martedì 25 marzo 2025

Federica Bartoli - Clorofilla e Salicornia


Venerdì 28 marzo 2025, dalle ore 18.00, Hyunnart Studio presenta la personale di Federica Bartoli, dal titolo “Clorofilla e Salicornia”, con un testo critico di Valeria De Siero. 

In mostra una selezione di opere su carta realizzate con tecnica mista e sculture in terracotta smaltata e legno, che denotano nell’artista un’oscillazione tra astrazione e concretezza.

La ricerca di Federica Bartoli è caratterizzata da un’interpretazione della realtà talvolta nitida, talvolta appena accennata, sempre filtrata dalla memoria, delle esperienze e dai ricordi. 

Nelle sue opere la Natura è la vera protagonista, anche se non immediatamente riconoscibile. “Le opere pittoriche suggeriscono atmosfere, senza appigliarsi ad elementi tangibili, configurandosi come astratte, frutto di sensazioni e reminiscenze. Eppure il fruitore, intuisce nel lavoro meticoloso, calibrato, protratto dell’artista la presenza, rasserenante, di paesaggi e ambienti che appaiono aperti, malgrado la determinazione del telaio o più semplicemente della carta”.

In mostra troviamo l’installazione “La memoria dell’acqua” (2024/2025), un mosaico di pitture su carta da lucido che va a creare una parete di forme dall’aspetto organico, conferendo all’insieme una certa materialità, che potremmo definire segnica. Nel percorso espositivo le opere più apertamente figurative sono le sculture, che rimangono sospese nello spazio, evocando l’immaginario di un bosco in apparenza animato. Infine, in “Sassi, reperti, composti” (2025), l’artista presenta una composizione frutto dell’intervento umano sull’insieme degli elementi naturali.

Crediti fotografici: ©Sebastiano Luciano

Federica Bartoli
Clorofilla e Salicornia
testo di Valeria De Siero
Dal 28 marzo al 10 maggio 2025

Inaugurazione venerdì 28 marzo 2025, ore 18.00

 

Hyunnart Studio
viale Manzoni 85-87, Roma 00185

orario settimanale: dal martedì al venerdì 16.00/18.30
per appuntamento: 3355477120, pdicapua57@gmail.com

martedì 18 marzo 2025

Giovanni Termini - Il sonno della pozzanghera

GiovanniTermini_Tappeto_ph. Michele Alberto Sereni

A due anni dalla sua ultima personale, Giovanni Termini torna a Pistoia con una nuova mostra dal titolo Il sonno della pozzanghera, che sarà ospitata alla Galleria ME Vannucci dal 9 marzo al 1 maggio. Questo nuovo progetto arriva dopo la partecipazione alla collettiva Senza mai sfiorire, presso la Galleria d'Arte Moderna di Palazzo Collicola a Spoleto, e la personale La promessa del vuoto, tenutasi al Pastificio Cerere di Roma.

Accompagnata da un testo critico di Saverio Verini, Il sonno della pozzanghera prosegue l'esplorazione di Termini sulle relazioni e sul dialogo che le sue opere stabiliscono non solo tra loro, ma anche con l'ambiente circostante. Ogni creazione non esiste in isolamento, ma fa parte di un contesto che si estende ben oltre le mura della galleria.

Le opere orbitano intorno a un elemento centrale, il cuore pulsante della mostra. Quest'opera non è statica, ma si attiva attraverso l'interazione con il mondo esterno, generando un continuo scambio di energie. È proprio questa opera, capace di rispondere e adattarsi agli stimoli esterni, che ha ispirato il titolo della mostra. Il "sonno" simboleggia una condizione di attesa e quiete, ma non è mai passivo: si tratta di un sonno che si risveglia e si attiva non appena entra in relazione con ciò che la circonda, incarnando l'interconnessione che caratterizza l'intero progetto artistico.

Biografia
Giovanni Termini è nato ad Assoro (En) nel 1972, vive e lavora a Pesaro. Ha esposto in Italia e all’estero. 
Tra le mostre personali: La promessa del vuoto, presso il Pastificio Cerere di Roma; Da quale pulpito, Museo del Novecento e del Contemporaneo di Palazzo Fabroni, Pistoia; L’umanità degli oggetti, Jason Dodge - Giovanni Termini, Kappa Noun, San Lazzaro di Savena, Bologna; Come la metti sta, Palazzo Tiranni - Castracane, Cagli (PU); In fondo a destra, Palazzo Filippo Mezzopreti, Pescara; Visioni d’insieme, Mac Museo di Lissone; Disarmata, Fondazione Pescheria, Pesaro.

