martedì 14 gennaio 2025

Songs of the Canaries e Songs of the Gypsies di Jan Fabre

Measuring the neurons, 2024, Carrara marble_Jan Fabre_ph. Pierluigi Di Pietro

Dal 31 gennaio al 1 marzo 2025, Roma si prepara ad accogliere l’arte visionaria di Jan Fabre, uno dei più grandi innovatori della scena contemporanea, con una mostra che, per la prima volta in Italia, raccoglie i due più recenti capitoli della sua produzione artistica:Songs of the Canaries(A Tribute to Emiel Fabre and Robert Stroud) e Songs of the Gypsies (A Tribute to Django Reinhardt and Django Gennaro Fabre).

Artista visivo, creatore teatrale e autore, capace di fondere tradizione artistica, filosofia, scienza e spiritualità in un unico personale universo creativo, Fabre porta alla Galleria Mucciaccia di Roma un corpus di opere che attraversano l’essenza del pensiero umano, la fragilità della vita e il potere trasformativo dell’arte, “giocando” con la performatività dei materiali, per esplorare temi esistenziali, spirituali e scientificiattraverso un dialogo costante tra corpo, mente e materia. 

Occasione per immergersi in un viaggio tra simbolismo, innovazione e intimità personale, in un percorso espositivo attraverso il quale Fabre continua a spingere i confini dell’artereinventando antiche metafore per affrontare questioni contemporanee, la mostra è un’esplorazione del rapporto tra materia e spirito, forte di un uso innovativo di materiali come il marmo di Carrara, il Vantablack (la più nera versione esistente del nero) e i colori a matita e tempera. 

Il primo capitolo Songs of the Canaries (A Tribute to Emiel Fabre and Robert Stroud) è un tributo poetico alla fragilità della vita, all'inseguimento dei sogni e alla continua ricerca dell'umanità di comprendere il cielo. Fabre esplora queste tematiche attraverso un’installazione composta da opere meticolosamente scolpite in marmo di Carrara e intimi, sorprendenti disegni a matite colorate su Vantablack. Una serie di sculture raffigura canarini appollaiati in cima a cervelli umani, apparentemente in contemplazione dei meccanismi interni della mente. Dettagli come le piume di un canarino - metafora della libertà e della fragilità - o le vene di un cervello si trasformano in una poesia scultorea che armonizza i suoni del cielo con l’eco dei pensieri umani, attraverso titoli evocativi come Thinking Outside the Cage(2024), Sharing Secrets About the Neurons(2024) e Measuring the Neurons(2024). 

È al centro di questa prima sezione espositiva che si trova la scultura monumentale The Man Who Measures His Own Planet (2024): una figura si erge su una scala, con le braccia tese come a voler misurare l’immensità del cielo. Il cranio aperto rivela una “terra incognita”, quel territorio in gran parte inesplorato che è il cervello, simbolo dell’incessante ricerca dell’artista e dell’uomo per capire l’incomprensibile; il corpo è modellato su quello di Fabre stesso, mentre il volto rimanda al fratello scomparso prematuramente, Emiel, a cui è dedicata la mostra. 

Questo primo capitolo Songs of the Canaries è anche un omaggio a Robert Stroud, detto “Birdman of Alcatraz”, un prigioniero che divenne un rinomato ornitologo, specializzato in canarini. Per poterli studiare, Stroud riuscì a farsi portare in cella centinaia di questi uccelli, creature che anche in cattività trovavano la forza di cantare e ispirare la mente. Quando fu rilasciato, alla domanda dei giornalisti su cosa avesse intenzione di fare per il resto della sua vita, Stroud rispose: “Misurerò le nuvole”.

Il secondo capitolo, Songs of the Gypsies (A Tribute to Django Reinhardt and Django Gennaro Fabre), mescola il jazz e l’arte con la vita personale dell’artista, per esplorare la relazione tra fragilità e creazione in opere sorprendenti che uniscono tradizione iconografica e innovazione contemporanea. Il cuore dell’installazione è costituito da tre grandi sculture di marmo di Carrara in cui Fabre raffigura un neonato fuori scala, suo figlio all'età di 5 mesi e mezzo, ma alto come il padre. 

Questa seconda sezione della mostra inizia infatti con una nota personale: Fabre ha chiamato il suo primogenito Django Gennaro, dove Django si riferisce a Django Reinhardt, virtuoso chitarrista gypsy jazz belga, acclamato da musicisti di tutti i generi come geniale e innovativo. Reinhardt era riuscito a eccellere e a inventare un genere musicale personale partendo da un grande svantaggio: una grave menomazione alla mano sinistra dovuta a un incidente da ragazzo.

Jan Fabre ha scelto di omaggiare queste due importanti figure nella sua vita, fonti di ispirazione per la sua arte.

Le delicate forme infantili scolpite incarnano il mistero della nascita e della creazione e sono anche messaggere di partiture musicali jazz, che appaiono sia incise nel marmo sia nei disegni dai colori vivaci, evocando una dimensione giocosa e improvvisata, ispirata alle pitture infantili del giovane Django e ai brani di Reinhardt. Come una partitura musicale multidimensionale che trasporta lo spettatore sulle note dei grandi successi del chitarrista gitano “Minor Swing”, “Nuages”o “Manoir de Mes Rêves”, le opere conducono in un mondo di sogni concreti, di vite fatte d’arte; un lento swing tra l’infinitamente piccolo e l’infinitamente grande, un invito artistico a contemplare la fragilità e lo splendore della condizione umana. La mostra tutta è un inno alla musica, filo conduttore che attraversa entrambe le serie: Fabre intreccia note e immagini, trasformando il gypsy jazz di Django Reinhardt in una colonna sonora visiva, mentre i canarini, simbolo di canto e libertà, diventano messaggeri tra il terreno e il celeste. 

