Acura di anna saba didonato
8 marzo 2012 >>> 12 aprile 2012
orario: mar – sab 10/13 – 14/19
opening 8 marzo 2012 18h00 – 22h00
degli orizzonti, la linea
Nonostante il ritmo incalzante della quotidianità, capita di fermarsi per chiedersi cosa ci sia all’orizzonte o cosa si nasconda oltre quella linea ideale che divide, o congiunge, cielo e terra. Immaginare se stessi e il portato delle proprie esperienze oltre i limiti del presente, seguendo linee di fuga evasive sulle tracce del possibile o del desiderabile, fino quasi a perdersi nella vertigine della proiezione. Oppure, tentare di sondare la portata di un progetto e le potenzialità di una visione, seguendo con lo sguardo il limite estremo che le contiene e le comprende, alla luce di uno specifico punto di vista da cui dipende tutto il sistema di riferimento considerato. E l’eventualità che questo cono ottico soggettivo possa dilatarsi fino a incontrarne altri, distanti e in apparenza inconciliabili, ha fatto nascere l’idea di una mostra in cui mettere a confronto artisti con sensibilità molto differenti che, praticando il concetto, vanno a tracciare un percorso variamente articolato da cui emerge degli orizzonti, la linea. Quel nesso ideale che lega la memoria immaginifica dei collage di Mirko Smerdel all’emotività insita nelle macchine di Francesco Schiavulli, fino a ricomprendere la ricerca metalinguistica di Fabrizio Bellomo.
Mirko Smerdel adopera materiale di archivio per realizzare le sue opere, collage dalle dimensioni variabili in cui sono assemblate vecchie cartoline e fotografie datate. Ne scaturiscono paesaggi inediti, skyline visionari calati in una dimensione spazio-temporale declinata sulla base dell’utopia e poeticamente sospesi nell’intercapedine della meraviglia, in cui confluiscono suggestioni narrative private e frammenti di storia collettiva.
Il lavoro di Francesco Schiavulli è incentrato sulle sensazioni, sulle emozioni filtrate attraverso il corpo che diventa cassa di risonanza per punti di vista insoliti, coordinati a orizzonti instabili e fluttuanti, messi a fuoco dall’artista con l’ausilio delle sue “macchine”. Si tratta di protesi visionarie tese a sconvolgere lo stereotipo e il buon senso comune, il cui uso implica necessariamente una disposizione d’animo favorevole al cambiamento, all’effetto straniante della scoperta, all’incognita del rischio fino alla messa in discussione di sé.
Corre sul filo teso dell’ironia la ricerca di Fabrizio Bellomo che sonda i limiti e le potenzialità conoscitive della visione e le ambiguità dei dispositivi di rappresentazione. Partendo dall’osservazione del dato reale e antropologico, l’artista spazia fino a ricomprendere nel suo cono di attenzione l’orizzontalità del linguaggio web, orientandosi rispetto a un contesto di riferimento sempre più elastico ed esteso, in un gioco di continui rimandi e associazioni.
Fonte: http://www.whitelabs.it
Segnala:Amalia Di Lanno