Tra le collettive: Senza mai sfiorire, presso la Galleria d'Arte Moderna, Palazzo Collicola di Spoleto, Another world is possible, Centrul de Interes 4th, Cluj Napoca, Romania; Rifrazioni, Accademia Nazionale di San Luca, Roma; Per via del tutto eccezionale, Fondazione Filiberto Menna, Roma; Upcycle, Residenza dell’Ambasciata d’Italia, Berna, Svizzera; The new abnormal, Straperetana, Pereto (AQ); La forma della terra, Fondazione Menegaz, Castelbasso; Arte e tecnologia, Museo di Lan Wan, Qingdao, Cina; DISIO - Nostalgia del futuro, Sala Tac, La Caja, Istituto Italiano di Cultura, Caracas, Venezuela; Rilevamenti #1, CAMUSAC, Cassino; Au Rendez-Vous des Amis, Palazzo Vitelli Fondazione Burri, Città di Castello; XV Quadriennale di Roma, Palazzo delle Esposizioni; I Premio Internazionale Giovani Scultori, Fondazione Arnaldo Pomodoro, Milano.

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La bella inutilità.
Alcuni pensieri attorno all’opera di Giovanni Termini

Osservo ormai da un po' di tempo le opere di Giovanni Termini. L’incontro con i suoi lavori è sempre sorprendente: in ogni opera, Termini riesce a mettere a punto nuovi modi per ribaltare il punto di vista, per instillare un dubbio percettivo, per raccontare qualcosa sulla nostra fragile condizione di esseri umani. Nel fare ciò, l’artista ha messo a punto un linguaggio rigoroso e riconoscibile, non soltanto a livello formale, quanto nello sguardo, nel modo di pensare. Una sensibilità peculiare, quella di Termini, che lo porta a considerare gli oggetti e le cose che ci circondano non dico come delle persone, ma comunque come esseri dotati di una postura, di un carattere. Persino il più freddo degli elementi industriali, una volta passato attraverso il “filtro Termini” acquista una personalità, finendo per somigliare a qualcuno che conosciamo, a una situazione vissuta, a uno stato d’animo provato. Non è un caso che una recente mostra di Termini – una doppia personale con Jason Dodge allestita nel 2022 nello spazio Kappa-Nöun, alle porte di Bologna, a cura di Simone Ciglia – si intitolasse L’umanità degli oggetti. Gli oggetti sono il punto di partenza imprescindibile per l’artista: e più sono banali, algidi, seriali, più la loro trasfigurazione in opera risulta miracolosa. Può sembrare esagerato parlare di miracolo di fronte a un’opera d’arte. Eppure, trovo che nel caso di Termini non sia così inappropriato. Come un carpentiere in stato di grazia, l’artista fa compiere ai materiali che utilizza dei salti minimi e insieme radicali, stravolgendo la percezione che ne abbiamo abitualmente e caricandoli di un’umanità palpabile. La sua pratica procede per via di porre, attraverso assemblaggi, innesti e ibridazioni di elementi prelevati dalla realtà. Ad attrarlo sono per lo più contesti marginali e apparentemente privi di fascino: cantieri e aree periferiche, con le loro impalcature, cavalletti, catene, panchine, pezzi di legno; ma anche tappetini per fare ginnastica, porzioni di parquet e specchi fanno parte della popolazione di oggetti di cui si serve. Questi materiali, spogliati della loro funzionalità e combinati tra loro, creano dei cortocircuiti visivi e semantici, rivelando un’inaspettata dimensione poetica. Mi verrebbe da dire che le opere di Termini nascano sotto la dettatura di un sogno inquieto, conservando tuttavia la concretezza di un’area sottoposta a lavori in corso. Ruvidezza e poesia, malinconia e ironia, grottesco ed eleganza danzano assieme nelle sculture dell’artista, che mantengono una distanza di sicurezza da ogni forma di patetismo, a partire dai titoli, sempre asciutti e incisivi. È senza dubbio il caso de Il sonno della pozzanghera, quarta mostra di Termini alla galleria ME Vannucci di Pistoia. In questo caso è un’opera a dare il titolo all’intera esposizione. Ma cos’è la pozzanghera di cui ci parla Termini? Si sa, gli artisti vivono di ossessioni; e per lui, in questo caso, è stato un dettaglio minimo a trasformarsi in un chiodo fisso. Il pavimento della galleria – e dopo la visita a questa mostra sarà impossibile non notarlo – è segnato da alcune macchie: si tratta di chiazze di risalita che testimoniano la precedente vita dello spazio espositivo – un’officina –, tracce che il più delle volte il visitatore si limita a calpestare, passandoci sopra, in senso letterale e figurato. La storia, per Giovanni Termini, si ripete sotto forma di macchia che trasuda dal pavimento, sfidando il tempo. Un dettaglio interstiziale diventa una voragine nella quale tuffarsi, suggerendo immagini e storie; è così che l’artista ha generato una pozzanghera, attorno alla quale orbitano tutte le altre opere. Ma procediamo con ordine, seguendo le opere – tutte inedite – disseminate nello spazio della galleria, una popolazione garbatamente eccentrica. Combinazione è il primo incontro. L’opera è una summa della poetica di Termini, fondata sull’utilizzo di materiali industriali, sull’ironia dettata dal rivestimento in denim, sull’umanizzazione degli elementi. Ma soprattutto è un lavoro che mette in chiaro la sua idea di scultura: il procedere per assemblaggio di parti, l’equilibrio magico tra monumentalità e precarietà, la possibilità che l’opera possa avere una crescita/estensione modulare (idea totalmente brancusiana). Combinazione ci parla anche del luogo e della sua antica destinazione d’uso: un ambiente di lavoro, evocato dal rivestimento in jeans, tessuto storicamente associato alla working class. La zincatura dà all’opera una patina che si accorda anche ad altre opere presenti nella stanza, sottolineandone il carattere ruvidamente scintillante. La disfunzionalità di questo assemblaggio ne dichiara il fallimento come oggetto, decretandone l’ingresso nel mondo delle opere d’arte. Analogamente, il tappeto per esercizi ginnici arrotolato al cilindro in cemento perde ogni possibile utilità, suggerendo un rapporto sentimentale tra i due elementi. Materassino, questo il titolo, è l’abbraccio tra un colore acceso e uno cupo, tra un materiale morbido e uno duro, tra opposti che si incontrano e si riscaldano a vicenda, perdendo e acquistando qualcosa al tempo stesso: il tappeto prende la forma del cilindro, con quest’ultimo che viene a sua volta fatto brillare dal colore acceso del neoprene.

