giovedì 12 marzo 2015

Live East Die Young


Gli artisti presenti in mostra rappresentano in pieno lo spirito sovversivo e creativo che si respira nelle strade dell'East End, qui 'la Strada' e' il nuovo palcoscenico creativo.

a cura di Giuseppe Savoca

A partire da giovedì 12 marzo 2015, lo spazio espositivo Burning Giraffe Art Gallery di Via Eusebio Bava 8/a, a Torino, presenta la mostra Live East Die Young, a cura di Giuseppe Savoca: un’occasione unica per entrare in contatto con lo spirito dissacrante e rivoluzionario della scena artistica dell’East End di Londra attraverso le opere di sei dei suoi più interessanti interpreti: Alex Binnie, Dan Hillier, Dr. D, Ian Johnstone, Liam Sparkes e Michele Servadio, a cui si va ad aggiungere la sonorizzazione della serata inaugurale a opera di Andrea Nissim, resident dj e fondatore del club Astoria di Torino.

Il 28 dicembre del 1997, presso la Royal Academy of Art di Londra, il collezionista d’arte contemporanea Charles Saatchi organizza la mostra Sensation in cui espone le opere dei cosiddetti Young British Artists. Per molti critici, e in generale per il pubblico dell'arte contemporanea, questo fu l’evento artistico più rilevante dell'ultimo ventennio, un riferimento importante per il mercato dell’arte, che porta alla ribalta una gruppo di giovani artisti, ma soprattutto l'anima creativa di una città: Londra.
Molti degli artisti presenti all'esposizione furono ingaggiati e quindi rappresentati dal gallerista Jay Joplin, che con la sua galleria White Cube, situata al primo piano di 44 Duke Street a St James, nel West End di Londra, diventa il punto di riferimento dell'arte contemporanea mondiale. Lo stesso Joplin nel 2000 apre un secondo spazio espositivo: White Cube Hoxton Square nell' East End. Questa scelta, inizialmente non gradita ai collezionisti e agli addetti ai lavori, rappresenta un forte gesto di cambiamento. Uno spostamento, non solo fisico, dalla rassicurante posizione del West End, che storicamente è la culla del circuito dell'arte contemporanea più mainstream. Inevitabilmente, il gesto fatto da una personalità lungimirante come quella di Joplin, ha acceso l'interesse internazionale su una zona che da sempre era stata considerata troppo sovversiva, sicuramente creativa, ma non adatta ai circuiti più alti dell'arte. Nell'ultimo decennio l'intuizione di Jay Joplin ha invece dimostrato come la forza creativa di questa zona abbia sfornato i talenti di una nuova ondata di Young British Artists. Un nome su tutti: lo street artist Banksy.

L’East London è sempre stato anticonformista, una sorta di bassofondo nella morsa della povertà e preso d’assalto da ondate di immigranti, con un’identità culturale che fa sembrare omogeneo il resto della città. Un amalgama di quartieri con nomi spesso evocativi, come Shoreditch e Spitalfields, o altisonanti, come Hackney e Hackney Wick. Tutta la zona è un coacervo multiforme di culture e tradizioni che stanno facendo nascere le nuove tendenze frutto di accoppiamenti inconsueti tra stili e concezioni diverse; tutto diventa stimolo a creare qualcosa che non c’era, qualcosa che colpisca i sensi in maniera quasi esplosiva. L’East End è anche ricca di opere architettoniche interessanti, come il mercato vittoriano di Spitalfields, la Church di Hawksmoore o gli edifici di Fournier street. La stessa Whithechapel Gallery è un’istituzione culturale importantissima per il panorama dell’arte contemporanea. L’East End, oggi, è il vero palcoscenico della scena artistica londinese; i giovani artisti hanno i loro atelier, quì si trovano le gallerie d’avanguardia e i locali più trendy. Durante il fine settimana, questa pittoresca e multietnica atmosfera si accentua con i mercatini che si tengono nelle strade e nei quartieri di Petticoat Lane, quello di frutta e verdura, cibo e antichità di Spitalfields, quello, cuore della comunità bengalese, di Brick Lane. Shoreditch è sicuramente la zona che meglio di tutte rappresenta lo spirito creativo dell'area; tanto ormai da essere definita la nuova Soho, l’epicentro di tutto quanto fa “hip”. Shoredich è risorto dalle ferraglie delle fabbriche abbandonate a nord della City ed è diventato il cuore pulsante della nightlife londinese dove i così detti “Hobo” (da Hoxton e bohèmien) aspettano l’alba, facendo bar hopping, saltellando cioè da un locale notturno all’altro.

