mercoledì 13 febbraio 2013

Margherita Levo Rosenberg_LA MISURA DEL MONDO

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Proposte 2013

Itinerari per viaggiatori distratti

MARGHERITA LEVO ROSENBERG
LA MISURA DEL MONDO


Martedì 19 febbraio 2013, alle ore 18,00 a Roma, presso lo Studio Arte Fuori Centro, via Ercole Bombelli 22, si inaugura la personale di Margherita Levo Rosenberg La misura del mondo, curata da Loredana Rea.

L’esposizione rimarrà aperta fino all’8 marzo, secondo il seguente orario: dal martedì al venerdì dalle 17,00 alle 20,00.

La mostra, è il secondo appuntamento di Itinerari per viaggiatori distratti, ciclo di approfondimento, ideato dal critico Loredana Rea con l’intento di riflettere sul ruolo dell’arte, sul suo valore e sul suo campo d’azione.

Nell’arco di tempo compreso tra febbraio e giugno sette artisti – Margherita Levo Rosenberg, Rita Mele, Maurizio Cesarini, Enzo Cursaro, Riccardina Montenero, Grazia Sernia e Immacolata Datti – differenti per formazione e scelte operative, si confrontano per evidenziare l’importanza di una pratica di continuo e ricercato sconfinamento, strettamente connessa alle metodologie di lavoro e agli strumenti di espressione, suggerendo un itinerario complesso nella sua multiforme articolazione.

Per questa esposizione Margherita Levo Rosenberg ha costruito un percorso fortemente evocativo, seguendo il desiderio di trovare la misura tra l’interiorità e il farsi della quotidianità, per cercare una possibilità di accordare la profondità di una dimensione interiore con l’esperienza della realtà fenomenica. È un’istallazione complessa anche se progettata intorno alla combinazione di forme geometriche elementari, realizzate su pellicole radiografiche, a continuare la sperimentazione sul recupero di materiali precedentemente utilizzati, e tenute insieme da piccoli spilli, che sottolineano con ironia l’intrinseca precarietà del lavoro proposto.

L’artista è partita dal triangolo, con il quale si misurano tutte le superfici del terreno - la terra per lei è fondamentale, ci è nata e cresciuta ed emblematicamente rappresenta la misura della sua esistenza - fino a costruire figure più articolate, che relazionandosi allo spazio mantengono la leggerezza e la trasparenza, pur attivando un gioco caleidoscopico di rimandi tra luci e ombre. La misura del mondo è pensata come pendant ideale di La fatica della luce dove la scomposizione della divina commedia era occasione per mettere in contato con le forze distruttive della vita. Per questa nuova installazione invece l’intenzione è rendere visibile la difficile ricerca di un equilibrio dinamico tra dentro e fuori, tra interiorità ed esteriorità, come a sanare la fatica di vivere secondo principi che la società attuale non riconosce come propri.


