martedì 22 gennaio 2013

ZHIVAGO DUNCAN_PAPILLON






ZHIVAGO DUNCAN
PAPILLON

15 dicembre 2012 - 9 febbraio 2013
A cura di Saskia Neuman

Press Preview venerdì 14 dicembre 2012 ore 11.45 | RSVP
Inaugurazione sabato 15 dicembre 2012 ore 18.30

Saranno presenti l’artista e la curatrice

La Galleria Poggiali e Forconi presenta Papillon la prima personale in Italia dell’artista americano Zhivago Duncan (Terre Haute 1980), reduce dal successo delle mostre Gesamtkunstwerk: New Art from Germany da Saatchi a Londra; Zhivago Duncan: Dick Flash's Souvenirs Of Thought al CFA (contemporary fine art) di Berlino e Futile a Miami da Fredric Snitzer. Il titolo della mostra trae spunto da Papillon, presunta autobiografia di Henri Charrière, famoso detenuto condannato nel 1931 ai lavori forzati nella colonia penale della Guyana francese, che racconta le sue drammatiche evasioni per riconquistare la libertà. Una storia in realtà piena di imprecisioni tanto da far dubitare da anni sulla sua attendibilità. Da qui Duncan parte per mettere in discussione il tema della memoria storica, della sua precisione e della sua validità, in particolare quando si tratta di rievocare e di commemorare attraverso la narrazione.

Per la mostra, nei due spazi della galleria a Firenze, l’artista ha realizzato una quarantina di lavori, di cui dieci istallazioni, due di dimensioni monumentali alcune ispirate all’idea del diorama, trenta modellini di aereo dipinti e sospesi su uno strato di resina ed una serie di dipinti ad olio su tela.

Si tratta quasi esclusivamente delle ultimissime opere scultoree polimateriche; installazioni che ricordano il concetto del diorama in cui oggetti tridimensionali sono inseriti in una sorta di micro museo: esposti in teche di vetro alla stregua di cimeli di un mondo ormai scomparso, come “reperti” quasi fossero reliquie immaginarie di un potere decaduto che, perdendo l’aura di gloria, ha cercato di rimanere forte “tarpando” le ali della libertà.

Le installazioni dialogano con opere pittoriche che raccontano una società degradata, che richiama per certi aspetti il mondo catastrofico di Dick Flash (personaggio inventato da Duncan nel 2011 per la mostra Dick Flash's Souvenirs of Thought) quale sorta di ricordo, flash back e presa di contatto con una dimensione di cui non si ha più conoscenza e memoria.

L’artista contempla le potenze, buone o malvagie, ormai decadute. Il suo lavoro non vuol formare opinioni o esprimere giudizi. Per Duncan, l’America è il gigante decaduto per eccellenza. Guardando all’America attraverso i macchinari e la tecnologia protagonisti del suo corpo di opere, Duncan ne mette in risalto l’atteggiamento da super-potenza e lo strapotere con cui ha vinto, per esempio, la Seconda Guerra Mondiale.

Lo spettatore viene catapultato da Duncan all’interno di un mondo post-apocalittico denso di riferimenti religiosi e politici, ma al contempo estremamente poetici riconoscibili nei lavori su tela e nelle installazioni meccaniche in movimento, che generano collisioni inattese volte a ricostruire, in modo metaforico e grottesco, i simboli del potere che hanno segnato il nostro tempo.

Come le teche a forma di croce - la cui iconografia è universalmente associata a una simbologia religiosa - bordate da luci al neon, dentro cui installa pezzi di artiglieria e modellini militari recuperati da e-bay e ridipinti con simboli estranianti, su cui sono graffiti slogan di quella che si potrebbe definire Propoganda Americana ed elementi che rievocano le atmosfere di Dick Flash.

L’aeroplano è un altro dei soggetti dominanti della mostra: ci sono aerei che inseguono bombardieri, caccia che soccombono di fronte a mezzi meccanici, grandi macchine che sono allo stesso tempo simbolo di volo e combattimento, ma anche di fuga, opportunità e, naturalmente, libertà. Spesso accostati a immagini di volatili e del corpo umano, queste grandi macchine volanti sono anche una metafora di potenza, di controllo dello spazio, dell’aria. Prendendo spunto dal modo in cui le farfalle vengono esposte nei musei di storia naturale - fissate in volo, ordinate, le ali tenute aperte da spilli – Duncan si approccia all’inquadramento di questi ideali che, in un certo senso, sono liberi ed inarrestabili come lo sono le farfalle.

