mercoledì 1 dicembre 2010

PINO DI GENNARO Sculture in bronzo e cartapesta




Sabato 4 dicembre, la Galleria “Arianna Sartori Arte & object design” di Mantova, in via Ippolito Nievo 10, inaugura la mostra dell’artista PINO DI GENNARO “Sculture in bronzo e cartapesta”, curata da Arianna Sartori, alle ore 17.00 alla presenza del Maestro.

L’esposizione resta aperta al pubblico fino al 23 dicembre, con i seguenti orari: 10.00-12.30 / 16.00-19.30, festivi 16.00-19.30.


“Lo studio di Pino Di Gennaro ha sede in un incantevole quanto inaspettato scorcio di campagna in piena città: un angolo verde che le alte moli dei palazzoni che lo circondano sembrano quasi voler proteggere. Uno scenario ideale per le opere, piene di magia, di questo straordinario scultore, pugliese di nascita e milanese di adozione, uomo di intelletto e cultura quanto di fantasia creativa e maestria tecnica. In un'at-mosfera sospesa tra reale e irreale, le sagome ingombranti degli edifici del quartiere dialogano con la ve-getazione che abbraccia il giardino e con le suggestive e svettanti creature biomorfe plasmate nella carta-pesta, che occupano gli spazi interni dell’atelier. Un gioco sottile di rimandi visivi e mentali, un labirinto di immagini in cui perdersi, per fermarsi a riflettere, per prendere fiato dalla frettolosa corsa quotidiana. In questa comice idilliaca è possibile ascoltare la voce delle creature di Pino Di Gennaro, una voce sonora e avvolgente, che incanta ma non inganna e racconta di un universo fatto di cielo, di terra, di aria e di ac-qua, un mondo simile al nostro, se non fosse per quel senso di pace, di comunione di culture, di armonia cosmica che vi si respira. Proprio da questo punto si potrebbe partire per raccontare il percorso umano e artistico di Di Gennaro: il messaggio espresso da questi oggetti che sanno suggerirci importanti elementi di riflessione.
Per Pino Di Gennaro Parte deve avere una dimensione pubblica. Perché l’opera d’arte non può essere so-lo un piacevole oggetto d'arredo, non può avere soltanto una valenza estetico-decorativa, non può essere semplicemente il compiaciuto riflesso dell’ego del suo creatore. La scultura, in particolare, può e deve avere anche una funzione sociale, deve occupare gli spazi urbani, dialogare con la gente, aprirsi anche a chi di arte non parla, anche a chi di arte non si interessa, anche a chi, altrimenti all’arte, forse, non si av-vicinerebbe. La scultura può concorrere a valorizzare la qualità di vita di una piazza, di un quartiere, di un paese, di una città... e non solo per la sua funzione di arredo urbano, ma anche perché sa mettere in rela-zione persone che non si conoscono, sa invitarle a confrontarsi e favorire momenti di interazione, di dia-logo. L’aspirazione massima di Di Gennaro è dunque che la sua opera possa farsi pubblica, uscire allo scoperto, scappare dal idilliaco angolino di verde in cui è nata e assolvere al proprio vero compito. Ed è sorprendente come le opere di Di Gennaro occupino lo spazio urbano. Osservandole all’aria aperta, im-merse nel tessuto cittadino, ne scopriamo il vero carattere. Si pensi, ad esempio, al Monumento alla pace, realizzato nel 1997 per la Piazza san Secondino a Troia, la sua città natale o, ancor meglio, alle due mo-nolitiche colonne che svettano all’ingresso del nuovo Tribunale dei Minori di Sassari. Sono opere proget-tate pensando allo spazio che andranno ad abitare. Il senso del loro esistere risiede anche nella loro fun-zione collettiva, nel dialogo che sapranno instaurare con il contesto che le circonda, nel modo in cui si re-lazioneranno con i fruitori. C'è qualcosa di desueto in questo concetto di opera pubblica: qualcosa che ri-porta a un senso civico troppo spesso calpestato dalla società odierna, che fa pensare alla funzione dell’arte nell’antichità, quando l’arredo urbano, lo spazio pubblico, il monumento, erano considerati lo specchio del "buon governo", strumento di potere e prezioso veicolo di immagine, certo, ma anche mo-mento di educazione del popolo, di riflessione storico-filosofica. Le opere di Di Gennaro, sia chiaro, non intendono imporre un messaggio. Non sono opere ideologicamente connotate. Esse vogliono, piuttosto, stimolare dialoghi e riflessioni, risvegliare quel senso civico di cui si faceva cenno poco fa. E per rag-giungere lo scopo utilizzano un linguaggio universale, nato dall’incontro degli elementi che costituiscono l’identità dell’uomo: l’universo animale, vegetale e minerale, la sfera intellettuale, la fantasia, la storia. Le loro superfici incise custodiscono la memoria dell’umanità intera. A tratti possono ricordare rotoli di scritture sacre o antichi sigilli mesopotamici, altrove si manifestano sotto forma di colonne incise, mono-litiche presenze che occupano silenziosamente lo spazio, o, ancora, prendono le sembianze di sfere, sorta di misteriosi corpi celesti... si trasformano e assumono aspetti diversi, ma conservano il loro straordinario carattere, quel farsi ponte tra cielo e terra, tra realtà e idea.