Nato ad Anversa nel 1958, Jan Fabre è un innovatore di spicco e una delle figure più influenti del panorama artistico contemporaneo internazionale. Contribuendo all’arte visiva, al teatro e alla letteratura, è stato il primo artista vivente a tenere grandi mostre personali in istituzioni prestigiose come il Museo del Louvre di Parigi nel 2008e il Museo Hermitage di San Pietroburgo nel 2017. Inoltre, è l’unico artista ad aver ricevuto l’onore della Cour d’Honneur del Festival di Avignoneper tre edizioni consecutive (2001, 2005 e 2006) e ad essere stato incaricato di creare un’opera per la Felsenreitschule al Festival di Salisburgo nel 2007.

La mostra, a cura diDimitri Ozerkov, con contributi di Giacinto Di Pietrantonio, Melania Rossi e Floriana Conte, è accompagnata da un catalogo ricco di analisi critiche e immagini, curato da Melania Rossie Giovanna Caterina de Feo; un approfondito omaggio alla complessità dell’arte del maestro belga, che intreccia temi personali, simbolici e universali.

Jan Fabre
Songs of the Canaries
(A tribute to Emiel Fabre and Robert Stroud)

Songs of the Gypsies
(A tribute to Django Reinhardt and Django Gennaro Fabre)

Inaugurazione: 30 gennaio 2025 | ore 18.00
Apertura al pubblico: 31 gennaio – 1 Marzo 2025
Sede: Galleria Mucciaccia, largo della Fontanella di Borghese 89, Roma
Orari: dal lunedì al sabato 10.00 – 19.30; domenica chiuso.
Ingresso libero
Informazioni: tel. 06 69923801 - roma@mucciaccia.com

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venerdì 10 gennaio 2025

Meletios Meletiou Sinodós

Meletios Meletiou Sinodós
ph credit: Antonin Roure

Letteralmente “Compagno di viaggio”, nell’antica Grecia il termine “sinodós” (Συνοδός) aveva un’accezione sia pratica che simbolica: indicava la persona con cui si intraprendeva un viaggio, fisico o spirituale – come ad esempio accadeva durante i Misteri Eleusini, dove il sinodós era la guida che accompagnava l’iniziato nel proprio rito di passaggio. Abbracciando la complessità celata dietro i riferimenti e la lingua comune alla propria terra d’origine, Cipro, Meletios Meletiou realizza un’installazione site-specific concepita come un vagabondaggio disorientante tra percezioni e associazioni spontanee.

Un pupazzo di poliuretano termoplastico, cucito a mano e a misura d’uomo, abita sospeso lo spazio come un amuleto o un ingombrante ricordo d’infanzia, dialogando con una serie di sculture pavimentali, il cui pattern richiama il bugnato dell’architettura antica, che interrompono e contaminano l’articolazione dello spazio. Gli elementi apparentemente disconnessi delineano un paesaggio interiore ambiguo e dislocato, dove l’atmosfera raccolta e della dimensione domestica e infantile stride con il riferimento alle cortine esterne di edifici monumentali.

Gioco, affetto, innocenza, nostalgia, familiarità, sicurezza, separazione. Meletios Meletiou costruisce un sistema di contraddizioni e frizioni sulle categorie normalmente associate al pupazzo come oggetto ludico o come figura di sostituzione affettiva, e ai materiali e le forme dell’architettura classica occidentale. La trasparenza del materiale sintetico del pupazzo attiva uno scenario visionario, trasformando l’oggetto in un dispositivo ottico, una lente che plasma e riformula lo spazio circostante. Byung-Chul Han, nel suo saggio La società della trasparenza (2012), ipotizzava l’esistenza di una “dittatura della visibilità”, descrivendo il passaggio dal mondo come teatro e forma di rappresentazione, al mondo come spazio di prossimità assoluto, luogo di pura esposizione dove si annullano i confini tra dentro e fuori, dove “l’intimità distrugge la distanza”, anche quella necessaria al gioco, dove è impossibile delimitare i confini di se stessi. L’installazione di Meletiou rovescia il concetto stesso di trasparenza come elemento di verità, validazione e controllo, suggerendone piuttosto un utilizzo magico e ludico con cui trasformare lo spazio. Nella partitura di luci, ombre e superfici monocrome, l’artista simula il funzionamento della lanterna magica: il pupazzo trasparente e vuoto, attraversato da un fascio di luce ed esposto come unico protagonista su un palcoscenico buio, non proietta la forma di se stesso, ma soltanto la propria texture, simile a quella di un mare mosso. Nella teatralizzazione della trasparenza, a luci spente, tutto accade dentro e attraverso. La transizione tra ambiente diurno e notturno è il viaggio tracciato dall’opera: come un mondo fantastico che si manifesta soltanto al buio, innescando il sistema di proiezione, l’opera rivoluziona lo spazio valicando il confine tra realtà e finzione. Il grande pupazzo-manichino sembra perdere i connotati di riconoscibilità e familiarità, diventando piuttosto una presenza inquietante; le superfici scultoree riecheggiano la pelle di palazzi imponenti, simulano la plasticità e la durezza del cemento nascondendo un’anima di spugna. Intrecciando materiali e scenari diversi, Meletiou offre una nuova declinazione della propria ricerca sul gioco come pratica di percezione e rovesciamento dei codici estetici, e sull’etica ed estetica del decorativismo urbano. In uno spazio privo di altre coordinate e indizi specifici, l’artista intesse un’anti-narrazione basata sull’indicibilità e sull’epifania di una storia interiore.

