Guido Van Der
WERVE
DIRECTING ART AS A MUSIC
18.05.2013 – 16.06.2013
A cura di Stefano Raimondi e
Mauro Zanchi
Con la collaborazione di Irene
Boyer
e Elena Tosi
Inaugurazione | sabato 18 maggio
2013, ore 10.00
Sala Piatti, Via San Salvatore 6,
Città Alta, Bergamo
Orari e sedi
Basilica di Santa Maria Maggiore,
Piazza Vecchia, Città Alta, Bergamo
Palazzo della Misericordia, Via
Arena 9, Città Alta, Bergamo
Venerdì e Domenica 15.00 – 18.00
(visite guidate ogni ora)
Sabato 11.00 -13.00 / 15.00 –
18.00 (visite guidate ogni ora)
Altri giorni solo su appuntamento
Directing Art as a Music, mostra
personale di Guido van der Werve, uno dei più significativi artisti della scena
internazionale, rappresenta un’occasione unica per vedere tre importanti video
realizzati dall’artista: partendo da ‘Nummer zeven, the clouds are more
beautiful from above’, passando per ‘Nummer acht, everything is going to be
alright’ per arrivare all’ultimo ‘Nummer veertien, home’, un video capace di
sintetizzare tutta la ricerca dell’artista.
Guido van der Werve, olandese
classe 1977, ha esposto in importanti musei quali il MoMA di New York, la
Hayward Gallery di Londra, l’Hirshhorn Museum di Washington, la Kunsthalle di
Basilea.
Promossa dalla MIA –
Congregazione della Misericordia Maggiore, la mostra è organizzata da BACO,
acronimo di Base Arte Contemporanea Odierna, un gruppo aperto di lavoro la cui
finalità è il dialogo e il coinvolgimento di operatori della cultura locale, nazionale
e internazionali attraverso la promozione dei più significativi linguaggi e
sperimentazioni della cultura artistica contemporanea. La mostra è realizzata
in collaborazione con la GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea e The
Blank Bergamo Contemporary Art, con il sostegno ufficiale della Fondazione
Credito Bergamasco e il supporto della Isocell S.p.A.
La mostra si svolge in una doppia
sede, la Basilica di Santa Maria Maggiore, i cui matronei hanno già ospitato
negli ultimi anni le mostre di arte contemporanea legate al progetto “Ogni cosa
a suo tempo” e il vicino Palazzo della Misericordia, sito nel cuore di Città
Alta. Come spiegano i curatori Mauro Zanchi e Stefano Raimondi questa scelta ha
molteplici significati: aprire un confronto
e instaurare una relazione con
diversi luoghi e istituzioni, proseguendo nell’idea di un network aperto e di
un’arte diffusa, capace di avvicinarsi allo spettatore, considerare i luoghi
non solo come dei contenitori ma esplicitare un dialogo tra lo spazio e l’opera.
Da qui la scelta di allestire la
mostra di Guido van der Werve, che ha nella musica, nella spiritualità e nel
rapporto tra l’uomo e l’infinito le tematiche chiave, in un ex-conservatorio
musicale, quale è il Palazzo della Misericordia e in uno spazio intrinsecamente
legato a queste tematiche come la Basilica di Santa Maria Maggiore. Guido van
der Werve instaura un peculiare rapporto con la tecnologia; lui stesso rivela
di dirigere, all’interno dei suoi video, l’arte come la musica (“arts direct as
a music”); formatosi infatti come pianista, mira a elaborare un linguaggio
visivo e concettuale che sia diretto e invisibile come quello della musica.
Basa i suoi lavori su performance personali, estreme, talvolta bizzarre,
giocando sul continuo passaggio dal piano del reale a quello del fantastico,
ragionando sempre sull’essere “nel mondo”, sulla finitezza del corpo, sul
concetto di fatica e sforzo per superare la finitezza e la morte. Unisce
musica, spesso da lui composta, con prove solitarie in cui cerca di superare il
proprio limite, come nel video ‘Nummer veertien, home’, in cui compie un
triathlon di mille miglia in solitario; o riflette sul rapporto uomo-natura con
esempio in ‘Nummer negen, the day I didn’t turn with the world’, dove l’artista
è rimasto per ventiquattro ore in piedi nel punto esatto dove al Polo Nord l’asse
interseca la superficie terrestre, girando su se stesso in senso orario mentre
la terra sotto di lui girava in senso antiorario.