Testo di presentazione italiano

CERCANDO LA MISURA DEL MONDO

Fin dai primi anni ‘90 Margherita Levo Rosenberg ha indirizzato la sua ricerca all’indagine delle possibilità espressive di materiali extra-pittorici, per concretare la coscienza di una fisicità forte e al tempo stesso ambigua, capace di mescolare con originalità assunti teorici molto distanti gli uni dagli altri. L’intento è suggerire altre possibilità di fruizione, a partire dall’esigenza di trovare una relazione tra le molteplici sembianze con cui la realtà appare, attingendo a una sintassi visiva di cui ha metabolizzato i codici, tanto da poter alterare quanto già dato per assunto e muoversi con duttile rigore tra problematiche metodologiche e progettuali di natura diversa.
Emerge con inaspettata potenza la necessità di un differente modo di rapportarsi allo spazio, di creare nuove opportunità di interpretazione e di rafforzare lo sviluppo di un linguaggio, in cui la sensibilità nell’uso di materiali eterogenei si coniuga con l’attenzione a un’armonia formale, per creare un equilibrio tra l’urgenza di confrontarsi con la complessità del presente e la possibilità di superare attraverso l’arte ogni superficiale convenzionalità.
Proprio in questo è il fascino del suo lavoro, che raramente si rivela al primo impatto, ma sempre dopo aver messo in atto un processo di ricercata contaminazione tra asserzioni concettuali e prassi operative. L’artista parte, infatti, dalla necessità di porre l’accento sulla densità del pensiero che determina la forma, per innescare un cortocircuito visivo, capace di rendere inequivocabilmente manifesto un comportamento estetico e contemporaneamente etico e dare forza al deciso dissenso verso un modus vivendi diventato sempre più soffocante, nel tentativo di attuare una spersonalizzante omologazione di abitudini, aspirazioni e anche desideri.
Su queste posizioni il suo percorso di ricerca inevitabilmente si è sviluppato come il tentativo di comprendere le motivazioni profonde dello scollamento tra individuo e società, per superare i limiti imposti dal bisogno di apparire più che essere, mescolando senza soluzione di continuità sottile ironia e ludico disincanto.
Per la mostra a Studio Arte Fuori Centro Levo Rosenberg ha costruito un percorso evocativo, seguendo il desiderio di trovare la misura tra il tempo delle cose e il tempo degli uomini, per accordare la profondità di una dimensione interiore con l’esperienza della realtà del presente. È un’istallazione complessa, anche se progettata intorno alla combinazione di forme geometriche elementari, realizzate su pellicole radiografiche, in linea con la sperimentazione sui materiali di recupero avviata già da alcuni anni, e tenute insieme da piccoli spilli, che sottolineano l’intrinseca precarietà della scansione strutturale. In stretta sintonia con l’architettura dello spazio espositivo il lavoro si sviluppa mettendo in relazione superficie e profondità, opacità e trasparenza, luce e ombra, a giocare con raffinatezza sul continuo slittamento tra provvisorietà e solidità e bilanciare asserzioni tanto diverse da sembrare contraddittorie, come se a interessare l’artista fosse l’inconciliabile congiunzione degli opposti.
Nella progettazione di questa nuova opera Levo Rosenberg è partita dal triangolo, con cui fin dall’antichità si calcolano le estensioni della superficie terrestre, nel desiderio di trovare una misura tra l’oggettivo farsi delle cose e la variabile stratificazione che di esso resta nella coscienza di ognuno, attraverso cui preservare la memoria di sé e delle proprie origini. La terra per lei che proviene da una cultura contadina è, infatti, il fondamento di ogni certezza e il metro dell’esistenza, tanto che il triangolo, strumento di misurazione del terreno, diventa il paradigma di un sentire individuale, possibilità per rapportarsi alla variabile intensità delle impressioni, delle sensazioni, delle emozioni che in maniera imprevedibile e differente segnano la tangibilità del reale.
Tra le mani dell’artista l’iniziale combinazione di triangoli isosceli, studiata per richiamare le coordinate planimetriche della triangolazione topografica, cresce, si impossessa dello spazio e assume via via forme più complesse, fino a costruire configurazioni molto articolate, che pur mantenendo la leggerezza innescano una serie di rimandi tra equilibrio e instabilità, tra continuità e incostanza, tra forma chiusa e spazio aperto, tradendo un ineludibile senso di fragilità, che rimanda inequivocabilmente alla precarietà della condizione umana.
La misura del mondo è pensata come pendant ideale di La fatica della luce, realizzata per la sua precedente personale. In quella la scomposizione della divina commedia in migliaia di frammenti era occasione per rendere manifesto l’inevitabile contatto con le forze distruttive della vita, in questa invece tutto diventa espressione della difficile ricerca di una consonanza tra dentro e fuori, tra interiorità ed esteriorità, come a sanare la fatica di vivere secondo principi che la società attuale non riconosce come propri. A colpire è la capacità di partire dalla vita di ogni giorno, per creare una partitura in cui ordinario e straordinario si rapportano dialetticamente, lasciando emergere la poesia che li pervade, quella stessa che sostanzia la quotidianità dell’esistenza, permettendo a ognuno di sopportare i limiti della propria finitudine.