Scrive la curatrice della mostra Saskia Neuman “Il lavoro di Zhivago Duncan indaga in un mondo anarchico del potere distrutto, sull'orlo della violenza e della paura. Duncan esorta la gente a vedere la prova di dittature cadute e ci obbliga a testimoniare la bellezza nella loro distruzione.”

Catalogo edito dalla Galleria Poggiali e Forconi. Testi in catalogo di Saskia Neuman e intervista all’artista di Flavio Arensi.
Zhivago Duncan, di madre siriana e padre danese, nasce negli Stati Uniti nel 1980, nel 2007 si diploma alla Chelsea School of Art in London. Vive e lavora tra Berlino e Miami.
Tra le mostre personali: 2012 Futile Fredrich Znitzer Gallery, Miami; 2011, Zhivago Duncan: Dick Flash's Souvenirs Of Thought, Contemporary Fine Art, Berlino; 2010 The Beautiful and the Damned, Cruise & Callas, Berlino. Tra le mostre collettive: 2011Gesamtkunstwerk: New Art from Germany, Saatchi Gallery, Londra; 2010 Ein fest fur boris act 2, Vittorio Manalese, Berlino, Ein Fest fur Boris act 1, Vittorio Manalese, Berlino, Opening show, Joanna Seikaly Gallery, Beirut, Libano.

Galleria Poggiali e Forconi
Via della Scala, 35/A
50123 – Firenze
Project Room
Via Benedetta, 3r
50123 – Firenze
T. 055.287748 F.055.2729406
E info@poggialieforconi.it
www.poggialieforconi.it
Martedì – sabato 10 – 13 /15.00 -19
Press Office
Silvia Macchetto, Tel. +39 338 3429581 | Cecilia Collini, Tel. +39 349 6444004
press@silviamacchetto.com


ZHIVAGO DUNCAN
PAPILLON


‘Momenti di passato futuro: un omaggio ai meccanismi dimenticati, natura e spirituale.’
Di Saskia Neuman

L’opera di Zhivago Duncan ci conduce in un certo momento temporale – che sia già passato o ancora da venire non è dato sapere. L’artista descrive il suo lavoro per temi, tra i quali potere, scienza, guerra e politica. Presenta vestigia immaginarie di potere attraverso una reinterpretazione della storia ed una riscrittura del futuro ed il suo lavoro, sempre in bilico tra violenza e paura, scava in un mondo anarchico dal potere dissolto. Duncan esorta lo spettatore a riconoscere la testimonianza di dittature disgregate – grandezze cadute – e ci conduce ad assistere alla bellezza insita nella loro rovina. Non è propriamente chiaro, a cosa l’artista si stia riferendo, ma osservando la sua opera si possono assumere paralleli che permettono di trarre diverse conclusioni. Egli batte su un sottofondo di guerra e caos, esaminando il risultato più remoto, cercando le conclusioni più plausibili, nonché cinematografiche, ad uno scenario da ‘fine del mondo’; si muove tra le estremità culturali investigando come possa essere la vita dopo una presunta ‘apocalisse’.

Duncan si immerge in queste estremità della cultura dovunque egli si trovi. Troviamo chiare prove della sua esistenza nomade nella sua storia personale; cresciuto viaggiando per il mondo sin da piccolo, è abile nel piantare radici ovunque si fermi. Il suo talento nel continuare a creare ovunque si trovi è notevole, così come la sua inclinazione nel captare le sfumature dell’ambiente circostante. Nel forgiare nuovi legami con la sua geografia, l’artista trascende i concetti di tempo e luogo – è lui stesso il suo studio portabile. L’opera di Duncan – la sua arte – lo segue ed è imminente, sia in senso fisico che metaforico. La mostra di Zhivago Duncan intitolata Papillon, alla Galleria Poggiali e Forconi, ritrae una pletora di materiali. Grandi teche a forma di croce traboccano di modellini di aeroplani dipinti e decorati con empietà, disposti su cavi, come se fossero farfalle, papillon appunto, che si librano sopra lacca spessa e nera o resina epossidica. Le teche sono disseminate di neon – viola o giallo intenso, che illuminano gli aerei. Sembra quasi che le croci siano ammiraglie – il loro seme e le loro uova equamente distribuito lungo il percorso della mostra - mentre danno vita a modelli unici di piccoli aerei. Queste sculture in rilievo, anch’esse poste su lacca e/o resina, colpiscono la coscienza dell’osservatore. Ne vediamo una tale abbondanza – cosa significano, e da dove sono venute? La mostra, che include altre istallazioni più piccole pervase di movimento e numerose teche di legno che custodiscono elementi meccanici, è una vera e propria esplorazione di un tempo perduto.