Gli artisti presenti in Live East Die Young sono stati scelti perché rappresentano in pieno lo spirito sovversivo e creativo che si respira nelle strade dell’ East End. Infatti, è proprio "la Strada" il nuovo palcoscenico creativo. Un' arte che si rivolge principalmente alle nuove generazione, che tiene conto degli umori che nascono dal basso e del nuovo mix etnico-culturale. Il linguaggio artistico è quello codificato dalle "tribù giovanili": La musica, la street art, lo streetwear e i tatuaggi. L'idea che sta alla base è quella di sovvertire le regole classiche dell'establishment che colloca l'arte in una posizione esclusiva, lontana dall'accessibilità popolare. La vera rivoluzione sta nel far accedere tutti i tipi di pubblico al prodotto artistico o, come nel caso della street art, farlo diventare un vero e proprio bene pubblico carico di significati (Dr. d). Un esempio emblematico è sicuramente quello di Dan Hillier, che nonostante l'ascesa artistica confermata con mostre in spazi prestigiosi come il Louvre di Parigi e l’ICA di Londra e l'attenzione nei suoi confronti di importanti istituzioni come la maison Louis Vitton, sceglie di presentare i suoi lavori nello spazio popolare del Sunday Upmarket, per avere un contatto diretto con le persone. Utilizza le sue grafiche su oggetti di facile fruizione, come t-shirt, quaderni o piccole stampe ad alta tiratura, per far in modo che tutti possano avere un piccolo "pezzo" della sua arte. Nella mostra è dato anche grande spazio al fenomeno dei tattoo artists; cercando di dare una panoramica completa del movimento, vengono presentati i lavori dei tre esponenti più rappresentativi: il veterano Alex Binnie, il trendy Liam Sparkes e il più introspettivo Michele Servadio. Tutti questi artisti hanno la caratteristica comune di affiancare la carriera di tatuatori con quella di artisti visivi e di fondere le due produzioni in una sorta di concept artistico. Non c'è differenza tra un disegno inciso sulla pelle o stampato su una t-shirt o su un foglio di carta, la valenza artistica è sempre la stessa. Ma il vero fil rouge della mostra è sicuramente la musica, che d'altronde è la forma d'arte universalmente più popolare. Tutti gli artisti presenti nella mostra, anche se in maniera diversa, hanno a che fare con essa. Alex Binnie fu membro della noise band Pure, Ian Johnstone affiliato della cult band Coil, oltre ad avere curato la grafiche dei loro album più importanti, Dan Hillier ha firmato la copertina dell'acclamato album della band Royal Blood, oltre ad aver partecipato come visual artis al Glastonbury Festival insieme a Dr. D. Liam Sparkes ha suonato la batteria nell'album di esordio di Haxan Cloak e Servadio usa la musica, da lui stesso creata, come supporto alle proprie mostre, come nel caso della sua ultima personale londinese. Per sottolineare l'importanza dell'aspetto musicale, durante l'inaugurazione Andrea Nissim (fondatore e resident dj del club Astoria di Torino) sonorizzerà la mostra, creando una sorta di colonna sonora; la stessa sarà disponibile, dal giorno dopo, su www.soundcloud.com, (con lo stesso titolo della mostra ) e sarà di pubblico accesso fino alla chiusura della mostra.