Al centro dello spazio, tra le due opere che accolgono il visitatore – e credo sia una scelta deliberata quella di affiancare il lavoro più grande a quello più piccolo della mostra, quasi a volerne mostrare le estremità opposte – appare Il sonno della pozzanghera, la title track dell’esposizione. L’opera presenta diverse anomalie: non solo è collocata di spalle, ma ci propone la più tipica delle distrazioni, un rubinetto lasciato aperto, con l’acqua che, gocciando, si deposita a terra. È questa la pozzanghera annunciata da Termini: un’interferenza, un malfunzionamento, una seccatura che diventa tuttavia espediente poetico, capace di unire l’esterno e l’interno della mostra (il tubo è collegato a un rubinetto in cortile), invitando l’osservatore ad avvicinarsi e a specchiarsi nella superficie riflettente. Peccato che, approcciandosi gradualmente, lo specchio restituisca forse l’immagine meno nobile del corpo – i piedi e i polpacci –, escludendo il resto e mortificando il Narciso che è in noi. L’opera, che ha precedenti nobili (su tutti 9 mq di pozzanghere di Pino Pascali, del 1967), è il manifesto della mostra e delle sue entusiasmanti disfunzionalità. Da questo punto di vista, non sono da meno gli altri lavori presentati per l’occasione, a partire da Porta. L’opera va ad aggiungere un varco nella lunga parete in cemento, ovviamente priva di aperture: una soglia inattraversabile, fittizia, incapace di stare in piedi e con un grazioso nodo dato dall’intreccio delle catene. Queste ultime richiamano le tendine di plastica allestite sull’uscio di casa, in particolar modo nel sud Italia: ho la sensazione che con questo intervento Termini voglia rendere omaggio alla sua terra d’origine, l’entroterra siciliano, e in qualche modo all’idea della provincia, alle sue tenere asprezze.
Panchina è l’ennesimo paradosso visivo de Il sonno della pozzanghera. L’elemento viene privato ancora una volta di ogni possibilità di utilizzo, verticalizzato e cinto da un foglio di legno multistrato curvabile – predisposto a piegarsi, ma non a spezzarsi. Come a volte capita nei lavori di Termini, la scultura lascia presupporre un movimento potenziale, una forza trattenuta in attesa di slancio: e se non fosse per le pinze che tengono fermo il legno – se una mano impertinente decidesse di rimuoverle, poniamo – chissà il foglio in multistrato in quale direzione si espanderebbe…

All’angolo della stanza, Segna limite è forse la presenza più drammatica della mostra. Lo suggeriscono lo sradicamento del paletto stradale e la sua torsione, che conservano memoria di un impatto violento; mi basta guardare quel pezzo per sentirmi trasportano sul ciglio di una strada poco illuminata. Attraverso la fusione in alluminio, l’elemento viene cristallizzato insieme alla sua precarietà, per una trasfigurazione che risulta elegante e insieme brutale.

Prima di uscire dalla mostra, il pubblico è posto di fronte a un elemento che di solito dà il benvenuto in un luogo, per un ultimo ribaltamento controintuitivo. Il Tappeto in gomma immaginato da Termini, incorniciato da un rettangolo di legno laccato, risulta inaccessibile; simile a un quadro steso a terra, il rigonfiamento che ne altera la superficie – causato da un rotolo di scotch incastonato al di sotto – è l’ultimo inciampo visivo che l’artista offre, un’estroflessione anomala che ricorda un’opera di Castellani, ma sotto forma di zerbino.

La mostra pensata da Giovanni Termini è un cantiere di lavori in corso sovversivi nella loro assenza di utilità. A volte mi chiedo se si tratti di oggetti travestiti da opere o viceversa. E in questo, le cose create da Termini tradiscono la loro umanità. Fingersi qualcosa di diverso da quello che si è, d’altra parte, è la più tipica e vanagloriosa delle attitudini umane.

