"PENTAMORFOSI"
five italian artists
CLAUDIO ASSANDRI, testo critico di Claudio Strinati (13 - 22 Ott)
ROBERTO FERRI, testo critico di Vittorio Sgarbi (27 Ott - 8 Nov)
PIERA SCOGNAMIGLIO, testo critico di Maria Arcidiacono (10 - 22 Nov)
FRANCESCO BOTTAI, testo critico di Maurizio Scaparro (24 Nov - 9 Dic)
DAVIDE DALL' OSSO, testo critico di Viana Conti (11 - 22 Dic)
a cura di Simone Schiavetta
Presentazione di Carlotta Monteverde
Organizzazione e comunicazione Takeawaygallery
"Pentamorfosi", cinque diverse maniere di declinare la forma: Claudio
Assandri, Francesco Bottai, Davide Dall’Osso, Roberto Ferri, Piera
Scognamiglio; una rassegna mirata, dedicata al linguaggio figurativo
contemporaneo, che si propone di approfondire e mettere a confronto il
lavoro di questi cinque artisti, scelti come emblematici di una
sensibilità tutta nuova, la cui ricerca pone le proprie fondamenta nel
recupero e rinnovato valore della rappresentazione, intesa sia come
ricostruzione che come reinterpretazione. Le opere, una ciascuno, si
alterneranno di due settimane in due settimane, dal 13 ottobre al 22
dicembre, nello spazio/vetrina della Galleria Opera Unica, in via della
Reginella a Roma
Dissimili e distanti per tecniche e materiali
utilizzati, risultati espressivi e poetica, nei dipinti e nelle sculture
degli autori in questione si possono rintracciare punti di tangenza e
contatto, frutto di una progettualità comune, che riesce a mettere in
relazione e creare connessioni tra approcci tanto lontani. La forte
estetizzazione, la teatralità del gesto, la riscoperta di un’armonia ed
un equilibrio compositivo, nonché una risolta dicotomia tra tradizione
ed innovazione ed un uso della figura come fine e fondamento, avvicinano
soluzioni in apparenza discordi, risposte parallele ad una necessità di
revisione del linguaggio figurativo nel profondo.
CLAUDIO
ASSANDRI (1967) La scultura di Assandri si chiama Lava ed è
effettivamente in pietra lavica. Su intervento dell’ artista, con un
abile marchingegno, da essa escono fiamme che testimoniano dell’ origine
stessa di quella materia. Una testa che brucia può produrre reazioni
diverse in chi osserva il singolare fenomeno, anche perché la testa in
se stessa è modellata con l’ energia e la sobrietà che si addicono
piuttosto alla forma classica, che normalmente è pura, bianca e
intoccabile. E questo culto della classicità c’è veramente nel nostro
artista che modella da par suo anche il marmo e che calibra la struttura
dell’ immagine su principi antichi di equilibrio, armonia, stabilità.
Ma il fuoco quando invade la testa provoca invece una sensazione di
squilibrio, di disarmonia, di instabilità. Le due anime ci sono
veramente in lui: un estro libero e bizzarro e una regolarità maestosa.
E’ indubbio, peraltro, che una curiosa inquietudine promani sempre dalle
elaborazioni di questo artista che spazia anche nel campo della pittura
e che colpisce a fondo chiamando a sé l’ osservatore dell’ opera fino a
costringerci quasi a seguirlo con la perentoria energia della sincerità
e della felicità creativa. Arde di passione ma collocandosi nello
spazio con la fermezza imperturbabile di chi sente di avere la
situazione sotto controllo, quale che sia.
