martedì 30 settembre 2025

Marco Tagliafico. Arcipelaghi terrestri


UN PAESAGGIO DI IMMAGINI DA ATTRAVERSARE
Con Arcipelaghi terrestri, Marco Tagliafico usa la fotografia come materia sensibile, luogo di apparizione, campo di tensione tra visibile e invisibile. Le opere della serie Arcipelago nascono da una singola immagine fotografica stampata ai sali d’argento scattata con uno smartphone. Ogni copia è modificata attraverso l’intervento di vetri dipinti a mano, che introducono variazioni cromatiche e percettive, generando così una costellazione infinita di visioni possibili.

Le installazioni a terra, realizzate per l’occasione della mostra a CasermArcheologica, ribaltano lo sguardo e ci invitano a “rivolgerci al cielo” restando ancorati al suolo, teli sensibilizzati con liquidi fotosensibili, stesi come rilievi cartografici. In questa alternanza tra immagini sospese e oggetti concreti, tra trasparenze e stratificazioni, si gioca una riflessione poetica sulla fragilità della visione e sul bisogno umano di orientamento, anche in un mondo sempre più rarefatto e immateriale. L’esposizione fa parte del nuovo ciclo espositivo promosso e sostenuto da Fondazione CR Firenze, a sostegno delle pratiche artistiche contemporanee nel territorio toscano, e prosegue la ricerca curatoriale di CasermArcheologica sul rapporto tra arte, spazio e processi di trasformazione collettiva.

La mostra nasce in collaborazione con Arteam, come esito del premio Arteam Cup 2023, che ha visto Tagliafico vincitore assoluto e ospite in residenza presso CasermArcheologica.

CASERMARCHEOLOGICA: UN LUOGO IN DIVENIRE
La mostra si inserisce nel più ampio progetto che CasermArcheologica sta sviluppando con il sostegno della Fondazione CR Firenze, con l’obiettivo di rendere l’arte contemporanea accessibile, vitale e radicata nel territorio. Nata nel 2013 dal recupero di un edificio storico abbandonato — l’ex caserma dei Carabinieri all’interno di Palazzo Muglioni, nel cuore di Sansepolcro — CasermArcheologica è oggi un centro indipendente per la cultura contemporanea, aperto alla sperimentazione artistica, alla pedagogia critica e alla costruzione di comunità. Qui l’arte non è mai solo esposta: è praticata, vissuta, discussa, trasformata. Ogni mostra nasce da un dialogo profondo con il luogo, con chi lo abita, e con le domande che attraversano il nostro tempo. Dopo la residenza dell’artista Lucy Orta nella primavera 2025, la mostra di Marco Tagliafico prosegue questa linea curatoriale che unisce ricerca visiva e responsabilità culturale.

L’ARTISTA
Marco Tagliafico (1985) lavora tra fotografia, installazione e immagine sensibile. La sua ricerca interroga la materia dell’immagine come superficie di apparizione e stratificazione del tempo. Vive e lavora ad Alessandria. Ha studiato lingue orientali e si è formato nel master di Fondazione Modena Arti Visive. Il suo lavoro è stato esposto in diverse mostre tra le quali: Ligne(s) de Mire (Bonisson Art Center, 2025), As Islands (Castel Belasi, 2024), BLA Berlin (Kunstquartier Bethanien, Berlino, 2023) Boiling Projects (Fondazione Oelle Catania, 2020), Da Guarene all’Etna (Fondazione Sandretto Re Rebaudengo Guarene, 2019), 10 years old (Foro Boario Modena, 2017). Nel 2024 vince il premio Arteam Cup, nel 2023 vince il premio MZ Costruzioni ad Art Verona, nel 2021 vince il premio New Post Photography al Mia Fair. I suoi lavori sono presenti in diverse collezioni. Nel 2023 è stato vincitore assoluto dell’Arteam Cup, grazie alla quale ha realizzato diversi di progetti.

