si addentra nella selva delle tecniche incisorie col fiuto ferino del predatore, graffia e abrade il metallo per tentativi, alla ricerca del segno giusto, con gesti innati e spontanei. impossibile riassumere il suo modo di lavorare in un protocollo e, in ultima analisi, inutile, poiché per il nostro incisore, come per ogni artista che meriti di essere definito tale, la tecnica è solo un mezzo, mai un fine. Queste opere così alchemiche, quasi magiche, nascono in un angolo del suo studio, un Sancta sanctorum dove vengono custoditi e usati gli acidi, le lastre di rame, i bulini e i raschietti. Una stanza modesta e in perenne disordine, dove campeggia una serie di cristi lignei, austeri e sofferenti, che vegliano con sguardo severo sul lavoro dell’artista. 
(…) La dimensione tragica rimane intatta anche in fogli quali Temporale o Autunno, del 1987, nei quali i rami rinsecchiti e mutilati si contorcono e si attorcigliano assumendo un aspetto inquietante. Ma è soprattutto quando Vitali si addentra nel cuore della montagna, tra concrezioni rocciose e ombre fossili, che trova le forme più pure, avvicinandosi in qualche caso al confine dell’astrazione. Per rendersene conto è sufficiente vedere fogli quali Geolunare, Luna e fossili e Rabdophilia longobardica, contenuti nella cartella del 1991 dal titolo Le forme del tempo, composta da undici incisioni create in omaggio ad Antonio Stoppani. E forse è qui, in questo mondo oscuro e sotterraneo, nell’alveo di una paleontologia fantastica e d’invenzione, solo parzialmente ispirata agli studi dell’abate Stoppani, che l’artista esperisce una ricerca formale del tutto libera e lascia correre la mano sulla lastra senza porsi limiti. 
Ricevo e pubblico:
Massimo Nardi