Alex Binnie è nato ad Oxford nel 1959. Muove i primi passi nell'ambiente artistico come musicista, fondando il gruppo noise Pure. Dopo il diploma in Fine Art alla South Glamorgan Faculty of Art and Design, nel 1982 diventa illustratore medico alla Royal Postgraduate Medical School e in seguito per la United Medical and Dental Schools of Guy e per il St. Thomas' Hospital; nel frattempo si avvicina al mondo dei tatuaggi ed apre il primo studio (illegale) a Londra chiamato Mother Art. Dopo qualche anno passato a Los Angeles (1991-1993) dove collabora con il performer Ron Athey, ritorna a Londra e fonda Into You nella zona di Clerkenwell, ancora oggi punto di riferimento e luogo di culto per il tatuaggio artistico. Si avvicina al mondo del printmaking nel 2000 con uno stile completamente diverso rispetto ad i suoi tatuaggi. Inizialmente si ispira all'iconografia tradizionale dei tatuaggi giapponesi, realizzando grandi stampe a colori. È nell'ultimo decennio che trova la propria strada artistica attraverso le stampe in bianco e nero realizzate attraverso un processo di "woodcut" (incisione su legno) senza l'utilizzo di laser o computer. Tutte le stampe sono realizzate a mano dallo stesso Binnie utilizzando una vecchia macchina da stampa del 1844. Oggi è rappresentato dalla galleria Ink_d di Brighton e da Rise Berlino. Nel 2010 espone i woodcut portraits alla prestigiosa London Royal Academy durante la Summer Exhibition. Nel 2012 l'editore d'arte Kintaro pubblica un'edizione limitata di tutta la serie dei woodcut portraits.

Dan Hillier nasce a Oxford nel 1973. Dopo il diploma al North Oxfordshire College of Art and Design si trasferisce a Londra per approfondire gli studi in ambito artistico. Tra il 1995 ed il 2000 si diploma in design digitale al London College of Printing e si specializza in illustrazione grafica alla Anglia Poytechnic University. Inizia la sua carriera artistica nel 2006 e nel giro di pochi anni espone in spazi prestigiosi come la Saatchi Gallery, ICA London, il museo Louvre di Parigi e il Glastonbury Festival. Ottiene uno spazio permanente al Sunday Upmarket di Brick Lane.
“Queste immagini dimenticate e questi ricordi lasciati in un angolo riscrivono un periodo magnificamente oscuro della storia, un periodo ricco di uomini-elefante e imbalsamazioni, morte e medicina. I lavori che ne risultano sono come cartoline spedite da Beardsley da una grande casa vittoriana, se quella casa fosse popolata da fenomeni da circo e frequentata da Werner Herzog”. Con queste parole, nel 2007, la rivista Dazed and Confused descrive il lavoro di Hillier. Infatti, entrare nel mondo di Dan Hillier significa lasciarsi coinvolgere in continui giochi di rimandi e assonanze, l'artista evoca e sovrappone, creando illusioni estetiche che hanno radici nelle illustrazioni di fine Ottocento e nell'estetica Vittoriana. Un luogo magico e surreale fatto di mondi esotici, richiami all'illustrazione medica e echi di una vecchia aristocrazia anglosassone, il tutto miscelato con una sensibilità mistica orientale.

Dr. D è una leggenda della street art. Personaggio schivo e misterioso, apprezzato e sostenuto da colleghi importanti come Banksy. La sua opera è sovversiva e perspicace. Riconoscibile per i suoi grandi manifesti situati in punti nevralgici della città, con cui comunica alla popolazione messaggi contro le politiche restrittive del governo inglese. Le sue opere appaiono sulla strada con un tempismo perfetto per far riflettere sull'attualità e sul dibattito sociale. Con un'operazione di taglia e cuci utilizza manifesti pubblicitari o cartelli informativi dove modifica segnali e parole, così creando messaggi critici-umoristici sull'utilizzo dei prodotti di massa e sulla debolezza della società contemporanea.
Alcuni suoi lavori sono ormai entrati a far parte dell'immaginario contro- culturale inglese, coma la Tube Series: una serie di stampe che riproducono fedelmente le comunicazioni di servizio collocate all'interno della London Underground. Queste immagini dopo essere state ritoccate sono state letteralmente sostituite a quelle originali, comunicando quindi falsi messaggi con un forte senso dissacratorio. Prendendo ispirazione dalla famosa frase di Sir Winston Churchill del 1940, “Never in the field of human conflict was so much owed by so many to so few” , Dr. D prende di mira Nick Buckles e il primo ministro britannico David Cameron, con una serie di manifesti che ritraggono le due personalità. La citazione originale si riferisce alla seconda guerra mondiale, e più esattamente alla 'Battle of Britain', in cui i piloti della Royal Air Force hanno combattuto (e vinto) una battaglia cruciale con la Luftwaffe tedesca per il controllo dei cieli britannici.