Saverio Verini 

Giovanni Termini
Il sonno della pozzanghera
testo di Saverio Verini

Inaugurazione domenica 9 marzo 12:00 - 19:30

9 marzo - 1 maggio 2025

mercoledì - venerdì 17:00 -19:30 sabato 9:30 - 12:30 / 17:00-19:30
o su appuntamento tel. +39 0573 20066 +39 335 6745185

GALLERIA ME VANNUCCI Via Gorizia, 122 Pistoia, Italia
tel. +39 057320066 mob. +39 335 6745185 


Un passo avanti tanti dietro di Marion Baruch


La grande mostra dedicata a Marion Baruch a cura di Sergio Risaliti e Stefania Rispoli

«Nata tra le due guerre, nel 1929, a Timisoara, Romania, non più Temesvàr, Ungheria. Sono nata molto vecchia per ringiovanire vivendo. Ora posso dire che sono giovane». 

«Per me il tessile è un qualcosa che vive e palpita, ne sento l’ineffabilità del respiro o il suo flusso, un flusso continuo che è anche quello dell’intera società, riflette la storia dell’umanità e, allo stesso tempo, la dimensione sociale del lavoro».

Il Museo Novecento è lieto di presentare da sabato 15 marzo a domenica 8 giugno Un passo avanti tanti dietro, la più ampia retrospettiva di Marion Baruch (Timisoara, 1929) in un’istituzione italiana, a cura di Sergio Risaliti e Stefania Rispoli. La mostra, omaggio a un’artista instancabile e cosmopolita, nata in Romania ma vissuta tra Israele, Francia e Italia, si estenderà anche negli spazi di Manifattura Tabacchi e di Polimoda, che hanno collaborato e contribuito generosamente alla realizzazione del progetto, dove saranno presentate diverse installazioni ambientali.

L’esposizione consentirà di ripercorrere la sua intensa attività, quasi settanta anni segnati da continui cambiamenti di rotta e nuove avventure, grazie alla presenza di opere emblematiche del suo poliedrico percorso, dai primi lavori della fine negli anni Cinquanta alle collaborazioni con designer come Gavina, dalle sculture performative alla nascita di NAME DIFFUSION, dalle opere partecipative fino ai lavori in tessuto realizzati dopo il duemila. Sostenitrice di un’idea di autorialità libera priva di costrizioni e di un’arte sempre vicina alla vita, Baruch si è mossa con disinvoltura tra media, materiali e discipline diverse, dalla moda al design, alle arti visive, portando avanti un approccio unico al formalismo. I suoi lavori sono densi di riflessioni attorno alla creazione artistica ma anche alle politiche sociali: il linguaggio, il lavoro, la migrazione, il confine dell’identità, la donna, il patriarcato, internet e la società dei consumi.

Ampio spazio verrà dato ai lavori in tessuto nati dall’interesse per l’uso di scarti di sartoria e residui di lavorazioni tessili. A metà tra sculture, installazioni e ready-made, i tessuti sono reinterpretati attraverso un approccio emotivo che crea opere che abitano lo spazio. Baruchseleziona e accuratamente posiziona negativi di ritagli d’abiti in cui talvolta pare di scorgere l’assenza di una manica o della gamba di un pantalone. Il riconoscimento del loro precedente utilizzo lascia presto spazio a una nuova vita come opere d’arte.

La mostra sarà accompagnata anche dalla proiezione del documentario di Francesca Molteni dedicato all’artista.

Gli scarti tessili sono reinterpretati attraverso un approccio emotivo che crea opere che abitano lo spazio.


Marion Baruch | Un passo avanti tanti dietro
a cura di Sergio Risaliti e Stefania Rispoli

Museo Novecento, Manifattura Tabacchi
Piazza Santa Maria Novella 10, 50123 Firenze, Italia
15.03 - 08.06.2025

Maggiori informazioni sul sito di Museo Novecento Firenze



giovedì 13 marzo 2025

Pray for Seamen di Francesco Bellina


Venerdì 20 marzo 2025 l’Acquario di Milano presenta la mostra Pray for Seamen del fotografo Francesco Bellina, promossa dal Comune di Milano Cultura e dall’Acquario Civico e prodotta con MSE - Associazione Multiculturalismo Solidarietà Europa

La mostra, visitabile dal 21 marzo al 27 aprile 2025, è curata da Aldo Premoli e racconta la vita dei pescatori e l'evoluzione della pesca artigianale, attraverso uno sguardo intenso e universale. 

Francesco Bellina, originario di Trapani e proveniente da una famiglia di pescatori, coglie nei suoi scatti la dimensione umana della pesca, esplorando i profondi cambiamenti socio-economici che l'attività ha subito nel corso degli anni. Pray for Seamen non si limita a raccontare la pesca come una tradizione, ma invita alla riflessione sul suo trasformarsi in una gigantesca industria globale, con tutte le implicazioni ecologiche e sociali che ne derivano. 

