Nicola Gaudio
Terredimare
a cura di Carlo Garzia
Questi posti davanti al mare
I “posti davanti al mare” dove l’occhio di Nicola Gaudio indaga e insiste non sono certo quelli dove andrebbero all’amore le ragazze di Firenze, per parafrasare ancora la bellissima canzone di Fossati.
Dinanzi a noi scorre un improbabile boardwalk che dalla costa a sud di Bari si spinge sino all’area delle saline, lunga striatura di detriti e occlusioni, di architetture e industrie decotte, di cancelli e barriere che proteggono il nulla.
Più che luoghi, spazi che implicano comunque una connotazione storica e morfologica, si tratta di misurare quella fascia più o meno estesa che separa la terra dal mare, dove il mare è metafora più che estensione, pressione più che orizzonte, profondità più che superficie.
La terra e il mare si contaminano generando uno strano impasto e un altro immaginario, quello delle terredimare appunto, spazio e liquidità da stalker.
Come autore Nicola Gaudio ha seguito un percorso particolare, il periodo di formazione adolescenziale lo ha passato a Hoboken, piccola città del New Jersey dove esiste storicamente una forte e coesa comunità molfettese che in particolari occasioni, soprattutto religiose, arriva a duplicare gli eventi del paese di origine e questo costituisce già un interessante viatico fotografico, un vero doppio di un luogo della memoria. In America Nicola Gaudio conosce gli autori della grande tradizione “epica” del paesaggio americano, Stieglitz, Weston, Adams, Minor White, sino al ritorno in Italia in un periodo in cui si afferma già lo sguardo di un’altra generazione di autori, Shore, Eggleston, Friedlander, Misrach, Gossage tra gli altri. Questa nuova visione che punta soprattutto al colore rinnovando la tradizione straight della FSA di Walker Evans, viene riconosciuta anche in Italia grazie al lavoro di critici come Paolo Costantini (la mostra “Dialectical landscapes” è del 1987) e di autori come Mulas, prima col suo “New York, arte e persone” che documenta gli ambienti e il fare della pop art creando per la prima volta un ponte tra fotografia e arte che nulla deve alla tradizione pittorialista, e poi col gesto finale e radicale delle “Verifiche”. Dopo Mulas, Ghirri saprà mediare la lezione del nuovo paesaggio americano e legarla al paesaggio italiano, più denso e storicizzato in una visione appunto dialettica. Della prima esperienza con i classici e i maestri, Nicola Gaudio conserva un’idea metafisica del quotidiano e dell’ordinario; penso soprattutto alle immagini che si riferiscono ad una natura vegetante che si impadronisce dei luoghi abbandonati dall’uomo e a quel “velo” che continuamente limita lo sguardo come la siepe di Leopardi.
Dai nuovi protagonisti del paesaggio americano Nicola Gaudio mutua un’attenzione spesso ironica alle dissonanze, agli “uncommon places”, ai segni e ai simulacri della post-modernità, uno sguardo che ritrova se non la bellezza, almeno il senso di tutto quello che comunque e immediatamente ti dà, per sé e in sé, come pratico-inerte, direbbe Sartre, organizzato però da un innato esprit de géometrie.
Nelle terredimare coesistono una sensibilità fisica, materiale per le cose e una sfida tutta mentale che corrisponde ad una esigenza di ordine e bellezza ridefinite dallo spirito del tempo della contemporaneità e non dalla nostalgia e dal cedimento pittorialistico.
Come ha affermato recentemente Guido Guidi, autore che certamente Gaudio ha frequentato e studiato, tra un capitello e un paracarro rilevo e fotografo il paracarro.
Carlo Garzia
a cura di Carlo Garzia
Questi posti davanti al mare
I “posti davanti al mare” dove l’occhio di Nicola Gaudio indaga e insiste non sono certo quelli dove andrebbero all’amore le ragazze di Firenze, per parafrasare ancora la bellissima canzone di Fossati.
Dinanzi a noi scorre un improbabile boardwalk che dalla costa a sud di Bari si spinge sino all’area delle saline, lunga striatura di detriti e occlusioni, di architetture e industrie decotte, di cancelli e barriere che proteggono il nulla.
Più che luoghi, spazi che implicano comunque una connotazione storica e morfologica, si tratta di misurare quella fascia più o meno estesa che separa la terra dal mare, dove il mare è metafora più che estensione, pressione più che orizzonte, profondità più che superficie.
La terra e il mare si contaminano generando uno strano impasto e un altro immaginario, quello delle terredimare appunto, spazio e liquidità da stalker.
Come autore Nicola Gaudio ha seguito un percorso particolare, il periodo di formazione adolescenziale lo ha passato a Hoboken, piccola città del New Jersey dove esiste storicamente una forte e coesa comunità molfettese che in particolari occasioni, soprattutto religiose, arriva a duplicare gli eventi del paese di origine e questo costituisce già un interessante viatico fotografico, un vero doppio di un luogo della memoria. In America Nicola Gaudio conosce gli autori della grande tradizione “epica” del paesaggio americano, Stieglitz, Weston, Adams, Minor White, sino al ritorno in Italia in un periodo in cui si afferma già lo sguardo di un’altra generazione di autori, Shore, Eggleston, Friedlander, Misrach, Gossage tra gli altri. Questa nuova visione che punta soprattutto al colore rinnovando la tradizione straight della FSA di Walker Evans, viene riconosciuta anche in Italia grazie al lavoro di critici come Paolo Costantini (la mostra “Dialectical landscapes” è del 1987) e di autori come Mulas, prima col suo “New York, arte e persone” che documenta gli ambienti e il fare della pop art creando per la prima volta un ponte tra fotografia e arte che nulla deve alla tradizione pittorialista, e poi col gesto finale e radicale delle “Verifiche”. Dopo Mulas, Ghirri saprà mediare la lezione del nuovo paesaggio americano e legarla al paesaggio italiano, più denso e storicizzato in una visione appunto dialettica. Della prima esperienza con i classici e i maestri, Nicola Gaudio conserva un’idea metafisica del quotidiano e dell’ordinario; penso soprattutto alle immagini che si riferiscono ad una natura vegetante che si impadronisce dei luoghi abbandonati dall’uomo e a quel “velo” che continuamente limita lo sguardo come la siepe di Leopardi.
Dai nuovi protagonisti del paesaggio americano Nicola Gaudio mutua un’attenzione spesso ironica alle dissonanze, agli “uncommon places”, ai segni e ai simulacri della post-modernità, uno sguardo che ritrova se non la bellezza, almeno il senso di tutto quello che comunque e immediatamente ti dà, per sé e in sé, come pratico-inerte, direbbe Sartre, organizzato però da un innato esprit de géometrie.
Nelle terredimare coesistono una sensibilità fisica, materiale per le cose e una sfida tutta mentale che corrisponde ad una esigenza di ordine e bellezza ridefinite dallo spirito del tempo della contemporaneità e non dalla nostalgia e dal cedimento pittorialistico.
Come ha affermato recentemente Guido Guidi, autore che certamente Gaudio ha frequentato e studiato, tra un capitello e un paracarro rilevo e fotografo il paracarro.
Carlo Garzia
Castello Svevo
P.zza Federico II di Svevia
Bari
P.zza Federico II di Svevia
Bari
INAUGURAZIONE: 14 maggioo, ore 18
dal 14 maggio al 17 giugno 2014
aperto tutti i giorni
8:30 - 19:30
Mercoledi Chiuso
dal 14 maggio al 17 giugno 2014
aperto tutti i giorni
8:30 - 19:30
Mercoledi Chiuso
segnala:
amalia di Lanno