Parliamo spesso di film con Duncan: Mad Max, Total Recall, Terminator, Batman… persino Waterworld; titoli cosiddetti intellettuali ricorrono raramente nelle nostre conversazioni. Parlando invece di letteratura, l’Underworld di Don DeLillo suscita approvazione nell’artista. Il suo interesse nella narrativa non lineare di DeLillo è evidente; l’intreccio dei temi di perdita, confusione, fedeltà, paura e morte cullano il suo subconscio. Che parallelismi possiamo trovare con il giorno del giudizio che incombe minaccioso – e cosa ci sarà dopo? Duncan si accosta alla cultura popolare con queste idee al seguito, mostrando la sua abilità nel trarre ispirazione da tutti i fronti e su tutti i livelli.

Scandagliando la sottile ammenda che egli trova nella cultura popolare, l’artista porta come esempio i cartoni propagandistici della Disney degli anni ’40. Il film The Making of the Nazi del 1943, benché comico, è un tentativo anomalo di riparazione all’americana. Durante lo sforzo bellico, la Disney realizzò una manciata di film di propaganda rappresentanti la Germania, la gioventù tedesca, il Nazismo ed i suoi danni. Il film, istruttivo seppur di parte, dimostra i grandi pericoli rappresentati dalla Germania e dal Nazismo, concentrandosi sulla natura anti-democratica del Partito Nazional Socialista tedesco – che metteva letteralmente la museruola ed i paraocchi ai cittadini tedeschi, e nutriva di bugie i sui giovani: “Siamo inespugnabili, siamo imbattibili!” Nonostante sia un cartone animato, il film è cupo. Duncan usa l’immaginario inquietante del film a suo vantaggio – prendendo ispirazione dalla gravità del suo messaggio e dall’aspetto postmoderno della sua visuale, utilizza il cartone come fondamenta sulle quale costruire. La pellicola è disturbante e splendida allo stesso tempo, così come l'opera di Duncan. Ciò nonostante, diversamente da questi film, egli non mette in discussione la potenza e l’importanza di una superpotenza sola – ma di tutte.

L’artista esplora poteri dissolti, fossero positivi e/o negativi. Il suo lavoro non esprime e non trasmette giudizi. Per Duncan, l’America è l’ultimo dei giganti caduti. Nel riferirsi alla nazione americana – attraverso i congegni e la tecnologia dipinta nell’insieme delle sue opere - egli sottolinea la predisposizione a superpotenza degli Stati Uniti, e la forza con cui vinse, ad esempio, la Seconda Guerra Mondiale. La fiducia posta nello sforzo bellico americano e la sua fabbricazione – così come la mitologia che, secondo Duncan, la circonda – permette di aggiungere una molteplicità di livelli all’opera dell’artista. Gli ex stati-nazione hanno un lascito di grande impatto storico e geopolitico. E l’artista sta contribuendo a creare prima, e continuare poi, questa mitologia. Nell’intento di nascondere il futuro puntando l’attenzione sul passato, egli gioca con l’idea di cosa accadrebbe quando tutto fosse perduto. La superpotenza ed i suoi ingranaggi non sono altro che vestigia, ricordi di un tempo che è quasi dimenticato, e per sempre frainteso.

L’aeroplano contiene un importante significato, simboleggiando la lotta ed il volo, ma anche fuga e possibilità. Duncan mostra ogni aspetto di tale rilevanza. Spesso accompagnato con immagini di uccelli e del corpo umano, queste grandi macchine simboleggiano anche il potere – il controllo dello spazio, dell’aria. Per l’artista gli aerei possono superare confini e frontiere, nonché sovrintendere allo scontro di questi confini. Strumenti di guerra e distruzione, egli li usa come enormi flotte – con che facilità si possono conquistare suolo e spazio! Allo stesso tempo, queste macchine sono fragili e lunatiche. L’autore ha guidato la mia attenzione sugli immensi cimiteri di aeroplani che si trovano nel deserto del New Mexico; prima padroni del cielo, poi abbandonati alla ruggine ed al decadimento. Quando la guerra è finita, ed il nostro futuro è andato, è questo a cui il mondo assomiglierà – fosse comuni di macchine abbandonate?

