mercoledì 24 giugno 2020

Mario Cresci - L’oro del tempo


Dal 23 giugno al 30 ottobre 2020 si terrà a Roma, presso la sede ICCD, la mostra di Mario Cresci L’oro del tempo.

Le immagini in bianco e nero esposte in mostra contribuiscono a riattivare i significati stratificati di alcune delle fotografie conservate in ICCD, una fruttuosa modalità per risvegliare tali depositi a distanza di tempo. E proprio al tempo rimanda il titolo del lavoro, che riprende una frase di André Breton: “Je cherche l'or du temps”. Una dichiarazione di intenti: l’instancabile ricerca di ciò che di prezioso e incorruttibile (come l’oro) persiste nel fluire del tempo.

Il lavoro illumina di nuova “brillantezza” immagini che altre mani affidarono al tempo. 

Il programma di ‘residenza d’artista’ è uno dei tanti progetti che l’Istituto sta portando avanti nell’ambito delle politiche sul contemporaneo che mirano, da un lato, a interrogare i materiali fotografici storici attraverso sguardi diversi, dall’altro a incrementare le collezioni con nuove produzioni. Il fatto che Cresci abbia da tempo rivolto la sua attenzione anche ai musei, alle istituzioni, alle collezioni, all’arte “fatta da altri” ha costituito un motivo in più per coinvolgerlo. Nel corso delle sue visite in ICCD Cresci ha potuto così conoscere l’immenso patrimonio conservato, nutrire la sua curiosità per autori lontani nel tempo ma alle prese con lo stesso desiderio di esplorare il mezzo fotografico, ripercorrere generi e stili, approfondire gli aspetti tecnici della fotografia dell’800, toccando con mano albumine, aristotipi, dagherrotipi e carte salate. 

Nel suo lavoro Cresci pone la rappresentazione della figura umana al centro della ricerca. Da un lato i ritratti del fondo di Mario Nunes Vais, fotografati a cavallo tra otto e novecento - palpitanti di vita, sguardi, carne e sangue -, dall’altro le fotografie di sculture per lo più di ambito greco-romano facenti parte dell’archivio del Gabinetto Fotografico Nazionale. E così, l’affascinante ritratto dell’attrice Emma Gramatica o la Testa di Apollo Sauroktono, diventano pretesto per una serie di sperimentazioni visive ottenute alterando, isolando e reiterando alcuni particolari delle fotografie, pur nel rispetto – sempre presente in Cresci – dell’autore che le pensò in origine. Alcune scelte formali sottolineano inoltre l’importanza che Cresci assegna alla natura ‘fisica’ dell’oggetto fotografico. L’utilizzo dei numeri di inventario al posto delle didascalie, l’inclusione del bordo nero del negativo nella stampa finale, così come la scelta grafica del catalogo (fogli sciolti racchiusi in una scatola di tipo conservativo) rimandano al concetto di archivio e ci ricordano che anche la collocazione fisica degli oggetti fotografici, nel loro destino errante, merita di essere osservata con intelligenza. 

Come spiega Francesca Fabiani, curatrice della mostra e responsabile dei progetti sul contemporaneo dell’ICCD, “L’approccio di Cresci alla fotografia è globale: l’interesse per l’autore, per la storia, per la tecnica, per il soggetto e per l’oggetto fotografico, si sommano a quello per la fotografia intesa come linguaggio di segni, grammatica visiva, esperienza percettiva”. 

La mostra è accompagnata da un libro d’artista, in copie numerate e firmate dall’autore, a tiratura limitata, edito da Postcart.



Biografia
Mario Cresci (Chiavari, 1942) è una delle figure cardine nella storia della fotografia italiana, soprattutto grazie al talento critico e all’approccio sperimentale con cui ha saputo rinnovare il linguaggio fotografico, senza però mai tralasciare l’indagine del reale. Dal 1969 – anno della presentazione di Environnement, la prima istallazione fotografica realizzata in Europa presso la galleria Il Diaframma – Cresci ha sviluppato un discorso che privilegia l’indagine critica e autoriflessiva del linguaggio fotografico. A spese di continue “verifiche”, la sperimentazione di Cresci è mossa dalla curiosità di indagare le ambiguità dei processi visivi e di ogni esperienza percettiva. La particolarità della sua figura di “operatore visivo” – fotografo, artista, critico, visual designer – sta nella concezione del linguaggio fotografico, inteso come strumento per indagare la realtà, più che per produrre immagini fine a sé stesse. In tutto il suo lavoro appare evidente come pur concependo la fotografia come un procedimento creativo che trova in sé le sue giustificazioni, Cresci non trascura di misurarsi con il quotidiano, collocando la sua ricerca tra il pensato e il vissuto, tra l’arte e la vita. Radicato negli studi multidisciplinari iniziati a Venezia nel 1963, la sua ricerca si connota in senso concettuale quando si trasferisce a Roma nel ‘69, anche grazie all’incontro con i protagonisti dell’arte povera: Pino Pascali, Eliseo Mattiacci, Yannis Kounellis e Alighiero Boetti. Partecipa al tumultuoso fermento culturale di quegli anni attivando sul territorio operazioni di carattere interdisciplinare, ridefinendo in questa militanza il ruolo dell’artista nella sua dimensione etica e sociale.  Nel 1970 viene invitato alla Biennale di Venezia. Sarà poi invitato nuovamente nel 1978, 1993 e 1995. Negli anni ’70 si trasferisce a Matera dove ibrida lo studio del linguaggio e la cultura del progetto con l’interesse per l’antropologia culturale, realizzando opere ed eventi significativi per quegli anni, tra cui la pubblicazione Matera, immagini e documenti (1975), primo lavoro fotografico sulla cultura antropologica urbana del Mezzogiorno italiano. Dagli anni ’80, quando in Italia si assiste a un generale ripensamento del paesaggio e della sua immagine stereotipata, Cresci si misura con questa nuova impostazione e, invitato da Luigi Ghirri al progetto Viaggio in Italia del 1984, contribuisce in modo sostanziale alla ridefinizione del ruolo della fotografia in questo processo, diventando uno dei protagonisti della cosiddetta “scuola italiana di paesaggio”. Attraverso il suo lavoro Cresci non ha mai smesso di interrogarsi sui temi più attuali, agendo da protagonista nei passaggi più significativi della fotografia in Italia. 



Il 23 giugno 2020, l’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione (ICCD) e Matèria, in occasione delle due mostre a Roma di Mario Cresci, hanno aperto le porte dei loro spazi, un opening virtuale sulla piattaforma online ZOOM. L’oro del tempo presso l’ICCD e Combinazioni Provvisorie presso Matèria, rappresentano due esempi chiari della vocazione alla sperimentazione visiva e formale che caratterizza il lavoro di Mario Cresci.

ICCD - ISTITUTO CENTRALE PER IL CATALOGO E LA DOCUMENTAZIONE MIBAC
Via di San Michele, 18 - Roma - Lazio
dal 23 giugno al 30 ottobre 2020
Orari: dal lunedì al venerdì dalle 10:00 alle 18:00 (esclusi festivi)
Ingresso libero ad accesso contingentato

Via Tiburtina 149 - 00185 Rome (IT)
Tue–Sat 11am–7pm
+39 3318336692
contact@materiagallery.com