 
Marco Tagliafico
Arcipelaghi terrestri, installation view

INFO MOSTRA
Titolo: Arcipelaghi terrestri
Artista: Marco Tagliafico
Sede: CasermArcheologica, Palazzo Muglioni, via Aggiunti 55, Sansepolcro (AR)
Durata: 26 settembre – 29 novembre 2025

Orari di visita: dal lunedì al venerdì dalle 10.00 alle 18.00, sabato dalle 15.00 alle 19.00

Ingresso libero
CON IL SOSTEGNO DI

Fondazione CR Firenze
IN COLLABORAZIONE CON

Arteam – Arteam Cup 2023


 

lunedì 29 settembre 2025

Olympus Offshore di Lydia Dambassina.


Muratcentoventidue Artecontemporanea presents Olympus Offshore, a solo exhibition by Greek artist Lydia Dambassina.

Born in Thessaloniki and educated between Lyon, Grenoble, and Paris, Dambassina has developed a multidisciplinary practice spanning painting, video, installations, photography, and text. Her work explores key issues of our time: economic inequality, the environmental crisis, identity, the role of women, and migration.Often using found objects poetically transformed, her works create a tension between the intimate and the political, the individual and the collective, shaping a powerful and rigorous visual language. The artist defines her practice as “a collective therapeutic space,” aimed at freeing the mind from the constraints of structural inequalities. 

Since 2004, her work has focused on the global economic and moral crisis, as in the project Party’s over – Starts over. She has exhibited internationally, and her works are included in the collections of the National Museum of Contemporary Art in Athens (EMST) and the Macedonian Museum of Contemporary Art in Thessaloniki (MOMus). In Olympus Offshore (2025), Dambassina revisits the myth of Mount Olympus as a metaphor for today’s new gods — capital and economic power — confronting the fragility of nature and democracy with the strength of lost myths. Installations, photographs, and videos weave together personal memory and universal reflection, evoking desire, resistance, and hope in a fragile and divided world.


OLYMPUS OFFSHORE
Lydia Dambassina

Muratcentoventidue-Artecontemporanea
Via G. Murat 122/b – Bari

Opening
Saturday, October 11, 2025, 7:30 PM

Date
October 11 – November 30, 2025

Opening Hours
The exhibition will be open on Wednesdays, Thursdays, and Fridays from 6:00 PM to 8:00 PM
Mondays, Tuesdays, and Saturdays by appointment

Information
3348714094 – 392.5985840







mercoledì 24 settembre 2025

Georgina Spengler. PANDAISÍA

Georgina Spengler, Yellow Poison, 2025, olio su lino, 90 x 80 cm

Maja Arte Contemporanea è lieta di presentare, da giovedì 2 ottobre a sabato 8 novembre 2025, Pandaisía, quarta personale in galleria dell'artista Georgina Spengler, con testo critico di Maria Arcidiacono.

Il titolo – dal greco pan (tutto) e daisía (banchetto sacro) – rimanda a un'idea di abbondanza e condivisione, di festa rituale e traboccante generosità.


In mostra, quindici inediti dipinti su tela compongono un universo in cui il sogno diventa forma e la visione desiderio: un'utopia del pieno, un altare laico dell'immaginazione che accoglie lo spettatore nel cuore di una creazione fertile, luminosa e insieme inquieta.

Nelle tele di Spengler l'opulenza vegetale si dispiega con una ricchezza ornamentale che richiama, per costruzione e ritmo, i motivi floreali e intrecciati di William Morris. Tra foreste rigogliose, fitte di girali e fogliami sontuosi, l'artista innesta presenze più silenziose e fragili: specie botaniche e animali minacciati che affiorano come apparizioni preziose. Non è un caso che molti titoli delle opere rimandino a queste forme di vita a rischio, trasformando ogni dipinto in un archivio poetico e insieme scientifico.

"Una pittura che costruisce mondi, nei quali il suggerimento etico e la citazione colta si contrappongono e si mescolano, confluendo in un insieme armonico [...]" - scrive Maria Arcidiacono. "È come se l'artista volesse generosamente nutrirci di grazia, per poi condurci alla constatazione della ineluttabile realtà – talvolta anche mostruosa – che inesorabilmente vi si annida, minacciandola."