BIO
Meletios Meletiou (Lemesos, Cipro, 1989) vive e lavora tra Cipro e Roma. Ha studiato presso l’Accademia di Belle Arti di Roma, dove si laurea in Arti Visive e Decorazione nel 2016. Tra le mostre personali e collettive: 2024, The Companions no.4, International Short Film Festival di Oberhausen, GE; 2023, Playground, a cura di Panos Giannikopoulos, Eins Gallery, Limassol, CY; 2022, Buffer Zone, a cura di Gaia Bobò, Fondazione Pastificio Cerere, Roma, IT; 2021, Porta Portese, SPAZIOMENSA, Roma, IT; 2020, ReSize To Fit (installazione site-specific), a cura di Giulia Pollicita, Una Vetrina, Roma, IT; 2018, Fenêtre Jaune Cadmium, a cura di Sarah Linford, Istituto Francese di Cultura, Roma, IT; Maps-Spam, a cura di Alessandra Arancio, Società Geografica Italiana/Villa Celimontana, Roma, IT; Developing Cities, a cura di Angelica Gatto ed Emanuele Riccomi, Superstudio, Milano, IT; 2016, Quattro artisti al Castello, a cura di Cecilia Casorati, Castello di Santa Severa, IT. 


 


Meletios Meletiou | Sinodós
a cura di Ilaria Monti
30.11.2024 - 19.01.2025

DISPLAY
Vicolo al Leon d'Oro 4/A,
43121, Parma (Italy)

giovedì 9 gennaio 2025

La settima edizione di The Milky Way

Massimo Bartolini, Loco Tondo, 2024, Inchiostro su carta, 30 x 40,5 cm


PIANOTERRA PRESENTA LA SETTIMA EDIZIONE
DI THE MILKY WAY ALLA GALLERIA CONTINUA DI SAN GIMIGNANO 

Il progetto è nato nel 2014 a Napoli: artisti a sostegno di bambine e bambini vulnerabili e dei loro genitori, in una mostra di raccolta fondi a cura di Damiana Leoni

Acquistando una delle opere in mostra sarà possibile sostenere le attività di Pianoterra ETS 


Torna il 25 gennaio 2025 dalle ore 15, la settima edizione di The Milky Way, una mostra di raccolta fondi a favore di Pianoterra ETS, ideata da Damiana Leoni e promossa dalla Fondazione Beta, con il patrocinio della Reale Ambasciata di Danimarca.

Dopo le sei tappe precedenti il progetto è per la prima volta in Toscana, presso la Galleria Continua, nella sua sede di San Gimignano.


La settima edizione di The Milky Way
La settima edizione di The Milky Way prende forma da una domanda: Dove sono? Una domanda che dà voce al senso di momentaneo spaesamento che tutti abbiamo sperimentato quando ci ritroviamo in un luogo o in circostanze del tutto nuovi - per molte persone, una condizione persistente, uno stato continuo, quotidiano, di non appartenenza. “Un simile spaesamento”, spiegano i promotori del progetto, “è quello che spesso cogliamo negli occhi e nelle movenze delle persone che varcano la soglia di Pianoterra. Il nostro primo gesto di accoglienza è vederlo e riconoscerlo; riconoscere la complessa mappa di bisogni negati e risorse inespresse attraversando la quale - e forse perdendocisi dentro - sono arrivate da noi. Individuare queste tracce di storia personale, così da poter offrire se non proprio delle vie di uscita, sicuramente delle bussole per ritrovare il filo delle proprie esistenze, ci porta ogni giorno a guardare oltre ciò che viene espresso, oltre il bisogno materiale, e a considerare di pari importanza ciò che, oscurato da necessità più urgenti, resta inespresso”. Con queste premesse, è stato rivolto agli artisti l’invito a scegliere un’opera che rappresentasse questo senso di spaesamento. Hanno risposto affermativamente 42 artisti: Alberte Agerskov, Ai Weiwei, Massimo Bartolini, Pascale Birchler, Barbana Bojadzi, Carlota Bulgari, LETIA-Letizia Cariello, Loris Cecchini, Costanza Chia, Alba Clemente, Michelangelo Consani, Ala D’Amico, Bianca D’Ascanio, Jonathas De Andrade, Matt Dillon, Luca Federico Ferrero, Carlos Garaicoa, Shilpa Gupta, Camille Henrot, Priya Kishore, Andrea Mauti Sabrina Mezzaqui, Seboo Migone, Rudi Ninov, Hans Op De Beeck, Ornaghi & Prestinari, Giovanni Ozzola, Valentina Palazzari, Giandomenico Pellizzi, Tobias Rehberger, Arcangelo Sassolino, Manuela Sedmach, Serse, Bernardo Siciliano, Nina Silverberg, Marta Spagnoli, Tommaso Spazzini Villa, Pascale Marthine Tayou, Eugenio Tibaldi, Giorgio Van Meerwijk, Alejandra Varela Perera.

