martedì 24 giugno 2025

Matteo Costanzo | American Drumpf


Il TOMAV EXPERIENCE - Torre di Moresco Centro Arti Visive, in collaborazione con Ipsumars inaugura sabato 28 giugno 2025, ore 18:00, la personale di Matteo CostanzoAmerican Drumpf” negli spazi della Torre di Moresco (FM).

Matteo Costanzo (Roma, 1985) torna al Tomav di Moresco - del 2022 e' la sua personale "Nessuno e' padre ad un altro" a cura di L. Madaro - con un progetto rimodulato e implementato ad hoc per gli spazi della torre. La mostra dal titolo "American Drumpf" a cura di Barbara Caterbetti - lavoro gia' presentato, ma nella versione piu' "compressa", come evento collaterale della fiera PaviArt 2025 - dara' vita con sticker_painting, video loop, installazioni ad una sorta di incursione corsara tra le icone e i simboli americani colpiti da una crisi così profonda da rimettere in discussione i nostri modelli di vita, di progresso e di democrazia.

In questo periodo di forte inquietudine l'arte, per Costanzo, può essere il campo di battaglia per riflettere su nuove possibili direzioni che apportino quei radicali cambiamenti in grado di minare uno status quo al tramonto. 


MATTEO COSTANZO|AMERICAN DRUMPF
«Sono io il fottuto presidente, portatemi a Capitol Hill.», «È che io ti ho dato il potere di mostrarti duro, e non credo che lo saresti senza gli Stati Uniti.», queste frasi sono state pronunciate da Donald Trump durante l’assalto a Capitol Hill e il suo incontro con Zelensky. Ci aveva avvertito George Orwell: «Il partito ti spinge a negare ciò che i tuoi occhi vedono e le tue orecchie sentono.» Solo che il partito oggi non ha bisogno di imporre nulla: il caos si impone da solo. Tale insensatezza, che si cela dietro la maschera sorridente della democrazia, mostra la faccia brutta e reale del capitalismo americano e del suo primogenito, l’Imperialismo. È l’American Drumpf, termine coniato dagli avversari di Trump, riferendosi al cognome originario della sua famiglia, prima dell’arrivo a New York dalla Renania, giocando per consonanza con la parola tedesca trumpf, che in italiano può essere tradotta con carta da briscola, paragonando la corsa alla nomination di Donald al cosiddetto gioco delle tre carte: un trucco, una menzogna, l'illusione di una libertà indotta dalla manipolazione del prestigiatore.