Papillon. La farfalla è maestosa, è bizzosa e fragile. E’ splendida e potente mentre vola. Tuttavia può essere facilmente danneggiata; tocca la polverina delle sue ali e la farai cadere. E’ anche insolente. Questa creatura delicata diventa la chiave dell’opera di Duncan. C’è un salvatore in questa vita dopo la morte che egli rappresenta volentieri? Potrebbe essere la farfalla? Si domanda, egli stesso, come un essere così piccolo possa avere un impatto reale, un suo effetto, sul mondo circostante? L’effetto farfalla – un termine coniato originariamente dal matematico e meteorologo americano Edward Lorenz – è l’idea che il battito d’ali di una farfalla possa avere il potere di creare minuscoli cambiamenti nell’atmosfera, che in ultimo abbiano però la capacità di cambiare, ad esempio, il percorso di un tornado, accelerandolo o modificandolo, influenzando la meteorologia. Stabilire se questo sia possibile o meno è opinabile; se il battito d’ali della farfalla sia semplicemente una di un insieme di condizioni che generano un altro insieme di condizioni che la natura possa seguire, e che così produca un cambiamento nel tempo… Eppure merita attenzione se consideriamo quanti piccoli cambiamenti hanno in realtà un grande impatto.

La causa e l’effetto della farfalla su scala più ampia non sono solo presenti in natura. La Teoria del Caos, ed elementi così sensibili che dipendano dallo stato iniziale del loro ambiente circostante per determinare il loro risultato assoluto, sono stati oggetto di ricerca e discussione a partire dalla fine del 19° secolo. Teorici, fisici, matematici e scienziati francesi come Jules Henri Poincaré, Jacques Salomon Hadamard e, più tardi, Pierre Maurice Marie Duhem hanno investito molto in questo argomento, discutendo sul potere della farfalla di creare una reazione a catena. Questa reazione a catena è stato un tema ricorrente nella letteratura e nella cultura popolare, spesso sviluppato nella narrativa incentrata sul viaggio nel tempo. L’intreccio varia, anche se solo momentaneamente, ed un evento insignificante ha conseguenze enormi. Tutto d’un tratto, due risultati, due esiti potrebbero esistere simultaneamente nello stesso frammento di tempo, e persino collidere. E’ possibile che Duncan stia usando la farfalla, il titolo Papillon, come simbolo di un mondo deterministico e non lineare. Con la sua parvenza esoterica e improbabile, la farfalla ottiene lo stesso impatto delle grandi macchine ed imprese tecnologiche che l’artista rappresenta nella sua opera. Simile alla farfalla, queste macchine sono potenti, tuttavia deboli e facilmente danneggiabili.

L’artista ci esorta ad essere in anticipo sui tempi e di guardare indietro alla morte, generando il suo personale ‘effetto farfalla’, e guidandoci oltre il futuro fino a raggiungere una realtà che deve ancora succedere. Evoca un momento temporale che non è ancora avvenuto, un mondo post-apocalittico dove ci viene chiesto di voltarci indietro verso la nostra storia, a ricercare tra le paure e le stragi, illuminando la morte che, in realtà, è innanzi a noi. Imperi caduti e civiltà perdute ed esistite in vano diventano una musica lieve nel passato futuro di Duncan. E noi siamo invitati ad osservare quello che l’artista imprime su noi stessi: sopravvivenza, libertà e, infine, riscoperta. Principi etici una volta così preziosi vengono rinnegati, la materia diventa immateriale, mentre Duncan compone una scena di proporzioni epiche: la Vita contro la Morte.

Sostiamo sull’orlo del tempo, sull’orlo dell’opera dell’artista che gentilmente gioca con i concetti di nascita, morte e rinascita. Siamo prossimi all’apocalisse o all’alba di un nuovo inizio? Una rivelazione biblica – innocenza o fine dei giorni, ma non si vede nessun Messia all’orizzonte. E alla fine, Zhivago Duncan resta solo? Egli possiede gli strumenti che contavano, che esistevano allora: tutta la morale e le idee che nutrivamo. In ogni modo ora non hanno più nessun impatto e non faranno più nessuna differenza. Se non rimane nulla, all’artista restano la propria sopravvivenza e libertà, ed i suoi principi. Preparandosi agli sciami di locuste e all’ira di uomini e Dei, si libera della sua paura – e noi temiamo al posto suo. La farfalla sopravviverà? O moriranno le sue ali, come quelle delle macchine, senza più rinascere?

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Amalia di Lanno