Il ricavato della vendita delle opere in mostra contribuirà a sostenere e rafforzare gli interventi di Pianoterra ETS a favore di famiglie vulnerabili. In particolare, i fondi raccolti saranno impiegati per creare due aree giochi nel nuovo spazio di comunità per famiglie che Pianoterra inaugurerà a Napoli nel 2025, e offrire ai bambini e bambine provenienti da contesti difficili attività educative di qualità a partire dai primi 1000 preziosissimi giorni di vita.

The Milky Way guarda, infatti, al mondo dell’arte contemporanea come parte attiva e vitale di una comunità orientata all’ascolto e alla cura delle sue componenti più fragili ed è stata ospitata in tutte le sue edizioni nelle maggiori gallerie italiane che hanno aperto le porte alle opere che i 242 artisti italiani e stranieri hanno donato nel corso delle sei edizioni precedenti.

Il programma del 25 gennaio: tutti gli appuntamenti
Negli spazi in provincia di Siena di Galleria Continua, tra le più importanti gallerie al mondo (con sedi a San Gimignano, Beijing, Les Moulins, La Havana, Roma, San Paolo, Parigi), si svolgerà sabato 25 gennaio una giornata all’insegna dell’arte contemporanea con un ricco programma di mostre ed appuntamenti. 

Si apre alle ore 15 con The Milky Way (la mostra durerà due settimane, concludendosi l’8 febbraio). Alle ore 16 inaugura invece la mostra dell’artista Marta Spagnoli. Alle ore 18, in relazione con la mostra di Sabrina Mezzaqui, Raccogliere le parole, si svolgerà la performance di Mariangela Gualtieri/Teatro Valdoca, Ruvido umano (versi e voce di Mariangela Gualtieri, live music di Lemmo, regia, scenografia e luci di Cesare Ronconi). Sarà inoltre visitabile la mostra di Jorge Macchi, False Autumn.

Pianoterra ETS
Pianoterra è un’organizzazione no profit che lavora al fianco delle famiglie più vulnerabili a Roma, Napoli e Castel Volturno, concentrandosi soprattutto sulla coppia madre-bambino. Dal 2008 a oggi Pianoterra ha sostenuto e accompagnato più di cinquemila genitori e altrettanti bambini, lavorando per la salute, il benessere ed il protagonismo dei bambini nei diversi contesti di vita, in particolare nella fascia di età 0-6 e fin dalla gravidanza.

The Milky Way è alla sua settima edizione. Le tappe precedenti si sono svolte a Napoli, città protagonista nell’anno 2014 presso la Galleria Lia Rumma; a Roma, presso la galleria Studio SALES per l’edizione 2015; a Milano da Giò Marconi nel 2016; The Milky Way Foto a Napoli di nuovo presso Galleria Lia Rumma nel 2018 con un progetto dedicato alla fotografia; a Torino presso la Galleria Franco Noero nel 2020, ancora a Roma nel 2022, presso la galleria Alessandra Bonomo, con The Milky Way – Vera.

La settima edizione di The Milky Way ha il patrocinio della Reale Ambasciata di Danimarca

Sponsor: 
Podernuovo a Palazzone

The Milky Way – settima edizione
Inaugurazione: 25 gennaio 2025 ore 15
fino all’8 febbraio 2025

Galleria Continua / San Gimignano 
Via del Castello 11, 53037 San Gimignano (SI)
Tel. +39 0577 943134 | sangimignano@galleriacontinua.com

Silvia Pichini, responsabile comunicazione Galleria Continua, press@galleriacontinua.com, cell. +39 347 45 36 136

Press The Milky Way: Santa Nastro +39 3201122513 snastro@gmail.com

giovedì 19 dicembre 2024

Il Sud delle Donne, l'arte femminile in Puglia dagli anni settanta a oggi di Liliana Tangorra e Lucrezia Naglieri


Jolanda Spagno, Sùrrealisma, 2013, Collezione privata


Il volume Il Sud delle donne. L’arte femminile in Puglia dagli anni Settanta ad oggi si presenta come uno studio critico inedito su alcune artiste nate in Puglia o che sono state attive nella regione meridionale negli ultimi settant’anni e che hanno svolto la loro carriera in ambito nazionale e internazionale. Nel progetto monografico, la terra d’origine è la trama sottile che collega e unisce, è l’iconografia genetica e sentimentale, il senso di orgoglio ostinato che a tratti si declina in appartenenza o resistenza. Documentare l’attività di queste artiste vuol dire, per le curatrici del volume Lucrezia Naglieri e Liliana Tangorra, creare uno spazio costruttivo di storiografie e di immagini, un archivio permanente che ne conservi e preservi la memoria. Il testo mira a essere uno strumento storico, artistico, critico di alto valore scientifico che illustra l’attività e la ricerca di queste artiste italiane (avvalorata da una corposa bibliografia), sviluppando il discorso intorno ai media e i linguaggi utilizzati, come punto di partenza per una ricostruzione temporale e diacronica della storia dell’arte pugliese.


