ALEKSANDR RODČENKO FOTOGRAFIA
Aleksandr Rodčenko, Generatore d’arte
L’avanguardia russa del Novecento è stato un fenomeno unico non solo nella cultura russa ma nel mondo intero. La sorprendente energia creativa espressa dagli artisti di questa età dell’oro alimenta ancora oggi i movimenti artistici contemporanei e tutti coloro che hanno a che fare con la nuova arte russa.
Aleksandr Rodčenko è stato indubbiamente uno dei principali generatori di idee creative di quella stagione straordinaria e ne ha rispecchiato alla perfezione la temperatura spirituale. Pittura, design, teatro, cinema, tipografia, fotografia: tutti i campi investiti dal poderoso talento di quest’uomo forte e bello vennero trasformati e radicalmente aperti a nuovi percorsi di sviluppo.
I primi anni venti rappresentarono un’”età intermedia” - per citare Viktor Šklovskij, uno dei critici e teorici più raffinati di quel periodo - in cui, anche se per breve tempo e forse in maniera illusoria, sperimentazione artistica e sociale coincisero. Proprio in quel periodo, era il 1924, la fotografia venne “invasa” da Aleksandr Rodčenko, artista già molto famoso, con lo slogan “ Il nostro dovere è quello di sperimentare”, un imperativo saldamente posto al centro della sua estetica. Il risultato di questa invasione fu un fondamentale ripensamento della natura della fotografia e del ruolo del fotografo. Con l’introduzione del pensiero concettuale, da mero riflesso del reale la fotografia divenne così un mezzo per rappresentare visivamente costruzioni intellettuali dinamiche. Rodčenko introdusse nella fotografia i principi del costruttivismo sviluppando metodologie e strumenti per la sua applicazione. Le tecniche da lui scoperte si diffusero rapidamente e vennero riprese non solo dagli allievi e dai colleghi che ne condivisero gli obiettivi, ma persino da avversari politici ed estetici. Tuttavia, l’impiego del “metodo Rodčenko” - che comprendeva la composizione diagonale, da lui introdotta per la prima volta, lo scorcio e gli altri esperimenti formali - di per sé non garantiva automaticamente che un’immagine si elevasse al rango di opera d’arte. La figura di Rodčenko fotografo venne identificata non solo - e non tanto - da questi espedienti formali, per i quali venne così duramente criticato verso la fine degli anni venti, quando dal profondo e innato romanticismo che lo caratterizzava sin da quando era studente. Basti ricordare le lettere immaginarie che scrisse a Varvara Stepanova nei primi anni dopo il loro incontro. Questo elemento romantico, radicato fin dall’infanzia trascorsa dietro le quinte del teatro dove lavorava suo padre, si trasformò nel potente pensiero utopico del cosruttivista Rodčenko, che credeva nella possibilità di una trasfigurazione positiva del genere umano e del mondo.
In ognuna delle serie fotografiche realizzate negli anni venti, Rodčenko si pose nuovi obiettivi creando veri e propri manifesti che illustravano la realtà e la vita trasformata dai principi artistici del costruttivismo.
Nell’intera storia della fotografia russa della prima metà del Novecento, Aleksandr Rodčenko è il solo ad averci lasciato, attraverso la pubblicazione dei suoi articoli e diari, delle tracce uniche: le riflessioni artistiche di un fotografo pensatore, testimone di un cataclisma storico che generò in lui un tragico conflitto tra presupposto cosciente e pulsione inconscia alla creazione.
Negli ultimi anni della sua vita, tradito da amici e seguaci, privato del diritto di lavorare, di guadagnarsi da vivere e di partecipare alle mostre, espulso dall’Unione degli artisti e di salute malferma, Aleksandr Rodčenko, fu, nonostante questo, un uomo fortunato. Aveva una famiglia: l’amica e la compagna d’armi Varvara Stepanova, la figlia Varvara Rodčenko e il genero Nikolaj Lavrent’ev, il nipote Alexandr Lavrent’ev, un piccolo clan molto compatto e pieno di energia creativa. Se non fosse stato per i suoi cari, il primo museo fotografico della Russia, la Casa della fotografia di Mosca, non sarebbe mai nato.
ALEKSANDR RODČENKO E L'AVANGUARDIA RUSSA
(Alexander Rodchenko and the Russian Avant-Garde) - Scritto, diretto e prodotto da Michael Craig, 1999, d. 40’;
Copernicus Films. - Versione inglese con sottotitoli in italiano.
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Pittore, scultore, fotografo e grafico, Aleksandr Rodčenko nel 1924 abbandona la pittura per dedicarsi totalmente alla fotografia dove sperimenta soluzioni non convenzionali. Realizza straordinari manifesti e collabora con i registi Dziga Vertov e Sergej Ejzenštejn. Sposato con la pittrice Varvara Stepanova con la quale instaura un profondo sodalizio artistico e umano che durerà tutta la vita. Amico fraterno del poeta Vladimir Majakovskij.
Inedito in Italia.
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UNA COSI' BELLA PAROLA: IL MONTAGGIO
(Un si joli mot: le montage) - Regia Bernard Eisenschitz, 2003, d.40’: prod. Arte Video. Versione originale francese.
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In questo avvincente documentario l’autore ci presenta, utilizzando le sequenze dei film più celebri, le diverse elaborazioni teoriche sul montaggio: dal “montaggio delle attrazioni” di Sergej Ejzenštejn alla “realtà colta sul fatto” di Dziga Vertov che progettava con i suoi kino-pravda e kinoglaz la “cinematizzazione delle masse”.
> La partecipazione alle proiezioni è libera fino ad esaurimento dei posti disponibili.
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