-Claudio Strinati
ROBERTO FERRI (1978) - Ferri è un fenomeno, ammirevole come e più di un
pittore antico. Ha, di colpo, superato i pittori figurativi più abili
nella duplicazione della realtà. Il suo primo pensiero è stupire. Con
formidabile disciplina rimedita la grande tradizione della pittura
barocca, da Caravaggio a Ribera, da Bernardino Mei a Tiepolo. In realtà,
Ferri è un virtuoso che riporta nella realtà i sogni. Talvolta essi
sono incubi. Ma l’armonia delle forme domina i soggetti anche nelle loro
torsioni più audaci, nelle mutilazioni, nei traumi. L’occhio di Ferri
registra e riproduce l’ordine delle cose in un mondo dove tutto
funziona, e c’è spazio anche per il male. Ed eccoci qui, davanti a
quadri antichi sorprendentemente moderni; apparentemente accademici ma
trasgressivi. Una sfida al resto del mondo. La figura umana per Ferri è
inevitabile ma deve essere anche trionfante, eroica, in un continuo
riferimento a modelli e composizioni già pensate e da lui portate a uno
stupefacente rigore. Così egli determina un effetto borgesiano: chiede e
ottiene stupore, e dipinge, oggi, quadri antichi: così noi davanti ai
suoi quadri non sapremo dire in che epoca siamo. Un iperbarocco? E
insieme un neoclassico e un caravaggesco. Ferri continua l’inganno, non
sarà mai abbastanza contemporaneo e mai un pittore antico. Dipinge come
un antico soggetti moderni ma, di fronte al corpo umano ignudo, non si
può fermare, non può deformare (se non è deforme), ed è costretto a
essere un altro. Nuovo come pittore antico; antico come pittore moderno.
-Vittori Sgarbi
PIERA SCOGNAMIGLIO (1985) - Silence è un lavoro meno recente,
interessantissimo per capire come le tematiche legate all'incontro e ai
conflitti dell'eros siano stati modulati inizialmente dall'artista
attraverso un linguaggio squisitamente pittorico. Un’ intensità corposa
della pennellata, diversa dalle grafie leggere delle ultime opere, è
servita a definire la plasticità dei corpi, la vicinanza fisica che cela
una forte estraneità psicologica, il corpo femminile è esposto
languidamente ma è come se la donna fosse assente a se stessa. L'uomo è
solo un'ombra, protagonista è il silenzio, l'istante rarefatto che segue
la passione e sembra annunciare un addio, due presenze che si collocano
solidamente in uno spazio angusto, sono accostate, vicine, strette in
un'intimità dietro la quale si intuiscono due solitudini.
- Maria Arcidiacono
FRANCESCO BOTTAI (1977) - C’è in questo “Galileo da Arcetri” di Bottai ,
qualcosa che mi è parsa diversa dalle altre sue macchine teatrali.
Voglio dire, intanto, l’ Uomo.
Per la verità l’uomo è sempre, o
quasi sempre, presente nelle sue sculture, da Amleto a Pulcinella ma qui
mi ha colpito per una presenza-emozione diversa. L’uomo Galileo di
Bottai è soprattutto o soltanto l’Uomo con il cannocchiale, messo quasi
inconsapevolmente a unire due punti fondamentali del Galileo di Brecht,
l’arte e la scienza e l’uso che il potere cerca di esercitare, non
sempre correttamente, sull’uomo e sulla macchina.
Il soggetto
doppio Galileo-cannocchiale, differenzia così questa scultura che non
casualmente Bottai ritiene conclusiva di un suo periodo creativo e ci
lascia uno stimolo per il nostro futuro, quello di vedere di più, di
vedere meglio.
Su questo riflettevo rivedendo la macchina pensante
di Bottai, che forse ci aiuta, con qualche ottimismo in più, se volete, a
credere sull’utilità del nostro lavoro e sulla costruzione sperata per
il prossimo futuro di un umanesimo scientifico: l’uomo appunto e il
cannocchiale.
- Maurizio Scaparro
DAVIDE DALL'OSSO (1971) -
Sicuramente l’artista, pur avendo mantenuto del tutto inalterata la sua
ricerca personale-artistica, sulla spiritualità dell’uomo
contemporaneo, ha trasformato, invertendolo, il proprio processo
creativo. Mentre nei suoi primi anni di ricerca la materia era
finalizzata alla parte finale dell’espressione della ricerca stessa,
oggi i materiali plastici che utilizza nella fusione, sono lo stimolo
principale della sua realizzazione. Il suo attuale lavoro sui
policarbonati verte sulla possibilità/impossibilità di arrivare,
attraverso la fusione, ad un grado zero della materia, alla ricerca di
un vuoto dal quale il processo creativo possa rigenerarsi. Un vuoto
impossibile di materia umana, che lasci soltanto un movimento nell’aria,
un fremito attraverso la pelle di chi per un attimo si sofferma, come
un ricordo improvviso che non si riesce a mettere a fuoco perché già
passato, come essere per una parentesi di tempo di nuovo spirito.
- Viana Conti
La mostra è visibile 24 ore su 24 dal 13 ottobre al 22 dicembre 2012
Inaugurazioni tutte alle ore 18.00