PUGLIA MEMORABILE ARTE, ARCHEOLOGIA, ARCHITETTURA E STORIA 
Collana diretta da Liliana Tangorra 

I volumi di questa serie accolgono approfondimenti di carattere artistico, archeologico, architettonico e storico, relativi a preminenze pugliesi ancora inedite o poco indagate dagli studi. Ci si pone l’obiettivo di riscoprire luoghi o avvenimenti poco noti al grande pubblico, per risvegliare l’interes- se su argomenti che spaziano dalle epoche più antiche a quelle contemporanee, aven- do come focus il territorio pugliese tutto: Capitanata, Terra di Bari e Terra d’Otranto. Nell’assetto grafico e tipografico la collana è pensata per essere godibile, di facile consultazione e trasportabile, in modo tale da condurre il lettore in un viaggio visivo - in cui particolare attenzione sarà a data all’immagine e alla fotografia emozionale - alla conoscenza delle eccellenze archeologiche, architettoniche, storiche e artistiche pugliesi. Le ricerche di cui, di volta in volta, la collana si arricchirà saranno utili a ricordare, a chi la abita e a chi la visita, che la Puglia è una regione che vanta un patrimonio straordinario, spesso misconosciuto, che merita di essere condiviso e di entrare a far parte della memoria collettiva.


Liliana Tangorra 
Dottore di ricerca (Phd) in Storia dell’arte com- parata, Civiltà e Culture dei Paesi Mediterranei presso l’Università degli Studi di Bari ‘A. Moro’. Ha pubblicato le monogra e: L’étrange époque des a ches. I manifesti come emblema della bel- lezza e preludio della Seconda guerra mondiale nella pittura francese e napoletana (1870-1939), ed. Nuova Phromos (2015); I Giardini della me- moria. Il cimitero Monumentale di Bari, Quorum ed. (2016); Venghino, Signori! Storia dei teatri e analisi del patrimonio pubblicitario (1840-1940), Quorum ed. (2018); Eterna Vanitas. Iconogra a angelica nell’arte funeraria pugliese (1840-1980), Aracne ed. (2019); è autrice di numerosi articoli su riviste nazionali e internazionali di classe A e scienti che e Atti di Convegno. Ha partecipato a numerosi convegni nazionali e internazionali. È attualmente insegnante presso gli Istituti se- condari di secondo grado di Storia dell’arte. 

Lucrezia Naglieri 
Dottore di Ricerca (PhD) in Storia dell’Arte com- parata, Civiltà e Culture dei Paesi Mediterranei con specializzazione in Storia dell’Arte Contem- poranea, titolo conseguito nel 2015 presso l’U- niversità degli Studi di Bari ‘A. Moro’, con un progetto intitolato Waste/West Art. Etica del riciclo ed estetica dei ri uti. Ha lavorato come Gallery Assistant per la Galerie Mazzoli di Berlino, come curatore indipendente e assistente alla Direzione della Galleria Nazionale della Puglia ‘G. e R. Devanna’ (Bitonto, BA). Principali pubblicazioni includono il patrimonio artistico del sud Italia, i monumenti della Seconda Guerra Mondiale, i found objects e i memoriali pubblici dopo i traumi. Ha partecipato a numerosi convegni nazionali e internazionali ed è autrice di articoli scientifici su riviste di settore.






Ideediluce di Claudio Rotta Loria


La Fondazione Filiberto e Bianca Menna, in collaborazione con il Lavatoio Contumaciale e il TOMAV Experienceèlieta di annunciare Ideediluce, una preziosa antologica di Claudio Rotta Loria che saràinaugurata venerdì20 dicembre, alle ore 17:30.

Nel ciclo di opere proposte in questa nuova ricognizione sul proprio lavoro, Claudio Rotta Loria (Torino, 1949) disegna un itinerario che tocca nevralgicamente alcuni cardini della propria ricerca per ridefinire strati visivi e stadi emotivi che si avvitano attorno a arabeschi di luce dove le categorie wölffliniane della forma chiusae della forma aperta(Geschlossene Formund offene Form, più esattamente) vivono un rapporto di partecipazione attiva e dove le varie teorie della gestaltsembrano prendere corpo e collegarsi contemporaneamente alla lezione messa in campo da Bruno Munari con le sue macchine inutiliche forzavano la fissità della pittura e della scultura per optare sul movimento.

Partendo da un lavoro significativo del 1971 (Spazializzazine di forma geometrica elementare quadrata - superficie fn) e da un nucleo più ampio di opere realizzate nel 1974 (tra queste Superficie spazializzata cromoplastica Tc1, Struttura cromoplastica fluorescente R14, Spazializzazione di forma geometrica elementare quadrata - superficie Q2, Spazializzazione di forma elementare quadrata - superficie Q3e Spazializzazione di forma elementare quadrata. Sistema di trasformazioni morfogenetiche), dunque da alcuni lavori inerenti il ciclo delle Spazializzazioni di forma elementaree quello delle Superfici a interferenza luminosa, Rotta Loria plasma oggi un dispositivo che dialoga con gli spazi della fondazione, come del resto si evince dalla grande, potente, miocinetica e metalinguistica «tela di circa sei metri composta di appunti e disegni, che si propone come una concentrata sintesi dei due cicli e del metodo unitario impiegato per la loro realizzazione».

Proiettati in loop, ci sono in mostra anche tutta una serie di video che documentano le riprese, in Super8, degli Interventi d’ambientenel delta polesano, la partecipazione, insieme sua moglie Francesca Pregnolato, con il Ti.zero, alla manifestazione Fuoco e schiumadi San Angelo Lodigiano degli anni Settanta, le installazioni del ciclo Spazi di trame e di tensionidegli anni Novanta e le più recenti Promenades chromatiques circulairesdegli anni Duemila.