Sebbene conservino il fascino e il sapore dell’antichità, le sculture di Pino Di Gennaro sfuggono al regi-me del tempo. Parlano alla nostra epoca ma sembrano non appartenergli, quasi provenissero da un eden lontano, una dimensione dove non esistono (ancora?) le divisioni di lingue e culture, di razze e religioni. E parte del loro fascino risiede proprio in questa duplice essenza di arcaicità e contemporaneità, di pre-senza e assenza, di fisicità e tensione spirituale, immobilità e dinamicità. Una dicotomia che trova sempre il giusto equilibrio, non genera contraddizione ma armonie. Le sculture di Di Gennaro, anzi, vivono di queste giustapposizioni e in esse trovano il proprio equilibrio: a un elemento attivo ne corrisponde sempre uno passivo, a una linea dinamica ne segue una statica, alla leggerezza volatile di una forma replica sem-pre l’immobile fisicità di un'altra. E qui, è chiaro, entra in gioco la consumata maestria di uno scultore che da anni lavora la materia. Un artista che non solo conosce i segreti della tecnica e li impiega con grande abilità e con serietà e disciplina (una dote ben rara) ma che ama profondamente il proprio mestie-re. Straordinariamente varia anche la scelta dei materiali, trattati con tecniche tanto tradizionali quanto sperimentali, lavorati fin dove possibile in studio, anche quando si tratta di procedure complesse come la fusione in bronzo. E non è un caso che ai materiali più classici (quali appunto il bronzo) se ne affianchino di inaspettati: su tutti la carta pesta che nella produzione dell’artista ha un ruolo di rilievo. Materiale dut-tile, cromaticamente versatile, la carta pesta è, a mio parere, il materiale d'elezione di Pino Di Gennaro. A pensarci, essa è davvero un materiale "sostenibile", in linea perfetta con gli ideali dell’artista: oltre ad a-vere evidenti virtù estetiche (ad esempio la sua sensuale organicità, opposta alla statica freddezza del me-tallo), infatti, ha anche dei costi di produzione bassissimi, che rendono possibili prezzi di mercato meno elevati e di conseguenza una maggior diffusione delle opere. Quanto ai risultati, basterebbe osservare la serie di Pilastri del cielo per avere prova della loro eccellenza: un universo sospeso tra cielo e mare, affa-scinante e misterioso, mai spaventoso, anzi, accogliente come un sogno famigliare, come un rifugio del? anima. Forme vitali, dinamiche, che sembrano germogliare, ondeggiare, respirare... che appagano la vista e stimolano il tatto: difficile trattenersi dal toccarle, quasi potessero rispondere al nostro tocco. A testi-moniare il coinvolgimento sensoriale che le sue opere sanno risvegliare, possiamo citare le due Sculture per ciechi, realizzate per le città di Gallarate e di Alghero, straordinari quanto simbolici esempi della pos-sibilità di superamento di un limite fisico nella percezione di un’opera d’arte. Nei lavori di Di Gennaro c'è Boccioni, certo, e a tratti direi anche Balla, con i suoi immaginifici e coloratissimi fiori futuristi e le sue germogliazioni di primavera, c'è Fontana, con le sue Nature e i suoi ambienti, e c'è Alik Cavaliere, che Di Gennaro ha conosciuto e stimato. Ma c'è soprattutto il carattere e la personalità di un artista che del’arte ha fatto molto più di un mestiere: quasi una missione, se si considera l’attenzione che Di Gennaro dedica all’insegnamento, alla divulgazione, alla didattica, alla creazione artistica intesa anche come tera-pia, come aiuto psicologico per superare situazioni al limite (noto, ad esempio, è il contributo dell’artista al recupero psichico dei ragazzi vittime del bullismo e straordinaria). Ed ecco, ancora una volta, l’impegno sociale inteso come primo scopo dell’arte.
Quello di Pino Di Gennaro, dunque, è un viaggio lungo e complesso, un viaggio a tratti faticoso, ma sempre sostenuto dall’entusiasmo e dalla convinzione del "far bene". Il sogno di pace, di unità e condivi-sione, di cui l’opera di Di Gennaro è foriera, è un messaggio che riguarda sia il cielo che la terra. È una riflessione che riguarda tutti noi”.
Simona Bartolena