Là dove il linguaggio fallisce e il potere si aggroviglia in automatismi e istruzioni vacue, si apre la crepa da cui prende avvio il primo atto discendente di Matteo Costanzo: l’installazione epicfail [ground control] attinge dalla ballata fantascientifica Space Oddity di David Bowie, lanciata pochi giorni prima dell’allunaggio dell’Apollo 11. «Ground Control to Major Tom. Ground Control to Major Tom. Take your protein pills and put your helmet on.» Il centro di comando tenta di comunicare con Major Tom, ma l’astronauta esce dalla capsula, stacca il contatto con la Terra e, come il computer HAL 9000 di 2001: Odissea nello spazio, diserta la sua missione scegliendo di disconnettersi dall’ipercomplessità della Terra. Nell’opera di Matteo Costanzo, il fallimento è già consumato e il potere balbetta slogan, non emette più direttive e si dissolve nel codice del cartello posto sulla parete che si camuffa da istruzione, tradendo ogni logica informativa. A terra, in questa zona liminale, sono disposte stampe raffiguranti momenti grotteschi della politica statunitense, alla mercé del calpestio del flusso degli spettatori, mentre dall’alto fa capolino Skeletor: mascella serrata, orbite vuote, action figure intrappolata nella punta dell’installazione-scultura self_redemption [soft power], un blob corrosivo, in poliuretano espanso, che, come una ferita, si infiltra verticalmente nel corpo architettonico della torre, incarnando visivamente la retorica pervasiva, soffice e capillare di un potere che non impone, ma seduce e si traveste da scelta.
Ma Skeletor qui non è solo un feticcio pop, l’artista lo assume come autoritratto paradossale: il villain teatrale e caricaturale della serie He-Man, nato per rappresentare il male assoluto, non è né eroe né martire, ma simbolo precario e sincero, goffamente in fuga dalla massa ideologica imperante. L’opera diventa così un gesto plastico, co-protagonista spettacolare, una trappola visiva in cui tutto resta impigliato, proprio come le forme del pensiero contemporaneo, che tentano di emergere da un magma simbolico amorfo. 
Fluttuando tra i livelli della torre, ci accolgono i Not_Act, video in loop dell’assalto a Capitol Hill e dell’incontro tra Zelensky e Trump. L'atto, per sua natura destinato a compiersi, viene sospeso in un limbo atemporale, ritornando indietro in slow motion nel momento esatto in cui dovrebbe svolgersi, creando una spirale di desiderio mai appagato, un’ipnosi in costante oscillazione tra il volere e il non potere. Matteo Costanzo crea la scenografia del circolo vizioso della disforia di un’epoca intera, una geografia del disastro s-composta a parete dagli sticker_painting #010 [california dreamin'], dove, con forza euristica, si esibisce la tempesta perfetta del totalitarismo soft nel Trumpoceano, governato da armi di distrazione di massa: immagini patinate di un consumismo rivoltante e di una perfezione di corpi utopica, di fake news, di iconografie rassicuranti che normalizzano la superficialità dilagante, sfocando il miraggio del California Dreamin’, di cui rimane solo l'eco di una canzone che non ha più la stessa melodia. 
«Come creare un’illusione di libertà…», scrive Paul Preciado in Dysphoria Mundi, parafrasando Foucault, «…in una società tesa a massimizzare la produzione, il consumo e l’accesso al piacere? La risposta è la fabbricazione di una soggettività dipendente e depoliticizzata», diagnosi teorica che si fa condizione plastica in r_everse engineering [+babbel], un dispositivo semantico impazzito, costruito attorno a un podio, un altare postmoderno del disorientamento, un non-luogo del potere, dove la sovrapposizione di simboli non produce più alcun significato coerente, diventando la scenografia di un flusso babelico che travolge ogni gerarchia tra cultura alta e bassa, tra istituzione e intrattenimento, tra politica e meme. Questa macchina retorica rovesciata è accompagnata in filodiffusione dal rigurgito totalitario di politicanti, che non spiega, ma confonde. Eppure quanto ci piacciono i talk show senza conduttore dove ognuno parla sopra l’altro e nessuno ascolta? «Che miseria nevvero, che miseria. L’ostentazione risibile del cosiddetto opinionismo… nella straripante società dello spettacolo, delle zuffe TV nelle tribune politiche elettorali, nei convegni accademici e negli studi audio-visivi, intrattenimentacci dove ciascuno a turno è straconvinto di dire proprio la sua.» dice il rivoltoso Carmelo Bene.
In un’epoca in cui il linguaggio è diventato un virus replicante, Matteo Costanzo agisce come un archeologo del presente, che sa che ogni scavo è anche un sabotaggio. Le sue opere non cercano consenso, ma collisione, resistono alla traduzione e si rifiutano di essere addomesticate. Sono brevi blackout nel sistema, interferenze che sfidano la logica del pensiero normato di un mondo che ci vuole decifrabili. E proprio per questo, restano. Inquietano. Persistono.

 

 

Matteo Costanzo. American Drumpf
28 giugno | 07 settembre 2025

TOMAV - Torre di Moresco Centro Arti Visive, Moresco (FM)
info | www.tomav.it / +39 0734 259983 / +39 351 5199570 
apertura | sabato e domenica, dalle 18:00 alle 20:00 o su appuntamento.

Patrocini
Comune di Moresco
ProLoco di Moresco
Tomav Experience
Ipsumars

Partner 
Giusti Contemporary Art
Amala§unta Edizioni
©MS