Il risultato è un equilibrio sottile tra incanto e allarme: l'eleganza seducente dei motivi ornamentali convive con la consapevolezza di una possibile perdita, mentre lo sguardo dello spettatore oscilla tra fascinazione e consapevolezza critica. È in questo spazio che la pittura di Spengler vibra, trasformando le ombre in tensione vitale.

Pandaisía è dunque celebrazione e monito, festa visiva e meditazione etica: un banchetto pittorico che intreccia denuncia e joie de vivre, invitandoci a desiderare con forza la sopravvivenza di ciò che nutre l'umanità e dà senso al nostro abitare il mondo.

NOTE BIOGRAFICHE
Georgina Spengler nasce ad Atene (Grecia) nel 1959. All'età di otto anni si trasferisce con la famiglia negli Stati Uniti e successivamente in Olanda, dove nasce il suo interesse per la pittura. A Parigi frequenta per un anno l'École des Beaux-Arts. Tornata negli Stati Uniti studia presso la School of Fine Arts della Boston University (Boston, MA) e la Corcoran School of Art di Washington D.C., dove completa la sua formazione accademica. Nel 1982 si trasferisce stabilmente a Roma, città in cui tuttora vive e lavora. Da allora espone con continuità, prendendo parte a mostre personali e collettive in Italia e all'estero.
Ha partecipato a due residenze d'artista: Artist at Work, organizzata da Artbellwald.ch e dal Canton Vallese (Bellwald, Svizzera, 2021), e Atelier, MacroAsilo presso il MACRO – Museo d'Arte Contemporanea di Roma (2019). 
Nel 2023 ha ricevuto il Contemporary Art Creation Award, conferito dalla Casa Internazionale delle Donne di Roma.
Del suo lavoro hanno scritto, tra gli altri: Enrico Gallian, Roberto Gramiccia, Irmela Heimbacher, Tiziana Musi, Anna Maria Panzera, Lorenzo Pavolini, Rosa Pierno, Ian Rosenfeld, Edith Schloss, Rachel Spence, Enrica Torelli Landini, Shara Wasserman.


Georgina Spengler
PANDAISÍA
A cura di Daina Maja Titonel
Testo critico di Maria Arcidiacono
2 ottobre — 8 novembre 2025

INAUGURAZIONE
Giovedì 2 ottobre 2025, ore 18

Riccardo Monachesi. ALLEGORIE

Riccardo Monachesi, Specchio, 2023
ph. Fabio Santinelli


La mostra di Riccardo Monachesi ALLEGORIE apre mercoledì 8 ottobre, in occasione della Giornata del Contemporaneo, presso la Galleria Riccardo Boni a Roma. 

Sono presentate due serie di opere - sculture smaltate e a lustro - ispirate ad oggetti quotidiani, ma non realmente utilizzabili, realizzate con il materiale che Monachesi scultore utilizza da quasi cinquanta anni: la ceramica.

Sono esposti gli Specchi che non riflettono, in parte inediti, e gli Attesi, nuove piccole sculture da parete che ricordano gli appendini da parete che si trovavano negli ingressi delle abitazioni del primo Novecento. Falsi oggetti decorativi dunque che allegorizzano l’impossibilità di vedere realmente sé stessi, proiettando altrettante false aspettative nell’attesa di un ospite che potrebbe colmare la nostra solitudine. Sentimenti ed emozioni mirabilmente espressi dallo scrittore Elias Canetti: “Nego il riconoscere me stesso nello specchio e aspetto lo sconosciuto che non ha ancora un volto.”

Con questa mostra Monachesi svela il sapore più intimo delle sue opere celandosi nel nobile mestiere del semplice ceramista, ma le sue opere in verità sono tutt'altro che semplici: impossibili eleganti oggetti ispirati a quelli di uso quotidiano permeati di una spiritualità non invadente, specchi "vuoti" che non riflettono e piccole sculture da parete di gusto rétro, opere raffinate di un colto glamour contemporaneo.