La mostra collega diverse realtà mediterranee, dalle coste della Sicilia alle isole Kerkennah in Tunisia, fino ad arrivare ad Accra, in Ghana, attraverso il porto di Jamestown. Luoghi distanti, ma accomunati dalla crisi della pesca come fonte di sostentamento per le comunità locali. In mostra 14 stampe fotografiche in formato 70x105 cm e 11 immagini riprodotte su grandi flag (200x133 cm). Un filmato, che raccoglie interviste sul campo, completa il mosaico visivo, approfondendo ulteriormente il tema trattato. Il progetto espositivo vuole trasmettere emozionalmente il contesto e le persone che Francesco Bellina ha incontrato durante i suoi reportage, invitando il pubblico a riflettere sulla crescente fragilità ecologica dei mari, tema che trova riscontro nell’Agenda ONU 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, in particolare nel punto 14, che riguarda "La vita sott'acqua". In questo senso la mostra vuole essere un appello globale: la salute dei mari è una risorsa fondamentale per tutti. 

Particolare attenzione è stata dedicata alla leggibilità dei contenuti: carte geografiche, didascalie descrittive e testi di approfondimento accessibili tramite QR code sono parte integrante della grafica, realizzata dallo Studio Dondina Associati. 

Francesco Bellina (Trapani 1989) vive a Palermo. Da qui parte per i suoi reportage in giro per il mondo documentando eventi socio-politici. I suoi scatti sono stati pubblicati dalle principali testate internazionali, da The Guardian a Al Jazeera, The Globe and Mail, Paris Match, le Monde, Internazionale, l’Espresso, The Washington Post. Nel 2018 il suo lavoro “Nigerian Connection” è stato scelto da Manifesta ed esposto all’interno del festival Sabir. Nello stesso anno il suo progetto “Tanakra” dedicato al traffico di schiavi tra Niger e Libia, è stato presentato all’Università di Neuchatel in Svizzera. Nel 2019 è stato invitato alla presentazione del World Press Photo a Bari, Torino e Palermo: qui ha esposto “On a gagné” serie di scatti effettuati a bordo della nave ella Guardia Costiera Mare Jonio durante operazioni di salvataggio nel Mediterraneo. Nel 2020 ha vinto il premio SiciliaCronista dell’Ordine dei Giornalisti di Sicilia. Nel 2021 il progetto in corso "The Last Fishermen" ha vinto la decima edizione del fondo Italian Council, promosso dal Ministro della Cultura italiano. 

Aldo Premoli (Milano, 1954). Vive a Cernobbio. Ha curato e prodotto mostre che intende come strumento di dialogo con la realtà che ci circonda. Ha fondato insieme ad Emma Averna Multiculturalismo Società Europa associazione si prefigge di contribuire al superamento delle discriminazioni di razza, cultura e attraverso progetti di contrasto alla povertà, di formazione e studio per minori. Negli Anni ’90 ha diretto magazine Condè Nast (tra gli altri L’uomo Vogue) Di arte contemporanea scrive abitualmente per Artribune e Huffington Post Italia. Risale al 2016 il suo libro Mediterraneo Sicilia Europa. Un modello per l’unità europea a cui è seguito Mediterraneo Sicilia Europa posting (2017). Del 2025 è Wrapping. Come la Moda ha conquistato il mondo dell’arte edito da Castelvecchi. 

Associazione Multiculturalismo Solidarietà Europa APS è un’organizzazione che promuove il valore sociale della cultura attraverso attività che generano conoscenza e creatività. www.associazionemse.org 

L’Acquario e Civica Stazione Idrobiologica di Milano fu edificato nel 1906 nell’ambito dell’Esposizione Internazionale di Milano su progetto di Sebastiano Locati (1861-1939) ed è l'unico padiglione, costruito nel parco Sempione, a non essere stato smantellato una volta conclusosi l'evento. È il terzo acquario più antico d'Europa. Attualmente l’Acquario Civico di Milano, che è parte dell’Area Mostre e Musei scientifici del Comune di Milano, promuove attività di ricerca e di divulgazione nel campo delle scienze acquatiche. È un luogo dinamico, che propone eventi culturali incentrati sulla contaminazione tra arte e scienza, contribuendo ad arricchire l’offerta museale milanese. Oltre ai percorsi strettamente inerenti agli scopi di divulgazione scientifica, numerose sono le mostre d’arte contemporanea realizzate al suo interno, attività che ha arricchito la mission dell’istituto a seguito della ristrutturazione, avvenuta su progetto degli architetti Piero De Amicis e Luigi Maria Guffanti. 


Contatti stampa 

Ufficio stampa 
Emma Averna averna@apstudio.net 

INFORMAZIONI 

Sede 
Acquario Civico di Milano 
Viale Gadio 2 (MM2 Lanza) 

Date della mostra 
21 marzo 2025 – 27 aprile 2025 

Orari 
da martedì a domenica 10.00-17.30 (ultimo ingresso ore 17.00; chiusura biglietteria 16.30; lunedì chiuso) 

Biglietto Acquario Civico 
euro 5,00 intero, euro 3,00 ridotto 
(la visita alla mostra è compresa nel biglietto d’ingresso) 

Informazioni 
02 88465750 

Ufficio stampa del Comune di Milano 
Elena Conenna elenamaria.conenna@comune.milano.it 



mercoledì 12 marzo 2025

Quando filo, colore, parola s'intrecciano: Luciana Pretta

Luciana Pretta, "O sol manhã de flor e sal", 2025, acrilico e pigmenti naturali, 40 x 30 cm

Maja Arte Contemporanea è lieta di inaugurare mercoledì 12 marzo 2025, alle ore 18, in via di Monserrato 30 (Roma), la personale dell'artista brasiliana Luciana Pretta, alla sua prima collaborazione con la galleria.