Segnati da paure e blocchi
emotivi i video-film divengono documentazioni in uno stile freddo, impassibile,
capace però di rivelare uno spirito profondamente romantico.
’Nummer zeven, the clouds are
more beautiful from above’ (2006) vede l’artista intento a riflettere su un
frammento di meteorite. Il film si apre con le parole da lui pronunciate in
inglese su una schermata nera. Ricorda quando da bambino rimaneva sveglio per
vedere le stelle cadenti per esprimere ripetutamente un desiderio che però non
si realizzava mai. Il film prosegue con l’artista
intento a eseguire all’interno
della sua abitazione un rituale: inserire un frammento di quel ‘corpo
extraterrestre’ (stella cadente) in un piccolo razzo spaziale. Il rito prosegue
poi all’esterno, in un prato deserto, e si conclude con il lancio e il ritorno
del frammento nell’universo. Questo lavoro mira a ristabilire l’ordine preciso
delle cose: ognuno ha un giusto posto nell’universo. Il posto
del meteorite-frammento è il
luogo d’origine di ogni desiderio. ’Nummer
acht, everything is going to be alright’ (2007). L’intera scena si articola su uno
dei limiti estremi della terra: il Golfo
finlandese di Botnia, nel Polo
Nord, in cui dominano solo due elementi: una nave rompighiaccio e l’artista. L’una
segue l’altro, stando a una quindicina di metri di distanza, in un cammino
silenzioso nel mare di ghiaccio. Non c’è musica ma solo i sordi tonfi della
nave provocati dal suo spostamento. L’artista sembra guidare l’immensa scatola
d’acciaio verso una meta solo a lui conosciuta, o forse è un semplice
deambulare all’interno di un limite; non un tentativo di superamento di esso ma
piuttosto la ricerca di comprendere ciò che il limite stesso rappresenta. Si
crea così un’ ambientazione surreale e viene trasmessa una sensazione ipnotica
e meditativa. L’artista esprime una metafora della condizione esistenziale, si
spinge oltre a ogni chiara comprensione. Segue ancora una volta la propria
odissea interiore in uno spazio deserto e immerso in solitudine, con la
consapevolezza però che in questo caso ‘tutto sembrerebbe andare per il meglio’.
’Nummer veertien, home’ (2012) è l’ultimo lavoro realizzato dall’artista. Video
multistrato e complesso, la cui struttura si basa su quella di una classico
Requiem (tre movimenti e dodici atti), che s’intreccia poeticamente a storie di
Alessandro Magno (raccontate nei sottotitoli) e Chopin. Fryderyk Chopin, morto
a soli 39 anni, venne sepolto a Parigi, ma l’amata sorella riuscì a portare il
suo cuore nella città natia, Varsavia. Due città distanti più di 1000 miglia,
distanza che Guido van der Werve percorre in un triathlon infinito, nuoto, bici
e corsa, per onorare la figura dell’amato compositore, similmente all’ultimo
viaggio che porta Alessandro il Grande dalla Macedonia a Babilonia per
riabbracciare i suoi affetti prima della propria fine. Compie il viaggio a
ritroso, da Varsavia a Parigi, proponendo temi chiave della sua poetica:
resistenza fisica (dove l’artista arriva addirittura a non sentire più il
dolore per lo sforzo), la lotta dell’uomo con la natura, la malinconia e la
solitudine. BACO aderisce al progetto ARENA, una piattaforma di coordinamento
per l’incontro e la convergenza di ricerche e attività interdisciplinari.
La mostra sarà inaugurata nell’ambito
della III edizione di ARTDATE (17-19 maggio 2013), giornate dedicate all’arte
contemporanea nella città di Bergamo.