Il direttore della Fondazione
Antonello Tolve


Ideediluce
Claudio Rotta Loria
20 dicembre 2024| 20 gennaio 2025

Fondazione Filiberto e Bianca Menna, Via dei Monti di Pietralata 16- Roma
info | www.fondazionemenna.it - +39 089 254707 +39 340 1608136
orari di apertura | dal lunedì al giovedì, ore 10:00-13:00(o su appuntamento)

sabato 14 dicembre 2024

MOSTRA D’ARTE CONTEMPORANEA “BANCO TRANSVERSALE” DI ANTONIO LAURELLI

 




MOSTRA D’ARTE CONTEMPORANEA “BANCO TRANSVERSALE” DI ANTONIO LAURELLI

 

IL COMUNE DI MODUGNO

Presenta la MOSTRA D’ARTE CONTEMPORANEA

“BANCO TRANSVERSALE” di ANTONIO LAURELLI

a cura di Massimo Nardi,  Ideata da Antonella Ventola

BIBLIOTECA COMUNALE “Carlo Perrone”

Palazzo della Cultura. Modugno, Corso Umberto I, BA)

Inaugurazione venerdì 3 gennaio 2025 ore 19:00

Si potrà visitare fino al 19 gennaio 2025

Interverranno Il Sindaco Nicola Bonasia

L’Assessore alla Cultura Antonio Alfonsi

Il Consigliere Antonella Ventola

Catalogo in mostra. Testi critici di Achille Pace Alfonso Pasolino Giorgio Di Genova.

foto in catalogo di Pino Coce


 


Il fare di Laurelli è strutturato sul lessico informale rivisto e corretto da una geometria istintuale, che per così dire, e le sue morfologie mantengono connotazioni conchiuse da «lineamenti» curvilinei o rettilinei in un articolata varietà di soluzioni che comprendono anche una sorta di nastri mossi.   In Laurelli ‘c'è una libertà compositiva che ricorda certi esiti degli anni Sessanta, nella fattispecie quelli che risentivano contestualmente della Nuova Figurazione e delle aggregazioni aniconiche memori della stagione informale. Ciò porta alla convivenza nei sui olì di elementi più definiti con soluzioni più libere, sia segniche che aperte.

GIORGIO DI GENOVA

 

Dal limite allo spazio, l’astrazione di campi colorati, un periodare alla ricerca del soggetto, l’opera del pittore progredisce verso la chiarezza nella lettura, non verso paludose generalizzazioni da cui si possono trarre parodie di idee, cioè fantasmi, ma idee vere e proprie. E proprio dall’identità spazio-colore muove la ricerca di Laurelli. Il ruolo di memoria, geometria, astrazione, tra l’idea e l’osservazione, raggiunge la chiarezza, nella sua pittura, a ruolo di comprensione, pervenendo a un intensità di cromatismi che dà anima e corpo, è il caso di dirlo, al quadro.

Filtri sospesi tra un mondo e l’altra dimensionalità atemporale, fino a diventare spazio-colore, superfici e aggregazioni di un impianto, di cui riesce a coniugare gli elementi e le superfici, cui stende calme velature di colore che assorbono ogni gesto pittorico fino a diventare spazio.      Un  impianto non più avvertito come limite, ma divenendo esso stesso <spazio>, nell’ambito di una profonda coerenza dell’opera. L’impasto è denso, steso con pennellata larga e compatta a formare il fondo; le tonalità sono calde e decise, in accostamenti vivaci e forti. La sperimentazione di Laurelli, intesa come ricerca, tende quindi a rivelare strutture sommerse, che contribuiscono a configurare una gnoseologia della sua creazione, operando la ricerca di geometrie, campi di forze, condensazioni o rarefazioni della normale densità visiva e oggettuale del reale.  Tensioni tra le forme e i colori, texture, piani sovrapponibili e sfalsati rappresentano un entità alla ricerca di un equilibrio che ogni elemento ha contribuito a creare spazio; un rapporto spazio/colore che regola dall’interno il sistema dell’opera.

ALFREDO PASOLINO

 

L’arte di Laurelli «parla» da se

LA GRANDE meraviglia nelle pittura di Laurelli è nelle sua «tecnica» volta alla sua comunicazione.      Tecnica precisa, chiara, legata direttamente alle sue idee e alla rivelazione e rappresentazione dell’oggetto. La nostra immaginazione si incammina per vie piuttosto impervie per la ricostruzione di questo oggetto. Il viaggio dell’umana fantasia è ricco di inaspettati incontri e possibili approdi, ma inutilmente: l’approdo ci è vietato. L’accanimento e l’impegno per conquistare l’oggetto si ripetono fino all’inquietudine. Più si ripetono, più il desiderio aumenta tanto più l’oggetto si allontana. Una continua metamorfosi trasforma l’immagine che via via svanisce. Che l’artista Laurelli ami l’oggetto-pittura lo si capisce dalla cura, dalla chiarezza tecnica che usa nel renderlo.L’ogetto rimane misterioso, imprendibile. Questa condizione fa venire in mente Kafka, il Kafka della «Metamorfosi» e del «Castello»; irraggiungibilità  di un possesso completo, totale di una «cosa». Che Laurelli avesse nella sua pittura una vena surreale lo si capiva: un surrealismo non dell’inconscio irrazionale, automatico ed oscuro, ma limpido, pausato, logico, razionale, costruttivo, dunque un linguaggio storico che va dal postcubismo all’espressionismo, dal gesto al segno. Una pittura che viene dalla storia e dalla tradizione; una cultura umanistica ed illuministica, certamente contaminata dalla macchina come lo fu per i futuristi, senza però i loro echi romantici. Un innesto con la macchina che ha causato, comunque, in Laurelli, un inquietante sorta di alienazione dall’oggetto. Una crisi della cultura tradizionale che provoca il distacco tra senso e pensiero.