L'esposizione è la seconda di un ciclo di tre mostre — Quando filo, colore, parola s'intrecciano — a cura di Giovanna Dalla Chiesa, che mette a confronto il lavoro di tre artiste: Alice Schivardi, Luciana Pretta e Luisa Lanarca.

Come osserva Giovanna Dalla Chiesa:
"Luciana Pretta è nata pittrice. La pittura è il linguaggio silenzioso in cui la sua sensibilità ha preso naturalmente forma, curvando maternamente intorno agli ostacoli, trovando rifugio nella ricchezza delle emozioni e del sogno. La sua pittura non presenta alcuna distinzione tra linea e colore, tra il disegno (raziocinio) e il colore (sentimento). Il Brasile da cui proviene - benché le sue origini siano italiane - con l'enorme estensione, i suoi colori, l'ignoranza di passioni e conflitti come quelli che nutrono la tragedia greca, l'assenza di ogni regola prospettica, è il regno delle relazioni spontanee, di una cultura che non privilegia la rappresentazione, ma il canto, la musica e la danza; di rituali e di comportamenti che nascono in continuità e in simbiosi con il corpo della natura (e dell'essere umano) e che ne onorano aspetti e sostanza. L'Europa ha messo più di un secolo per liberarsi dalla scissione che ha afflitto così a lungo la sua cultura e per abbattere un ego cartesiano pronto a erigere barriere a ogni occasione. Negli ultimi anni, il lavoro di Luciana Pretta è passato dai piccoli e medi formati abituali su tela, da un ingegnoso riuso di carta, cartone e oggetti minuti, alle grandi dimensioni che esaltano la qualità di una pittura paesaggio - paesaggio che è sempre protagonista nelle sue opere -, che si fa corpo, fiume, montagna per accogliere il visitatore nelle sinuosità della sua tettonica, pronta a farlo sentire a suo agio, come ci si sente sotto la volta del cielo, la chioma di un albero, la cavità di una roccia. La memoria dei panorami anfrattuosi del suo paese è sempre più presente, oggi, in una forma di trasformazione attiva, che ama servirsi di materiali organici e naturali, come pigmenti derivati da minerali e piante, oli essenziali e cotone grezzo. Una scelta che non ha a che fare solo con l'estetica, ma con l'etica del rispetto della sostenibilità ecologica, della responsabilità ambientale, dell'attenzione che si deve a tutta la creazione di cui l'uomo è solo un'infima parte."

In mostra una selezione di lavori recenti: tre monumentali dipinti verticali (h. 5 m) si susseguono lungo un'intera parete, dispiegandosi come arazzi sospesi. Disposti l'uno accanto all'altro, evocano l'idea di un trittico fluido, in cui il colore e la materia scorrono in continuità, come un'unica grande tessitura pittorica. A fare da contrappunto, un gruppo di dipinti di piccolo formato e una installazione che include alcune sue opere scultoree.


NOTE BIOGRAFICHE
Nata nel 1980 a Vitória da Conquista (Bahia), Brasile, Luciana dos Santos - soprannominata familiarmente Pretta ("nera"), per il colore dei suoi capelli - vive e lavora in Italia.
Si è diplomata in Pittura presso l'Accademia di Belle Arti di Bologna, completando poi gli studi con la Laurea in Pittura presso l'Accademia di Belle Arti di Roma. Ha inoltre frequentato corsi presso la Scuola di Belle Arti dell'Università Federale di Bahia, in Brasile.
Il suo lavoro esplora temi legati alla memoria, all'identità e alla relazione tra passato e presente, attraverso un uso intenso del colore e materiali di recupero. La sua pratica integra elementi naturali e organici - come pigmenti, oli essenziali e cotone grezzo - sottolineando un impegno per la sostenibilità e la consapevolezza ambientale.
Tra le sue esposizioni più recenti si segnalano: "La materia conta", H.UNICA, Roma (2023); "My Song", Galleria Davide Rossillo, Formia (2023); "Genesis, Spirito e Materia", Ambasciata del Brasile, Roma (2022); "Giochi di carta dall'Italia", Museo Tsereteli, Mosca, Russia (2021); "Knowing the Earthquake", Galleria della Molinella, Faenza (2020); "Kunst aus Italien", Kleinen Altstadt Galerie, Dachau, Germania (2018); "Ad Usum Fabricae", Follow the Dome, Roma (2018); "Abschied aus Dachau", Kleinen Altstadt Galerie, Dachau, Germania (2017); "2X2", KVD Association, Dachau, Germania (2017); "Tropico", Auditorium Vittorio De Sica, Sora (2016).