Ideata da Riccardo Monachesi e Riccardo Boni, l’esposizione è documentata dal catalogo che contiene i testi di Giovanna dalla Chiesa, Simona Ciofetta, Enrico Mascelloni.



Riccardo Monachesi
Nato e cresciuto a Roma, Riccardo Monachesi, dal 1977 utilizza la creta come medium per fare arte. Dopo un apprendistato presso lo studio di Nino Caruso, nel 1980 prende la laurea in Architettura e capisce che l’unica possibilità interessante di progettazione è quella di ‘progettare l’emozione’ e con questa poetica imposta il suo lavoro d’artista. Nel 1981 inizia ad esporre i suoi lavori in galleria, con una mostra a Calcata presentata da Paolo Portoghesi. Nel 1994 una mostra a Roma allo Studio Bocchi, presentata da Walter Veltroni, “sdogana” la ceramica ritornando a considerarla materia d’arte. Seguono poi nel 2009 una personale presso l’Istituto Italiano di Cultura a Vienna; nel 2011 la Galleria Nazionale di Arte Moderna ha acquisito e collocato presso il Museo Boncompagni Ludovisi 20 ceramiche realizzate a quattro mani con Elisa Montessori; seguono nel 2014 una personale “Terraemota” per Il Comune di Roma, presentata da Maurizio Calvesi, presso il Museo delle Mura e nel 2015 una collettiva presso la Galleria Nazionale di Arte Moderna. Sempre nel 2015 ha realizzato un’opera site specific per il Museo Archeologico a Lipari ed altri due lavori site specific nell’Ambasciata Italiana di Santiago del Cile. Nel 2017 il Museo della Ceramica di Viterbo gli ha dedicato una personale “Addendi”. Nel 2019 a Roma Presso lo Studio Canova propone un'opera site-specific. Ancora nel 2019 un'importante collettiva di scultura a Napoli presso il Museo della Ceramica Duca di Camastra e nel 2020 una personale Pietra Plasmata presso il Palazzo delle Pietre a Roma. Nel 2021 le collettive Libri d'Artista presso il Museo Boncompagni-Ludovisi, Visioni Contemporanee a Castel Sant'Angelo e Io e Me presso la Biblioteca Nazionale di Roma. Nel 2022 partecipa a Ethos Keramikos nel Museo di Palazzo Doebbing a Sutri curata da Vittorio Sgarbi. Alcuni lavori sono presenti nello Spazio Field a Palazzo Brancaccio di Roma per la cura di Claudio Libero Pisano e un lavoro al M.A.R.T. di Rovereto a cura di Rolando Giovannini. Nel 2023 partecipa alla 3° edizione della Biennale d'Arte Sacra a Menton (Francia) presentando la Via Crucis e dallo stesso anno inizia la collaborazione con la Galleria Riccardo Boni di Roma. La Direzione regionale Musei nazionali del Lazio nel 2024 ha organizzato “ELEMENTA”, un'antologica dagli anni '90 ad oggi a cura di Simona Ciofetta, presso la Certosa di Trisulti (Collepardo, Frosinone) con oltre 400 opere. Nel 2025 presso la Chiesa di San Rocco a Neive (Cuneo), è stata presentata “Super Omnia” un lavoro site specific a cura di Marzia Capannolo e Galleria Riccardo Boni.