OGNI COSA
A SUO
TEMPO
CAP. VI, ATTO I (RESUME AND REBIRTH)
18.05.2013 – 21.07.2013
A cura di Stefano Raimondi e Mauro Zanchi
Inaugurazione | sabato 18 maggio
2013, ore 10.00
Sala Piatti, Via San Salvatore 6,
Città Alta, Bergamo
Orari e sedi
Basilica di Santa Maria Maggiore,
Piazza Vecchia, Città Alta, Bergamo
Palazzo della Misericordia, Via
Arena 9, Città Alta, Bergamo
Venerdì e Domenica 15.00 – 18.00
(visite guidate ogni ora)
Sabato 11.00 -13.00 / 15.00 –
18.00 (visite guidate ogni ora)
Altri giorni solo su appuntamento
Sabato 18 Maggio all’interno dell’antico
Palazzo della Misericordia di via Arena 9, nel cuore di Città Alta, aprirà al
pubblico Ogni cosa a suo tempo. Cap.VI, Atto I (Resume and Rebirth) un nuovo
capitolo capace di riassumere le mostre realizzate tra il 2011 e il 2012 nei
matronei della Basilica di Santa Maria Maggiore e allo stesso tempo aprire un
nuovo dialogo con le opere dei principali artisti emergenti del territorio
bergamasco. Il primo capitolo accoglierà così i lavori realizzati durante la
permanenza a Bergamo da David Adamo, Francesco Arena, Riccardo Beretta, Ettore
Favini, Alis/Filliol, Andrea Kvas e Navid Nuur. In aggiunta a questi saranno raccolti
e presentati i lavori di artisti come Davide Allieri, Meris Angioletti, Filippo
Berta, Emma Ciceri, Giovanni De Lazzari, Oscar Giaconia, Ferrario Frères, Marco
Grimaldi, Clara Luiselli, Andrea Mastrovito, Giovanni Oberti, Francesco Pedrini
e Alessandro Verdi, legati alla città di Bergamo, testimoniando la vivacità
culturale di un territorio che ha sempre espresso un’autonomia e
un proprio linguaggio distintivo
all’interno del sistema dell’arte.
Come il titolo lascia intendere
questa mostra sarà il primo atto di un progetto che si svilupperà nell’arco di
un anno con diverse variazioni allestitive, implementazione di nuove lavori,
confronti tra linguaggi e media differenti. Ogni cosa a suo tempo continua così
nella promozione e nella ricerca delle pratiche artistiche contemporanee,
articolando ulteriormente un progetto nato nel 2011 nei matronei della Basilica
di Santa Maria Maggiore e ora sviluppato negli spazi del Palazzo della
Misericordia, una struttura storica per la cultura bergamasca, sede fino al
2007 dell’Istituto Musicale e ora riaperta in occasione della mostra.
Promossa dalla MIA –
Congregazione della Misericordia Maggiore, l’esposizione è organizzata da BACO,
acronimo di Base Arte Contemporanea Odierna, un gruppo aperto di lavoro la cui
finalità è il dialogo e il coinvolgimento di operatori della cultura locale, nazionale
e internazionali attraverso la promozione dei più significativi linguaggi e
sperimentazioni della cultura artistica contemporanea.
La mostra è realizzata in collaborazione
con la GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea e The Blank Bergamo
Contemporary Art, con il sostegno ufficiale della Fondazione Credito
Bergamasco.
Curato da Stefano Raimondi e
Mauro Zanchi il progetto si propone di creare una continuità storica con i le
mostre realizzate nella
Basilica di Santa Maria Maggiore,
un dialogo tra due luoghi vicini e accomunati da una ricchezza culturale e
artistica di primaria importanza per la città di Bergamo. Ogni cosa a suo
tempo. Cap.VI, Atto I (Resume and Rebirth) si interroga sull’importanza della ricerca
e della contaminazione artistica, dello scambio e del nomadismo di idee,
riuscendo però a tirare le fila di alcuni elementi
che accomunano i diversi artisti.
Il progetto si inserisce in un contesto più ampio di sviluppo culturale della
città, candidata a diventare
Capitale Europea della Cultura 2019.
BACO aderisce al progetto ARENA,
una piattaforma di coordinamento per l’incontro e la convergenza di ricerche e
attività interdisciplinari.
La mostra sarà inaugurata nell’ambito
della III edizione di ARTDATE (17-19 maggio 2013), giornate dedicate all’arte
contemporanea nella città di Bergamo.
Ricevo e pubblico:
Amalia di Lanno