Luciana Pretta
a cura di Giovanna Dalla Chiesa
12 — 29 Marzo 2025


INAUGURAZIONE
Mercoledì 12 Marzo 2025, ore 18


Maja Arte Contemporanea
Via di Monserrato, 30 – ROMA
info@majartecontemporanea.com
+39 06 6880 4621


MAR / VEN 15.30 – 19.30
SAB 11.00 – 13.00 / 15.00 – 19.00
majartecontemporanea.com

ESSE POTEST | Compresenze (Im)possibili

dettaglio opera Arianna De Nicola

Il Centro Pastorale e il Dipartimento di Storia dell’Arte dell’Università Cattolica del Sacro Cuore annunciano per il 2025 la nuova mostra "Esse Potest - Compresenze (Im)possibili", un’esposizione artistica che riflette sul concetto di compresenze apparentemente impossibili e la convivenza degli opposti. La mostra sarà aperta dal 4 al 28 marzo e anche quest’anno oltre agli spazi dell’Università Cattolica del Sacro Cuore nella sede di Milano saranno coinvolte tutte le sedi dell’Ateneo: anche Brescia, Piacenza, Cremona e Roma diventando così luoghi di riflessione sul tema centrale dell’esposizione.

Nato nel 2005, il progetto Itinerari di Arte e Spiritualità ogni anno individua tematiche che favoriscono nuove riflessioni sulla realtà che ci circonda, da indagare attraverso l’occhio dell’arte contemporanea. Dal 2017 come curatori vengono coinvolti gli studenti dell’Ateneo, grazie alla sinergia tra il Centro Pastorale, coordinato da Padre Enzo Viscardi, e il Dipartimento di Storia, Archeologia e Storia dell’Arte, con le professoresse Elena Di Raddo, Michela Valotti e Mariacristina Maccarinelli.

Quest’anno saranno 19 gli artisti contemporanei coinvolti che con le loro opere aiuteranno a promuovere l’arte come strumento di lettura del reale e occasione di crescita culturale e personale.

La mostra si articola in quattro macro-sezioni: Forza-Fragilità, Sviluppo-Sostenibilità, Qui-Altrove, Umano-Divino, e presenta una selezione di diverse opere che esplorano come gli opposti possano dialogare, coesistere e realizzarsi proprio attraverso l’arte. Gli artisti selezionati, accomunati da una particolare sensibilità verso queste tematiche, sono stati seguiti personalmente da uno o più studenti in veste di curatori; nel caso dell’artista Vincenzo Agnetti (scomparso nel 1981), il lavoro è stato condotto in collaborazione con il suo omonimo archivio.

L’idea di esplorare la convivenza tra gli opposti e le compresenze impossibili è nata dall'esigenza degli studenti di indagare, attraverso l’arte, le contraddizioni del nostro tempo. In un contesto globale segnato da conflitti e disuguaglianze, l’arte può infatti diventare un mezzo per riflettere su queste tensioni e cercare nuove chiavi di lettura e attraverso questa iniziativa, l’Università Cattolica invita il pubblico a immergersi in un percorso artistico per favorire il confronto e la riflessione.

Gli artisti partecipanti per questa edizione sono: Archivio Vincenzo Agnetti, Yuval Avital, Enrica Borghi, Lucia Cantò, Federica Clerici e Alberto Bettinetti, Pietro Coletta, Nicole Colombo, Giovanni Dallospazio (Giovanni Gandolfi) e Mattia Taleggio, Arianna De Nicola, Franco Guerzoni, Gianfranco Meggiato, Alessandro Piangiamore, Jasmin Prezioso, Maria D. Rapicavoli, Lorenzo Rebosio, Moira Ricci, Giovanni Stefano Rossi, Remo Salvadori, Flavia Spasari.

Alla sede di Milano prenderanno parte 16 artisti: Archivio Vincenzo Agnetti, Yuval Avital, Enrica Borghi, Lucia Cantò, Federica Clerici e Alberto Bettinetti, Pietro Coletta, Giovanni Dallospazio (Giovanni Gandolfi) e Mattia Taleggio, Franco Guerzoni, Gianfranco Meggiato, Alessandro Piangiamore, Jasmin Prezioso, Maria D. Rapicavoli, Lorenzo Rebosio, Moira Ricci, Giovanni Stefano Rossi, e Remo Salvadori.

Le inaugurazioni negli altri campus dell’Ateneo saranno:
Mercoledì 12 marzo a Roma presso il polo universitario Giovanni XXIII del Policlinico Gemelli in largo Francesco Vito 1, alle ore 16:30
Giovedì 13 marzo a Brescia nella hall via Trieste 17, alle ore 17
Martedì 18 marzo a Cremona nel salone delle Carrozze in via Bissolati 74, alle ore 12, e a
Piacenza nella sala Piana in via Emilia Parmense 84, alle ore 16. 


