Mostra Collettiva di artisti Giapponesi e Italiani
I K I
いき
A cura di Matteo Galbiati e Kevin Mcmanus
Dal 4 Ottobre al 3 Novembre 2012
“Che struttura ha l'Iki ? Con che metodo si può chiarirlo e cogliere la
sua essenza? E' forse una parola universale rintracciabile in tutte le
lingue? O esiste solo in Giappone e il suo significato ha una specifica
natura etnica?"
Così Kuki Shuzo inizia il suo studio sul fenomeno
Iki a cui si ispira la collettiva proposta dalla Galleria Paraventi
Giapponesi, Galleria Nobili, che inaugura il prossimo 4 ottobre 2012
presso lo spazio di via Marsala.
Kuki Shuzo pubblica la Struttura
dell'Iki nel 1930 con l'intenzione di spiegare agli occidentali un'
atteggiamento rintracciabile in un'area specifica del Giappone e cioè a
Tokyo nel periodo Bunka-Bunsei (1804-1830).
Cosa è dunque Iki?
Innanzi tutto è un fenomeno che nasce all'interno del quartiere dei
piaceri dell'antica capitale Edo, l'attuale Tokyo. Esso si esperisce
nella vita quotidiana e ruota attorno a tre punti solo apparentemente in
contraddizione tra loro: la seduzione, l 'energia spirituale e la
rinuncia.
In specifico la seduzione viene intesa come tensione duale
tra i sessi che sceglie di non perseguire l'unione perfetta per
mantenere la possibilità seduttiva attiva; per fare ciò si avvale dell’
energia spirituale che idealizza la seduzione mediante la forza d
'animo. Con la rinuncia, la noncuranza, la sprezzatura l 'anima
dichiara il suo distacco consapevole dal mondo fluttuante l'Ukiyo, noto
per essere stato ampiamente descritto nelle stampe ottocentesche.
A
Yoshiwara, il quartiere dei piaceri di Edo si poteva osservare la
geisha attempata esercitare le sue arti seduttive sapientemente con
piglio aspro ma accattivante; riluttante, inflessibile e rigorosa ,
“ella poteva rifiutare la corte di clienti facoltosissimi ma yabo ovvero
goffi adducendo che rappresentavano una vergogna per il quartiere” (
Cit.).
Il tema scelto, pur essendo relativo a un momento tramontato
ma di particolare interesse per la cultura giapponese continua a essere
generatore di fascinazione su chi lo sa recepire e costituisce allo
stesso tempo uno spunto di riflessione esistenziale e sull' estetica,
capace di intrigare anche l'osservatore occidentale a cui viene offerta
una via alternativa alla lettura del quotidiano contemporaneo. Per la
sua complessità la Galleria Nobili si riserva un suo sviuppo ulteriore
in occasioni future.
Iki storicamente sviluppa una sua estetica
formale che si riscontra in svariati aspetti della cultura giapponese;
nell’ architettura e nelle arti decorative si adottano colori quali il
blu, il marrone e il grigio e decorazioni come i moduli di parallele
verticali, esemplificazioni visive della seduzione che evita di
raggiungere il suo scopo . Il colore grigio in quanto espressione della
rinuncia è stato proposto dalla Galleria Nobili come filo conduttore
per legare tra loro opere eterogenee di artisti giapponesi e italiani.
Per la prima volta e in via eccezionale oltre agli storici che lavorano
con la Galleria da tempo si è estesa la partecipazione al progetto ad
alcuni artisti italiani i quali per sensibilità nel lavoro dimostrano
inconsapevolmente una vicinanza a Iki soprattutto ma non solo negli
aspetti formali. È interesse e obiettivo della Galleria Nobili, quando
possibile, mettere a confronto due culture differenti che si misurano su
temi complessi col fine di trovare nuovi territori di riflessione utili
a un pubblico attento.
Artisti presenti: Mauro Bellucci, Sonia
Costantini, Flavio Gallozzi, Cesare Galluzzo, Asako Hishiki, Yamamoto
Masao, Mitsuo Miyahara, Hiroyuki Nakajima, Ayako Nakamiya, Izumi Oki,
Mara Pepe, Tetsuro Shimizu.
Nota: citazioni riprese da: La struttura dell’IKI, Kuki Shuzo, Adelphi, 2008
Segnala:
Amalia Di Lanno