Pino Di Gennaro nato Troia (Foggia) nel 1951, si diploma in scultura all’Accademia di Belle Arti di Brera dove attualmente insegna.
L’intensa attività dedicata alla didattica e all’insegnamento della scultura si esplicita nella stesura del testo scolastico “I modi della scultura”, per le edizioni della Casa Editrice Hoepli.
Le sue opere sono presenti in numerosi spazi pubblici: tre grandi sculture-fontana “Monumento alla Pace” piazza di S. Secondino, Comune di Troia, 1997; Cimitero Monumentale di Bruzzano, Tomba della Famiglia Antico scultura “Quelli che vanno”, 1998; “Scultura tattile” per non vedenti installata nel centro storico di Gallarate su commissione del Lions Club Gallarate Seprio, 2004; Nuova Biblioteca Comunale del Comune di Somma Lombardo scultura “Memorie di segni ritrovati”, 2004; Scultura per non vedenti “Alghero una città da toccare” installata nel centro storico di Alghero su commissione del Lions Club Alghero, 2005.
Vincitore del Concorso Nazionale per un’opera d’arte da ubicare nella nuova sede degli Uffici Giudiziari e Servizi Minorili di Sassari, installazione delle sculture “Pilastri del cielo”, 2005.
Espone in numerose mostre personali tra le quali: Frammenti di spazi celesti, Galleria San Fedele, Milano 1995, Mostra antologica, Civica Galleria d’Arte Moderna, Gallarate 1991, Pilastri del cielo, Fondazione Luciana Matalon Milano 2003, Segni e scrittura, Spazio Zero Arte Gallarate 2004, Il colore della scultura, Sale d'arte Città di Alessandria 2008.
Molte anche le collettive si ricordano: XXXI Biennale Città di Milano alla Permanente 1989, Memorie di porte mai attraversate, Palazzo dei Diamanti, Ferrara 1991, I° Premio Cesare Pavese Comune di Carnago 1993, II° Biennale Fuijsankei di Tokyo 1994, Astrazione in Lombardia, Palazzo della Permanente, Milano 1995, Venature, Kunstalle Jamelen/Wendland, Luchow-Dannenberg e Artisti Milano, Palais Palffy, Vienna 1997, Venature, La Posteria, Milano 1998, Misteriosa-mente interventi d’Arte per il centro storico di Somma Lombardo 1999, NaturArte, Territorio scultura Arsenale di Bertonico 2001, 5 di cinque, Postart, Milano 2002, Europe art languages, Madrid, Wolsfburg e Praga, Sculture a quattro mani, Museo Fondazione Luciana Matalon, Milano 2003, Cinque artisti a Milano, Galleria d’Arte Contemporanea, San Donato Milanese 2004, 5 in volo, Officine del volo, Milano, La scultura italiana del XX secolo, Fondazione Arnaldo Pomodoro, Milano 2005, Cinque artisti milanesi, Madrid 2006, Zagara e rais, Siracusa, Trans-form, Wurzburg, 2007, Magenta e il suo rosso, Casa Brocca, Magenta 2009, Infinito naturale 5 percorsi tra natura e storia, Chiesa dell'angelo, Lodi 2010.
Vive e lavora a Milano.
segnala:

Arianna Sartori