ACHILLE PACE

 

Antonio Laurelli nato nel 1943 ad Isernia, vive ed opera a Modugno. Ha insegnato presso il liceo artistico di Bari. Ha al suo attivo numerose mostre e premi tra cui, significativo, è il “Carlo Levi”. La sua straordinaria simbiosi tra colore e forma, simbolismo e comunicazione, vivifica la scenografia concettuale di molte opere, creando un atmosfera di brillante dinamismo ed elevazione spirituale. Ottenendo risultati del tutto originali, allorché si pensa alla sua formazione prettamente figurativa che negli anni lo hanno portato ad elaborare  la sintesi della forma in soluzioni e rappresentazioni che trovano nell’espressione individuale  assurge al ruolo il travaglio interiore di una ricerca, dove a volte l’elemento residuo di materiale deteriorato o inservibile assurge al ruolo primario identitario. E’ presente nella Storia dell’ Arte Italiana del ‘900 - Generazione Anni Quaranta  a cura di Giorgio Di Genova – Bora Editore

 Sulla sua pittura hanno scritto:

Elio Filippo Accrocca, Lino Angiuli, Mariano Apa, Franco Avicolli, Emilio Beltolto, Giorgio Berchicci, Roberto Buontempo, Daniele Pio Caldarola, Michele Campione, Toti Carperntieri, Manlio Chieppa, Francesco Cillo, Eolo Costi, Isabella Cusanno, Isabella Deganis, Pietro De Giosa, Raffaele Degrada, Mario De Micheli, Filippo Davoli, Giorgio Di Genova, Vittore Fiore, Giorgio Fiorentino, Vincenzo Jacovino, Vito Lamorgese, Dante Maffia, Leonardo Mancino, Oreste Macrì, Antonella Marino, Pietro Marino, Massimo Nardi,  Raffaele Nigro, Achille Pace, Enzo Panareo, Bernardo Panella, Alfredo Pasolino, Gianni Petta, Antonio Picariello, Antonio Rubino, Elvira Sarli  Gianfaldoni, Elgha Schneider, Domenico Simeoni, Leo Strozzieri, Giovanni Tesorieri, Vincenzo Velati, Nicola Ventafridda.    

BIBLIOTECA COMUNALE “Carlo Perrone” Palazzo della Cultura

Modugno, Corso Umberto I, (BA)

Telefono info 080 586 5802           

 


 

“Omnia Munda in Artibus” mostra di Vito Cotugno

 


Bitetto, al via “Omnia Munda in Artibus” con la mostra di Vito Cotugno

Bitetto ospita una nuova straordinaria mostra d’arte, con un viaggio visivo tra le opere di Vito Cotugno dal 14 dicembre all’ 8 Gennaio 2025

 

BITETTO – La Pro Loco Juvenilia Vitetum, all’interno del progetto HUBIT vincitrice del bando Luoghi Comuni, con la direzione artistica di Gianni De Serio, è lieta di annunciare l’inaugurazione della nuova e coinvolgente rassegna artistica OMNIA MUNDA IN ARTIBUS che avvia le sue attività con le opere del Maestro Vito Cotugno. L’esposizione, che aprirà le sue porte al pubblico a partire dal 14 Dicembre e terminerà l’8 Gennaio, sarà un’opportunità imperdibile per immergersi nel mondo creativo di Cotugno, il quale, con il suo stile unico è capace di trasmettere emozioni e riflessioni.

 

All’inaugurazione prevista per le ore 19.00 interverranno: il presidente della Pro Loco Juvenilia Vitetum, Michele Mitarotonda, il direttore artistico Gianni De Serio, il curatore Franco Taldone ed il protagonista della mostra Vito Cotugno.

 

La mostra si terrà presso la Casa torre dei Cavalieri di Malta, nel centro storico di Bitetto, un ambiente che saprà accogliere e valorizzare ogni singola opera in una cornice di grande impatto culturale e visivo. Questo luogo intriso di storia e cultura, si prepara ad accogliere una serie di mostre d’arte che promettono di essere un vero e proprio omaggio alla diversità dei linguaggi artistici contemporanei. Sotto il titolo evocativo di “Omnia Munda in Artibus”, questi eventi intendono celebrare non solo la bellezza estetica delle opere, ma anche la ricchezza delle esperienze umane che esse racchiudono. In questo contesto, la Torre diventa non solo un luogo espositivo, ma un punto d’incontro per menti creative e appassionati d’arte. Ogni mostra è pensata per stimolare il dialogo, spaziando dalla pittura alla scultura, dall’installazione alla performance. L’obiettivo è quello di mettere in luce la ricchezza della contemporaneità artistica, creando occasioni di riflessione e scambio. Il motto “Omnia Munda” invita a considerare l’arte come un’esperienza purificatrice, capace di trascendere le barriere e le convenzioni. Gli artisti coinvolti, scelti fra le eccellenze della contemporaneità, ci condurranno in un viaggio visivo che celebra la bellezza della diversità e l’universalità dell’espressione creativa, rendendo la Torre un vero e proprio tempio della cultura.