Liam Sparkes è stato definito dalla stampa anglosassone come l'enfant prodige/bad boy della nuova scena artistica dell' East End. Personaggio poliedrico con un'attitudine cool rappresenta in pieno lo stile londinese contemporaneo. Nato come tatoo artist, in breve tempo diventa capo scuola di una nuova generazione di artisti che si esprime attraverso il tatuaggio, non più visto come semplice messaggio da portare sulla pelle ma come vera e propria opera d'arte. Le sue ormai mitiche guest negli studi più trendy di tutto il mondo sono sempre accompagnate da vere e proprie mostre dove l'artista presenta le sue stampe, art t-shirts e oggetti da lui stesso serigrafati. Negli ultimi anni ha creato collaborazioni anche con l’ambiente della moda, firmando in esclusiva un contratto con la maison Alexander Mc Queen per l'utilizzo delle sue grafiche, e con la creatrice di gioielli Noemi Klein. La sua ultima mostra è stata la doppia personale insieme a Danny Fox presso la galleria Maison 15/75 di Parigi.

Altro artista proveniente dalla scuola dei nuovi tattoo artist londinesi è il giovane Michele Servadio. I riferimenti estetici della sua ricerca artistica, sia per quanto riguarda i tatuaggi sia per quella più legata alle arti visive, è sicuramente l'immaginario dark/doom. Un viaggio interiore attraverso le crepe e le parti in ombra dell' animo umano. Il suo lavoro è un approfondimento sull'Oscuro rivolto prima a se stesso e poi di riflesso allo spettatore, che ha così modo di confrontarsi con i propri demoni interiori, non per combatterli, ma piuttosto per accettarli come parte integrante della propria vita.

Ian Johnstone è sicuramente uno degli artisti più singolari dell'attuale scena inglese. Artista visivo, performer, apicultore, fondatore insieme a Mikel Quiròs del progetto agroforestale Cantu Fermusu, collaboratore degli artisti Serena Korda, Jim Hollands e del musicista Daniel O'Sullivan. Personaggio schivo che rifiuta quasi tutti i contatti con il mondo mainstream dell'arte.
È stato affiliato al gruppo musicale Coil di cui ha curato la grafica di molti album e il merchandising. Il suo lavoro trova ispirazione da certe filosofie panteistiche, una riflessione magico-esoterica sulla Natura. Nel 2010 The Horse Hospital, il tempio della cultura alternativa londinese, gli dedica una grande retrospettiva.

Andrea Nissim è co-proprietario, fondatore e resident dj del club Astoria di Torino. Il locale, situato nel quartiere San Salvario dal 2011, è il punto di riferimento in città per quanto riguarda la ricerca e la promozione musicale, grazie ad una programmazione di serate e concerti di profilo internazionale.

Inaugurazione giovedì 12 marzo 2015, 18:30 – 21:30

Burning Giraffe Art Gallery BU.G
via Eusebio Bava, 8/a Torino
Orario d’apertura: dal martedì al venerdì, 15 – 19; sabato, 15:30 – 20
ingresso libero
LIVE EAST DIE YOUNG
dal 12/3/2015 al 24/3/2015
011 5832745

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amalia di Lanno