Loredana Rea

English Version

LOOKING FOR THE MEASURE OF THE WORLD

Since the early ‘90s, Margherita Levo Rosenberg has directed her research to new forms of expression through non-pictorial materials, in order to convey strong and yet ambiguous physicality, while quite uniquely mixing very different theoretical assumptions. She began to suggest alternative uses of these materials by looking at the relationship among the different aspects of reality, and by drawing from a visual syntax whose codes she has fully metabolised. So much so that she can even change what is already granted, and move with flexible precision across very different methodologies and projects.
The need to relate to space in a different way, as well as to create new interpretation opportunities, and promote the development of a new language emerges with unexpected vigour. A sensible use of heterogeneous materials is matched here with a special focus on a formal harmony, in order to reach a balance between the urgency of tackling the complexity of our present days and the possibility to overcome any superficial cliché through art.
Here lies the great appeal of her work, which, rarely revealed at first sight, becomes evident only after having set off a process of sophisticated contamination between conceptual claims and operational praxis. Indeed, the artist starts from her need to emphasize the importance of a solid thought, which in turn determines form: the objective is to trigger a visual short-circuit capable of unequivocally disclosing a concurrently aesthetic and ethical behaviour. But she also strongly rejects an ever more suffocating modus vivendi that is increasingly standardizing and depersonalizing our habits, aspirations, and desires.
Based on these assumptions, her research trajectory was bound to develop into an attempt at understanding the underlying reasons for the yawning gap between single individuals and society, while trying to overcome the constraints imposed by the need to appear rather than be, through a seamless mix of subtle irony and playful disenchantment.
For the exhibition at Studio Arte Fuori Centro, Levo Rosenberg has constructed an evocative itinerary, yielding to her desire to find the right way to measure the time of things and the time of human beings, aimed at fine-tuning a deep inner dimension with the experience of our real world of today. Although designed around the combination of elementary geometric shapes, it is a complex installation. In line with the experimental works she has been conducting for several years on recycled materials, the installation features X-ray films, held together by tiny pins, to further highlight its precarious structure. In perfect harmony with the exhibition space architecture, her installation connects the various surfaces and depths, matt and clear sides, light and shadow, by elegantly playing on the endless shift between impermanence and permanence, while balancing claims that are so far apart that seem to be contradicting. It is as if the impossibility to join opposites were the artist’s main interest.
In designing her latest work, Levo Rosenberg has started from the triangle, used since ancient times to measure the earth surface. In order to preserve any memory of ourselves and our origins, she wanted to find a proper way to measure how things actually shape up and the varying layers of such shaping that are likely to survive in our consciousness. As a matter of fact, due to her background of rural culture, the land is for her the foundation of all beliefs and the very measurement of existence. So much so that the triangle used by land surveyors becomes the paradigm of individual feelings, a way to relate to the varying intensity of perceptions, feelings, emotions, which unexpectedly and uniquely mark our material and tangible world.
In the artist’s hands, the initial combination of isosceles triangles, designed to remind us of the planimetric coordinates of topographic land surveying, gradually grows, grabbing ever more space and taking up ever more complex shapes, to form more articulated figures. While remaining light and delicate, these figures cascade into a whole set of cross-references between balance and unbalance, continuity and volatility, confined and open spaces, thus disclosing an ineluctable sense of frailty, clearly reminding of the precarious nature of human existence.
The Measure of the World is designed to ideally match her work The Toil of Light created for her previous solo exhibit. In this other work, tearing apart the Divine Comedy into thousands of fragments has given her the occasion to show the ineluctable contact with the destructive forces of life. In this more recent work, conversely, everything is just the expression of a difficult search for an unlikely compatibility between our inner and outer world, our inner and outer selves, in an attempt at overcoming the difficulty of living in compliance with principles no longer recognized by our current society. Quite strikingly is her ability to start with a script from our daily life, where the ordinary and the extraordinary converse, and letting the romance that pervades them surface: that same romance, which substantiates our daily existence, and allows each of us to withstand the limitations of our finitude.

Loredana Rea

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Amalia di Lanno