 

VITO COTUGNO E LA SUA OMBRA

“L’arte odierna soffre di una duplice semplificazione, che è una conseguenza del generale processo di demitizzazione e di secolarizzazione che coinvolge tutte le attività simboliche: da un lato essa viene schiacciata sulle opere, prescindendo da tutto ciò che è condizione dell’esistenza di un’opera d’arte; dall’altro, viene schiacciata sulla realtà, prescindendo dallo spessore e dalla complessità del reale. In un’epoca multiforme come la nostra, il mondo dell’arte sembra fatto per lo più da semplicioni per i quali essa si esaurisce nel prezzo e nell’interpretazione delle opere, oppure nell’efficacia e nella comunicabilità del messaggio”.

 

Difficile resistere alla tentazione di aderire toto corde a questo resoconto del nostro “stato dell’arte” – vuoi per la lucidità nel suo effetto sintetico, vuoi per l’autorevolezza di chi lo ha redatto, l’acuto studioso di estetica Mario Perniola, scomparso qualche anno fa. Che cosa accomuna le due semplificazioni apparentemente in contraddizione tra loro? Secondo Perniola, entrambe sono caratterizzate da una stessa ingenuità: “la comune pretesa di cogliere l’arte nella sua piena luce, come entità ben determinata o come immediatezza comunicativa, ignorando l’ombra che inseparabilmente accompagna tanto l’opera quanto l’operazione artistica. In altre parole, l’arte, oggi più che mai, lascia dietro di sé un’ombra, una sagoma meno luminosa in cui si ritrae quanto di inquietante e di enigmatico le appartiene”.

Di questa ineludibilità dell’ombra si è sempre fatta carico l’arte. Anche oggi. Anche in quest’epoca di illusoria trasparenza da saturazione o totalizzazione, di illusoria abolizione della linea virtuale che deve restare virtuale, per dirla con Baudrillard, il quale, in proposito, cita la barzelletta dell’uomo che passeggia sotto la pioggia con l’ombrello sottobraccio, e quando gli chiedono perché non lo apre, lui risponde: “Non mi piace sentirmi al limite delle mie possibilità”.

 

Vito Cotugno è un po’ quell’uomo sotto la pioggia. Delle sue opere ammiri, certo, la densità tecnica. Ne ammiri, certo, la valentia: notevole, espressa, esplicita, ma, quanto più evidente tanto più segno di impotenza. Impotenza? Non certo nel senso di assenza di potenza, ma di potenza di non potere. Concetto, quest’ultimo, su cui si è soffermato in diversi luoghi dei suoi lavori il nostro Giorgio Agamben: “Vi è, in ogni atto di creazione, qualcosa che resiste e si oppone all’espressione.

 

La potenza è un essere ambiguo, che non solo può tanto una cosa che il suo contrario, ma contiene in se stessa un’ intima e irriducibile resistenza”. Di questa strana forma di potenza partecipa l’artista ma anche il mondo com’è per l’artista. Il mondo nell’esempio della mela di Prévert, che, dinanzi ad “un pittore della realtà che cerca di dipingerla com’è… non ci sta – la mela ha qualcosa da dire”. E Vito Cotugno non è, in questo senso, “un pittore della realtà”.

Cotugno ha preso atto che il sistema tolemaico della logica rappresentazionale è superatissimo. Che l’arte, su questa base, è veramente morta. Che c’è arte solamente quando corpo vedente e corpo visibile sono co-originari (“l’avvolgimento del visibile sul corpo vedente” secondo Merlau-Ponty nella pittura di Cézanne).

 

La pittura di Cotugno è dalla parte della rivoluzione copernicana della “logica della sensazione, del fatto intensivo del corpo, delle figure che si ergono, si piegano o si contorcono liberate dalla figurazione, strappate alla figurazione non come ha fatto la straordinaria opera della pittura astratta, ma attraverso un’altra via, più diretta e più sensibile” (Deleuze). Per Deleuze, inoltre, non è vero che “se Dio non c’è, tutto è permesso”. È vero l’opposto: se Dio non c’è, se è lontano, trascendente, poco o niente è permesso; oggi, epoca della preannunciata (già all’inizio del Moderno) immanenza deli ‘Impossibile, alle tante operazioni assedianti di esaurimento di tutto il possibile per negare al mondo la sua ombra, resiste l’arte di un Vito Cotugno che quell’ombra sa restituirla.

 

La mostra sarà aperta al pubblico fino all’ 8 Gennaio 2025, con ingresso libero.

Orari di apertura: Tutti i giorni esclusi i festivi dalle 19 alle 21, mercoledì e venerdì anche la mattina dalle 10 alle 13.

Centro storico di Bitetto, presso la casa dei Cavalieri di Malta, Via Leonese 33.

Per ulteriori informazioni o per organizzare visite guidate, è possibile contattare la Pro Loco di Bitetto via email all’indirizzo prolocobitetto@gmail.com o hubitaps@gmail.com