Riccardo Monachesi
ALLEGORIE
8 ottobre - 15 novembre 2025

Galleria Riccardo Boni
Via in Publicolis 47, Roma

lunedì 22 settembre 2025

TURCATO

Giulio Turcato, Composizione, 1963

Fondazione Giuliani è lieta di presentare Turcato, una mostra personale dedicata a uno degli artisti più inventivi del dopoguerra. Riunendo quasi trent’anni di lavoro, l’esposizione indaga il monocromo in Giulio Turcato inteso non come gesto di sottrazione ma come spazio generativo, terreno fertile in cui il colore e la materia diventano strumenti di scoperta. A partire dai primi anni Sessanta, i monocromi di Turcato diventano luoghi di trasformazione, dove pittura e texture ampliano i confini stessi della pratica pittorica.
Il percorso di Turcato si colloca in una traiettoria che intreccia impegno politico radicale e incessante sperimentazione formale. Nel 1947, insieme a Carla Accardi, Ugo Attardi, Pietro Consagra, Piero Dorazio, Mino Guerrini, Achille Perilli e Antonio Sanfilippo, fonda FORMA 1, movimento che si oppone alla rigida ortodossia figurativa del comunismo, rivendicando l’autonomia del linguaggio astratto. Le opere del primo dopoguerra restituiscono così una tensione irrequieta tra astrazione e realismo, riflesso della ricerca di un lessico visivo personale in un’epoca di profonda trasformazione culturale.
Lo sguardo di Turcato, tuttavia, non si limita all’Italia. Nel 1962, con il suo primo viaggio a New York, entra in contatto con le innovazioni di Robert Rauschenberg e Jasper Johns, la cui radicale apertura ai materiali non convenzionali e alla vita quotidiana risuona con le sue indagini. Non mancano echi con le esplorazioni monocrome di Robert Ryman, e con le sperimentazioni, in Italia, di Alberto Burri ed Enrico Castellani: ricerche che, pur nelle differenze, interrogano la superficie, il bianco, la materia cromatica e acromatica come luoghi di espansione del linguaggio pittorico.
Per Turcato, il monocromo non è mai un approdo definitivo, bensì un inizio. Laddove altri artisti vi hanno cercato purezza spirituale o sospensione concettuale, egli lo trasforma in un campo pulsante di possibilità. La tela cessa di essere mero supporto e diventa rilievo, corpo vivo: superfici scavate, polveri fosforescenti, pillole, monete, carta carbone. Materiali quotidiani, raccolti dal mondo, che si fanno alfabeto sensibile per decifrare la natura. Dai vegetali ai minerali, dalle rovine ai batteri, la sua opera filtra la vita stessa attraverso la lente dell’invenzione artistica. L’arte, per Turcato, è conoscenza: un sistema capace di esprimere attraverso il colore e la forma le strutture profonde del reale.
L’indagine di Turcato su un colore “oltre lo spettro”, dalle serie Fuori dallo spettro del 1962 a Oltre lo spettro negli anni Settanta, si colloca da un lato in dialogo con i monocromi di Mario Schifano, incentrati unicamente sul colore, e dall’altro si spinge nel territorio di una ricerca metafisica: la tensione verso un “colore che non esiste”. Con la serie dei Cangianti questa intuizione si amplifica: i pigmenti reagiscono alla luce e al movimento, alcuni persino diventando visibili nell’oscurità. Le superfici cessano di essere statiche, trasformandosi in campi mobili di luce e riflesso, mutevoli al variare dello sguardo e dello spostarsi dell’osservatore.
Le Superfici lunari degli anni Sessanta evocano l’ignota consistenza di un paesaggio extraterrestre, quasi a prolungare le sperimentazioni spaziali di Lucio Fontana in una dimensione altra, in cui colore, luce e materia diventano veicoli di nuove percezioni. Nei Cangianti, il colore viene lavorato e stratificato fino a farsi quasi immateriale. E tuttavia l’accento sulla materia non scompare mai: anche nei monocromi più radicali resta una densità, una vibrazione cromatica che lega ogni opera al corpo, allo spazio, all’esperienza vissuta.Attraverso il suo costante confronto con il monocromo, Turcato elabora un pensiero pittorico profondo e meditato. Non ricerca dichiarazioni solenni, ma apre varchi silenziosi alla riflessione, invitando lo spettatore a interrogarsi su come colore e forma possano trasformare la percezione del mondo che ci circonda.

La mostra è a cura di Martina Caruso e Adrienne Drake.