ESSE POTEST – Compresenze (Im)possibili
Itinerari di Arte e Spiritualità

Università Cattolica del Sacro Cuore
Largo Agostino Gemelli, 1 Milano
4 - 28 marzo 2025

Inaugurazione 4 marzo 2025 ore 18.00

Cripta Aula Magna
Orari: dal lunedì al venerdì dalle 8 alle 20, sabato dalle 8 alle 13 Info: itinerari.arte.spiritualita@gmail.com | 0272342238
Ingresso Gratuito

Ufficio stampa mostra
Maria Chiara Salvanelli Press Office & Communication
Maria Chiara Salvanelli mariachiara@salvanelli.it - 333 4580190 Anna Chiara d’Aloja annachiara@salvanelli.it – 329 3961225

Ufficio stampa Università Cattolica
del Sacro Cuore
Nicola Cerbino - Emanuela Gazzotti
Mob - +39 335 7125703 +39 335 1223934 
nicola.cerbino@unicatt.it - emanuela.gazzotti@unicatt.it

mercoledì 5 marzo 2025

A Roma: Art for Women Today


Elena Belobragina


Negli spazi della Fondazione Beta, sabato 8 marzo 2025 il gruppo internazionale di artiste Art for Women Today presenta una collezione di stampe d’arte limited edition, realizzata per sostenere i progetti dell’Associazione Pianoterra a favore di famiglie vulnerabili. 

In mostra per tre settimane anche le opere originali delle artiste, che in grande maggioranza saranno presenti all’evento inaugurale, giungendo da diversi paesi.

Art for Women Today è un progetto collettivo tutto al femminile, nato dall’esigenza di lasciare una traccia, una testimonianza artistica volta a descrivere la donna nel momento storico contemporaneo. Art for Women Today è un gruppo internazionale di artiste convocate da Caterina Arciprete e dalla Galleri Artsight di Stoccolma, per generare quello che di fatto è al tempo stesso un processo artistico divulgativo e un atto di affermazione individuale e di genere. Art for Women Today dà forma alla narrazione visiva di una esperienza vissuta, della condizione intima che, consciamente o inconsciamente, prende il suo spazio in ogni donna, influenzata da eventi personali e sociali affrontati a contatto con il suo specifico circostante. Una fotografia sincera - e a volte impietosa - sul nostro tempo, che ogni artista svilupperà rispondendo alle sue istanze individuali e culturali. Dare vita, attraverso la personale cifra stilistica, a una serie di interventi artistici per descrivere la condizione della donna, dare una voce all’emotività, l’empatia e l’introspezione femminile dei nostri tempi: questa è la missione di ogni componente del gruppo. 

Le artiste che compongono il gruppo Art for Women Today sono Caterina Arciprete, Elena Belobragina, Isabelle De Boulloche, Linda Kunik, Gisela Quinteros, Virgina Maria Romero, Gaya Shantaram, Yemisi Wilson, Sylvie Wozniak.

Il progetto ha anche, sin dalla sua genesi, un fine sociale: sostenere le attività dell’Associazione Pianoterra ETS, nata a Napoli nel 2008 e attiva oggi anche a Roma e a Castel Volturno con l’obiettivo di stare accanto a famiglie che vivono in condizioni di estrema vulnerabilità, in cui sono presenti bambini e bambine molto piccoli. Pianoterra lavora in particolare con le madri per accompagnarle in un percorso di empowerment e garantire ai bambini pari opportunità di crescere sani e sereni, nonostante condizioni di partenza svantaggiate. 

Il sostegno di Art for Women Today all’Associazione Pianoterra è concreto e diretto: le stampe d’artista, raccolte in eleganti cofanetti in edizione limitata, saranno in vendita e il ricavato andrà interamente a Pianoterra. Le artiste del collettivo saranno inoltre coinvolte in percorsi laboratoriali con le donne e i bambini che frequentano gli spazi dell’associazione, per rendere concreto e continuativo un obiettivo: essere al fianco di tutte le donne, attraverso l’arte.

La mostra Art for Women Today, che nella Galleri Artsight di Stoccolma ha trovato una sua prima casa, nella sua tappa romana ha il patrocinio dell’Ambasciata di Svezia in Italia. 

Sabato 22 marzo, a chiusura dell’evento, sarà possibile partecipare al laboratorio creativo “Io sono onda”, a cura di Caterina Arciprete. Il laboratorio si svolgerà dalle 10.00 alle 12.30 nei locali dedicati alla mostra. È aperto a tutti e tutte con un contributo di 20 €. Il laboratorio si attiverà con un minimo di 6 iscritti. 


Per maggior informazioni sul progetto Art for Women Today
Instagram: @artforwomentoday
Caterina Arciprete: arcipretecaterina@gmail.com

Per maggior informazioni sull’Associazione Pianoterra ETS e per iscriversi al laboratorio “Io sono onda”

Giusy Muzzopappa: comunicazione@pianoterra.net | 3400716353


Art for Women Today~ Event
Opening_ 8 Marzo dalle 12 alle 18
Mostra_ 8-22 Marzo su appuntamento

Fondazione Beta - Via Giusti 24, Roma