TURCATO
OPENING SABATO 11 OTTOBRE
DALLE 10.00 – ALLE 18.00

12 OTTOBRE 2025 – 31 GENNAIO 2026

FONDAZIONE GIULIANI
Via Gustavo Bianchi, 1
00153 Roma
Italia

Claire Lindner. Flaming Wings

Claire Lindner, Heat wave, 2025
gres smaltato, glazed stoneware


Le suggestive creazioni in ceramica di Claire Lindner prendono disorpresa l’osservatore destabilizzando le linee di separazione tra organico e sintetico, animale e vegetale, scienza e finzione. Sono sculture che con la sinuosità dei movimenti e delle loro cromie, che sembrano mutare sotto ai nostri occhi, generano un senso di mistero unito alla meraviglia dellascoperta.

La mostra Flaming Wings, che segue la personale tenuta in galleria nel 2022, fa quindi riferimento alle varie metamorfosi dinamiche presenti nelle recenti opere dell’artista francese. La forma fiammeggiante suggerisce uno slittamento di tipologia in cui l’organico abbraccia tanto il regno vegetale che quello animale. Il colore subisce modificazioni tonali dall’arancio al ruggine, dal viola al verde, dal giallo all’azzurro. La manipolazione della materia e della forma, la porosità della superficie che assorbe morbidamente la luce, suggeriscono fluttuazionitra diversi periodi di crescita, decadimento e stasi: una simbiosi fiammeggiante che allude alla transizione, all’imprevedibilità della natura e alla visionarietà della creatività umana. 

In questo modo l’artista ci trasporta in un mondo fantastico che occupa ogni spazio, dal pavimento fino alle pareti della galleria, descrivendo creature ambivalenti, bellissime e talvolta lievemente perturbanti. Claire Lindner mette così in scena un mondo che si cela al di là delle nostre aspettative e della nostra percezione immediata. Sono forme arrotondate che si lasciano accarezzare dallo sguardo, che invitano al contatto e che sembrano estendersi nella vita quotidiana provenendo dal regno del sogno e dell’immaginario. 

Una poesia suadente emana da queste sculture dense di movimento e di quiete allo stesso tempo, brulicanti di linee e di cromie, affascinanti e insieme inquietanti, che indagano il senso dell’odierna relazione tra esseri umani e natura. Il gioco plastico tra forma, colore e patina allontana l’osservatore dalle origini dell’oggetto nel mondo quotidiano, per avvicinarlo a un dialogo inedito quanto seducente che coinvolge lo sguardo, lo spazio e il pensiero. 


CLAIRE LINDNER
Flaming Wings
Dal 18 settembre al 14 novembre 2025
Dal lunedì al venerdì | ore 10.30 - 18

MAAB Gallery, via Nerino 3, Milano



pubblica: 

Alessia Armeni. Sospetto di leggerezza


Riss(e) presenta Sospetto di leggerezza, mostra personale di Alessia Armeni (Roma, 1975) a cura di Davide Dal Sasso. Nella sede varesina l’artista dà forma a una riflessione sulle possibilità della pittura basando il suo lavoro su tre elementi imprescindibili per la sua poetica: la luce, il colore, la parate bianca dalla quale può sempre scaturire una immagine. L’esito è nella possibilità di mantenere attiva la pittura lavorando sulla sua sospensione ossia, come propone Armeni, mettere in discussione non solo i risultati che può ottenere dipingendo ma direttamente anche i modi in cui può conseguirli.


R + S / AK, Viale San Pedrino 4, Varese
( Riss(e) + Surplace con AnonimaKunsthalle )
Deposito temporaneo di opere, forme, idee, riflessioni, pensieri, incontri, cose per l'arte contemporanea,
questo luogo collettivo di sensibilità e movimenti, in un linguaggio mainstream si chiamerebbe anche "piattaforma". Ma non si trova sul mare. Per ora.
Il Direttore di AnonimaKunsthalle per il 2025 è Sara Candore

riss(e)
SOSPETTO DI LEGGEREZZA
ALESSIA ARMENI
a cura di Davide Dal Sasso
21 settembre - 31 ottobre 2025
su appuntamento al 3358051151

riss(e), viale San Pedrino 4, 21100 Varese

pubblica: